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Autore: xlambertx    05/12/2016    1 recensioni
"Lui era l'angelo più bello di tutti, ma si sa: la bellezza suscita invidia"
Genere: Angst, Fantasy, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Liam Payne, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non starò qui a spiegarvi come sono diventato umano, né come questo può aver influenzato negativamente l'andazzo della mia vita. Vi basti sapere questo: ero un angelo. E poi non lo ero più.

Ho fatto tante cazzate nella mia moltitudine di anni. Non ho mantenuto promesse, ho infranto sogni, una volta ho pure incitato un ragazzo al suicidio. Non sono stato esattamente un modello da seguire, no, ma mi sono divertito.

Se la mia vita è stata qualcosa, quello è l'aggettivo giusto. Divertente. Certo, magari non in questo momento, non quando mi ritrovo in un quartiere cadente di una qualche città in giro per il mondo. E magari neanche quando il mio capo mi ha buttato giù dal mio attico in Paradiso (anche se mi piace pensare che sia accidentalmente inciampato e sia, per caso, caduto su di me, facendomi scivolare su questo orrido pianeta).

In ogni caso ho sempre pensato che avrei continuato con il mio allegro stile di vita per molto, molto tempo. Ora che ci ripenso non ho mai dato molta importanza al tempo. Una volta una mortale mi ha detto una frase, tratta probabilmente da non so quale libro, "Penso che sia questo vivere per sempre: non dare troppo significato a niente" (*). Lì per lì non ci avevo dato troppa importanza, confermando ampiamente ciò che la frase faceva intendere, ma in quel momento non riuscivo a togliermela dalla testa. E di sicuro il fetore emanato dai rifiuti che mi circondavano non aiutava.

Dovevo assolutamente capire dove mi trovavo, e poi, in secondo luogo, come tornare a casa mia, nel mio amato attico. Tentai di alzarmi in piedi un paio di volte, prima di riuscirci veramente e poi mi scrollai un po' di polvere dai vestiti. Provai a volare, ma scoprii che le mie magnifiche ali non facevano niente di più che frusciare dolcemente. Camminare, quella era la mia unica opzione. Uscii da quel lurido vicoletto camminando con aria di superiorità, il mento bene in alto e uno sguardo indifferente, per far capire a quegli insulsi mortali che io valevo più di loro, nonostante i jeans macchiati e la t-shirt lercia. Notai che la gente mi evitava, lo attribuii al fatto che notavano quanto io fossi superiore alla loro condizione plebea, anche se, ripensandoci ora, probabilmente facevo talmente schifo da spingere chiunque a ripudiare anche solo la mia presenza. Trovai un parco che mi pareva molto carino, in quella città (di cui ancora non sapevo il nome) e mi sedetti sulla prima panchina all'ombra che trovai. Mi guardai intorno per qualche secondo, per poi notare un ragazzo, dall'altra parte della strada. Era seduto, anzi, raggomitolato, su un muretto. La sua canottiera, probabilmente con il logo di una qualche band rock, lasciava scoperta molta pelle, permettendomi di notare i numerosi tatuaggi che gli decoravano le braccia (e non solo). Mi fece tornare alla mente quella volta in cui mi ero ubriacato e mi ero risvegliato nell'appartamento di una sconosciuta con quattro frecce tatuate sull'avambraccio e svariati lividi in faccia. In quel momento notai che, tra un tiro e l'altro, i suoi occhi erano puntati su di me. O meglio, su qualcosa dietro di me. Voltai la testa per capire cosa fissava con tanta insistenza, e mi ritrovai con lo sguardo puntato sulle mie ali, che in quel momento erano spiegate ai lati del mio corpo, per comodità, e riflettevano la luce del sole. Lo fissai di rimando per qualche secondo, giusto per essere sicuro che il suo sguardo non stesse vagando a vuoto. No, fissava proprio le mie ali. E, per di più, ora aveva addirittura un'espressione divertita! Nessun mortale può prendersi gioco delle mie ali, glielo avrei fatto capire molto presto. Mi alzai e mi avvicinai, per mettere in chiaro le cose. Scelsi il tono da usare dal mio vasto repertorio, poi gli dissi "Hey, ragazzino, che hai da guardare?". Lui rise. "Delle ali? Ma sei serio? Che cosa pubblicizzi? E, soprattutto, quanto ti pagano? E poi, amico, ragazzino? Andiamo, avrò un paio d'anni meno di te!" esclamò il ragazzo davanti a me. "Non pubblicizzo niente, moccioso. Tra di noi ci sono incommensurabili oceani di tempo che..." risposi, prima che lui si mettesse a scimmiottare il mio tono. "Incommensurabili oceani di tempo" scandì, facendomi il verso, "Amico, che problemi hai?". "In questo momento molti" gli risposi, "Primo fra tutti il motivo per cui riesci a vedere le mie ali" e le mossi, giusto per chiarire il concetto. "Mh, vediamo..." borbottò lui, fingendo di concentrarsi "Forse perché sono enormi, attaccate ala tua schiena, si muovono e brillano?" le guardai meglio. "Oh, sì. È glitter. Ieri mi sentivo molto felice." mi giustificai. "Glitter? Quanti anni hai? Otto? Amico, mia sorella che ne ha undici ha smesso di usarlo da anni!" commentò, evidentemente sarcastico. Io mugolai qualcosa, profondamente offeso, poi gli ordinai "Insulso mortale, ora mi porterai a casa tua!", serissimo. "Spero tu stia scherzando" rispose lui, "Sai, di solito non porto sconosciuti in casa, anche se, devo ammettere non sei niente male. Certo, per uno che ama il genere "Bello e dannato". Io sono più un tipo da "Ragazzo della porta accanto". Ti è andata male". Restai interdetto per qualche secondo. Ma cosa aveva capito? "Ma che hai capito? Devo trovare un modo per tornare a casa mia e mi serve che qualche stupido mortale mi aiuti!" gli gridai quasi. Un paio di vecchiette che passavano di lì con dei carrellini si girarono a guardarmi di traverso. Io rivolsi loro un sorriso smagliante, e loro tornarono a borbottare dei loro affari, che probabilmente consistevano nel prendersi gioco di qualche loro amica. Poi spostai di nuovo lo sguardo sul ragazzo davanti a me. Aveva una dentatura perfetta, e mi era facile scorgerla, considerando che aveva la bocca spalancata e un'espressione sconcertata. "Che c'è?" gli chiesi. Stava veramente iniziando ad annoiarmi. "No, no, no, scusa. Dammi un attimo. Tu, strano ragazzo munito di ali, mi stai chiedendo di portarti a casa mia, dopo aver insultato la mia mortalità, come se anche tu non dovessi morire, non perché hai doppi fini ma per tornare a casa tua. Ed io devo credere a questa enorme balla nonostante tu non ti sia neanche preso il disturbo di chiedermi il mio nome. Giusto?", io annuii, per poi aggiungere "Ah, dimenticavo, io sono un angelo. In quanto tu umano sei in una posizione inferiore alla mia, ergo non puoi dirmi di no.". Lui scosse la testa, ridendo. "Okay, sei simpatico. Cosa sei? Un attore fallito? Un cantante di qualche band sfigata che sta tentando di farsi conoscere?". Lo guardai disgustato. "Fammi strada" gli ordinai, con tono severo. "Se vuoi ti porto in giro per Bradford, ma niente di più" concesse lui, saltando giù dal muretto su cui era ancora appollaiato. "Bradford? Siamo a Bradford? Qua c'è un ragazzo che non devo assolutamente incontrare!" esclamai, realizzando immediatamente che me ne sarei dovuto andare al più presto da quella città. "Come si chiama? Magari lo conosco." disse lui, con tono pimpante. "Zayn, Zayn Malik" scandii io. Qualche secondo dopo caddi a terra, con la guancia che mi bruciava.

(*) Shadowhunters-Città degli Angeli Caduti (C. Clare)
La dice Alec a Magnus durante gli Ironworks. Non potevo non mettere questa citazione, si addice perfettamente all'immagine che voglio creare di Liam all'inizio di questa storia.

#spaziounicorniglitterosisquad

Buonsalve personcine carine!

Mi sono sempre piaciuti gli spazi autrice :3

In generale sarà una storia abbastanza ironica, come si può già capire dall'inizio

E boh, fatemi sapere che ne pensate :3

   
 
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