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Autore: WithoutEstel    19/05/2009    5 recensioni
Mi ricordo di quando io sorridevo e tu sorridevi.
Mi ricordo delle sigarette e delle mani che andavano a sfiorare mani.
Mi ricordo del sapore che aveva il tuo sorriso.
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E ALLORA IO SORRIDEVO E TU SORRIDEVI


Le mie mani sanno di tabacco, le tue di cosa profumano in questo momento?
Forse di droga. Forse di donna.

Mi ricordo di quando le tue mani avevano il profumo della mia pelle, e allora io sorridevo, e tu sorridevi. Erano delicate, ma nella loro delicatezza chiedevano. Pretendevano.
Avrei fatto qualsiasi cosa per avere le tue mani su di me ancora per un po'.

Mi tornano in mente quei pomeriggi passati sull'erba del parchetto. E lingua e pellecontropelle e morsi e mani, mani che sembravano essere ovunque, ma soprattutto anima. E io sorridevo, e tu sorridevi.

E c'è stata quella notte che siamo andati al cinema con la tua macchina, che a un certo punto non ha più dato segni di vita, ed è andata a finire che ci siamo ritrovati a piedi, solo noi, la strada deserta e la luce fioca dei lampioni. Mi ricordo del modo furtivo in cui eri entrato in quel palazzo e avevi preso una bicicletta. Con nonchalance. E mentre tu pedalavi e io stavo dietro e ti abbracciavo, sentivo l'odore selvaggio della libertà. Proprio selvaggio, perché sapeva di velocità e illegalità e tumulto dell'anima. Su una bicicletta rubata e aggrappata all'unico ragazzo che mi avesse mai fatto provare il brivido di avere un cuore – del tipo che lo sentivo battere, lo sentivo proprio, il sangue che scorreva nelle vene, il ritmo che mi risuonava nelle orecchie, sentivo il mio battito formicolare sulla punta delle mie dita – e tu lo sentivi sulla schiena, mentre il mio corpo era a contatto col tuo, su quella bicicletta? Lo sentivi che il mio cuore batteva? Come batteva? Non so, però mentre pedalavi e mi parlavi io sorridevo. E ti vedevo sorridere.

E quando eravamo seduti sugli scalini del teatro e tu avevi sfilato via la mano da sotto la mia maglietta e mi avevi accarezzato una guancia con un dito, così, lentamente, dolcemente come io non avrei detto mai. “Non mi ero mai accorto prima di stasera che tu mi piacessi così tanto”. La mano era tornata al suo posto sotto la maglietta e io sorridevo e tu sorridevi.

Mi ricordo Pietro che il giorno dopo all'uscita di scuola mi disse:”Si vede che sei felice sai, hai gli occhi che brillano. Che hai combinato?”. E come glielo spieghi, a Pietro, quello che è successo la sera prima, come glielo spieghi a un ragazzo così di tutte quelle sigarette spente sugli scalini del teatro, della bici rubata, della sensazione di avere il tuo corpo stretto tra le mie gambe, del mio sospiro che si condensa sulla tua pelle, dell'accenno di barba che mi graffia il collo. Come glielo spieghi? “Mah, no è che è andata bene a scuola oggi”.
E sorridevo.

Poi quella panchina e la tua dedica. Del tipo che ci passo davanti tutti i giorni e dopo un anno è ancora lì, in indelebile nero. Del tipo che, cazzo, a me han sempre fatto schifo i cuoricini, ma quello di fianco al mio nome e stampato sul legno dalla tua mano mi piaceva. E per una volta ho pensato che qualcosa di dolce non fosse poi così male.

Poi. Ho questo ricordo uditivo del telefono che squillava a vuoto. Di solito gli squilli del telefono hanno questa certa parvenza rotonda. Invece quegli squilli pungevano. E nessuno rispondeva. Ricordavo che l'ultima cosa che mi avevi detto era stata “Davvero, davvero baciarti è la cosa che preferisco fare in assoluto” e lo dicevi in un modo che l’unica cosa che riuscivo ad avvertire erano miriadi di farfalle che si abbattevano violentemente contro le pareti del mio stomaco.
E il tuo sguardo che evitava il mio quando ti incrociavo per i corridoi della scuola cosa significava?

Mi hai spezzato il sorriso. Per caso, con dispiacere, senza farlo apposta. Ma mi hai spezzato il sorriso e adesso -
adesso come farò io senza le tue mani, non la senti la mia pelle com'è – fredda, in attesa che qualcuno la riscaldi – ce l'ha appena spiegato il prof che per riscaldare qualcosa bisogna fornire energia, ma dimmi dove la andrò a pescare, dimmi dove la troverò se non nell'immagine di te riflesso su di me.

Ti guardo mentre ti alleni e noto il sottile velo di sudore che ti ricopre la pelle. Penso che vorrei semplicemente prenderti e baciarti, con tutta la frenesiabramosianostalgia che mi ha posseduta fino a questo momento, lasciarmi scivolare sul quel tuo sudore e avere le tue mani addosso. E sorridere e farti sorridere. Ma mi hai spezzato il sorriso, perciò se una volta sorridevo ora non sorrido più.
E mi chiedo a cosa siano servite tutte quelle parole sussurrate all'orecchio, mani lisce contro pelle liscia, segni sul collo, parole scarabocchiate su un diario – io sorridevo, mentre scrivevo -, conversazioni leggere che degeneravano in mani che pressavano forte contro la pelle e in baci troppo violenti sulle labbra – tu sorridevi, mentre mi baciavi.

Un tempo io sorridevo e tu sorridevi.
Ora io non so cosa stai facendo. Chi stai baciando. Se stai sorridendo o sei triste.
Ma io. Io non sorrido più.

Volevi insegnarmi cosa significano pezzi di me sparsi sul pavimento?
O forse eri stato creato per restare anche solo un attimo vicino al mio cuore?





A/N
L'ultima frase consiste in una citazione che ho leggermente modificato per adattarla:
“O forse egli era creato per restare anche solo un attimo vicino al tuo cuore?” di Ivan Turgenev.

Mi sono accorta che scrivo a sprazzi in un certo senso. Non riesco davvero a scrivere storie che abbiano una trama delineata e precisa. Per questo non sono una tipa da long fic, ma da brevi one-shot. Che dire. Ho cercato di fissare dei momenti precisi. Li ho presi e li ho imprigionati un una pagina word. A sprazzi, appunto. Che poi siano storie di vita vissuta o semplici immagini mentali della scrittrice chi mai può saperlo. Anche se è ovvio che in ogni storia ci sarà sempre un po' del mio. Spero che ne sia uscito un bel lavoro. A me in ogni caso non dispiace.

Dedicata a tutti quelli che hanno creduto che si sarebbe potuto avverare, anche solo per un po'.

Pace, Amore, Empatia.
F.
  
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