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Autore: Padmini    06/12/2016    3 recensioni
Uno sguardo, un legame silenzioso tra due anime.
Sherlock, studente brillante ma solitario.
Gregory, studente più grande, generoso e desideroso di riparare a tutti i torti.
Un gatto e un cane che si incontrano nel cortile di una scuola.
Cosa accadrà tra di loro? Possono due anime così diverse trovare un luogo in cui incontrarsi?
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Lestrade, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Lo sceriffo e il pirata



 

 

[Riferendosi a Batman] Alcuni credono che lui sia più d'intralcio che d'aiuto. Alcuni credono che dovrebbe farsi i fatti suoi. Credono che faccia il vigilante solo per il suo piacere. Si sbagliano. È l'uomo migliore che abbia mai conosciuto. (James Gordon, Batman: Agente a terra)

 



 

 

Tutto stava andando decisamente alla grande. Certo, c'erano state delle giornate decisamente pesanti, la notte aveva faticato a dormire, ma ormai sembrava una cosa superata. Aveva altre cose a cui pensare che non fossero gli incubi. Sherlock stava sempre meglio e presto sarebbe uscito dall'ospedale, gli esami finali erano ormai alle porte, ma non lo preoccupavano più di tanto e, per finire … c'era Haley.

Se non fosse stato che la prima volta in cui si erano rivolti la parola si era svolta in circostanze non proprio piacevoli, avrebbe benedetto quel giorno. Con la scusa di andare a trovare Sherlock in ospedale insieme almeno un paio di volte alla settimana, erano diventati molto intimi, anche più di quanto si sarebbe aspettato. Fino a quel giorno non l'aveva mai nemmeno considerata, aveva sempre pensato a lei come la fidanzatina di quell'idiota di Parker, invece aveva rapidamente scoperto che era molto di più. Era simpatica, dolce, intelligente. Certo, non poteva essere ai livelli di Sherlock, ma si erigeva al di sopra della media … o almeno lui aveva iniziato a vederla così.

 

Erano in giardino, seduti accanto all'albero sotto il quale Greg si vedeva sempre con Sherlock, quando Haley sospirò rumorosamente. Sembrava proccupata.
“Qualcosa non va?” le chiese lui, allarmato da quel segno di impazienza.

“Cosa? Oh, no … nulla …” rispose lei distrattamente “Stavo pensando a Carl Powres ...”

“Chi … ah.” sussurrò Greg “Ho capito. Quel ragazzo che è morto in piscina. Brutta storia.”

“Sì. Terribile. È morto così, senza motivo ...”

Gregory si voltò per guardarla negli occhi. Sembrava sinceramente triste per ciò che era accaduto e in effetti nemmeno lui era riuscito a spiegarsi come fosse potuto accadere. Aveva seguito la vicenda sui telegiornali, a sua volta colpito dalle vicende di quel ragazzo poco più giovane di lui. Ciò che più lo aveva colpito era come Scotland Yard aveva gestito la situazione. Sembravano intenzionati a scoprire cosa ci fosse dietro la morte di Carl, invece poi avevano rinunciato, dicendo che non c'era nessuna prova che la morte potesse essere imputabile a qualcuno per negligenza o dolo. Era davvero così? Secondo l'autopsia Carl era sanissimo … ma allora perché era morto?

Si era ritrovato molte volte a pensare in quei giorni e soprattutto quando al telegiornale ripetevano la notizia, cosa avrebbe potuto fare lui, se fosse stato al posto dell'Ispettore incaricato di seguire le indagini. Sarebbe riuscito a fare meglio?

Scacciò quei pensieri tristi, non voleva rovinarsi la giornata.

“Stasera verrai da Sherlock?” le chiese, cambiando repentinamente argomento.

“Stasera no, devo studiare per l'interrogazione di domani ...”

“Ah … ma … avresti tempo per un cappuccino, dopo cena? Potremmo andare da qualche parte vicino a casa tua, così non perderai troppo tempo, che ne dici?

Si guardò attorno. C'era qualcosa che voleva dirle, ma non poteva farlo lì, c'era troppa gente. Haley intuì che c'era qualcosa dietro e sorridendo annuì.

“Va bene.” disse infine “Inoltre il tempo con te non è mai perso ...”

Arrossì e anche Gregory si sentì stranamente accaldato. Haley prese il tovagliolo che aveva avvolto il suo panino, una penna, e scrisse un indirizzo.

“Ci possiamo trovare qui stasera, se vuoi. Casa mia è poco distante. Dopo il cappuccino ti farò vedere dove abito.”

Gregory sorrise, la giornata stava andando sempre meglio! Avrebbe voluto abbracciarla, gli sarebbe venuto spontaneo abbracciarla … ma in quel momento suonò la campanella. Lei sorrise e gli fece un malizioso occhiolino.

“A stasera allora!” mormorò, prima di correre verso la sua classe.

“A stasera ...” sussurrò lui, in estasi, prima di rientrare a sua volta.

 

Il pomeriggio passò lentamente, troppo lentamente per i suoi gusti. Alle tre aveva già terminato di fare i compiti per il giorno successivo e non sapeva cosa fare. Dopo l'incontro con Haley sarebbe andato da Sherlock e gli avrebbe raccontato … un successo? Un fallimento? Era più propenso a credere che si sarebbe avverata la prima ipotesi, anche se sembrava troppo bello per essere vero.

Cosa poteva fare per passare il tempo? Non aveva voglia di studiare, si sentiva molto preparato, ma in compenso aveva bisogno di qualcosa per distrarsi … Lo sguardo gli cadde sulla sua collezione di volumi di Tex. Da quando aveva memoria aveva sempre collezionato quei fumetti, affascinato dalle storie, ma non si era limitato a quello. Era sempre stato affascinato dal Far West, dalle risse nei saloon, le lotte con gli indiani e, soprattutto, l'aura di potere e forza che aleggiava attorno alla figura degli sceriffi. Per sei anni di seguito, da quando aveva iniziato ad andare a scuola, a carnevale si era sempre vestito da sceriffo, con tanto di stella dorata appuntata sul gilè. Poi era cresciuto, la stella era rimasta in un cassetto e così pure i vestiti, ormai troppo stretti per essere indossati dal ragazzo che era diventato. Aveva iniziato ad appassionarsi di altri fumetti, quelli della DC e in particolare da Batman e dall'Ispettore Gordon. Gli era sempre piaciuta l'idea di eroi senza poteri, che si facevano strada nel mondo grazie alla loro intelligenza e al loro coraggio, sempre per far trionfare la giustizia ... e la morte ingiusta di Carl Powers tornò a riempire i suoi pensieri. Avrebbe davvero potuto fare di meglio? Fare la differenza? Far trionfare la giustizia come i suoi eroi? Erano forse le idee utopistiche di un ragazzino che poteva ancora permettersi di sognare, ma gli erano sempre rimaste nel cuore e ora che si aprivano davanti a lui le porte del suo futuro, sapeva che strada avrebbe intrapreso.

Era rimasto tutto il resto del pomeriggio disteso sul letto, pensando, immaginando ad occhi aperti … ad un certo punto si addormentò e sognò. Nel sogno cera una lapide nera, lucida, macchiata di sangue … gli sembrò di sentire una voce, un sussurro lontano … “Mi fidavo di te ...” Poi, dalle ombre, comparve Sherlock. Indossava un lungo cappotto nero e una sciarpa blu. Dai suoi capelli neri e spettinati, colava il sangue che macchiava la lapide.

“Mi fidavo di te ...”

Si svegliò di colpo, come se fosse stato schiaffeggiato. Cos'era? Da dove veniva quella tomba? E quel sangue? Cosa volevano significare? Perché Sherlock lo stava accusando? In quell'istante ricordò e i sogni che era riuscito a scacciare tornarono prepotentemente. Da quando Sherlock era stato selvaggiamente picchiato, aveva sognato quasi ogni notte la sua aggressione. Non c'era stato quando lui aveva avuto più bisogno, non aveva potuto difenderlo come si era ripromesso. Man mano che lo vedeva guarire era riuscito ad arrivare a patti con quelle visioni e, pian piano, i sogni avevano smesso di perseguitarlo, ma evidentemente non si era ancora del tutto redento. Cosa doveva fare ancora per sentirsi a posto con la coscienza? C'era qualcosa che gli sfuggiva … ma non aveva idea di cosa potesse essere. Chiuse nuovamente gli occhi, tentando di rilassarsi.

 

Cenò rapidamente, salutò i genitori e uscì. Era in ritardo, in ritardissimo. Si sentiva come il bianconiglio di Alice ma, infatti continuava a controllare l'ora. Con la metropolitana ci avrebbe messo poco, ma ugualmente non voleva far aspettare Haley, voelva avere tutto il tempo per dirle ciò che … be', tra poco avrebbe dovuto mettere insieme un discorso per farle capire ciò che provava per lei. Non si era preparato prima, sapeva che qualsiasi cosa avesse pensato sarebbe svanita dalla sua memoria a tempo di record, perciò aveva deciso che avrebbe lasciato fare al suo istinto.

Arrivò di corsa di fronte al bar indicato da Haley e, con un sorriso, constatò che era un Caffè Nero.

“Bella scelta …” mormorò, ripensando al fatto che la prima volta in cui erano stati insieme con calma era stata proprio in un bar di quella catena. Prese un profondo respiro, entrò e notò immediatamente Haley, seduta ad un tavolino appartato. Che avesse intuito che voleva parlarle di qualcosa di importante?

“Ciao ...” mormorò, vedendo che aveva già ordinato per entrambi.

“Sono appena fatti.” lo rassicurò lei “Forse anche troppo … così avremo tempo per parlare, giusto?”

“Sì … giusto ...” esitò, era arrivato il momento e lei si aspettava qualcosa da lui. Poteva esitare oltre? Come doveva dirglielo? In fin dei conti non c'era nulla di male in ciò che provava, no?
“Haley … volevo … parlarti.”

La ragazza gli sorrise, aveva intuito che Gregory probabilmente aveva iniziato a provare per lei lo stesso suo sentimento.

“Non ci conosciamo da molto, ma ho sentito subito che sei una ragazza molto dolce e intelligente. Ho capito subito che eri sprecata con Alec, che avresti meritato di meglio, qualcuno che potesse farti sorridere ...”

Haley sorrise, afferrandogli dolcemente la mano.
“Anch'io credo che quel qualcuno sia tu, Gregory.” mormorò timidamente “Non sono mai stata così felice da quando ti conosco. Sento che posso veramente essere me stessa, senza maschere o compromessi … e vorrei farti sorridere ...”

Gregory sorrise a sua volta avvicinandosi a lei. Sentiva nel profondo del suo cuore di volerla proteggere, di volere tutto il bene del mondo per lei e allo stesso tempo avvertiva il bene che lei gli trasmetteva, una pace unica, speciale.

Il profumo del cappuccino li avvolgeva mentre le loro labbra si sfiorarono per la prima volta.

 

Più tardi, camminando per strada per raggiungere il Saint Barts, gli sembrava di volare. Tutto era perfetto, niente sarebbe potuto andare storto. Sherlock sarebbe guarito, gli incubi sarebbero svaniti e lui avrebbe potuto affrontare serenamente ciò che lo aspettava.

Un allegro ding precedette come al solito l'apertura delle porte dell'ascensore, ma quella sera lo percepì come una musica che faceva da colonna sonora ai pensieri che aveva in testa. Era allegro e, anche se l'ombra dell'incubo del pomeriggio continuava a seguirlo, non poteva competere con la luce della gioia che provava nel cuore. Entrò quasi saltellando nella stanza di Sherlock, credendo di trovarlo come al solito tranquillo sul suo letto, invece era circondato da vecchi giornali. Su due sedie, poste accanto al letto, da una parte e dall'altra, erano poggiate due pile di giornali, la più ordinata probabilmente quella che doveva ancora visionare.

“Ciao Sherlock! … che succede?” domandò, prendendo una terza sedia per potersi accomodare davanti a lui.

“Mi sto documentando” rispose Sherlock, senza nemmeno alzare lo sguardo.

“Ah ...” mormorò Gregory, senza riuscir a capire.

Solo a quel punto Sherlock sollevò la testa e gli sorrise.

“Ciao. Sono felice che tu sia qui! Ho una cosa importantissima da dirti!”

“Davvero?” domandò Gregory, sorridendo malizioso “Anch'io ne ho una … ma posso aspettare se la tua è più importante ...”

Sherlock annusò l'aria, lo osservò attentamente e chiuse il giornale per poi posarlo sulla pila di quelli già letti.

“No. Dimmi prima tu.” disse, già sospettando di cosa si potesse trattare. Era abbastanza evidente che si fosse visto con Haley, il profumo della ragazza era inconfondibile e le sue labbra erano più rosse del solito …

“Grazie.” disse Gregory, tremando dall'emozione “Volevo che fossi il primo a saperlo. Io e Haley … ci siamo messi insieme!” esclamò infine, senza trattenere un singolo grammo della sua gioia.

Sherlock esitò per un istante e a Gregory sembrò quasi che fosse triste per quella notizia, poi però sorrise.

“Sono felice per voi ...” mormorò, per poi abbassare lo sguardo e rialzarlo solo dopo qualche istante “Haley dopotutto è una ragazza intelligente … starete bene … insieme ...” concluse, soppesando ogni parola, pronunciandola con estrema cautela.
“Grazie!” facendo attenzione a non fargli del male, si avvicinò a lui e lo abbracciò.

Si staccò e lo guardò con attenzione. La felicità lo aveva reso cieco a tutto e a tutti e solo in quel momento vide Sherlock per com'era realmente. Era pallido, più magro del solito, ma nei suoi occhi brillava una luce intensa, testimone di salda volontà.

“Sembra che anche tu abbia qualcosa di interessante da raccontarmi! Cosa ti è successo?”

“Ho deciso cosa voglio fare nella vita.” disse lui, indicando i giornali.

“ … il giornalista?” chiese Gregory, perplesso.
“No! Macché! Voglio fare il detective!”

“Il … detective?!” quasi scoppiò a ridere. Anche Sherlock aveva la sua stessa aspirazione?

“Sì … più o meno. Farò il consulente detective.”

“Il … cosa?” aggrottò le sopracciglia, non era del tutto chiaro.

“Non potrei mai entrare in polizia, odio i gradi, i distintivi e la disciplina, non riuscirei mai a sopravvivere. Inoltre non ho molta speranza di trovare colleghi veramente intelligenti, basta vedere come l'ispettore Graves ha trattato il caso Powers!” esclamò, indicando i giornali “Ho provato a fargli notare che l'assenza delle scarpe era fondamentale, ma non mi ha dato importanza.”

Divenne rosso e Gregory intuì quanto poteva essere stato frustrante per lui dover accettare che un Ispettore di Scotland Yard non prendesse in considerazione le ipotesi di un ragazzino, per quanto brillante potesse essere.

“Be' … mi sembra normale, dopo tutto sei solo un ...”

“Ragazzino?” chiese Sherlock beffardo “Sì, è vero, lo sono, ma sono anche più intelligente di lui, che non è riuscito a risolvere quel caso, ignorando l'indizio più importante!”

“Allora cosa hai intenzione di fare? Tornerai all'attacco?” chiese, vedendo quanto era combattivo.

“No … non avrebbe senso ormai. Il caso è stato archiviato e non mi darebbero retta. No, voglio prepararmi. Come hai detto tu, posso usare gli appunti che ho preso in questi anni per diventare un detective, così saranno loro a chiedere … no, ad implorare il mio aiuto in caso di necessità!”

Gregory sorrise. Non aveva mai creduto al destino, ma se stava cercando una conferma sulla strada da seguire, ce l'aveva davanti. Aveva aperto diverse porte, tutte ugualmente promettenti, ma una sola, in quel momento, lo attirava come non mai.

“Potrei essere io ...” mormorò, senza riuscire a trattenere un sorriso.
“Tu … cosa?” chiese Sherlock, che non aveva seguito il filo dei suoi pensieri.

“Potrei essere io a chiedere il tuo aiuto …”

Sherlock sorrise, capendo finalmente dove voleva arrivare.
“Tu ...”

“Sì, dopo l'università, entrerò in polizia … o almeno ci proverò!”

“Sono certo che ce la farai.” affermò Sherlock, sicuro di ciò che stava dicendo “Sei intelligente e coraggioso. Quelli di Scotland Yard dimostrerebbero una volta di più di essere degli incompetenti se non dovessero in futuro accettarti!”

Scoppiarono a ridere. Greg sentì che Sherlock era sincero, che non aveva detto quelle cose tanto per consolarlo o dargli false speranze, per questo lo aveva sempre ammirato. Era inevitabilmente sincero, nel bene e nel male e, considerato quanta stima provava per lui, si sentì onorato di ciò che lui pensava sul suo conto. Era bellissimo vederlo così energico, deciso, sicuro di sé. Non gli avrebbe parlato dei suoi incubi, non avrebbe avuto senso, e probabilmente lui gli avrebbe liquidati come sciocchi, privi di significato. Lui però sapeva cosa volevano dire, era consapevole di ciò che doveva fare e, fosse cascato il mondo, non avrebbe deviato da quella strada.

   
 
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