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Autore: John Spangler    06/12/2016    0 recensioni
Dopo aver lasciato la piccola città di Cocoyashi, Nami Watanabe e sua madre si trasferiscono nella metropoli di Loguetown, una delle perle della California meridionale, per iniziare una nuova vita. Tra amori, drammi e problemi vari, le loro vicende si intrecceranno con quelle degli altri abitanti di Loguetown, mentre intanto il boss mafioso Crocodile conduce nell'ombra i suoi loschi affari, con la collaborazione del Joker. Come andrà a finire? Lo scoprirete solo leggendo questa storia.
Genere: Angst, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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- Questa storia fa parte della serie 'A Thousand Pieces'
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Capitolo 19: La caduta dei giganti

 

1 Febbraio 2016

Loguetown, California, USA

Un edificio in centro

 

Das Bornes salì le scale che portavano al suo appartamento fischiettando. In mano aveva due buste, una col logo di un ristorante cinese ("Da Wanze"), l'altra con quello di un sexy shop ("Eroland"). Si sentiva molto allegro quella sera. Da quando Kidd e quegli altri erano andati in galera e il suo capo era finalmente diventato Governatore, aveva avuto un bel pò di tempo per rilassarsi. Certo, continuava a lavorare per lui, ma adesso che Sir Crocodile non era più in città per occuparsi personalmente dei suoi affari, era Bornes a gestire tutto in suo nome. Pertanto, poteva anche decidere autonomamente quando prendersi una pausa.

 

Il che era proprio ciò che aveva fatto quella sera. Aveva ordinato una sostanziosa cena cinese da portar via al ristorante del vecchio Wanze, e subito dopo era andato nel suo sexy shop di fiducia, dove aveva affittato due vecchi film di Madame Shirley. E aveva tutte le intenzioni di godersi la serata.

 

Peccato che il destino avesse altri piani per lui.

 

Arrivato finalmente al suo piano, Bornes vide quattro uomini vestiti di nero fermi davanti alla porta del suo appartamento. Tre di loro erano dei veri e propri armadi a muro, mentre l'ultimo aveva una corporatura normale (Era anche l'unico a indossare un cappello). Si fermò e i loro sguardi si incrociarono. Li squadrò per bene. Non avevano un aspetto rassicurante.

 

L'uomo col cappello si staccò dal gruppo e venne verso di lui.- Il signor Bornes?-

 

- Sì, sono io. E voi chi siete? Perchè stavate fermi davanti a casa mia?-

 

Si mossero anche gli altri tre. Quello che aveva parlato per primo tirò fuori un portafoglio dalla tasca e gli mostrò un tesserino.- Vorremmo scambiare quattro chiacchiere con lei, se non le dispiace...-

 

Bornes iniziò a sudare freddo. Quel tesserino poteva significare solo una cosa: guai. Fece per scappare via, ma i tre armadi lo circondarono immediatamente, bloccandogli i polsi. Le buste caddero a terra. Cercò di divincolarsi, ma la stretta di quei tre era troppo forte. Era sconcertato. Dovevano essere forti, molto più di lui.

 

- Le conviene collaborare, signor Bornes.- disse in tono minaccioso l'uomo col cappello, avvicinandosi lentamente. Bornes notò che aveva degli occhi gelidi, da assassino. Incutevano timore. Perfino a lui.- Mi creda, lo dico per il suo bene.-

 

Bornes deglutì.- Che...che cosa volete?-

 

- Come ho detto prima, solo scambiare quattro chiacchiere. Ma prima sarà meglio andare in un luogo più discreto. Ragazzi, accompagnate il signor Bornes al furgone. E assicuratevi che non scappi.-

 

I tre armadi umani annuirono e trascinarono Bornes lungo le scale. L'uomo col cappello osservò per un attimo le buste cadute a terra, per poi raccoglierle. Aprì quella del ristorante cinese e annusò il contenuto. Sembra buono, disse tra sè e sè. Sarebbe un peccato sprecare tutta questa roba. Diede un'occhiata alla busta del sexy shop. Hmm...credo proprio che passerò una bella nottata, appena finito con signor Bornes.

 

Sorrise, si aggiustò il cappello e scese le scale.

 

***

 

Saint Kureha General Hospital

 

Sergei Ivankov sedeva accanto al letto di Robin, alternando lo sguardo tra la rivista che stava leggendo svogliatamente e la ragazza in coma.

 

Da quando la mora era finita in ospedale, lui, Padre Urouge e Nami si erano dati il cambio nel vegliarla. Quella sera toccava a lui. Quando era arrivato, aveva trovato una Nami distrutta dal sonno. Sospirò. Quella povera ragazza trascorreva sempre più tempo del dovuto in ospedale. Sapeva che andava anche a visitare i bambini del reparto pediatrico, ma la maggior parte delle sue energie le spendeva per occuparsi di Robin. Lui e Urouge avevano cercato più volte di convincerla a distribuire in maniera più equa il tempo da dedicare alla mora. Ma non c'era stato nulla da fare. Nami sembrava convinta di doversi fare carico da sola di Robin.

 

Se continua così si distruggerà, riflettè l'antiquario. Sciocca testarda, cosa crede di fare?

 

Era sinceramente preoccupato per la rossa. Si ripromise di essere più persuasivo, la prossima volta che avessero parlato.

 

Diede un'ennesima occhiata a Robin, chiedendosi quando e se si sarebbe svegliata. Purtroppo, i medici erano rimasti sul vago. Secondo loro, la giovane Nico avrebbe potuto svegliarsi da un momento all'altro, così come avrebbe potuto rimanere in quelle condizioni per anni. In casi come questo non si potevano mai fare previsioni precise. Potevano solo sperare che andasse tutto per il meglio.

 

Mise via la rivista e decise di distrarsi pensando a qualcos'altro. Tornò con la mente a una conversazione avuta con Bentham quella mattina, e che lo aveva lasciato di stucco.

 

Bentham gli aveva chiesto di sposarlo e di trasferirsi con lui in Inghilterra.

 

In un primo momento aveva pensato che il baronetto stesse scherzando. Ma si era dovuto ricredere quando l'altro si era inginocchiato e gli aveva dato una scatolina nera con dentro un magnifico anello con diamante.

 

Per un pò era rimasto senza parole. Lui e Bentham non avevano mai parlato di matrimonio, anche se una volta avevano ipotizzato di andare a vivere entrambi a Londra. L'idea non gli era dispiaciuta, ma c'era il problema del negozio. Con l'arrivo di Robin e poi di Nami aveva pensato di affidarlo a loro due, ma con tutto quello che era successo di recente quell'opzione era diventata impraticabile.

 

Ad essere sincero, neanche l'idea di sposare Bentham gli dispiaceva. Lo amava, ed era sicuro che vivendo con lui si sarebbe trovato più che bene. Il fatto era che la proposta era arrivata così all'improvviso che lo aveva stravolto. Perciò aveva deciso di rifletterci un pò su. Bentham era stato molto comprensivo, e gli aveva detto di prendersi tutto il tempo che gli serviva.

 

E' proprio un tesoro, pensò l'antiquario accavallando le gambe e alzando lo sguardo al soffitto. Ma sarà la cosa giusta? Finora il nostro rapporto è andato benissimo. Cosa succederebbe se le cose cambiassero? E se la convivenza stabile ci distruggesse? E se venissero fuori dei lati del carattere di Bentham di cui non mi ero accorto prima? Cosa devo fare? Uffa, perchè deve essere sempre tutto così difficile?

 

Fortunatamente per lui, in quel momento accadde qualcosa che lo distolse da quei pensieri. Dalla figura distesa sul letto d'ospedale giunse un mugolio, seguito da un leggero tremare della mano sinistra.

 

Ivankov scattò subito in piedi.- Oh mio...Robin, sei sveglia?-

 

La mora aprì lentamente gli occhi e sbattè le palpebre.- Signor Ivankov...dove sono...cosa...-

 

- Non ti affaticare, tesoro. Va tutto bene. Sei al sicuro.-

 

- Ugh...la testa...mi fa male...-

 

- Sta tranquilla, vado subito a chiamare qualcuno che si occuperà di te. Tu però non ti agitare troppo.- Accarezzò la testa di Robin e le sorrise. Finalmente, una buona notizia. Avrebbe dovuto subito avvisare Nami e Padre Urouge. Prima, però, doveva chiamare un medico.

 

Si precipitò fuori dalla stanza e iniziò a gridare a squarciagola.- DOTTORE! VENGA SUBITO QUI, SI E' SVEGLIATA!-

 

***

 

Hotel-ristorante Baratie

 

Il cliente assaporò con calma l'ennesima cucchiaiata di zuppa. Sanji assisteva alla scena con tensione crescente. Suo padre gli aveva dato il permesso di inserire la zuppa All Blue nel menù del giorno, e quello che aveva davanti era il primo cliente che l'aveva ordinata. Si trattava del signor Abel Tonjit, critico gastronomico e uno dei loro clienti più affezionati. Era un uomo minuto sulla settantina, di solito parecchio critico verso le novità, e che si era lasciato convincere dall'insistenza di Sanji a provare la nuova zuppa.

 

Ora, il biondo stava facendo del suo meglio per non mettersi a tremare. Tutta quella tensione lo stava uccidendo. Da quel primo cliente dipendeva il fato dell'All Blue. Se avesse gradito, la zuppa sarebbe diventata una presenza fissa del menù. E, cosa ancora più importante, lui avrebbe avuto la fama che cercava. Se invece le cose non fossero andate come sperava...non voleva neanche pensarci.

 

E datti una mossa, vecchiaccio!, pensò nervoso il giovane Vinsmoke. L'anziano ci stava mettendo un'eternità, come del resto faceva ogni volta che mangiava. Di questo passo, per quando avrai finito sarò decrepito come te.

 

Finalmente, Tonjit smise di masticare il pesce e posò il cucchiaio nel piatto. Si pulì la bocca col tovagliolo e guardò Sanji.- Beh, signor Vinsmoke, sarò sincero con lei. Questa zuppa è...- Iniziò a grattarsi la barba canuta.

 

- E'...- Sanji si sentiva sul filo di un rasoio.

 

-...davvero magnifica!- esclamò Tonjit.- Un perfetto miscuglio di vari sapori, con un adeguato bilanciamento di spezie. A proposito, ci ha messo per caso della paprika?-

 

- Sì, signore. Giusto un pò, per esaltare il sapore dei vari pesci.- Il biondo quasi non credeva alle proprie orecchie. Ce l'aveva fatta!

 

- Un'ottima decisione. Le faccio i miei complimenti. Lei è riuscito a sorprendermi, ed è una cosa che non succede spesso. Scriverò una recensione più che positiva, può starne certo.-

 

Sanji rimase come paralizzato per un attimo. Poi, all'improvviso, cominciò a saltellare con i pugni per aria e a gridare di gioia. Gli altri clienti del Baratie si girarono a guardarlo.

 

- Ehm...signor Vinsmoke, si sente bene?- chiese Tonjit.

 

Sanji tornò in sè.- Sì, sto bene...anzi, non sono mai stato meglio.- Il biondo si sentiva al settimo cielo. Il suo momento di gloria era arrivato!

 

- Bene, allora potrebbe portarmi il conto, per favore? Si è fatta una certa ora, e dovrei...-

 

- Sa cosa le dico, signor Tonjit? Lasci perdere il conto. Per stavolta offre la casa!- esclamò Sanji raggiante.

 

- Ma...ma come?-

 

- Sì, ho deciso di festeggiare l'esordio della nuova portata. Per il primo cliente che la ordina è gratis!-

 

- Come vuole lei. Io allora vado.-

 

- Ah, signor Tonjit, solo una cosa. Nella recensione...potrebbe specificare che la zuppa è stata un'idea mia? Sa, ci tengo molto...-

 

- Certo, naturalmente.- disse Tonjit, leggermente confuso dal comportamento del giovane uomo. Si alzò, salutò Sanji e si avviò verso l'uscita.

 

Sanji rientrò in cucina con un enorme sorriso sulle labbra. Finalmente, dopo tanta attesa, avrebbe coronato il suo sogno. Per prima cosa, avrebbe dato la notizia alla sua famiglia, e poi...avrebbe festeggiato adeguatamente con Nojiko.

 

***

 

2 Febbraio 2016

Sacramento, California, USA

Governor's Mansion

 

Se qualcuno si fosse preso la briga di fare una classifica degli uomini più felici del mondo, ai primi posti ci sarebbe stato sicuramente Jonas Petricelli.

 

Il neo eletto Governatore della California era infatti al settimo cielo. Dopo anni di attesa, dopo aver faticato come un mulo, aveva finalmente ottenuto quello che voleva. Occupava una carica importante, le sue attività (Sia legali che illegali) prosperavano, e se avesse giocato bene le sue carte sarebbe arrivato ancora più in alto. L'unica nota stonata era Bartolomeo: il ragazzo aveva insistito per venire con lui a Sacramento e fargli da segretario, e pur di farlo smettere, Jonas aveva acconsentito. Per fortuna, c'era talmente tanto da fare che i due si incontravano pochissimo nel corso della giornata.

 

Adesso, Jonas era intento a godersi il suo nuovo ufficio. Era talmente spazioso che sembrava un piccolo appartamento. Aveva preferito farvi pochissime modifiche: si era trattato perlopiù di spostare alcuni mobili, toglierne un paio, e aggiungere il ritratto di suo padre. Lo aveva fatto piazzare di fronte alla scrivania. Aveva spiegato la cosa affermando di volere avere sempre davanti a sè l'immagine dell'uomo che lo aveva spinto a diventare ciò che era. In un certo senso era così, anche se il vero motivo era naturalmente diverso.

 

Inoltre, l'italo-americano aveva confermato Gomez Pink come Vice-Governatore, più che altro perchè non aveva un'opzione migliore. Anche se, ad essere sinceri, la decisione era stata a suo modo vantaggiosa: pur non essendo una cima, Pink poteva contare su molti dei sostenitori del fu Edward Newgate, garantendo così a Jonas una buona base. Inoltre, la sua ingenuità lo rendeva il capro espiatorio perfetto. Jonas aveva già un piano preciso su come sfruttarlo.

 

Sono così felice che quasi non mi sembra vero, riflettè il nuovo Governatore sfogliando alcuni rapporti inviatigli dal Generale Beckman. La Guardia Nazionale era finalmente riuscita ad individuare uno dei nascondigli della Baroque Works, e aveva arrestato tutti i terroristi che erano stati trovati all'interno. Sorrise. Naturalmente, appena insediatosi aveva iniziato ad adoperarsi per mantenere le promesse elettorali. Un paio di soffiate anonime qui, un indizio là, e la Baroque Works sarebbe presto finita nelle grinfie della giustizia. Il tutto fatto in modo da non suscitare sospetti. Non era mica uno stupido. Certo, dopo non avrebbe più potuto usare la finta organizzazione terroristica per i suoi scopi, ma non sarebbe stato un problema. E poi, era meglio liberarsi di quella gentaglia, come gli aveva fatto notare il buon vecchio Bornes.

 

E a proposito di Bornes...

 

- Chissà che fine ha fatto...-

 

Quella mattina aveva chiamato il suo braccio destro diverse volte, ma l'altro non aveva risposto. Probabilmente aveva scordato il telefono a casa, oppure stava ancora dormendo. Di sicuro non era niente di grave. Avrebbe richiamato più tardi.

 

- Dunque, adesso...- fece per dire, ma un bussare concitato proveniente dall'esterno lo interruppe. Si girò verso la porta.- Avanti.-

 

La porta si aprì, e la sua segretaria, un'irritante biondina con gli occhiali di cui a malapena ricordava il cognome (Era la signorina Valentine, un altro retaggio della vecchia amministrazione), fece capolino nella stanza.- Signor Governatore, mi scusi, ho cercato in tutti i modi di...- La donna si tormentava le mani e aveva lo sguardo a terra.

 

- Che cosa succede?- chiese, brusco.

 

- Ecco...-

 

- Lasci perdere, signorina. E' meglio che sia io a spiegare tutto al Governatore.-

 

Al che fecero il loro ingresso quattro uomini vestiti di nero, uno dei quali indossava un cappello (Petricelli non lo sapeva, ma erano gli stessi che avevano arrestato Bornes la sera prima).

 

- Innanzitutto, chi è lei? E cos'è che dovrebbe spiegarmi?- Jonas non aveva mai visto quegli uomini, ma dall'aspetto sembravano agenti del governo federale. Cosa volevano da lui?

 

L'uomo col cappello tirò fuori un tesserino e glielo mostrò.- Agente Speciale Robert Lucci, FBI.-

 

L'FBI? E adesso che diavolo stava succedendo? Jonas si impose di rimanere calmo.

 

- In quanto alla spiegazione...beh, credo che non ci sia molto da dire. Signor Governatore, lei è in arresto.-

 

La segretaria sussultò. Jonas rimase impassibile.

 

- In arresto? E con quale accusa?-

 

- Direi che c'è l'imbarazzo della scelta. Associazione mafiosa, omicidio, terrorismo, e tante altre cosa su cui stanno indagando i miei colleghi in questo momento. Non c'è che dire, lei si è dato da fare in questi anni, Sir Crocodile.- Lucci accompagnò le sue parole con un sorrisetto sadico.

 

- Mi hanno chiamato in molti modi, ma finora nessuno mi aveva accusato di essere un criminale. Cosa che, peraltro, non sono. Temo proprio che lei abbia preso un granchio, signor Lucci.-

 

- Agente Speciale Lucci, se non le spiace.- L'agente federale si avvicinò alla scrivania, mentre i suoi colleghi rimanevano a distanza.- E non ho preso nessun granchio. Ho tante di quelle prove che non so neanche da dove cominciare. Prove schiaccianti. Quindi, la pianti con questa commedia.- Fece una pausa.- Sa, il signor Bornes ci aveva avvertiti che lei si sarebbe comportato così...-

 

Jonas sollevò un sopracciglio.- Bornes? Das Bornes?-

 

- Esatto. Io e il signor Bornes abbiamo fatto una chiacchierata lunga e interessante. E' stato più che felice di collaborare, in cambio di uno sconto di pena.-

 

Ecco che fine aveva fatto, pensò l'italo-americano.- E vi fidate della sua parola? Bornes non è certo una persona affidabile...-

 

- Se non fosse così, allora perchè lei gli ha affidato la gestione delle sue attività di Loguetown e dintorni?- Lucci gli arrivò di fronte e piantò le mani sulla scrivania.- Giù la maschera, Petricelli. Il gioco è finito. Il suo impero criminale ha i minuti contati. E non solo qui in America. A quest'ora, i miei colleghi dell'Interpol avranno già arrestato il suo alleato spagnolo, il Joker.-

 

La maschera di impassibilità di Petricelli crollò. Gli si allargarono gli occhi e la bocca gli si spalancò.- Come...-

 

- Come abbiamo fatto a beccarvi? Un informatore ha indirizzato nella giusta direzione un mio amico Ispettore dell'Interpol, e lui ha passato le informazioni a me.-

 

Jonas rimase in silenzio. In pochi minuti, il mondo che aveva faticato tanto per costruire era crollato. Gli sembrava impossibile. Com'era potuto succedere?

 

Lucci fece cenno a uno dei suoi uomini di avvicinarsi. Questi venne vicino alla scrivania, esibendo un paio di manette.

 

- Ha intenzione di opporre resistenza?- gli chiese Lucci.

 

Scrollò le spalle.- Servirebbe a qualcosa?- Si alzò in piedi e offrì i polsi all'agente con le manette.- So riconoscere la sconfitta.-

 

- Molto bene.-

 

- Zio Jonas, che sta succedendo?-

 

Bartolomeo aveva scelto proprio quel momento per entrare lì, dando un'ennesima prova del suo pessimo tempismo.

 

- Bartolomeo...-

 

- Zio, eh? Arrestate anche lui.- Gli altri due agenti si mossero verso Bartolomeo.

 

- Il ragazzo non c'entra niente con questa storia. Lasciatelo andare.- disse Petricelli. Bartolomeo sarà anche stato un rompiscatole, ma era pur sempre suo nipote, e non era mai stato coinvolto nelle sue attività criminali.

 

- Questo, se permette, lo decideremo noi. Portateli via!-

 

La testa bassa, Petricelli si lasciò condurre fuori dall'ufficio assieme a Bartolomeo. Lucci si mise in fondo al corteo. La signorina Valentine era rimasta impietrita in un angolo.

 

All'improvviso, Jonas si fermò, costringendo gli altri a fare altrettanto, e si girò verso il ritratto di suo padre.

 

- Che cosa...cosa hai detto?-

 

- Sta parlando con me?- chiese uno degli agenti. Lucci inarcò un sopracciglio.

 

- No, io...niente, era solo un'impressione.- Scosse la testa e continuò a camminare.

 

Era impossibile, doveva per forza essersi sbagliato. Una cosa simile non poteva succedere. Eppure, per un attimo gli era sembrato che il ritratto di suo padre avesse parlato, sussurrando una frase che Jonas odiava e che si era sentito dire più volte nel corso dell'infanzia.

 

Sei un buono a nulla, Jonas.

 

***

 

Madrid, Spagna

Una villa in periferia

 

Come annunciato da Lucci, alcuni agenti dell'Interpol, guidati dall'Ispettore Drake Diez, si erano occupati dell'arresto dell'individuo noto come Joker. A causa dei fusi orari, la cosa era avvenuta quando in California era ancora notte. Ma facciamo un passo indietro.

 

La mattina del 2 Febbraio, l'Ispettore Drake e i suoi uomini si erano recati nella villa della famiglia Donquijote, un elegante edificio alla periferia di Madrid. Il loro arrivo era stato annunciato al padrone di casa dalla procace signorina Mone, segretaria e amante occasionale del padrone di casa, Doflamingo Donquijote. Ovviamente, quest'ultimo non aveva affatto gradito la cosa.

 

Al momento, erano tutti nell'ufficio del miliardario. Gli uomini dell'Interpol in piedi e con facce gravi, Doflamingo seduto su un grosso divano rosa con a fianco Mone. Il padrone di casa indossava una bizzarra vestaglia dello stesso colore del divano con delle piume di fenicottero attorno al collo, e portava degli occhiali da sole con lenti colorate che definire di cattivo gusto sarebbe stato un eufemismo (Drake si chiese perchè li portasse anche lì al chiuso. Forse i suoi occhi erano molto sensibili alla luce). La fedele segretaria, invece, aveva un ben più sobrio tailleur grigio e degli occhialini rotondi che contribuivano a darle un'aria particolarmente sexy (Certi particolari a Drake non sfuggivano). Dall'espressione infastidita di entrambi, e anche dal fatto che sembravano essersi rivestiti in tutta fretta, era facile immaginare in cosa fossero impegnati prima dell'arrivo di Drake e compagnia.

 

- Ispettore, si rende conto di cosa mi sta accusando?- sibilò il biondo miliardario.

 

- Io non la sto accusando. Io ho la certezza che lei sia il Joker.- rispose Drake.

 

- Non abbiamo mai sentito nominare un individuo con questo nome.- asserì la segretaria, stringendo protettiva una mano del suo datore di lavoro.

 

- Per favore, Mone, stai zitta. Questa è una faccenda tra me e l'Ispettore.- La donna annuì e si staccò da lui.- E cosa le darebbe questa certezza?-

 

- Le prove schiaccianti che mi sono state consegnate. Prove che la identificano inequivocabilmente come il capo di un'organizzazione criminale con ramificazioni in tutto il mondo. Il Joker, per l'appunto.-

 

- Consegnate? Quindi immagino che lei abbia un informatore...-

 

- Esatto.-

 

- E non le è mai venuto il dubbio che queste informazioni potrebbero essere false? Potrebbe anche trattarsi di un complotto orchestrato dai miei concorrenti, gente a cui non va giù il mio successo. Ce ne sono molti, sa?-

 

- Impossibile. Ho fatto dei controlli, e sono giunti tutti a delle conclusioni più che certe. E il mio informatore è una persona affidabile. In tanti anni che collaboriamo, Corazon non mi ha mai deluso.- Drake si diede mentalmente dell'idiota. Nell'euforia del momento, si era lasciato sfuggire il nome del suo informatore. Non era poi tanto grave, però. Era un nome in codice, e dubitava che il signor Donquijote lo conoscesse.

 

Tuttavia, come avrebbe scoperto di lì a poco, le cose non stavano proprio così.

 

Doflamingo fissò lo sguardo su di lui e alzò un sopracciglio.- Corazon? Ho sentito bene? Ha detto proprio...Corazon?-

 

- Ehm...- Drake pensò subito a qualche scusa da inventarsi.- Ecco...-

 

Al che accadde qualcosa che lo sconvolse, e che avrebbe ricordato per sempre. Doflamingo rimase immobile per alcuni secondi, aprì leggermente la bocca, e poi scoppiò a ridere.

 

La sua risata echeggiò in tutta la stanza, spedendo dei brividi lungo la schiena di tutti i presenti, perfino Mone. C'era qualcosa di strano, in quella risata. Qualcosa che dava un'idea di...pazzia.

 

- Señor Donquijote...- mormorò Mone con un filo di voce. Sembrava spaventata.

 

Doflamingo smise di ridere.- Oh, caro Ispettore, a quanto pare ci siamo rivisti, alla fine...-

 

- Cosa...- La voce del miliardario era cambiata. Di poco, ma era cambiata. E Drake aveva l'impressione di averla già sentita.- Che intende, signor Donquijote?-

 

Il miliardario rise di nuovo.- Non proprio...facciamo così, le darò un aiutino.- Con un gesto improvviso si tolse gli occhiali da sole, e l'Ispettore Drake ebbe modo di vedere i suoi occhi.

 

Due occhi spaventosamente familiari. Due occhi che aveva già visto, e che riconobbe all'istante. Non c'erano dubbi, erano proprio quelli. Ma allora...

 

- No...non è possibile...- mormorò l'Ispettore.

 

- E invece sì, mio caro Ispettore.- Il biondo scattò in piedi e sorrise, facendo poi un breve inchino.- Io...IO SONO CORAZON!-

 

 

OMAKE

 

Sdraiato sul suo letto, John Spangler rifletteva su come procedere una volta finita Modern Day Life.

 

- Allora, che storia potrei scrivere?- Si grattò la barba incolta.- Dunque, potrei scrivere un crossover con Twilight...- Gli venne un brivido di terrore.- Meglio di no. Oppure, potrei provare con qualcosa su Smoker...no, magari un'altra volta. Che altro...una parodia di qualche film, con i Mugiwara come protagonisti...no. Un attimo...forse potrei scrivere una storia dove sulla nave si diffonde un virus che rende tutti arrapati come bestie e...no, questa fa schifo solo a pensarci. Uffa, che posso fare?- Tamburellò le dita sul materasso e attese l'arrivo dell'ispirazione.

 

Purtroppo, invece dell'ispirazione arrivò qualcos'altro. All'improvviso, un enorme meteorite proveniente da un lontana parte dell'universo si schiantò sulla casa di Spangler, distruggendola completamente. Nessuno di quelli che erano all'interno sopravvisse.

 

La notizia si diffuse subito in tutto il mondo, e la gente iniziò a festeggiare. Tra tante brutture, finalmente era arrivata una bella notizia: Spangler era morto, e non avrebbe più infestato la rete con le sue storie orribili.

 

Ma siamo davvero sicuri?

 

Una mano emerse dalle macerie fumanti della casa. Un pò alla volta uscì anche il resto del corpo.

 

John Spangler si tolse di dosso polvere e calcinacci e si stiracchiò per bene.- Ci vuole ben altro per farmi fuori!-

 

 

NOTA DELL’AUTORE: Che follia è mai questa? Che c’entra Corazon con Doflamingo? Lo scoprirete nel prossimo capitolo, che come sempre arriverà tra due settimane. Ciao ciao!

 

PS: L’altro giorno sono finalmente andato a vedere One Piece Gold. Sarò sincero: pur non ritenendolo bello quanto Z, devo dire che mi è piaciuto molto. Voi l’avete visto? Se sì, che ne pensate?

  
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