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Autore: Hoshimi    20/05/2009    6 recensioni
"Kira is the God. Kira is the Law. It doesn't mind what you do, how clever you are, because Kira is everything. Remember" La morte di L non è servita a niente. Non c'è stata nessuna vittoria dei suoi eredi. Ma il suo pensiero continua a resistere attraverso Akira Yagami e Kumiko Adams.Però Kira, che spadroneggia su tutto il mondo, ha il consenso di tutti. "Come l'acqua del mare cancella i segni del vostro passaggio; così, la morte laverà i vostri peccati" L'ULTIMO SCONTRO STA PER AVERE INIZIO.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri personaggi
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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1. House

 

“Kira è Dio. Kira è legge. Non importa che cosa fai, non importa quanto tu sia intelligente, perché Kira è tutto. Ricordalo”

 

I suoi genitori lo dicevano sempre, lo ripetevano di continuo come una preghiera.

Quella mattina, nel taxi che li portava all'aeroporto, per non sentire i discorsi fanatici dei giornalisti, aveva alzato il volume dell'Ipod al massimo. Di tanto in tanto vedeva gli sguardi infuriati dei genitori.

Guardò fuori dalla finestra. Le dispiaceva moltissimo lasciare l'Inghilterra: era cresciuta lì e mai avrebbe immaginato di doverla abbandonare così all'improvviso per un ordine di Kira.

 

“Kira ha ordinato che, per migliorare l'integrazione fra le civiltà industrializzate del mondo, le famiglie si trasferiscano in luoghi diversi. Con questo illuminato provvedimento, il nostro dio vuole abbattere il razzismo e le incomprensioni fra le culture. Obbediremo quanto prima al suo volere; ciascuno avrà cura di mantenere la propria funzione sociale e il proprio impiego, per non creare disordini nell'attuale società perfetta e ripulita da ogni crimine.”  aveva detto qualche giorno fa la portavoce di Kira, Takada Kiyomi, una bella giornalista di successo.

 

Non appena avevano sentito questo annunciò i suoi genitori, fedeli seguaci di Kira, avevano deciso ubbidire subito a tale mandato. Perciò fu costretta a raccattare i suoi pochi averi (i suoi genitori non la consideravano molto dato che non si dimostrava credente) e fare le valige in fretta e furia. Non sapeva ancora la destinazione.

 

“Togliti questi affari dalle orecchie!” ringhiò sua madre strappandole con forza gli auricolari, Kumiko non si lamentò: non le avrebbe concesso quella soddisfazione

“Ben ti sta!” la canzonò Hatsumomo, sua sorella. Si detestavano.

 

Entrambe avevano nomi giapponesi: i suoi genitori sapevano che Kira era originario dal Giappone e per onorarlo avevano deciso di chiamarle così. Kumiko non ne era mai andata fiera. Lei non era d'accordo con la dottrina violenta del Dio del Nuovo mondo, come lo chiamavano tutti, lei non approvava quel mondo di sola luce, una luce opaca che copriva i crimini con altri crimini e censurava e cancellava i dissidenti.

 

“Non rompere, Hatsumomo” sibilò la ragazza con acidità.

Kami ti punirà per questo!”

 

Kami... Kami. Sempre quel ridicolo appellativo! Ma nessuno lo capiva? Il loro Dio così caro era un essere umano, un mortale con dei poteri omicidi, che aveva deciso di estirpare il male dal mondo nella maniera più errata possibile. Quelle persone così devote non erano altro che stupidi codardi che non riuscivano a pensare con la loro testa e si appellavano al pensiero del più potente, del criminale: e accettando i suoi omicidi, diventavano a loro volta assassini. Ma nessuno ci era mai arrivato, nessuno tranne L e pochi altri della polizia. Erano loro i veri simboli della giustizia.

 

“Dove stiamo andando, mamma?” chiese sua sorella.

“In Giappone”

Kumiko ci avrebbe scommesso la vita che andavano lì.

“Ecco perché hai comprato questo libro che insegna il giapponese!” esclamò ancora sua sorella mentre lo sfogliava velocemente. Probabilmente non aveva capito molto. E infatti lo disse. “Ma è impossibile! Scommetto che neppure tu hai imparato qualcosa!” aggiunse rivolta a lei che guardava ancora fuori dal finestrino.

“Invece sì” si limitò a rispondere.

 

Fin da piccola era stata una ragazzina sveglia, la sua intelligenza era nettamente superiore alla media. All'inizio suo padre e sua madre erano stati talmente entusiasmati dalla qualità che l'avevano mandata a una scuola - orfanotrofio. Era rimasta lì fino a pochi mesi prima, quando aveva superato con il massimo dei voti tutti gli esami.

In tutti quegli anni nemmeno una volta aveva ricevuto la visita dei suoi genitori, che avevano ritenuto opportuno allontanarsi da lei per non influenzare i suoi studi. Il risultato era che lei non riusciva proprio a piegarsi al volere di Kira, anzi nessuno all'interno di quella scuola condivideva i pensieri di Kira. Eppure non sapeva come i dirigenti riuscivano a mascherare bene questo fatto: l'istituto non era stato chiuso.

Erano arrivati alla loro destinazione, di fronte a loro l'aeroporto di Londra si elevava nella sua massima bellezza nostalgica da posto dei mille adii.

La ragazza si alzò quasi contro voglia e prese al volo la sua piccola valigia. Seguì la propria famiglia senza dire una parola mentre li osservava parlottare felicemente fra di loro. Facevano programmi sulla loro vita futura in Giappone, ma nessuno di loro si rendeva conto di ciò che stavano facendo?

Prima di entrare nell'aeroporto, si girò per dare un ultimo sguardo alla sua città. Qualunque cosa fosse successa lei ci avrebbe fatto ritorno, era il suo voto.

 

“Parte fra un'ora” le informò Roy, loro padre.

“Dove è la mamma?” domandò sua sorella.

“In bagno” poi posò, miracolosamente (infatti Kumiko temeva di essere diventata invisibile a tutti), lo sguardo su di lei “com'è che oggi non dici niente?”

“Non ho niente da dire” tagliò corto lei. Dopo così tanto tempo voleva fare il genitore? aveva decisamente sbagliato figlia, poteva provarci con Hatsumomo, con chiunque fosse come lui, lei non aveva niente a che fare con loro. E poi si sentiva tradita.

Poco dopo fece ritorno Mary, sua madre.

 

Era una donna alta, dal fisico asciutto, il suo corpo era geometricamente perfetto. Aveva il taglio a caschetto e nemmeno uno di quei capelli biondi era fuori posto; quel giorno indossava un tailleur nero dal taglio pulito e serio.

I suoi occhi erano piccoli e quando fissava Kumiko si rimpicciolivano ancora di più come per focalizzarla meglio. Fra madre e figlia non vi era mai stato un buon rapporto ma erano capaci di sopportarsi; se la ragazza prodigio, come la definiva ironicamente davanti alle sue amiche che venivano a prendere il tè,  era ancora a casa era tutto merito di Roy, che non aveva ritenuto opportuno abbandonare loro figlia nella scuola- orfanotrofio. Kira non lo avrebbe voluto.

Se Kumiko avesse dovuto fare una graduatoria fra chi era il più fissato con Kira all'interno della famiglia, era senza dubbio sua madre.

 

“Ho appena ricevuto un messaggio della Università di Tokyo” disse Mary rivolta a lei “hanno detto che hai passato l'esame con il massimo dei voti in tutte le materie. Perciò hanno accettato la tua domanda di iscrizione. Hai già deciso che facoltà scegliere? Mi hanno detto di riferirti che sarebbe meglio se ti decidessi in fretta. Ad ogni modo sei stata brillante, complimenti” aggiunse dandole un colpetto sulla spalla destra. Ma lei non aveva bisogno di quelle carezze vuote e fredde. Non le voleva.

Si limitò ad annuire mentre riprendeva in mano la valigia e li seguiva.

Le sarebbe piaciuto ritornare alla sua vera casa, la Wammy's House.  Lì si sentiva a suo agio con ragazzi come lei, si era fatta delle amicizie lì dentro, e il giorno in cui si erano lasciati, avevano promesso che prima o poi si sarebbero ritrovati. Ma a quanto pareva doveva trascorrere ancora molto tempo affinché ciò avvenisse.

Era salita sul pullmino che portava all'aereo. Le voci sembravano leggeri soffi che non riuscivano a raggiungere le sue orecchie, chiuse al mondo esterno per paura di essere colpite da esso. Non aveva voglia di ascoltare e benché meno di essere ascoltata. Nessuno l'avrebbe capita. Preferiva starsene in un angolo con i suoi pensieri, analizzarli e dialogare con loro. Capirsi da sola e riscoprirsi matura o ingenua oppure antipatica e pignola. Rideva di se stessa e per se stessa.

 

“Potresti studiare giurisprudenza” disse a un certo punto la madre mentre scendevano dal pullman.

Kumiko fece finta di non averla sentita. Non voleva studiare giurisprudenza, la giustizia non esisteva più, Kira era la legge e questo lei non lo avrebbe mai accettato, perché era semplicemente privo di senso.

Il suo posto nell'aereo era vicino al finestrino e in fianco a lei, per fortuna non sedeva nessuno. Prese un foglio e una penna , li portava sempre nelle tasche dei pantaloni, e iniziò a scarabocchiare.

Scrisse una "x" a metà del foglio. Era lei. Attorno varie lettere del alfabeto, che  indicavano le sue materie di studio preferite. Poi attribuì a queste valori numerici che andavano dal 1 al 10, in base a quelle preferiva di più rispetto alle altre. Alla fine del suo lavoro, sul foglio era rimasto uno schema complesso che solo lei era in grado di decifrare senza confondersi: se una lettera era elevata al quadrato o al cubo, voleva dire che era la prediletta, se invece era elevato a un cubo negativo era una che non amava particolarmente, le altre numerate dall'uno al dieci erano materie che non la interessavano ma che sosteneva con impegno. 

Ora doveva snellire le informazioni e decidere cosa doveva fare.

 

“Mi scusi... che cosa gradisce come pranzo?” chiese una giovane donna giapponese. Parlava un inglese spigoloso.

“Io capisco il giapponese” affermò subito Kumiko non volendo creare disaggio nella hostess.

“O.. meno male. In ogni caso, prima mi ha capita?”

“Sì. C'è l'onigiri?”

“Sì. Solo questo?”

“E acqua. Grazie”

 

La ragazza sorrise e si allontanò spingendo il carrello. La guardò allontanarsi. Chissà se pure lei la pensava come tutti, se pensava come Kira. Bevette un sorso d'acqua e riguardò il suo foglietto.

Sociologia... sì. Era proprio ciò che faceva per lei. Sarebbe riuscita ad analizzare con rigorosa diligenza i rapporti umani alla base della società. Forse così avrebbe capito un po' di più sulla mentalità di Kira e dei suoi fedeli. Magari sarebbe riuscito a trovarlo e a sconfiggerlo. Sorrise all'idea. Era troppo persino per lei.

Tolse dalla sua valigia, talmente piccola che le avevano permesso di portarla all'interno dell'aereo, il suo portatile nero: il suo unico compagno di avventure. Accese il computer, e si presentò la schermata per immettere la password; era la parte che preferiva in tutto quel processo perché conferiva alla banale azione di accendere un computer l'importanza di accedere a informazioni che nessun altro potrebbe guardare.

Curiosò un attimo in giro e poi lo spense, lo rimise al suo posto e si addormentò.

Trascorse tutto il resto del viaggio così.

 

“Gentili passeggeri, preghiamo a tutti di controllare le cinture perché l'aereo sta per atterrare” l'informò la voce di una hostess.

Kumiko controllò la sua cintura e si preparò all'atterraggio. Entro poco avrebbe toccato il suolo giapponese.

 

***

 

“Dove andiamo?” domandò Hatsumomo, giocando con una ciocca dei capelli castani. Aveva preso molto dalla madre eccetto i capelli. A differenza sua , Kumiko non assomigliava a nessuno dei due genitori: aveva i capelli di un biondo chiarissimo, gli occhi a forma di mandorla erano nerissimi, era abbastanza alta e sottile.

“Nel Kanto, ovviamente” rispose Mary “si trova vicino al lavoro che abbiamo trovato io e tuo padre e inoltre anche alla università di tua sorella”

“Io veramente credevo di andare ad abitare nel Campus dell'università” intervenne, un po' spaventata. Per nessun motivo voleva condividere il tetto con loro.

“Ma qualche volta dovrai venire a casa” disse il padre “durante le vacanze, per esempio”

Kumiko annuì. Le pareva un buon accordo: avrebbe cercato una scusa per essere il meno presente possibile.

“Alla fine hai deciso?” chiese la madre

“Sì. Farò Sociologia.”

 

Il viso dei suoi genitori mutò d'improvviso anche il tassista, che non capiva niente della loro conversazione poiché parlavano in inglese, aveva afferrato che la ragazza aveva detto qualcosa di poco intelligente.

“Credevamo Giurisprudenza! Insomma non tutti hanno le capacità per studiare nell'università di Tokyo...”

“Non fa per me” disse distogliendo lo sguardo. Roy e Mary capirono che era inutile continuare.

Il taxi si fermò in una stradina tranquilla.

Scesero in silenzio e rimasero fermi di fronte a una casa. Aveva due piani ed un giardino. Sembrava accogliente.

“L'abbiamo comprata a buon prezzo” commentò Roy tanto per dire qualcosa.

“Come si chiamava?” domandò Kumiko. Voleva sapere chi erano i vecchi proprietari.

Sayu Yagami... perché t'interessa?” rispose Roy. Kumiko odiava le domande come risposta.

“Curiosità” rispose scocciata.

 

------ Fine primo capitolo-------

 

 

 

Angolino di Hoshimi

Ecco un'altra fan fiction. Sono soddisfatta di come è venuto questo capitolo; il risultato lo devo alle mie carissime amiche: Giulia e Michela, che durante una seduta di pullman (io non c'ero) hanno letto e corretto, la dove c'era da correggere, lasciandomi dei commentini sul foglio che avevo stampato. Le ringrazio di cuore, perché senza di loro sono convinta che il capitolo non sarebbe venuto come ve l'ho presentato.
Spero che anche a voi sia piaciuto questo primo capitolo, cos
ì come è piaciuto scriverlo a me.
La frase riportata in giapponese  dice:

"Un giorno ci sarà una pagina
in cui innumerevoli nuove persone entreranno nella tua vita.
E cos
ì inizia, la tua lunga, lunga storia."

Quella in inglese invece dice:

"Sono stanca di essere quello che tu vuoi che sia
di sentirmi cos
ì senza fede
persa sotto la superficie
non so cosa ti aspetti da me
messa sotto la pressione di camminare nei tuoi passi
ogni passo che faccio è un altro errore per te"

Quella dei Linkin Park vuole un po' introdurre lo stato d'animo delle persone che compariranno nella vicenda, oppresse dalla volontà di Kira che le desidera perfette, pensano che ogni passo che fanno è un errore per lui e perci
ò temono di essere uccise.

Invece l'ultima, vuol dire proprio ci
ò che dice, insomma nella vita di Kumiko è arrivato quel giorno, dove innumerevoli persone entreranno nella sua via, così avrà inizio la sua storia.

Spero che le frasi riportate vi siano piaciute (spero che la mia traduzione in inglese sia giusta... non sono molto brava con quella lingua). Se vorrete continuare a seguirmi , al prossimo capitolo, altrimenti grazie lo stesso per aver letto .


Con grande affetto vi saluta: Hoshimi

 

 

 

 

 

  
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