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Autore: Ofeliet    06/12/2016    0 recensioni
L’aria che tirava in quella stanza non era delle migliori.
Masamune aveva sfoderato i suoi sei artigli per poter fermare Chosokabe, confiscandogli l’ancora – che ancora doveva capire da dove fosse riuscito a tirarla fuori, quella – e cercando di placare gli animi. Ironico che fosse lui, quello che di solito era l’attaccabrighe che veniva dal nord, a fare da paciere ma era un giorno speciale e lui aveva tutta l’intenzione di fare il bravo.
Chosokabe non aveva spiccicato nemmeno una parola da allora, ma Masamune non gli avrebbe dato nessun torto in quella situazione. Saputo quale fosse la causa della furia omicida dell’orco dei mari del sud Masamune gli avrebbe personalmente spianato la strada, lui non si sarebbe nemmeno trattenuto abbastanza come aveva fatto l’amico, se solo ciò non avesse portato grane con gli xavisti. E non ne voleva alcuna per quel momento.

{ Masamune/Yukimura & Chosokabe/Mori | esterno al canon | seguito di Mistletoe }
~ Questa storia partecipa al contest “Christmas Game! Puzzle Time!” a cura di Fanwriter.it! ~
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Chosokabe Motochika, Masamune Date, Mori Motonari, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Con questo prompt temo di essere andata un po' fuori tema, ma la shot ha preso una piega completamente diversa da come l'avevo pianificata. E non regretto niente.
Mi sono divertita un mondo, e devo essere sincera: mi è piaciuto un sacco scriverla.
Questa storia è strettamente collegata con Mistletoe, anche se non è esattamente necessario leggerla per capire tutta questa storia.


Iniziativa: Questa storia partecipa al contest “Christmas Game! Puzzle Time!” a cura di Fanwriter.it!
Numero Parole: 1859
Prompt/Traccia: I personaggi cucinano tutti insieme per il cenone


L’aria che tirava in quella stanza non era delle migliori.
Masamune aveva sfoderato i suoi sei artigli per poter fermare Chosokabe, confiscandogli  l’ancora – che ancora doveva capire da dove fosse riuscito a tirarla fuori, quella – e cercando di placare gli animi. Ironico che fosse lui, quello che di solito era l’attaccabrighe che veniva dal nord, a fare da paciere ma era un giorno speciale e lui aveva tutta l’intenzione di fare il bravo.
Chosokabe non aveva spiccicato nemmeno una parola da allora, ma Masamune non gli avrebbe dato nessun torto in quella situazione. Saputo quale fosse la causa della furia omicida dell’orco dei mari del sud Masamune gli avrebbe personalmente spianato la strada, lui non si sarebbe nemmeno trattenuto abbastanza come aveva fatto l’amico, se solo ciò non avesse portato grane con gli xavisti. E non ne voleva alcuna per quel momento.
Per quello si era trascinato Motochika verso la cucina, nella speranza di poterlo calmare – e tenerlo fuori dalla circonferenza vitale di Sorin – e si era presto dedicato alla preparazione della cena.
In realtà, per quell’evento lui avrebbe tanto voluto cucinare un tacchino e si era addentrato nella selva della sua tenuta alla ricerca di esso con Sanada Yukimura, ignorando i rimproveri di Kojuro su quanto simile caccia fosse cronologicamente inaccurata.
Due ore dopo di infruttuosa ricerca, infatti, entrambi erano tornati con dei musi lividi, delusi e tristissimi trascinando un cinghiale. Quella bestiaccia non aveva dato loro nessuna tregua, andando a cercarsi la sua triste fine tra le sue spade e le lance di Yukimura, e alla fine Masamune aveva deciso che tanto andava mettere quello sulla tavola.
Non l’avrebbe mai ammesso pubblicamente, ma cucinare gli piaceva. Ora che aveva anche un pubblico – un estasiato Yukimura e ancora un livido di rabbia Motochika – il suo ego si gonfiava orgoglioso, giusto per rimarcare quanto fosse a tutti gli effetti un drago.
Alla fine, tutti i capi gli avevano portato qualcosa – Chosokabe il pesce del suo mare, persino Mori si era scomodato a donare delle verdure piuttosto grosse – e lui aveva tutto a disposizione per cucinare una cena come si doveva.
« Masamune-dono, non sapevo fossi in grado di cucinare! » il lord sorride tronfio, beandosi dei complimenti del suo bae. Trascorrere il suo tempo con Yukimura, quel poco tempo che potevano concedersi, gli faceva decisamente bene. Gli faceva anche venire voglia di mangiarselo in un solo boccone, istinto sedato dalla presenza di Chosokabe nella stessa stanza.
Dettaglio facilmente rimediabile.
« Chosokabe. » dice, indicando senza nemmeno guardarlo. « Potresti chiedere a Mori che razza di frutto sia questo? Vorrei evitare di avvelenarvi tutti. » Motochika alza lo sguardo, vacuo.
« Non ne ho voglia. » brontola, continuando a rimanere appoggiato al muro senza reale interesse.
« Avanti, un po’ di spirito di cavalleria! Magari quel Otomo lo sta importunando di nuovo! » simile considerazione fa scattare in piedi Motochika, che si precipita fuori cucina in piena furia. Masamune lo osserva sbattere la porta, ma non se ne preoccupa.
« Motochika-dono deve essere molto affezionato a Mori-sama. » mormora Yukimura, fissando la direzione in cui il pirata è scomparso. Masamune sorride, accarezzando la mano appoggiata sul tatami e avvicinandosi per un bacio che non gli viene assolutamente negato.
« Sono due idioti. » Yukimura ride divertito, ma non replica. « A proposito, il tuo vecchio? »
« Oyakata-sama ha detto che avrebbe atteso Kenshin-dono e poi avrebbero proseguito insieme. » replica, cercando di ignorare l’indecente appellativo che Masamune aveva usato per il suo maestro. « Ha anche detto che porterà del saké! »
« Allora vale la pena di aspettarlo. »

Chosokabe si dirigeva a passi furiosi verso la parte interna della tenuta, verso le stanze che Masamune aveva generosamente concesso agli ospiti. Sicuramente Mori era lì, e anche Sorin. Simile pensiero lo incendia, mentre la visione di meno di un’ora prima non si vuole togliere dalla sua mente.
Motochika chiude gli occhi, frustrato, e si mette a correre verso l’ignoto.
« Chosokabe. » la voce di Mori è flebile, ma Motochika la sente comunque e si ferma. Mori è di fronte a lui, e sta venendo dalla direzione opposta alla sua. Era ritornato alla sua solita compostezza, del suo stato imbarazzato e nervoso di prima ormai non ce n’era nemmeno una piccola traccia.
« Mori. » il silenzio tra di loro è teso, e nessuno sapeva bene cosa dire in simile situazione. In fondo non erano così amici da permettersi troppe confidenze. Nessuno dei due riesce a parlare, almeno finché Mori non prende leggermente fiato.
« Dovevi essere tu. » mormora all’improvviso Mori, cogliendo Motochika di sorpresa.
« Eh? » il suo commento inopportuno pare infastidire Mori, che si morde il labbro e con stizza riprende a camminare. Il braccio di Chosokabe lo blocca, però, e Mori alza lo sguardo nel tentativo di fulminarlo. Il pirata sembra sinceramente sorpreso. « Cosa hai detto, Mori? » il rossore torna ad espandersi sulle gote di Motonari.
« Niente! Non ho detto niente! » urla, indispettito, cercando di divincolarsi dalla presa di Chosokabe. Questi lo tira a sé, stringendolo con improvviso affetto. Mori si lascia abbracciare in quella maniera così piratesca, cercando di ignorare le proprie ossa che scricchiolavano, e alza lo sguardo.
Sopra le loro teste, il vischio.
Era un poco beffardo trovarlo, in quella situazione.
La presa di Chosokabe si allenta dopo un po’co, permettendogli di allontanarsi. Non gli ci vuole molto per alzarsi in punta di piedi e afferrarlo per gli ornamenti al collo per abbassare il suo viso. Le labbra di Chosokabe sono gentili e calde. Sanno di mare. Sono completamente diverse da quelle di Sorin, e sono quelle che Mori si scopre ad aver desiderato già da un po’.
Quando si stacca, Motochika ha gli occhi sbarrati dalla sorpresa. Mori ha voglia di sorridere, per averlo colto di sorpresa ancora una volta. L’ennesima, ma gli procurava soddisfazione come fosse la prima.
« M-masamune voleva s-sapere che cosa gli hai portato. » balbetta, il rossore che ormai aveva preso residenza stabile sul suo volto. Mori sospira, maledicendo l’ignoranza di quel signorotto di Oshu, e ritrova di nuovo la sua compostezza perduta.
« Andiamo. »
« Eh? » quel plurale sorprende Chosokabe, ma nel sentire le dita di Mori stringere delicatamente il lembo della sua giacca non trova il coraggio di obiettare.

Nella cucina si era scatenato il putiferio.
Keiji credeva di aver fatto del bene, a presentarsi senza invito e portando in dono una gallina che aveva preso in prestito dall’allevamento di Matsu. Peccato che la sua nee-chan allevasse dei genuini polli da combattimento, e che ormai Masamune si era lanciato in un vero e proprio duello con il volatile.
Yukimura e Kojuro, confinati alla porta, ormai non avevano più la forza di intervenire.
« Vieni qui e fatti cucinare, damned chicken!! »
« Voi avete capito cosa ha detto? » chiede Keiji, chinandosi leggermente, ma persino Kojuro nega con il capo. Masamune aveva perso il senno, decisamente. Peggio di quella volta che Takenaka lo aveva rapito e aveva lasciato il suo danna a vagare per il Giappone come un bambino che si era perso al supermercato. Ripensare a Hanbei gli provoca uno spiacevole brivido. Sicuramente ad Osaka si sarebbero offesi per quel mancato invito.
« Yukimura-danna, ormai Takeda-sama sta arrivando. » Yukimura, nel notare Sasuke sull’engawa della cucina impallidisce. Guarda il suo compagno, impegnato in una lotta all’ultimo sangue con il pollo, e si getta presto in mezzo ad entrambi nel tentativo di fermarli.
In lontananza si sente il rumore di soldati che marciano, e tutti i presenti – anche Chosokabe e Mori che erano finalmente giunti in quella stanza – rimangono in attesa.
« Ohi, Sanada. Non sapevo che al tuo maestro piacesse viaggiare con un manipolo di soldati. » Yukimura stringe il pollo al petto, cercando di salvarlo dalle grinfie di Date, e si stranisce.
« In effetti non è cosa da Oyakata-sama. » commenta, volgendo lo sguardo verso i cancelli e schivando un altro affondo di Masamune nei confronti del pennuto che teneva tra le braccia. Nel vedere però il vessillo che si avvicinava sempre di più ghiaccia il sangue a tutti i presenti. Kojuro, anche se non cattolico, xavista, o che altro, sentì l’improvviso bisogno di farsi il segno della croce.
Era il vessillo dei Toyotomi. Un disastro.
Passano pochi minuti, e presto un ragazzo proveniente dal cancello corre al loro cospetto tutto trafelato.
« Masamune-sama, Kojuro-sama! Toyotomi Hideyoshi e Takenaka Hanbei chiedono udienza! » i padroni di casa, sentendosi nominare, sbiancano. Per quale ragione i loro nemici si presentavano così al nord, lontani dalla loro sontuosa residenza di Osaka?
Masamune osserva Kojuro, distogliendo finalmente la sua attenzione dalla gallina che Yukimura si affretta a mettere al suolo.
« E sia. Fateli passare. » l’attesa è dura da sopportare, ma quando finalmente i due uomini si palesano alla loro vista la tensione si scioglie a favore dell’ostilità. Le truppe dei Toyotomi, e soprattutto non i vertici di esse, erano esattamente i benvenuti da quelle parti. Dopo i convenevoli – perché erano gente educata, loro – cala un silenzio imbarazzante. Kojuro vorrebbe quasi suggerire di estendere l’invito a quella strana cena anche ai due nuovi arrivati, salvo ricordarsi che lui non vuole condividere mai più il suo spazio vitale con Takenaka Hanbei, quindi chiude la bocca e considera molto più saggio tacere.
« Noi Toyotomi ci sentiamo offesi dal tuo mancato invito al party, Date-kun. » è Hanbei a prendere la parola, dopo un lungo silenzio che nessuno – a parte il pollo killer – riusciva a rompere.
« Spiacente, ma non ho primogeniti da maledire. »
« Non credo di aver capito. » replica Hanbei, estremamente perplesso da simile frase.
« Non importa. » ghigna Masamune. « E comunque non ho invitato diversi clan a questa, come chiamarla, piccola festa. »
« Stando alle mie notizie avete invitato persino Otomo Sorin. »
« Ma non è vero! » replica prontamente Masamune, giusto in tempo perché un “Sunday Mori, dove seiiiii?” rimbombasse per l’intera tenuta facendo sbiancare il lord e strappare un sorriso vittorioso a Hanbei. In tutto quello, Hideyoshi non aveva pronunciato parola né aveva realmente sentito il bisogno di farlo. In fondo era stato il suo stratega a voler improvvisamente marciare su Oshu senza nessuna spiegazione troppo razionale. « E comunque voi non siete invitati! »
« Sei un maleducato, Date Masamune-kun. Tua madre non ti ha insegnato l’educazione? »
« L’educazione di Masamune-sama è perfetta, Takenaka Hanbei. » sibila Kojuro, fissando l’uomo in cagnesco.
« Volete scatenare una guerra a causa del vostro comportamento? »
« Oshu è sempre pronta a combattere! » urla Masamune, ricevendo un pronto “yeah” da parte dei suoi sottoposti. Guarda Yukimura, vedendo lo stesso fuoco riflesso nei suoi occhi. Chosokabe e Mori invece sono spariti, e Keiji stava già cercando una scusa per defilarsi. Era deciso, guerra!
In tutta quella confusione, nessuno si era accorto che ormai erano giunti i governatori di Echigo e Kai.
« Kenshin, credo che ci siamo persi qualcosa. » mormora Shingen, osservando con orgoglio il proprio bambino che si stava dimostrando sempre più valoroso. Kenshin sospira, straordinariamente nemmeno sorpreso.
« Io propongo di tornare a Echigo. »

   
 
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