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Autore: bluerose95    05/12/2016    2 recensioni
Killian, con un sorriso malizioso, si diresse verso Emma, afferrandola per i fianchi e facendola trasalire. «Quello è il mio posto, tesoro,» disse spostandola appena per poter passare e andare a sedersi al pianoforte.
Emma Swan è sempre stata trasferita da una famiglia affidataria all'altra, non ha mai conosciuto la stabilità, l'amore di una famiglia vera. Questo, almeno, fino a quando non una certa Ingrid Frost non la prende in affidamento, facendola arrivare a Storybrooke, Maine.
Emma non avrebbe mai pensato che in una cittadina piccola come quella potessero trovarsi persone incantevoli, persone che le vogliono bene e che la fanno sentire a casa, persone che non vorrebbe mai abbandonare e anche persone che vorrebbe amare con tutta se stessa.
Ma può davvero una ragazzina sperduta come lei amare qualcuno? E lei, lei è davvero meritevole di tanto affetto o una volta diventato troppo quella famiglia in cui si trova così tanto bene, quel ragazzo che ha iniziato ad amare con tutta se stessa la manderanno via, come fanno tutti?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3
 
Emma rimpiangeva di non essersi messa addosso nulla di più pesante – anzi, di non avere nulla di più pesante – della sua giacca di pelle rossa, nonostante avesse indossato una maglia a maniche lunghe sotto il maglione di lana crema a collo alto. Il resto del suo vestiario consisteva in canotte, magliette e camicie di flanella, non dei costosi giubbotti imbottiti che avrebbero potuto tenerla al caldo.
Camminava lungo uno dei marciapiedi di Storybrooke a braccetto con Anna ed Elsa, e rideva felice nonostante la brezza fredda che penetrava la giacca di pelle, arrossandole le guance e rendendole le dita delle mani insensibili.
Dopo aver cenato – Ingrid per l’occasione aveva ordinato pizza, la più buona che Emma avesse mai mangiato – e le aveva lasciate andare da Granny, assicurandosi che tornassero prima delle undici, nonostante non sembrasse poi così tanto preoccupata. Si fidava di loro, Emma lo aveva capito, e questo includeva anche lei. Non si era mai sentita così, ed era troppo per un giorno solo, aveva paura di svegliarsi e di ritrovarsi in uno qualsiasi di quei stretti letti in cui aveva dormito precedentemente, niente coperte pesanti, solo un lembo di stoffa strappato e male rattoppato.
«Qual è il tuo dolce preferito, Emma?» domandò Elsa. Era vestita poco quanto Emma, ma non sembrava infreddolita, anzi, sembrava che il freddo fosse casa sua per quanto potesse sembrare assurdo.
Emma esitò, a dire il vero non lo sapeva nemmeno lei. «Mi piace la cioccolata, più o meno in ogni sua forma, ma non ho un dolce particolare. Il tuo?»
«Crostata meringata al limone, assolutamente, mentre Anna adora i brownie.»
«Granny però fa dei dolci pazzeschi,» s’intromise Anna, «li mangerei tutti se potessi!»
Elsa scoppiò a ridere. «Vero, come quella volta che hai ordinato tutti i dolci sul menu. Li ha mangiati tutti,» raccontò rivolgendosi a Emma, che l’ascoltò divertita, «e poi è stata tutta la notte in bagno.»
Anna rabbrividì al ricordo, stringendosi maggiormente a Emma. «Devo aver vomitato anche l’anima quella volta, ma ciò non mi ha tenuta distante dai dolci.»
«Nulla può farlo,» convenne Emma con un cenno del capo. Anche lei adorava i dolci, i pochi che aveva assaggiato, perlomeno; le case famiglia non erano luogo per i dolci, non si poteva nemmeno avere il tempo di assaporarli che un altro dei bambini te li rubava dal piatto. Non c’era “dolcetto o scherzetto” ad Halloween, non c’erano cenoni di Natale o di Capodanno, né tavole imbandite per il Ringraziamento o per i compleanni, solo avanzi che non avrebbero sfamato nemmeno una pulce.
Arrivarono davanti a una tavola calda, la luce al neon dell’insegna recitava “Granny’s” e le veneziane erano abbassate, ma dietro di esse si scorgeva la luce accesa. Anche da fuori aveva un che di confortevole e, quando entrarono, il calore che le avvolse fu in grado di spazzare via il gelo dell’esterno.
L’interno era semplice, tavolini, sedie e divanetti lungo la parete, un lungo bancone e, addossata all’altra parete, una serie di scaffali sopra i quali erano stati riposti gli alcolici. Sul fondo della stanza, prima di un corridoio, c’era un jukebox che al momento stava mandando qualcosa degli anni Ottanta che però Emma non era in grado di riconoscere.
«Finalmente, ragazze, siete in ritardo,» esclamò un ragazzo dai capelli ricci e scuri, penetranti occhi azzurri e un sorriso contagioso sulle labbra, avvicinandosi a loro. Era alto, molto più di loro, anche più di Elsa, e subito Emma la sentì rilassarsi accanto a sé. Trattenne un ghigno, ora capiva che cosa intendeva Anna. «Oh, tu devi essere Emma,» continuò lui, tendendole la mano, «io sono Liam Jones, ho sentito molto parlare di te.»
Emma non poté fare altro che arcuare un sopracciglio. Le avevano detto solo due settimane prima – il giorno del suo diciassettesimo compleanno – che avrebbe dovuto trasferirsi nel Maine, e su di lei non c’era molto da dire. Tuttavia si costrinse a non rispondere acidamente, pensando soprattutto che anche lei aveva sentito molto parlare di lui. Sfilò la mano da sotto il braccio di Elsa e strinse quella di Liam, la presa di lui salda mentre le dita di lei la ricambiavano con altrettanta forza. «È un piacere conoscerti, Liam.»
Lui sorrise nel sentire le dita di Emma conficcarglisi nella carne. «Vieni, ti presento agli altri,» disse dopo aver sciolto la presa, un ghigno sardonico aveva sostituito il sorriso di prima, ma non era comunque temibile, Emma non prevedeva alcuno scherzo da parte sua, non come era successo in passato.
Si era quasi ritrovata in una situazione alla Carrie quando l’avevano invitata al ballo di fine anno quando era una matricola a Boston, ma fortunatamente aveva scampato l’umiliazione – e la conseguente carneficina.
Liam l’accompagnò al tavolo addossato al muro sul fondo della sala, vicino al juekbox, al quale era stato affiancato un altro tavolo e delle sedie per dare posto a tutti e dove altre persone stavano chiacchierando animatamente, ma si zittirono quando Emma li raggiunse, esitante dietro il ragazzo.
«Ragazzi, questa è Emma Swan,» la presentò solennemente, scostandosi appena per lasciarle spazio, invitandola ad avvicinarsi. «Immagino che Anna ti abbia già parlato di noi, non sa tenere a freno la lingua,» sghignazzò ricevendo una gomitata nelle costole dalla diretta interessata, cosa che fece ridere tutti, compresa Emma. «Quelli in fondo sono David e Robin, poi ci sono Mary Margaret e Regina, Ruby e Neal.»
Un coro di saluti si levò dal tavolo, tutti guardavano Emma trepidanti, come se fossero davvero contenti che lei fosse lì. Si sentì rassicurata e un po’ intimidita, nessuno si era mai mostrato così aperto con lei. Quella giornata sembrava essere continuamente piena di sorprese. Piacevoli sorprese, tuttavia.
Ruby si alzò e l’abbracciò – anzi, la stritolò – e le schioccò un bacio sulla guancia, lasciandole l’impronta del rossetto addosso. «Vieni con me e dimmi che cosa vuoi come dolce,» disse trascinandola verso il banco dei dolci. C’erano torte di tutti i tipi, e dei piatti disposti sul marmo, in attesa di essere riempiti.
Emma guardò i dolci, divorandoli con lo sguardo proprio come faceva quando passava davanti alle vetrine delle pasticcerie, ricordandosi ogni volta con una stretta al cuore che non aveva i soldi per comprare tutto quello che era esposto. C’era di tutto, o quasi, e il profumo che emanavano era buonissimo.
Ruby aveva iniziato a riempire i piatti, canticchiando a ritmo della canzone che faceva da sottofondo alla serata. «Allora, abbiamo crostata di mele, la preferita di Regina, brownies, cheesecake alla menta, crostata ai frutti di bosco, torta al caffè, torta al cioccolato, una red velvet, torta di zucca…» Ruby le lanciò uno sguardo divertito vedendola sgranare gli occhi davanti a tutte quelle prelibatezze. «Avrai il tempo di assaggiarli tutti, fidati, e anche quelli che non sono qui. Se vuoi un consiglio, per festeggiare non c’è cosa migliore del cioccolato. E non lo sto dicendo perché è l’unica che ho fatto io.»
Con un sogghigno, Emma annuì. «La torta al cioccolato andrà benissimo,» disse ammirando comunque le altre, soprattutto le decorazioni singolari, sulla red velvet c’era un lupo in pasta di zucchero rossa, e la frolla della crostata ai frutti di bosco era stata modellata fino a formare la testa di un lupo ululante invece che le solite strisce.
«Da bere? Niente alcolici, o la nonna non mi permetterà più di fare le nostre riunioni segrete. Però non sembri il tipo che si dà all’alcool, no, sono i maschi che devo tenere a bada, soprattutto Killian, ha una sottospecie di assuefazione da rum,» borbottò Ruby mentre sistemava i piatti su due vassoi e decorava i brownies di Anna con panna e granella di nocciole.
«Niente alcolici, promesso, solo una cioccolata calda, con panna e cannella, se possibile,» rispose Emma seguendo Ruby verso il tavolo.
«Panna e cannella? Beh, non sarà mai peggio di panna e menta, dico bene Robin?»
Il diretto interessato guardò Ruby con un ghigno mentre lei gli metteva sotto il naso un’abbondante fetta di cheesecake alla menta. «Cos’hai contro la menta non lo so, ma è fantastica.»
Mary Margaret alzò gli occhi al cielo. «È perché una volta è stata male dopo aver mangiato tre tavolette di cioccolata con la menta,» rivelò guadagnandosi un’occhiataccia da Ruby che per ripicca riportò indietro il suo dolce, la crostata ai frutti di bosco. «Oh, andiamo, Red, dovresti prendere esempio da Anna, lei i dolci non li ha abbandonati.»
«E mai lo farò!» promise Anna, facendo ridere tutti, compresa Emma, che si era seduta accanto a Mary Margaret nel posto lasciato libero da Ruby.
«Tu devi ancora dirmi come fai a mangiare così tanto e a non ingrassare nemmeno di un etto,» l’accusò Regina, che non aveva nulla da invidiare ad Anna con i suoi capelli neri e lunghi, le labbra carnose e gli occhi castano scuro. Aveva una cicatrice sul labbro superiore, ma se possibile ciò la rendeva ancora più sensuale.
«Secondo me brucia le calorie parlando,» intervenne Liam, seduto tra Anna ed Elsa. Dopo essersi guadagnato un finto sguardo rabbioso da Anna, le scompigliò i capelli con affetto, come se fosse una sottospecie di fratello maggiore.
«D’accordo, d’accordo, c’è una cosa importante da chiedere a Emma,» li interruppe David, guardandola con gli occhi appena socchiusi. Tutti si zittirono, guardandola chi divertito e chi esasperato. Regina alzò gli occhi al cielo, ma non poté nascondere il proprio sorrisino divertito. «Squadra di basket preferita?»
Oh, quello era facile. Emma sogghignò, capendo che avevano scommesso su di lei. Almeno non hanno scommesso chi riesce a portarmi a letto prima fra di loro. «I giocatori vincono le partite, le squadre vincono i titoli
Robin scoppiò a ridere mentre Neal scuoteva il capo, amareggiato, imitato da David. «Andiamo, ragazzi, sapevate anche voi che sarebbe andata a finire così!»
«Ero sicuro che preferisse i Bulls,» borbottò Neal allungando venti dollari a Robin, che li prese e li annusò come se fossero la cosa più profumata del mondo. Fece lo stesso con i soldi di David, prima di infilarseli nella tasca interna della giacca di pelle.
«Solo perché sono più alti in classifica, scommetto,» ribatté Emma con un sorrisino sornione, dando così il colpo di grazia ai due che abbassarono gli sguardi, colpiti e affondati. «I Celtics comunque non sono messi male, sono pur sempre a metà.»
«Certo che siete strani,» disse Regina scuotendo il capo, «e dire che anche voi due tifate i Celtics.»
«Ah, lascia stare, Regina, ringraziali perché pagheranno per il nostro prossimo appuntamento,» la punzecchiò Robin attorcigliandosi una ciocca di capelli corvini della ragazza al dito. Lei arrossì appena, affondando la forchetta nella crostata di mele. Robin alzò la tazza di cioccolata calda con panna e menta che Ruby gli aveva appena posato davanti. «Voglio brindare a Emma, al fatto che sia qui e ringraziarla per avermi fatto intascare quaranta bigliettoni,» disse solennemente, sembrava quasi un leone orgoglioso, nonostante negli occhi avesse lo sguardo furbo di una volpe.
Emma alzò a sua volta la tazza di cioccolata calda e la fece tintinnare contro quella di Robin, e ben presto gli altri si unirono a loro al centro della tavola, chi con caffè e chi con Coca-Cola. «A Emma,» esclamarono tutti all’unisono, e le sembrò quasi di essere in un sogno.
Bevve un sorso di cioccolata, facendo attenzione che la cannella non le finisse nel naso. Mentre ascoltava distrattamente Mary Margaret parlare di tiro con l’arco, Emma osservò discretamente Elsa e Liam parlare fra loro, lei teneva il capo inclinato mentre lo guardava con sguardo letteralmente adorante e lui faceva lo stesso, talvolta scivolando anche a osservarle le labbra prima di affrettarsi a tornare a guardarla negli occhi. Sembravano l’uno il centro dell’altro, quando lei si muoveva, lui si muoveva, e viceversa, come se fossero collegati da un filo invisibile ma resistente.
Emma incrociò lo sguardo d’intesa di Anna. Ora capiva davvero che cosa intendeva quando diceva che erano pazzi l’uno dell’altra.
Le labbra di Anna articolarono la parola “piano”, ed Emma capì che presto sarebbe stata inevitabilmente coinvolta in un sotterfugio amoroso. Annuì con un cenno del capo e un sorriso mentre assaggiava la torta al cioccolato di Ruby. Deliziosa era dire poco, si scioglieva in bocca ed Emma avrebbe voluto portarsela tutta a casa. Tentò di mangiare piano, consapevole che avrebbe scaturito perplessità da parte degli altri se l’avesse finita in meno di tre minuti. Nessuno ti porterà via nulla, Emma. Almeno non stasera.
«Ehi, Emma,» la chiamò David, tendendole una moneta, «battesimo del fuoco, scegli la prossima canzone.»
Aggrottando le sopracciglia, Emma afferrò la moneta e si alzò, passando tra la sedia di Liam e quella di Anna. Si diresse al jukebox, rigirandosi la moneta fra le dita mentre studiava le varie canzoni disponibili. Ne valutò un paio, escludendo quelle che non le piacevano e quelle che non conosceva, finendo per scegliere Kind of magic dei Queen.
Si volse impacciata verso gli altri, le mani nelle tasche posteriori dei pantaloni e i denti che affondavano nel labbro inferiore, gioendo internamente quando David si alzò con un salto, indicandola con il braccio teso. «It’s a kind of magic!» esclamò con voce stridula, imitando alla bell’e meglio quella di Freddie Mercury.
Sollevata, Emma fece un mezzo inchino, ghignando, prima di tornare al proprio posto, pronta a finire il suo dolce. Era un modo nuovo e divertente di passare la serata, invece che rimanere rinchiusa nella sua camera tutto il tempo e sperando che qualcun altro dei ragazzi non venisse a tormentarla o che uno dei genitori affidatari non avesse alzato troppo il gomito e decidesse di prendersela con lei.
Notò Neal arricciare il naso mentre sorseggiava il suo caffè, al che non poté trattenersi da arcuare un sopracciglio. «Non ti piacciono i Queen?» domandò in tono quasi accusatorio, le labbra comunque tese in un sorriso.
Lui alzò gli occhi castani su di lei. Erano caldi, penetranti, sembravano cioccolato fuso, oppure caffè, ma c’era qualcosa che non le piaceva in quel luccichio sinistro. Lui si limitò a scrollare le spalle. «Non sono tra i miei gruppi preferiti,» si giustificò, guardandola con sfida.
Robin scoppiò a ridere, le labbra appena sporche di cheesecake verde menta. «Dice così perché al suo battesimo del fuoco è stato bocciato. Insomma, chi mette le canzoni degli anni Cinquanta?»
Neal sbuffò, scrollando il capo. «Ti ho detto che ho sbagliato bottone, non sono abituato a quei cosi,» borbottò in sua difesa, guadagnandosi una risata di scherno da parte di Robin.
«Certo, certo, come no,» replicò questi, rilassandosi contro lo schienale del divanetto, «tuo padre ha un negozio di antiquariato e non ne hai mai visto uno? Continua a ripetertelo, Neal.»
Tutti gli altri scoppiarono a ridere, ma Emma non lo fece, sentiva di non doverlo fare, perciò si limitò a bere un sorso di cioccolata calda. Notò però gli occhi di Liam allarmati mentre guardava di sfuggita Neal, le dita strette con forza attorno alla forchetta.
Elsa, accorgendosi della tensione dell’amico, tentò di cambiare l’argomento, ed Emma fu quasi certa di vedere la mano di lei appoggiarsi sul ginocchio di lui come per calmarlo o trattenerlo, oppure entrambe le cose.
Doveva c’entrare in un qualche modo suo fratello, Emma ne era sicura, ma non disse nulla, quelle poche ore che aveva passato a Storybrooke erano solo i primi episodi della soap opera in cui era finita. Trattenne una smorfia al pensiero; non aveva assolutamente voglia di far parte di quella storia, ma qualcosa le diceva che era troppo tardi.
E, che lo volesse o meno, presto anche lei si sarebbe ritrovata a giocare un ruolo importante in quella fitta rete di sotterfugi.

 
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Sono una persona orribile, lo so, e mi dispiace. Evidentemente, ci è voluto un finale schifoso come quello dela 6x10 - si salva poco e nulla di questo episodio - per farmi postare questo breve capitolo.
Mi dispiace che non vediate Killian, ma magari riesco a inserire presto un altro capitolo - solo perché è già scritto, dato che ho sempre esami da dare, sia a dicembre che a gennaio. E devo trovarmi il prof per la tesi, quindi addio mondo, insomma ç-ç
Però potete perdonarmi con questo nuovo banner, vero? Ringrazio captain-kitten per l'edit dei CS che si abbracciano che le ho fregato e spero tipo di non beccarmi mai una segnalazione (anche perché un'americana non si legge di certo le fanfiction italiane quando invece le italiane leggono quelle in inglese, so), che è decisamente più figo di quello di prima v.v
Spero di aggiornare presto, forse addirittura in settimana se scienza delle finanze si fa comprendere dal mio cervello, però non faccio promesse. Forse, invece, sotto Natale, riuscirò ad aggiornare per bene - ancora, niente promesse, a gennaio ho altri due esami!
Ringrazio tutti coloro che leggono questa fanfiction. Sarà uno slow burn, probabilmente - facciamo sicuramente - e vi terrò attaccati per molto tempo, ma spero ne varrà la pena, alla fine.
Grazie mille ancora,
blue

 
   
 
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