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Autore: BrideOfTheWind    19/05/2009    6 recensioni
Terza classificata al contest "Donne Assassine" indetto da bambi88 e kalanchoe. Hanabi passò delicata una mano sul viso del giovane, gli occhi chiusi, assorbendo l’infinito piacere di quella pelle liscia sotto le dita. Accarezzandogli il volto, ricostruì nella sua mente la fronte alta, la pelle candida e perfetta, la curva ben delineata della mascella ed il profilo nobile delle labbra appena dischiuse. Sospirò. Così era giusto.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Neji Hyuuga
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Terza classificata al contest "Donne assassine" indetto da bambi88 e kalanchoe.

Ringrazio prima di tutto le giudici per l'ottimo lavoro svolto e per la cordialità e disponibilità dimostrate fin dall'apertura delle iscrizioni. Poi, le partecipanti, perchè il clima non è stato una sola volta pesante o oppressivo, ma da ogni frase trapelava sempre la voglia di partecipare e confrontarsi, prima ancora della giusta e santa voglia di un buon risultato.
Federica e Erica sono solo parzialmente conscie dell'importanza che hanno per me, e questa pubblicazione vuole ricordare loro che, al di sopra di tutte le cavolate fatte e dette, sono felice di conoscerle.

Always in Me

 

Hanabi passò delicata una mano sul viso del giovane, gli occhi chiusi, assorbendo l’infinito piacere di quella pelle liscia sotto le dita. Accarezzandogli il volto, ricostruì nella sua mente la fronte alta, la pelle candida e perfetta, la curva ben delineata della mascella ed il profilo nobile delle labbra appena dischiuse.
Sospirò.
Così era giusto.
Il movimento, la foga non si addicevano a quel corpo. Il calore disperdeva irrimediabilmente lo splendore assoluto della sua figura.
Invece così andava bene: l’immobilità, la fredda compostezza…gli donavano.
Neji era perfetto, davvero perfetto, ora che non si muoveva più, che le sue labbra non si animavano ed emozioni quali rancore e impotenza non deformavano più i suoi lineamenti.
Sorrise, un po’ abbattuta. Non avrebbe voluto arrivare a questo. Le sarebbe piaciuto poter avere la perfezione vicina, senza dover per forza arrivare a togliergli la vita.
Ma a lei serviva quell’immagine composta, le serviva per andare avanti, per trarne la forza necessaria a difendere la propria identità contro quel padre che non la voleva e che da lei pretendeva sempre e solo eccellenza, del quale si sentiva, malgrado tutto, irrimediabilmente succube. Ma non era mai abbastanza brava, forte; mai abbastanza speciale per lui.
Non voleva essere un errore, non voleva che la guardasse solamente per mettere in evidenza i suoi difetti. Lei voleva essere Hanabi, e basta. E aveva bisogno della perfezione dalla sua parte, perché sentiva che senza non ce l’avrebbe mai fatta, che sarebbe stata schiacciata da quella condizione di perenne umiliazione e sarebbe stata piegata, come sua sorella prima di lei, dal peso delle delusioni del genitore.
Aveva bisogno di Neji, ed era stato davvero un peccato che lui non l’avesse capito. Ma d’altronde lui era sempre stato un egoista, sempre concentrato sulle proprie sofferenze, sul proprio isolamento. Hanabi lo sapeva, conosceva il cugino e il suo carattere, e aveva sempre nel profondo temuto che Neji se ne andasse, che trovasse una via di fuga.
Per questo se n’era accorta subito, quando lui aveva iniziato ad allontanarsi da quella casa, a liberarsi dal peso di quella condizione. Ne era stata spaventata. Lui la stava lasciando indietro da sola, ma senza l’appoggio dato dalla consapevolezza di non essere isolata in quella casa troppo bianca e troppo vuota, che cosa avrebbe potuto fare. Non sarebbe riuscita a sopravvivere sapendo che l’unica persona che condivideva con lei quella sorte, che avrebbe potuto capirla, l’aveva abbandonata.
L’aveva visto, con i suoi amici. Lo aveva spiato battibeccare con il giovane matto e sorridere di nascosto, quando la ragazza con gli chignon si era schierata dalla sua parte.
Aveva odiato tutte quelle emozioni che trasparivano dal suo viso. Erano sbagliate, non se ne rendevano conto? Era sbagliato che lui potesse provarle, quando lei era ancora invischiata nell’oppressione di quella casa. La sua perfezione era sfumata, e Hanabi si era sentita cedere il terreno sotto i piedi. Così preda di emozioni, così libero, Neji non aveva più il potere di aiutarla. Era troppo lontano, troppo sfuggevole.
No. Neji non doveva scappare, non poteva. Non mentre lei si avvicinava ogni giorno di più al punto di rottura. Doveva restare al suo fianco, insegnarle come difendersi da quella maschera di perfezione falsa e superficiale che sembrava volerle divorare il viso.
Tornò ad osservare il corpo freddo e immoto sdraiato nel letto, con affetto. Lo aveva legato a sé indissolubilmente, alla fine. Con fatica, ma ce l’aveva fatta.
Amava la pulizia e precisione delle siringhe: avevano un che di così innocente, asettico, così totalmente privo di violenza…Neji non aveva neanche gridato, mentre l’endovena d’aria lo soffocava. Poi era bastato distendere i muscoli contratti del volto perché la sua immagine apparisse intatta. Non c’erano ferite, non c’era crudeltà. Sarebbe potuto sembrare che stesse dormendo.
La ragazzina alzò gli occhi sulle tapparelle mezze alzate alla finestra, osservando con occhio critico il cielo sempre più chiaro, che permetteva ore di riconoscere con chiarezza i contorni degli edifici e il colore spento della cappa d’inquinamento che gravava sopra la città.
Mancavano solo poche ore all’alba, pensò con rammarico. A breve avrebbe dovuto lasciarlo, o avrebbe rischiato di essere presa.
Peccato: sarebbe rimasta ancora giorni interi ad ammirare le proporzioni eleganti, i dettagli impeccabili, la splendida inespressività di quel volto da dio.
Sentì che quella bellezza le era penetrata dentro nel profondo, che in quella notte era davvero riuscita a crescere, ad arricchirsi e colmare quel buco che aveva sempre sentito dentro, giù giù nei recessi della propria identità.
Ora era completa, davvero. Poteva affrontare qualsiasi cosa, anche senza Neji, perché ormai la perfezione che aveva sempre cercato in lui aveva impregnato anche lei fino in fondo.
Sorrise, mentre le prime luci dell’alba facevano risaltare nella penombra l’identico pallore della loro carnagione.
Sì, era stata davvero una notte produttiva.

 

 

  
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