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Autore: StarlightX    06/12/2016    2 recensioni
È la mia prima fan fiction, ambientata nell'universo di Go Nagai, con struttura a thriller, quindi personaggio e svolgimento "a sorpresa". Il piccolo Koichi fa la vita serena di ogni bambino, ma il suo mondo innocente viene turbato da un qualcosa di indefinibile... Di più non dico, buona lettura!
Genere: Introspettivo, Science-fiction, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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"Per forza io non faccio nulla!" gridò il piccolo Koichi all'uomo con l'anello rosso che lo aveva afferrato per il gomito. Era il suo insegnante delle elementari; un signore di bassa statura, sempre affabile e dall'aria gentile, che aveva preso il posto della signorina Kamaru nella sua classe l'anno scorso, e si era subito conquistato la simpatia e l'affetto di tutti gli alunni, Koichi compreso.
Ma ultimamente, sembrava diverso: lo sguardo gentile era diventato austero ,se non severo, e i suoi modi si erano fatti decisi, quasi bruschi. Koichi si sottrasse alla sua stretta, e fuggí nel corridoio della scuola, in preda ad un sentimento che era un misto di paura ed imbarazzo. Quando, guardandosi alle spalle, fu sicuro di averlo distanziato ,si fermò per alcuni attimi col fiato corto, ansimante, aspettando che il battito del suo cuore decelerasse fino a raggiungere un ritmo che, pur non essendo quello a cui era abituato, fosse più rassicurante, quindi uscí dalla scuola e si diresse a passi incerti lungo la strada che portava a casa.
In quei pochi minuti che si era protratta la camminata, la sensazione di minaccia aveva vinto sull'imbarazzo, e Koichi si era deciso a raccontare ogni cosa alla mamma, che lo stava aspettando a casa, preparando il dolce che per Koichi era l'equivalente commestibile di una giornata al Luna park, solo più rapido da consumare. Lei lo avrebbe ascoltato e consolato, come era sempre successo nelle peraltro rarissime occasioni in cui la sua vita tranquilla di bambino aveva subito qualche scossone, riportando con naturalezza il riso sulle sue labbra.
Quando giunse davanti a casa, mise la mano sulla porta, che si aprí senza resistenza, ed entrò correndo, per buttarsi tra le braccia della madre, che lo scrutò incuriosita. "Cosa succede?", gli chiese con un tono di voce preoccupato.
"È il maestro, il signor Daigo. È diventato...strano. É venuto in classe con un libro, il diario di una bambina morta in guerra, e mi ha scelto per leggerne un brano davanti a tutti. A me non andava di farlo, ma lui insisteva e ha tentato di costringermi, allora io.."
Lo sguardo della madre diventò più duro, le labbra si serrarono e i pugni quasi si strinsero, un gesto che spaventò Koichi, che non l'aveva mai vista cosí.
Ma quello che lo pietrificò fu il vedere, al dito della madre, un anello del tutto simile se non uguale a quello che indossava il maestro. Era un anello rosso, dai bordi frastagliati come a disegnare il contorno di una strana isola, di un materiale che non capiva se fosse plastica o acciaio.
Mentre i suoi occhi indugiavano sull'anello, anche la sorellina di Koichi, Hiromi, aveva fatto la sua comparsa nella cucina, mettendosi a fianco della madre e prendendola per mano, finendo per unire la sua voce a quella della donna; ora tutte e due guardavano Koichi dritto negli occhi, implacabili e solenni ,ripetendo quasi all'unisono quelle parole: "Devi farlo,Koichi! Per forza! Per forza!! Per forza!!"
Col cuore in gola, Koichi corse via. Non capiva cosa stesse succedendo; il mondo intorno a lui si era trasformato, tutta la gioia e la gentilezza sembravano essere uscite dalla sua vita, precipitando ogni cosa in un incubo a cui era impossibile sfuggire. E quell'anello... Koichi intuiva, non capiva come ma lo sapeva, che la spiegazione di tutto risiedeva in quell'anello...
D'un tratto, come un'esplosione innescata dall'intensitá del suo turbamento, un lampo di un bianco innaturale percosse il cielo e gli occhi di Koichi ,e lui capí. Non era la forma dell'anello. Non era neanche lo strano materiale di cui era fatto. Era il suo colore. Quell'anello era rosso. Rosso come il sangue, rosso come la rabbia, rosso come...
 
Una scarica violenta gli percorse il braccio mentre lo sfilava dall' O-ni-rømm, il dispensatore di mondi virtuali che aveva portato con sè nella fuga dal suo pianeta natio, e aveva tenuto nascosto a tutti, anche all'uomo che ora chiamava padre. I suoi occhi, ancora annebbiati dall'oblio nel paradiso artificiale in cui si era rifugiato, per lenire il suo dolore e dare pace al suo cuore, riflettevano il disco rosso della luna che riempiva il cielo, un avvertimento che era riuscito a raggiungerlo perfino nel mondo lontanissimo in cui si era immerso, come un ritorno disperato nel nirvana del grembo materno. Un nuovo attacco stava per essere sferrato da parte degli invasori, e lui era l'unica cosa che poteva fermare un altro sterminio. Non voleva farlo, non voleva combattere ancora. Ma doveva. Per forza. Rifiutarsi di affrontare la minaccia significava una fine sicura e orribile per la sua nuova terra, il pianeta che lo aveva accolto dopo la sua fuga dalle stelle lontane, dalle grida e dalle fiamme che consumavano il suo popolo.
Non poteva lasciare che questa gente, queste persone che lo avevano accolto come un figlio, senza domande ma con gentilezza e comprensione infinite, dividendo con lui il tetto ed il cibo, fossero schiavizzate e uccise come la gente del suo pianeta. Non voleva combattere, ma doveva. Per forza.
Si scosse e si rialzò. La sua lunga figura si stagliava nel buio. Era un giovane magro, coi capelli castani come i suoi occhi; indossava un giubbotto a frange, anch'esso marrone.  Le sue labbra solitamente gentili si serrarono, e soppresse a fatica un singhiozzo. Non poteva indugiare oltre. Con gli occhi che ora bruciavano di una fiamma pari, se non superiore a quella della luna in cielo, il giovane principe di un pianeta lasciato 1000 volte corse lungo il corridoio che portava al disco, mentre di fuori si compiva la trasformazione da ragazzo a guerriero, e dentro di lui la rabbia congelava il pianto del suo cuore in uno sguardo di ghiaccio. Con un urlo che sembrava l'urlo degli spiriti di un pianeta entrò nel cuore del guerriero d'acciaio che avrebbe difeso i suoi cari dalla minaccia meccanica dell'invasore alieno, e lo guidò lungo la rampa e attraverso la cascata, fino a porsi di fronte al nemico che lo aspettava all'esterno, un colosso di acciaio alieno immobile e terribile. Lo avrebbe affrontato e combattuto senza risparmiarsi, per amore della Terra, dei suoi cieli blu e delle creature che vi abitavano, a volte senza forse rendersi conto del privilegio concessogli, proteggendoli con ogni mezzo, finchè avessero avuto bisogno di lui, anche a costo della vita.  
   
 
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