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Autore: Tigre Rossa    06/12/2016    1 recensioni
Il diavolo esiste.
Eccome se esiste.
Credevi di averlo già incontrato a casa, invisibile ma presente, dove tuo padre massacrava di botte tua madre un giorno sì e l’altro pure, dove tua sorella era eternamente ubriaca, dove eri costretto a stringere i pugni e sopportare quella vita che non era vita, tirare avanti giorno dopo giorno, sempre nascosto dietro una maschera di ferro e dolore.
Credevi di averlo già incontrato in guerra, sul campo di battaglia, quando vedevi cadere davanti ai tuoi occhi impotenti i tuoi compagni, i tuoi amici, persone innocenti, sotto i colpi di nemici dai volti evanescenti.
Credevi di averlo già incontrato a Londra, dopo l’incidente che ti aveva rubato all’esercito, mentre le tue giornate vuote avevano iniziato ad ingrigirsi e tutto il risentimento che provavi verso il mondo ti attanagliava l’anima.
Ma non era così.
Lo hai capito solo molto tempo dopo il tuo vero primo incontro con il diavolo.
Solo quando ormai eri troppo stretto nelle sue spire per liberarti di lui.
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Se John Waton non fosse stato veramente quello che tutti credevano . . .
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Sherlock Holmes
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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On the Side of the Devil

 


 

 

 

Il più bel trucco del Diavolo sta nel convincerci che non esiste.

- Charles Baudelaire

 

Il diavolo esiste.

 

Eccome se esiste.

 

Credevi di averlo già incontrato a casa, invisibile ma presente, dove tuo padre massacrava di botte tua madre un giorno sì e l’altro pure, dove tua sorella era eternamente ubriaca, dove eri costretto a stringere i pugni e sopportare quella vita che non era vita, tirare avanti giorno dopo giorno, sempre nascosto dietro una maschera di ferro e dolore.

Credevi di averlo già incontrato in guerra, sul campo di battaglia, quando vedevi cadere davanti ai tuoi occhi impotenti i tuoi compagni, i tuoi amici, persone innocenti, sotto i colpi di nemici dai volti evanescenti.

Credevi di averlo già incontrato a Londra, dopo l’incidente che ti aveva rubato all’esercito, mentre le tue giornate vuote avevano iniziato ad ingrigirsi e tutto il risentimento che provavi verso il mondo ti attanagliava l’anima.

 

Ma non era così.

 

Lo hai capito solo molto tempo dopo il tuo vero primo incontro con il diavolo.

Solo quando ormai eri troppo stretto nelle sue spire per liberarti di lui.

 

 

“Capitano John Watson, vero?”

 

 

Ricordi ancora bene il giorno in cui venne a cercarti per portarti con lui all’inferno.

 

Era lì, seduto sulla tua poltrona, impeccabile nel suo completo grigio, con una sigaretta tra le lunghe dita, simili alle zampe di un anziano ragno pallido.

Gli occhi scuri, pozzi senza luce né anima, ti scrutavano, attraversandoti l’anima, studiandola come se fosse in vendita. E forse lo era.

Non riuscivi a capire come fosse entrato o chi mai fosse, ma non ti importava. Portasti la mano alla pistola, che tenevi con te anche se la tua guerra era finita da un pezzo, ma prima che potessi puntarla contro di lui, il diavolo parlò.

 

 

“Non si preoccupi, Capitano. Non ho cattive intenzioni, tutt’altro.”

 

 

La sua voce era bassa, calma e, in qualche strano modo, rassicurante. Tu non te ne sei reso conto, non al momento, ma era la voce di un serpente; affascinante, subdola, ingannatrice, pronta a spingerti a mangiare il frutto proibito per farti precipitare nelle tenebre.

Parlò, e tu ascoltasti ogni parola, mentre la presa sulla tua pistola si faceva sempre meno decisa.

Si presentò come Jim Moriarty, un consulente criminale –cosa volesse dire, tu non lo sapevi proprio- e disse di avere una ‘offerta di lavoro’ per te.

Un nuovo gioco per il suo soldatino preferito, lo definì.

 

 

“Ho bisogno di qualcuno capace di infiltrarsi tra le linee nemiche e che esegua gli ordini senza che nessuno sospetti di lui.

Ho bisogno di qualcuno che riesca a entrare nella vita di una persona e di diventarne parte integrale.

Ho bisogno di una spia con la stoffa del soldato.

Un uomo che, nonostante tutto, ancora non si sia dato per vinto.

Un uomo disposto a rischiare tutto per tornare a combattere.

Per risentire l’eccitazione e l’adrenalina della guerra.

Ho bisogno di un uomo come lei. ”

 

 

Tu volevi rifiutare. Cavolo, se volevi rifiutare. Nemmeno lo conoscevi, quell’uomo. Poteva essere un dannato pazzo, uno psicopatico, e a giudicare da quello che diceva probabilmente lo era. Ma qualcosa ti impedì di farlo.

Forse fu quella voce, quella strana voce da serpente, ad ipnotizzarti e a farti chiudere gli occhi di fronte alla realtà.

Forse furono quegli occhi magnetici, ma vuoti, senza vita, a confonderti ed a spingerti a ignorare quello che il buon senso ti sussurrava.

Forse furono quelle parole, ricoperte di miele e di attraente pericolo, ad incatenarti il cuore ed a offuscarti la mente.

Forse fu la prospettiva di poter essere di nuovo quello che eri una volta, un soldato, un uomo che viveva di rischi e di adrenalina, una persona viva.

Ancora non riesci a capire quale fu la ragione che ti spinse tra le sue braccia, ma fatto sta che tu cedesti alle lusinghe dell’oscurità.

 

“La ascolto.”

 

Sorrise, e ti spiegò ciò che aveva in mente.

Dovevi avvicinarti a una certa persona, un uomo strano, solitario, che non si legava mai a nessuno, che non concedeva la sua fiducia, che aveva chiuso il suo cuore al resto del mondo.

Dovevi incontrarlo, guadagnarti la sua fiducia. Diventare suo amico, se potevi. Studiarlo e scoprire i suoi punti deboli, per poi riferire ogni singola cosa.

Niente di troppo difficile, in fondo, per un uomo che aveva passato la propria vita a mentire e recitare.

 

“Perché mai dovrei farlo?”

“Per risentire ancora una volta il brivido della guerra. Perché a lei manca la guerra, non è vero, Capitano? E io sono pronto a donarvela, un’ultima volta.”

 

 

Furono quelle parole, crudeli, ingiuste, a cui non volevi realmente credere, ma che sapevi fossero reali, a convincerti e a trascinarti nel baratro.

Hai accettato.

Il primo, e forse il più grande, dei tuoi mille errori.

 

Perché lo hai fatto, John?

Per disperazione?

Per pazzia?

Per noia?

Non lo sai, davvero non lo sai.

Ma, qualunque sia stata la ragione, non puoi fare a meno di maledirla con tutto il tuo cuore.

 

Ti mandò lui da questo uomo, da questa preda.

Combinò il vostro primo incontro affinché sembrasse casuale, senza prepararti a chi o che cosa avresti trovato.

La tua sorpresa fu enorme, quando quest’uomo misterioso si rivelò essere un giovane dai capelli scuri come la notte, il volto illeggibile e gli occhi pieni di tutto, che con un solo sguardo riuscì a leggerti dentro e ti sputò in faccia la tua intera vita, senza se né ma.

Sherlock Holmes ti fece rimanere senza fiato per la prima volta dopo anni.

Per un attimo dimenticasti il tuo compito e desiderasti solo capire cosa si nascondesse, dietro a quelle iridi di ghiaccio.

Ma prima che potessi rendertene conto, ti aveva trascinato, per noia o forse per scelta, nella sua vita, permettendoti di diventare il suo coinquilino, di dividere i suoi giorni, i suoi spazi, la sua vita, le sue indagini spericolate.

Tu ti facesti trasportare, un po’ memore dei desideri di Moriarty, un po’ perché non avresti potuto fare diversamente nemmeno volendo.

Ma poi, tutto precipitò.

La notte dopo il vostro primo incontro, come d’istinto, gli salvasti la vita, senza che nessuno te lo chiedeste, senza nemmeno pensarci.

Puntasti la pistola e sparasti, così, senza nemmeno chiederti come, ma solo per impedire che qualcuno cancellasse la luce in quegli occhi di ghiaccio.

Forse fu quel gesto, spontaneo e non calcolato, a condannare entrambi.

Lui, ad un destino che, se avesse osservato con la mente e non col cuore, forse sarebbe riuscito ad intuire.

Tu, a una caduta che sembrava non avere mai fine.

 

Da quel momento, quell’uomo chiuso al mondo concesse a te, soldato spezzato senza più onore, a te, John Watson, quella fiducia che non aveva mai donato a nessuno.

 

Ma, prima che potessi capire in cosa realmente ti stessi cacciando, Jim venne a cercarti.

 

 

“Davvero ottimo lavoro, Capitano. Lo ammetto, non mi aspettavo una tale immedesimazione da parte sua. Ma non dimenticherà certo che si tratta solamente di una recita, vero?”

 

 

Avresti ancora potuto fermare tutto, forse. Forse saresti stato capace di fuggire dal baratro, di riconoscere le sue promesse di fuoco e di sottrarti prima che ti bruciasse il cuore.

Ma non ne sei stato capace.

Cedesti anche quella volta, l’unica, forse, in cui avresti potuto tirarti indietro.

 

Diventasti l’ombra di Sherlock, un’ombra che sussurrava alle ombre, ed ogni giorno che passava ti legavi di più a lui, sia per dovere, sia perché non potevi semplicemente farne a meno.

Quell’uomo dal volto enigmatico era misterioso ed affascinante, ed ogni momento con lui era una droga che dava assuefazione.

Lo seguivi ovunque e lo affiancavi in tutto, bramando un’altra delle sue deduzioni, delle sue battute ironiche, dei suoi rari sorrisi.

Non divenne più un dovere, cercare di legarsi a lui, ed in meno di un battito di cuore già lo conoscevi meglio di chiunque altro, e lui pian piano iniziava a conoscere te.

Ma non sospettava nulla, no. Il tuo comportamento era così genuino, seppur nato da una finzione, che nemmeno il suo sguardo allenato riuscì a scorgere il minimo cedimento.

 

“Ma che bravo attore che è il nostro Johny boy . . .”

 

 

Questo a Moriarty faceva piacere. Oh, se faceva piacere. Ascoltava i tuoi resoconti settimanali con un’attenzione inquietante, memorizzando ogni parola, ogni dettagli, ogni sillaba. Ma presto, iniziasti a fargli delle domande, ed a lui questo non piacque.

 

“Perché vuole sapere tutto questo su di lui? Perché Sherlock Holmes le interessa così tanto?”

“Oh? Non sapevo che i soldati obbiettassero gli ordini dei loro superiori. O forse stai dimenticando il tuo posto, Capitano?”

“Voglio solo sapere di cosa mi sto rendendo complice. Cos’è per lei Sherlock?”

“Quello che per te  era la battaglia, che io ti ho generosamente restituito. Mi sbaglio, forse?”

 

No, non sbagliava.

Quell’esperienza, quel vivere accanto a Sherlock, far parte della sua quotidianità, delle sue avventure,  essere partecipe delle sue indagini ti faceva sentire vivo come non succedeva da tempo. Ti faceva sentire bene come non succedeva da sempre. Ti faceva sentire un vero soldato, e non ci avresti rinunciato per nulla al mondo.

Eppure, continuavi a sentire come un dubbio, in fondo al cuore. Un’ esitazione che ti teneva sveglio la notte, e che ti faceva sussultare ogni volta che incontravi gli occhi del detective. Un sussurro dal profondo dell’anima che continuava a tormentarti, anche se soffocato dalle parole di Moriarty.

 

Ricordi ancora in che modo quel serpente soleva sibilarti all’orecchio, mormorandoti istruzioni fatte di ombra, sussurrandoti apprezzamenti che ti riempivano il cuore di bile e veleno.

Ricordi il modo in cui trascinò Sherlock in una ragnatela travestita da gioco, e tu fosti costretto a restare a guardare, impotente e senza sapere cosa fare.

Ricordi quello che Jim ti chiese di fare, una notte in cui tutto sembrava andare bene, e, nonostante tutti i tuoi timori, gli ubbidisti.

 

Quando ti chiese di riferire dei progressi di Sherlock riguardo alle indagini che riguardavano lui stesso, gli hai ubbidito. Quando ti chiese di lasciare con una scusa il vostro appartamento per una sera, gli hai ubbidito. Quando ti chiese di raggiungerlo in quella piscina, gli hai ubbidito, non immaginando nemmeno lontanamente quello che sarebbe successo dopo.

Quando ti ha costretto a fare da esca, non ti sei ribellato. Hai infilato con ubbidienza quel capotto pieno di esplosivo, aspettando che quel gioco giungesse al termine, ma ignorando come.

Moriarty rideva, mentre aspettavate che la mosca cadesse nella vostra ragnatela. Rise pure quando vide arrivare Sherlock, ignaro, nella piscina, e quando lo senti parlare orgoglioso delle sue ultime deduzioni riguardo i propri piani.

Rideva sottovoce anche quando ti spinse verso di lui, buttandoti con la gentilezza di un demone in una recita di cui nemmeno tu eri pienamente consapevole.

 

“E’ il tuo turno, Capitano.”

 

Sei uscito fuori, lentamente, in modo che il detective potesse realizzare, in modo che la sua mente potesse correre verso la deduzione sbagliata, e farsi travolgere dal panico. Ogni passo pesava come piombo, e quando ti sei girato verso di lui, all’ultimo secondo, e gli hai parlato, hai quasi dovuto agire contro la tua volontà.

In quel momento, quando lo sguardo di Sherlock ha incontrato il tuo ed hai letto tutto ciò che quell’infinità conteneva, ti sei sentito un peso nel cuore.

Hai visto i suoi occhi tremare, le sue labbra muoversi senza formare parole, le sue certezze crollare. Hai visto il suo cuore sul punto di spezzarsi, ed allora non hai retto. Hai mostrato gli esplosivi, lasciando intendere che tu eri un ostaggio, un semplice ostaggio, come Moriarty voleva, ma molto prima di quanto ti aveva detto di fare. Non avresti retto un altro secondo nel vedere Sherlock sul punto di crollare di fronte a te.

 

Quando Moriarty è uscito allo scoperto e Sherlock ha tirato fuori la pistola, pronto a sparargli, pronto a proteggerti, per un attimo hai dimenticato il tuo dovere, il tuo compito, la tua recita, la tua maschera, e sei tornato solamente John. Quel John che mai, in vita sua, avrebbe permesso a qualcuno di minacciare un suo amico.

Così, andando contro all’istinto, agli ordini e qualsiasi altra cosa, hai agito d’impulso. Sei saltato addosso a quel ragno dagli occhi di sangue e lo hai immobilizzato, usandolo come scudo umano per proteggere quello che all’inizio doveva essere per te solo una preda.

Per proteggere Sherlock.

Moriarty non si è dimostrato sorpreso, forse credendo quel tuo gesto spontaneo solo una tua personale aggiunta al vostro teatrino, ed è stato al gioco per un breve, fugace attimo, fino a quando non ha ripreso il controllo della situazione.

Dopo una lunga, pericolosa conversazione, se n’è andato, o almeno così credevate, e subito Sherlock si è precipitato a toglierti quel mantello di morte di dosso, gettandolo il più possibile lontano da te ed abbracciandoti stretto, lasciandoti senza fiato.

Tu, con il cuore che batteva a mille e un’emozione che credevi dimenticata da tempo, hai risposto al suo abbraccio, sentendoti però il più vile degli uomini.

 

Lo stai tradendo, John. ti urlava l’anima, mentre tu lo stringevi forte a te e sussurravi al suo orecchio parole rassicuranti. Stai tradendo l’unica persona che si sia mai fidata veramente di te. Stai tradendo l’unica persona per cui significhi qualcosa. Stai tradendo il tuo Sherlock.

 

Passarono i giorni, e Moriarty non fece più alcun rumore. Per un po’ pensasti che si fosse dimenticato di voi, che avesse deciso di accantonare quella faccenda, che quel passatempo che era per lui Sherlock Holmes fosse diventato ormai troppo noioso per lui. Iniziasti a crederci, a sperarci.

Ma poi, il diavolo tornò a pretendere l’anima che aveva comprato.

 

“Ti sei comportato bene l’ultima volta, Capitano. Davvero un’ottima interpretazione. Chi avrebbe mai creduto che Sherlock tenesse tanto a te? Mi sono quasi commosso quando vi siete abbracciati, sai? Una scenetta davvero toccante. Ma non vorrei che tutte queste recite ti stessero confondendo. Non dimenticare il tuo compito, Johny.”

 

Avresti voluto dirgli di andarsene, di lasciarvi in pace.

Avresti voluto urlargli che non ci stavi più, che non volevi essere più una sua pedina, che non volevi più giocare a quel gioco. Ma non potevi tirarti indietro, e tu lo sapevi fin troppo bene.

Eppure, ormai il tuo cuore era sul punto di cedere. Eri sul punto di gettare la maschera, di porre fine a quell’imbroglio.

 

Jim se ne rese conto, ed affrettò i suoi piani, forse temendo che la sua creatura di ombre si sarebbe rivoltata contro di lui, presto o tardi.

 

Tese i fili della sua ragnatela, senza dirti niente, chiedendoti solo ogni tanto informazioni quasi insignificanti, e stringendo la sua preda sempre di più, scandalo dopo scandalo, errore dopo errore, tradimento dopo tradimento.

 

Alla fine, eravate rimasti solo voi due, contro quel demone dall’animo di tenebra. Sherlock ormai faceva affidamento solo su di te, lieto che gli fossi rimasto almeno tu, certo di non poter contare su nessun altro. E tu, nel frattempo, tremavi al pensieri di quello che Moriarty poteva avere in serbo per lui.

 

Poi, la vostra fuga mano nella mano, voi due da soli contro il resto del mondo. Vi siete nascosti dove tutte era iniziato, e siete rimasti lì, in attesa di capire la sua prossima mossa.

Poi, è arrivato quel messaggio.

 

Sali sul tetto. Trova una scusa qualunque, ma sali sul tetto e raggiungimi.

JM

 

Hai trattenuto il fiato, hai lottato contro te stesso, ed hai digitato due semplici lettere.

 

No.

 

Oh, volevi davvero, davvero essere fedele a Sherlock, adesso. Il tuo cuore non ne poteva più di un simile tradimento, di tante bugie, di un inganno dopo l’altro. Eri pronto a dire basta, e davvero, questa volta.

Ma il diavolo aveva previsto anche questo.

 

Ubbidisci, o lui morirà.

JM

 

Quale altra scelta avevi? Non potevi permettere che gli facesse del male, non più. Non potevi, e basta.

 

Hai fatto come ti ha chiesto, ed ora eccoti qua, su questo tetto, a guardare l’inferno negli occhi e a chiederti cosa voglia da te. Ma lui non ti ha detto niente. Tu ha solo ordinato di restare in un angolo e di non muoverti per nessuna ragione.

Sei qui, e pensi ai tuoi errori, a quello che avresti potuto cambiare, al dolore che Sherlock sta affrontando a causa tua e . . .

 

Sherlock.

 

È qui. È appena comparso sul tetto, con il cellulare in mano e lo sguardo di chi si aspetta di essere attaccato da un momento all’altro. Non ti ha notato; i suoi occhi sono fissi su Jim che, al centro del tetto, lo guarda come un gatto che osserva il tanto desiderato topo.

 

“Finalmente sei arrivato. Iniziavo a temere che non saresti venuto.” commenta con tono noncurante, come un bambino che parla di un giocattolo noioso.

“Sono qui, ora.” È tutto quello che risponde Sherlock, concentrato a cercare di analizzare la situazione. Tu resti in un angolo, incapace di respirare, incapace di muoverti, incapace di pensare.

“Sì, lo vedo. Ma tu non hai visto qualcuno, a quanto pare.” lo stuzzica Moriarty, portandosi le mani in tasca “Abbiamo un ospite speciale, per questo grandioso ultimo atto.”.

Gli occhi del detective si stringono, sospettosi, e poi vagano lentamente lungo tutto il tetto, fino a quando non ti scorgono e si spalancano per lo stupore.

“John!” esclama, suo malgrado “Cosa..?” si vola verso Jim, infuriato “Come hai fatto a portarlo qui? Che cosa gli hai fatto?” ringhia, trattenendo a stento la sua agitazione e la sua paura.

“Io?” ripete l’altro, fingendosi quasi offeso “Non gli ho fatto assolutamente nulla. Johny è qui di sua spontanea volontà. Voleva assistere anche lui al compimento del nostro gioco. Non è così, capitano?” aggiunge, voltandosi verso di te e attraversandoti con quegli occhi morti.

Stringi i pugni, mentre finalmente capisci cosa ha intenzione di fare.

 

Ha tolto a Sherlock ogni cosa.

La sua reputazione, il suo lavoro, la sua credibilità, la sua casa, i suoi amici, la fiducia del suo stesso fratello e delle persone a lui più care.

Ed adesso, vuole togliergli anche l’ultima certezza, l’unica ancora, l’unica salvezza che gli è rimasta.

Vuole togliergli te.

 

“Cosa vuoi dire?”  sibila Sherlock, per poi fare un passo verso di te e chiamarti “John!”.

Dai suoi occhi puoi vedere che ha già capito, ma si rifiuta di crederci. Vuole credere che sia solo un trucco, un malsano, crudele trucco anche questa volta, e che tu sia reale. Che almeno tu sia reale.

 

Il ragno l’osserva, osserva divertito la sua preda dimenarsi mentre l’ultimo filo gli si stringe attorno alla gola “Credevi davvero . . . cosa? Che John Watson fosse un amico? Che fosse dalla tua parte?”  ride, una risata crudele, sbagliata, demoniaca. “John Watson era solo una marionetta, Sherlock. Una semplice, astuta, geniale marionetta. Tutto quello che vi univa, o meglio, quello che credevi vi unisse, era solo finzione.”

Sherlock non ci crede. Non può crederci. Ma i fatti parlano chiaro, e la sua mente geniale se ne rende conto fin troppo bene.

Cerca il tuo sguardo, gli occhi spalancati e che bruciano “E’ vero?” domanda, la voce che, per la prima volta da quando lo conosci, gli trema “Tutto quello che dice è vero?”

 

Vorresti mentirgli, vorresti rispondergli che non è così, vorresti dirgli che è tutto una menzogna, ma non puoi.

Perché sei tu ad essere una menzogna.

 

“Certo che è vero.” esclama divertito lui, fissandoti con i suoi occhi morti “Il tuo caro John Watson non è mai stato con te dalla parte degli angeli. No. E’ sempre stato dalla parte del diavolo.”

Quelle parole ti feriscono dentro più di quanto avresti mai potuto immaginare, ma accendono anche una luce per la prima e forse unica volta.

 

Sì, forse tu sei solo una menzogna.

Ma quello che provi per Sherlock Holmes non lo è, né lo sarà mai.

 

In quel momento, mentre vedi gli occhi di ghiaccio di Sherlock sul punto di spezzarsi davanti a te, prendi la tua ultima, estrema decisione.

Fai un profondo respiro, sussurri una preghiera a Dio nella speranza che possa ascoltare almeno un’ultima volta un dannato come te, e porti velocemente la mano sulla pistola che, ancora adesso, continui a portare con te ovunque tu vada.

 

La tiri fuori ma, invece di puntarla verso Sherlock, come lui vorrebbe, lasci che sia il tuo cuore a guidare la tua mano, come quella notte che ha cambiato tutto.

Quando premi il grilletto per quella che speri sarà l’ultima volta, il proiettile trapassa da parte a parte la testa piena di inganni di quel demone pieno di ombre.

 

Jim Moriarty cade a terra, morto, senza una parola, i suoi occhi vuoti e scioccati ancora fissi su di te, ma non ti importa. Quasi non lo vedi nemmeno.

Tutto quello che vedi è il viso stupito di Sherlock, i suoi occhi di ghiaccio ancora integri, quel respiro trattenuto a stento tra le sue labbra pallide e quel cuore che batte forte sotto il suo petto e che non permetterai mai più a nessuno di provare a fermarlo.

 

“Sarò anche dalla parte del diavolo.” sussurri, lasciando cadere la pistola a terra e pregando Dio, se un dio esiste, che ti perdoni per aver quasi permesso che uno dei suoi angeli più belli cadesse e fosse trasformarlo in un dannato come te “Ma non pensare nemmeno per un attimo che io sia come lui.”.

 

Sherlock continua a guardarti, senza riuscire a distogliere gli occhi dai tuoi, e tu inizi a tremare dentro. Poi, fa un passo verso di te, un altro, ed un altro ancora. All’improvviso ecco, ti sta correndo incontro e, cogliendoti completamente di sorpresa, ti stringe forte a sé, come avesse paura di vederti scomparire da un momento all’altro.

 

Resti senza fiato, incredulo, ma poi, quando senti le sue lacrime sfiorarti la pelle ed il tuo nome –John John John- ripetuto sottovoce come una preghiera, non puoi fare a meno di chiudere gli occhi e stringere tra le tue braccia tremanti quel tuo piccolo, infinito miracolo personale che no, sai di non meritare, ma che non permetterai a nessun’altro di rubartelo.

 

Sì, forse sarai un dannato, un angelo caduto, ma hai deciso di abbandonare l’inferno e tradire il diavolo per un paio di occhi color eternità, per un’anima pura, per un cuore innocente che batte solo per te. Hai abbandonato le schiere del diavolo per lui, e lo faresti ancora ed ancora, pur di vivere, anche solo per un fragile istante, questa perfetta beatitudine.

  
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