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Autore: Camilla L    01/12/2016    3 recensioni
[MALEC]
I primi tempi in una nuova famiglia sono sempre difficili, ma tutto diventa molto presto più facile se chi ci accoglie fa di tutto per renderlo possibile.
Ambientata in diversi anni, per forza di cose, ma sempre in prossimità delle festività Natalizie.
Spoiler "Le cronache dell'accademia" e "Lady Midnight"
Un grande, immenso grazie a LaVampy per la collaborazione, i consigli, la pazienza e la sopportazione.
Genere: Commedia, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Jace Lightwood, Magnus Bane, Max Lightwood-Bane, Rafael Lightwood-Bane
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Un grande, gigantesco,
immenso grazie a LaVampy per la collaborazione,
i consigli, la pazienza e la sopportazione.




 

La nebe e la nieve

 

Dicembre 2000-Jace

 

-Perchè la città è strapiena di luci colorate e di pupazzi con la forma di un vecchio pancione?-chiese Jace, affacciato alla grande vetrata della sua stanza in istituto.

-Perchè tra pochi giorni sarà Natale.-gli rispose distrattamente Isabelle, troppo intenta a cercare la mossa giusta sulla scacchiera per dargli più retta.

-E cosa sarebbe questo Nata... qualcosa?-chiese nuovamente, voltandosi verso i fratelli adottivi distesi sul suo letto concentrati nell'ennesima sfida a scacchi.

-Una festa mondana molto chiassosa e... scacco matto.-Alec quasi urlò.-Ti ho fregato di nuovo, Izzy, anche domani toccherà a te lavare i piatti della cena.-

-Non è giusto! Voi due mi sfidate solo in cose in cui sapete di vincere, così i piatti toccano sempre a me. Vi mettete d'accordo, lo so.-si lamentò la bambina, incrociando le braccia al petto e mettendo il broncio.

-Ma se hai scelto tu gli scacchi.-le fece notare il fratello.

-Fa lo stesso, domani dirò alla mamma che voi siete cattivi con me e che mi fate sempre lavare i piatti quando non c'è.-

-Non lo faresti mai perché sai che poi io le direi che mentre è via tu giochi coi suoi vestiti.-le ricordò Alec, sfidandola con lo sguardo.

Entrambi, poi, si voltarono improvvisamente verso Jace scoppiato a ridere di gusto a pochi passi da loro.

-Che hai da ridere così? Non ti interessano più le luci di Natale?-gli chiese Alec serio.

-Siete così ridicoli quando bisticciate in questo modo, sembrate Curch quando cerca di modersi la coda.-spiegò, senza mai smettere del tutto di ridere.

-Izzy, ma secondo te, qualcuno non ci sta prendendo un po' troppo in giro?-chiese Alec, alternando lo sguardo tra i due fratelli.

-Per me non sa bene cosa spetta a chi scherza con noi.-

-Già!-rispose solo il più grande, alzandosi dal letto, imitato poco dopo dalla sorellina.

-Mai mettersi contro i fratelli Lightwood!-esclamò la bambina, poco prima di iniziare a correre insieme al fratello nella direzione di Jace.

-Ehi! Ehi! Calma, ragazzi... stavo... stavo... solo scherzando... è un gioco.-balbettò, pochi istanti prima che i due fratelli gli piombiassero addosso.

Tra solletico, scherzi e risa non si resero nemmeno conto di non essere più soli nella stanza.

-Nebe! Nebe! Guadda tati a nebe!-sentirono dire dietro di loro. Un piccolo frugoletto dai capelli scuri fissava felice la neve al di là della grande vetrata...

-Max!-dissero gli altri tre bambini all'unisono.

-Nebe tati nebe... beia nebe.-

-Max, piccolo, che ci fai qui?-gli chiese il maggiore, guardando insieme a lui i fiocchi bianchi che indicava felice con le sue manine paffute.

-Come ha fatto ad entrare con la porta chiusa?-chiese invece Jace, più a sé stesso che agli altri.

-Pare che i mondani dicano che quel vecchio pancione faccia accadere cose strane a Natale, questa sarà una di quelle.-spiegò Izzy, scuotendo le spalle e scatenando l'ilarità degli altri.

-Nebe!-ribadì Max.

-Nebe!-ripeterono i fratelli in coro, unendosi a lui davanti agli spessi vetri ormai quasi completamente appannati.

 

Dicembre 2009-Max

 

-Ti amo, mio piccolo bel Mirtillino, ma perché ti fai prendere da questi simpaticissimi attacchi di pianto solo quando siamo soli? So che ti manca papà Alec e che, a dirla tutta, pure io preferirei lui a me stesso, ma, ti prego, ti scongiuro, Max, calmati almeno un po'.- Magnus era sicuro che fossero passate almeno due ore da quando aveva preso Max dal suo lettino ed iniziato a perlustrare a grandi passi ogni centimetro del loft nel tentativo di farlo calmare. Era Alec quello bravo in quelle cose, quello che non si spazientiva e non si faceva prendere dal panico. Lui era il papà simpatico, quello addetto ai giochi e che non diceva mai di no. Anche se si rendeva perfettamente conto che doveva smettere, e pure velocemente, di lasciare il lavoro sporco al compagno. Anche perché, a quanto pareva, nonostante questo, il bambino continuava a preferire l'altro papà.

-Max, tesoro, fa a vedere al tuo papà quanto sei bravo, su, smetti di piangere. Almeno per due secondi, te ne prego, Mirtillino, fallo per me... o almeno per i miei timpani.-

Niente, il bambino sembrava non avere nemmeno l'intenzione di smettere di piangere.

-Se almeno potessi dirmi cos'è che ti fa disperare così tanto sarebbe tutto più semplice. Non è il pannolino, non hai fame, credo neanche una colichetta perché urleresti ancora più forte, ma allora che c'è che non va, eh?-

Camminava e cullava, cullava e camminava da un tempo che ormai gli sembrava infinito, le sue pantofole, in lussuosa eco-pelle, erano state in angoli del loft che fino a quella notte non avevano mai nemmeno visto da lontano, il suo sobrio pigiama a scacchi bianchi e blu, regalo di Alec e Max, era diventato la sua divisa ufficiale quando era solo in casa col bambino. Aveva anche provato a cantare, con diverse melodie, ma niente, quel piccolo esserino tutto blu non ne voleva sapere di starsene zitto, figuriamoci di dormire. Perfino il caro Presidente Miao si doveva essere stancato di sentire il suo piccolo padroncino strillare in quella maniera perché, dopo qualche tentativo vano di attirare l'attenzione strusciandosi tra le gambe dello stregone adulto si era rifugiato scocciato sul davanzale della finestra del salotto, lanciando, di tanto in tanto, qualche miagolio cercando, probabilmente, di avere almeno qualcosa da sgranocchiare visto che il silenzio, a quanto pareva, sembrava era una mera utopia.

-Lo sai che sono le quattro del mattino e noi abbiamo a malapena chiuso occhio? Eh? Lo sai, piccolo urlatore? Prefino il Presidente si è stancato di noi. Sono sicuro che da grande sarai uno che non si farà troppi problemi a dire la sua.-

Passò un'altra buona mezz'ora, Max sembrava urlare un po' meno, forse per sfinimento, ma Magnus continuava a passeggiare ugualmente. Aveva l'impressione che, così facendo, il bambino lo guardasse meno di traverso e abbassasse la voce di almeno qualche tono...

-Eccomi qui! Ciao, ma... che sta succedendo?-Alec era rientrato senza che Magnus nemmeno se ne accorgesse e li aveva raggiunti nella loro stanza da letto.

-Fattelo dire da tuo figlio che succede, io ci rinuncio.-gli rispose Magnus, mettendogli il bambino tra le braccia.

-Ha undici mesi, Magnus, in che modo dovrebbe dirmelo? Ma da quanto tempo strilla in questo modo?-

-Non lo so, ho perso la cognizione del tempo circa tremila passi fa. Ho provato di tutto, ma non ne vuole sapere di smettere.-

-Ora ci provo io, tu vai a stenderti un po', neanche quando esaurisci le forze per aver usato troppa magia sei ridotto così male.-

-Sarai esausto anche tu, è tardissimo, mi dispiace.-

-Di cosa ti dispiace?-

-Di non averti fatto trovare tutto perfetto.-

-Cioè il bambino addormentato nel suo lettino e tu completamente nudo coperto solo da un lenzuolo di seta?-

-Veramente negli ultimi tempi sono talmente stanco che non credo di avere abbastanza energia per il punto due, mi basta che questo piccolino chiuda gli occhi per almeno un paio d'ore filate.-

-Il sommo stregone messo ko da un esserino di dieci chili, chi lo avrebbe mai detto.-disse, praticamente ridendo, il cacciatore.

-Sarà anche piccolo, ma ha delle corde vocali di tutto rispetto e poi secondo me mi odia.-

-Non ti odia, è solo un bambino vivace.-

-In braccio a te si calma sempre.-

-A me non pare proprio.-Indicò con lo sguardo il frugoletto ancora piangente tra le sue braccia.

-E che si fa ora? Ci sta sfinendo, chissà se dormirà mai una notte intera prima di compiere vent'anni.-

-Il solito melodrammatico.-

-Guardaci, scommetto che hai ucciso demoni ridotti meglio di noi questa notte.-

-Sono cose che passano tutti i genitori, Magnus, soprattutto alle prime armi come noi. Non c'è niente di strano nel nostro bambino. Mia sorella teneva sveglio tutto l'Istituto i primi tempi, poi per fortuna si è calmata, ma ci volle più di un anno perché mia madre riuscisse a dormire decentemente per più di una notte di tanto in tanto.-

-Amo questo piccolo Mirtillino, più di quanto potessi immaginare, ma sta esaurendo tutte le mie energie e ti assicuro che non lo avrei mai creduto possibile. Non so come tu faccia ad andare di ronda tutte le notti senza chiudere praticamente mai occhio.-

-Se non avessi ancora la runa della resistenza attiva in questo momento probabilmente sarei già svenuto da un pezzo.-

-E se chiedessimo aiuto a tua madre? Adora Max e ha cresciuto una nidiata di figli, suppongo che sappia due o tre cose più di noi.-
-A parte che per "crescere figli" mia madre intende curarli fino a poco dopo lo svezzamento per poi affidarli ad un tutore. Poi non chiederò mai il suo aiuto per una qualsiasi cosa che riguarda la mia famiglia, a costo di non dormire mai più in vita mia.-

-In casi come questo potresti anche mettere da parte il tuo orgoglio.-

-Orgoglio, Magnus? Ma sei serio? Lei e mio padre hanno ostacolato la nostra unione in ogni modo possibile ed immaginabile e non mi abbasserò mai a chiedere il suo aiuto. Rimarrà pur sempre mia madre e non impedirò a Max di avere un rapporto con lei, ma non voglio i suoi consigli su come far funzionare la mia famiglia quando la sua non ha mai nemmeno lontanamente funzionato.-

-Ok, non serviva che facessi un'arringa, sarebbe bastato dire "no".- Max sembrava aver smesso almeno di urlare, ma smettere di lamentarsi era ancora fuori discussione. Appena il padre rallentava anche di poco il passo, la sua voce si alzava automaticamente di almeno un'ottava.

-E chi è che mi manda messaggi a quest'ora? Potresti controllare, per favore? Dovrei averlo lasciato all'ingresso con le chiavi.-spiegò Alec al compagno, sentendo il suo telefono cellulare squillare.

-Sicuro che possa? E se fosse un tuo amante?-

-Non dire idiozie e vai a vedere. Grazie.-

-E va bene, ma se è il tuo...-

-Magnus!-

-Ok, ok! Vado a vedere chi ti messaggia alle cinque del mattino.- disse, alzando le mani in segno di resa ed incamminandosi verso la porta.

-È il tuo parabatai ossigenato che ti manda un suo selfie con tua sorella davanti ad una vetrata, con scritto sotto "Nebe!". È sempre più strano quel tizio, ma non mi aspettavo che Izzy...-

-La “nebe”! Ti va di vedere la "nebe", piccolo?-chiese entusiasta al bambino, alzandolo in aria.

-I Lightwood, non li capirò mai fino in fondo.-

-Vieni, ti faccio vedere.-disse, prendendo lo stregone per un polso e trascinandolo fino alla finestra più vicina.

-Ecco! Quella è la "nebe". Max, mio fratello, la chiamava così da piccolo e voleva sempre che stessimo tutti insieme davanti alla finestra a guardarla scendere. Così, anche dopo, è rimasta una nostra tradizione. Cerchiamo sempre di metterci in contatto, se non siamo insieme, quando uno di noi la vede scendere.-spiegò il cacciatore, guardando la pioggia, scesa per buona parte della nottata, trasformarsi velocemente in "nebe".

-Non me lo avevi mai detto.-

-Non era un segreto, solo che non ce n'è mai stata l'occasione. È solo un gioco tra fratelli, niente di che.-

-Invece è una cosa molto tenera e pare che chiamarsi Max sia sufficiente per adorare la "nebe".-Magnus indicò il loro bambino, finalmente senza broncio e lacrime, osservare concentrato ed estasiato i fiocchi diventare sempre più grandi.

-Abbiamo trovato cosa lo fa calmare a quanto pare, speriamo che nevichi spesso quest'inverno.-

-Siamo a New York ed è Dicembre, abbiamo buone possibilità. Ti faccio una foto con Max da mandare ai tuoi fratelli, così potrai onorare anche tu la tradizione.-

-Vieni anche tu.-

-No, è giusto che rimanga una cosa tra di voi. Alec, Izzy, Jace... e Max.-sussurrò l'ultima parte mentre accarezzava dolcemente la guancia del compagno. Sapeva che niente e nessuno avrebbe mai potuto ridare Max ai suoi fratelli e che nessuno lo avrebbe mai sostituito, ma adorare quel piccolo stregone tutto blu, che ne portava il nome, li avrebbe sicuramente distratti un poco dal vuoto che il piccolo nephilim aveva lasciato in loro.

 

Dicembre 2013-Rafael

 

Magnus ed Alec avevano deciso di dare ai loro figli un'educazione il più mondana o normale, a dir si voglia, possibile. Rimanevano pur sempre un piccolo stregone ed un giovane nephilim, ma non volevano che avessero un'infanzia solo all'insegna di allenamenti, regole ed insegnamenti magici. Volevano che fossero sereni, liberi di capire da soli quali fossero le loro inclinazioni, senza costrizioni ed imposizioni. Liberi di essere sé stessi senza vergognarsene e, soprattutto, liberi di essere bambini. Questo voleva dire correre per l'Istituto armati di spada di plastica, fingendo di solcare mari inventati per l'occasione, canticchiare filastrocche in spagnolo mentre si sfogliava il prezioso libro grigio e, visto il periodo, aspettare ansiosi Babbo Natale o, comunque, i regali che i loro papà ad ogni Natale non gli facevano mai mancare.

 

-Com'è che si chiama?-chiese, per l'ennesima volta, Rafael tra lo schifato e l'incredulo, fissando insistentemente il libro illustrato davanti a sé.

-Babbo Natale, quante volte te l'ho già ripetuto?-gli rispose Magnus, ormai spazientito.

-È che... non riesco a capire.-

-Cosa c'è da capire? Tu ti chiami Rafael, io Magnus e lui Babbo Natale.-

-Ma...-

-Ok, mi arrendo, voi nephilim siete tutti uguali, non vedete più il là del vostro naso. Mi sembra di avere un deja vu.-borbottò, riprendendosi il suo libro sulla storia di Santa Claus e lanciando un'occhiata inceneritrice al compagno che, sdraiato comodamente sul divano, non aveva perso una virgola della lezione natalizia, trattenendo a stento una risata.

-Ma io voglio capire, spiegami.-insisté il bambino.

-Cosa, di preciso, non riesci a capire?-

-Dunque... questo Babbo Natale, un vecchio con la barba bianca e la pancia grossa, vola per tutto il mondo, una sola notte all'anno, su una slitta tirata da delle renne e porta regali, entrando nelle case dai camini... giusto?-

-Esatto! Allora vedi che hai capito.-

-Sì, ma... ?-

-Per Lilith, che c'è ancora?-

-I mondani possono vedere questo vecchio e non i demoni?-

-Non lo possono vedere, è una cosa in cui credono i bambini mondani.-

-E credono in 'sto qui e non nei demoni?-

-Sì, i bambini mondani lo fanno.-

-Sono stupidi?-chiese, con tutta l'ingenuità dei suoi sei anni.

-No, è solo che... -

-Ok, ho capito, non dirò a Max che coso, Babbo Natale, non esiste. Posso andare a guardare la “nieve”* dalla finistra ora?-

-Sì, vai, Babbo Natale non potrà mai sconfiggere Raziel.-disse, rassegnato.

-Che significa?-

-Niente, vai pure a guardare la “nieve”.-

-Grazie.-disse il piccolo nephilim, saltando velocemente giù dalla sedia e correndo di fretta verso la finestra del soggiorno.

Rafael non credeva ad una sola parola riguardo a quel vecchio che portava regali volando su una slitta, ma una cosa la sapeva: la neve era magica. La poteva vedere. E toccare. Era bianca. E fredda. In un attimo era capace di coprire un'intera città e poi era così bella, così concreta. Sarebbe rimasto ore a fissare i fiocchi scendere e posarsi su qualsiasi cosa.

 

-E tu potevi anche aiutarmi, invece di ridere.-rimproverò Magnus al compagno, una volta rimasti soli.

-Aiutarti a fare cosa? A mettere in testa a Rafael quell'idiozia?- -Non è un'idiozia, è un modo molto carino per fare regali ai bambini, ma voi nephilim non credete a niente che non abbia denti aguzzi e bava multicolore.-

-Non è perché è un nephilim, Magnus, ma perché è troppo grande per credere a certe cose.-

-Ha sei anni, Alexander, sei, non sedici.-

-Di cui cinque vissuti così intensamente da sembrare il doppio. Ha visto cose di cui non riesce nemmeno più a parlare, non c'è da fargliene una colpa se crede in ciò che può vedere e non in un vecchio che vola e scende dai camini.-

-Volevo solo fargli passare serenamente il suo primo Natale con noi, Max è così carino quando aspetta Babbo Nataie e prepara i biscotti per le renne.-

-Lo so e so che avevi buone intezioni, ma Rafael non è Max e ha altre esigenze e sono sicuro che avrà un sereno Natale anche senza l'attesa di quel vecchio barbuto.-

-Ehi! Non parlare così di Babbo Natale, altrimenti strapperò la mia letterina per lui e addio scorta annuale di preservativi alla frutta e lubrificante.-

-Il vecchio porta anche questo genere di cose? Potrebbe iniziare a starmi simpatico.-

-Dove credi che trovi tutti quei bei giochini che usiamo quando si fa buio ed i bambini dormono?-

-Al sexy shop in fondo alla strada?-

-No, Alexander, li porta Babbo Natale.-

-Ok, tu finisci di scrivere la letterina al tuo fornitore di preservativi e prepara la cena, io vado a recuperare Max da mia madre. E non insistere ancora con Rafe con quella storia del vecchio, non lo convincerai mai.-

-Non dubitare delle mie doti di ammaliatore, giovane mezzo angelo, potrei stupirti. Aspetta! Rafe?-
-Non ti piace? A lui sembra non dispiacere e sai quanto possa essere sensibile ai cambiamenti.-

-E allora Rafe sia, è decisamente molto più Americano di Rafael.-

 

Magnus pensava da sempre che Raziel avrebbe anche potuto donare un po' più di fantasia ai nephilim, oltre agli addominali da urlo e alle chiappete sode. Non trovava affatto giusto che dei bambini fossero in grado di capire come usare un'arma e già in tenera età quanto pericoloso fosse il mondo, ma non gli fosse concesso di volare via con la fantasia quel poco che bastava per distrarsi dalle brutture che erano in grado di vedere. Pensava che, ogni tanto, fosse giusto credere anche in qualcosa che non fosse visibile agli occhi. Gli era stata donata la gioia di amare e di essere amato da Alec e, successivamente, di essere il padre di Rafe e, per Lilith in persona, avrebbe fatto di tutto per far capire loro quanto fosse magico e pure appagante, a volte, uscire dagli schemi e volare lontano dai problemi quotidiani anche solo per qualche minuto. Ormai quella di Babbo Natale era una battaglia persa in partenza, ma non avrebbe rinuciato. Essere bambini significa anche credere nelle favole e, nonostante le convinzioni di Raziel, il suo Rafael si meritava di esserlo più di chiunque altro. Il vecchio pancione barbuto ormai era andato, ma con la fatina dei dentiti non si sarebbe arresso così facilmente e visto quanto dondolava il dentino davanti del piccolo nephilim mancava poco alla prossima battaglia.

 

 

*Neve in spagnolo.

   
 
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