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Autore: Nami93_Calypso    07/12/2016    4 recensioni
MazeRunnerAU
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Immaginate di svegliarvi al buio, non vedete niente ma percepite che la stanza si muove verso l’alto, forse è un ascensore.
Non sapete come siete arrivati lì e, soprattutto, perchè. Ma, cosa ancor più inquietante, non ricordate nulla: chi siete, quanti anni avete, da dove venite, qual è il vostro aspetto fisico. Ricordate unicamente il vostro nome.
Quando finalmente la stanza si ferma degli adolescenti vi danno il benvenuto nella Radura, il posto in cui loro vivono e hanno creato una società dopo esser giunti lì esattamente come voi, con quell’ascensore e senza ricordi.
Vi guardate intorno e l’unica cosa che vedete sono alte mura di cemento che circondano l’intera Radura.
È quello che è successo ai protagonisti di questa storia.
Chi sono?
Come sono arrivati lì?
Li ha mandati qualcuno?
Perchè non ricordano nulla?
Riusciranno ad andarsene?
Genere: Avventura, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: ASL, Mugiwara, Nefertari Bibi, Trafalgar Law, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il Labirinto

-Sveglia Fagio, oggi è il gran giorno-
Bibi aprì faticosamente gli occhi. Le sembrava di essersi messa a letto solo un paio d’ore prime. Nella penombra della stanza, indizio che il sole non era ancora sorto e che quindi doveva essere davvero molto presto, riconobbe la figura di un ragazzo in piedi di fianco al suo letto, leggermente chinato su di lei. Riconobbe i capelli chiari di Sabo e il suo sorriso gentile. Gli rispose con un mugugno che di convinto aveva ben poco mentre registrava le parole che le aveva appena detto e capiva cosa volessero dire.
-Dai, ti aspetto di sotto- aggiunse dopo una breve risata e uscendo dalla stanza.
La ragazza chiuse nuovamente gli occhi e si crogiolò nel tepore delle coperte ancora qualche istante prima di scostarsele di dosso e mettersi seduta sul bordo del letto.
La paura le attanagliava lo stomaco in una morsa dolorosa ma sapeva di non avere scelta, sapeva di doverlo fare.
Guardandosi intorno notò Rebecca ancora addormentata nel suo letto. A quanto pare Sabo si era mosso con cautela per non svegliarla. Nami, invece, non c’era. Il suo letto era sfatto.
Prima che un’ondata di panico la portasse a nascondersi sotto il letto si alzò e prese a cambiarsi.
Quando scese trovò sulla porta d’ingresso del Casolare l’Intendente dei velocisti che l’aspettava e le fece cenno di seguirlo all’esterno.
Fuori il cielo si faceva sempre più chiaro, le Porte erano ancora chiuse.
Seguì il biondo sul retro del Casolare dove aprì una porta che la ragazza non aveva mai notato. Era chiusa a chiave ma Sabo ne possedeva una copia.
-Sei di poche parole ‘sta mattina- le fece notare il ragazzo portando fuori alcune cose dalla stanza.
Lei lo guardò e rispose con una semplice alzata di spalle. Aveva paura che se avesse aperto bocca quel groppo che sentiva in gola sarebbe uscito fuori, in un modo o in un altro.
Sabo la scrutò. Se ne stava lì, silenziosa, lo sguardo puntato per terra: era chiaramente spaventata, come tutti gli aspiranti velocisti erano al loro primo giorno. Ma ognuno reagiva a modo suo. Ricordò Ace e la sua iperattività nel voler strafare sin dal primo giorno, mascherando un nervosismo e un’impazienza ben evidenti a un occhio esperto; Marco e la sua mania di tenere tutto sotto controllo, sempre; Nami e i suoi nervi a fior di pelle che la facevano scattare quando svoltavano ogni angolo del Labirinto. Chissà come era apparso lui stesso da fuori: ricordava la sua curiosità e il miscuglio di emozioni tra lo spavento e l’ammirazione per quel luogo tanto misterioso.
Dopo tutto quel tempo aveva imparato che la cosa migliore per i novellini era distrarli, non farli concentrare sui loro pensieri.
-Che numero porti?-
Vide Bibi portare su di lui uno sguardo sorpreso.
-Avrai bisogno di scarpe da corsa per stare nel Labirinto- le spiegò sorridendo.
La turchina si sfilò una scarpa per leggere il numero riportato all’interno. Non ricordava nemmeno quale fosse.
-38-
Sabo recuperò un paio di scarpe nere e gliele porse.
-Provale, dovrebbero andare-
La ragazza si sedette per terra e si infilò le scarpe, persa nelle sue considerazioni. In effetti non sapeva molte cose del Labirinto.
-Quanto è grande il Labirinto? Se avete bisogno di scarpe da corsa immagino che non sia proprio una passeggiata nei boschi ad aspettarci-
-È molto grande, non so quantificarlo- rispose il biondo con aria pensierosa -In una giornata, correndo, riesco a raggiungere l’estremità e tornare indietro-
-Senza fermarti mai?!- domandò l’altra sconvolta.
Il ragazzo rise.
-Ma certo che ci fermiamo! Dovremmo pur mangiare e riprendere le forze! E, a proposito, dobbiamo passare dalla cucina a prendere qualcosa da mangiare- aggiunse lanciandole uno zaino che lei prese al volo.
-Ma prima...- il ragazzo rientrò nella stanza per uscirne poco dopo richiudendosi la porta alle spalle.
Si avvicinò a Bibi, ancora seduta per terra, e mise due lunghi coltelli nel suo zaino.
La turchina sbiancò. A cosa servivano?
-Sono per precauzione, nel caso incontrassimo qualche pericolo- rispose il biondo alla sua domanda inespressa.
Qualche pericolo. A quanto sapeva Bibi il Labirinto era infestato dai Dolenti, mostruose creature di cui sapeva ben poco, che erano solite uscire di notte ma ultimamente capitava di vederli anche di giorno. Sperava con tutto il cuore che quel giorno se ne sarebbero stati buoni e tranquilli.
-Forza, a breve le Porte si apriranno-
Alle parole dell’Intendente Bibi si alzò e lo seguì verso la cucina dove Sanji diede loro due razioni contenenti i panini per il pranzo e della frutta come spuntino. Sabo fu quasi costretto a trascinare via la ragazza che era stata letteralmente rapita dalle premuore del cuoco che si profilava in mille raccomandazioni.
Raggiunsero la Porta Occidentale e Bibi vide anche altri avvicinarsi alle altre Porte, circa un paio per ognuna. Guardò di fronte a sè le imponenti mura che si stagliavano verso il cielo ormai chiaro e, abbassando lo sguardo, vide due figure che li aspettavano di fronte alla Porta. Erano Law e Nami.
-Tutto pronto?- domandò il moro al velocista quando li ebbero raggiunti.
-Come sempre- rispose quello, sistemandosi meglio lo zaino sulle spalle.
-Ricorda, non c’è bisogno che percorri tutta la sezione come gli altri giorni- Bibi rimase in ascolto, non capendo esattamente di cosa stesse parlando -Basta che le fai fare un giro turistico-
Il biondo annuì serio.
-Tanto non credo che oggi ci sarebbe qualcosa di diverso-
-Già- asserì Law.
Mentre i due continuavano a parlare, scambiandosi considerazioni, Nami si avvicinò alla turchina.
-Ehi, non hai una bella cera- le sorrise, tentando di alleggerire la tensione -Spaventata?-
Bibi si lasciò scappare un sospiro, scuotendo il capo.
-Terrorizzata!-
La rossa le mise una mano sulla spalla e la strinse forte nel tentativo di infonderle un po’ di coraggio e sicurezza.
-Non preoccuparti, dovrai solo fare un giro e guardarti intorno. E se succedesse qualcosa non devi avere paura, Sabo è il migliore. Conosce perfettamente il Labirinto ed è forte e intelligente. Stagli sempre vicino e andrà tutto bene-
Mentre parlava lo sguardo di Bibi si concentrò sul viso del velocista ancora intento a parlava col medicale. Il suo viso comunicava molte cose: era disteso, rilassato, padrone della situazione, sicuro di sè. Parlava serenamente con Law come se stessero parlando del tempo ma nei suoi occhi si leggevano determinazione, serietà, risolutezza. Nami aveva ragione, doveva stargli vicino. E voleva stargli vicino.
In quel momento le Porte, tutte e quattro, si aprirono con un rombo assordante.
-In bocca al lupo!- urlò Nami per farsi sentire sopra il frastuono mentre ancora teneva la mano sulla spalla di Bibi. Lei la guardò, grata per il suo sostegno, e spinta dal moto di emozioni che le vorticavano dentro la abbracciò di slancio, stringendo le braccia intorno al suo collo. La rossa rispose stringendole la vita con la stessa intensità.
-Grazie- disse solamente Bibi al suo orecchio. Sperava che con quella parola e quel gesto riuscisse a comunicarle tutta la gratitudine che provava per lei, per averla accolta, difesa e per fidarsi di lei.
Si separarono scambiandosi un ultimo sorriso prima che Sabo desse una gomitata alla turchina e indicasse con la testa la Porta che ancora non aveva finito di aprirsi.
Con un rapido saluto a Law entrarono nel Labirinto correndo.
-Direi di correre piano, così riusciamo a percorrere un po’ di strada e tu riesci a guardarti intorno con calma-
Lei annuì mentre correva al suo fianco.
Alte mura ricoperte di edera verdeggiante li sovrastavano da entrambi i lati. Stavano percorrendo un lungo corridoio che terminava con una svolta a destra e una sinistra. Presero quella di destra e si trovarono in un altro corridoio identico che presentava però molte più diramazioni da entrambi i lati.
Un lieve capogiro colse Bibi che si portò una mano alla testa. Forse Law aveva ragione, forse con la giusta stimolazione avrebbe ricordato qualcosa. Correva tra quelle mura ma le sembrava di osservare il tutto da un’angolazione diversa, come se guardasse dall’alto. Un senso di vertigine la colse.
-Raccontami qualcosa del Labirinto- fece a Sabo, sicura che se fossero rimasti in silenzio sarebbe impazzita a causa di tutte quelle sensazioni.
-Il Labirinto circonda la Radura da tutti i lati. Possiamo immaginare il tutto come un grande quadrato diviso in altri 9 quadrati di cui la Radura è quello centrale. Quelli intorno sono le otto sezioni, c’è un velocista per ognuna che ogni giorno la percorre e la mappa-
Bibi cercò di immaginarne la struttura e le risultò estremamente facile.
-Contavo di farti vedere le mappe domani, ti sarà più facile capire-
Corsero ancora per qualche minuto, in silenzio. Il paesaggio intorno a loro era sempre lo stesso, eppure Sabo svoltava a destra e a sinistra con estrema sicurezza. La turchina aveva ormai imparato a convivere con il mal di testa.
-Avete detto che i muri cambiano- fece lei dopo un po’, aspettandosi di vedere un muro muoversi in quel momento.
-Sì. Ogni giorno la strada è diversa. Crediamo si muovano di notte, quando le Porte sono chiuse o nell’esatto momento in cui si stanno chiudendo. Tutti cambiano, meno quelli che conducono da una sezione all’altra- rispose lui -Domani con calma ti faccio un disegno del Labirinto così potrai capire meglio-
-In realtà mi sembra di capire tutto alla perfezione-
Il biondo le lanciò un’occhiata di sbieco mentre correvano fianco a fianco.
-Quindi il lavoro del velocista non consiste solo nel correre ma anche nel ricordare e studiare le mappe- continuò la ragazza.
-Esatto, ma di quelle ci preoccuperemo domani. Oggi concentrati solo sul Labirinto- mentre diceva questo l’Intendente rallentò fino a camminare e la ragazza fece lo stesso.
Si avvicinò a un muro e passò una mano sull’edera: riusciva a intravedere il muro grigio che vi stava dietro, ricoperto di crepe come se fosse lì da mille anni. Sembrava un’impresa colossale, difficile credere che fosse stato costruito da semplici esseri umani.
-Guarda!-
Al richiamo di Sabo si voltò verso di lui e lo vide indicare qualcosa sulla parete opposta. Non era spaventato nè allarmato.
-Quella è una scacertola-
Bibi guardò subito dove stava indicando, curiosa di vedere il mezzo tramite il quale i Creatori li spiavano. Videro un piccolo affarino argentato che somigliava tanto a uno scarafaggio troppo cresciuto con la coda da lucertola che scorrazzava tra l’edera sparendo a tratti dietro i tralci. Incuriosita corse verso di essa per vederla meglio ma quella era troppo veloce e si arrampicò su per il muro. Fece appena in tempo a vedere una luce rossa su quella che doveva essere la testa.
-Non si fanno certo prendere- ridacchiò Sabo alle sue spalle. Lei si voltò per regalargli un’espressione imbronciata, quando vide qualcosa poco distante sulla parete vicino cui si trovava prima.
-Cos’è quello?- domandò avvicinandosi. Sembrava una placca di metallo fissato al muro con delle scritte.
-Ah quello- sentì dire a Sabo -Non lo sappiamo, ma sono dappertutto nel Labirinto-
La ragazza si avvicinò alla placca di metallo lucida e scostò un tralcio d’edera per leggere quel che c’era scritto: World In Catastrophe: Killzone Experiment Department.
Una fitta di mal di testa, più forte di tutte quelle che aveva mai sentito nella sua vita, più forte di quando aveva visto Koza morto, la colse, tanto forte da farle sfuggire un gemito di dolore e tremare le ginocchia.
-Bibi!- Sabo la chiamò allarmato, avvicinandosi, ma lei sollevò una mano per fargli segno di fermarsi: aveva bisogno di pensare. Lui ubbidì.
Quelle parole. Era come se le avesse sentite mille volte e poi dimenticate. E ora, rivedendole, avevano risvegliato mille sensazioni. Non promettevano nulla di buono, affatto. Parlavano di morte, catastrofe, esperimenti. Cosa ci faceva lì una scritta del genere? Cosa voleva dire? Che quindi l’ipotesi dei radurai dell’esperimento fosse vera?
Il mal di testa era talmente forte da provocarle la nausea.
Tornò a concentrarsi sulla scritta.
C’era dell’altro. Tutte le parole avevano l’iniziale maiuscola. Messe insieme formavano la parola WICKED, cioè “malvagio”. Davvero un pessimo segno. Avrebbe dovuto sentirsi terrorizzata, e infatti così era, avrebbe dovuto voler allontanarsi da una cosa simile, ma invece sentiva che ci era più vicina di quanto potesse immaginare.
Improvvisamente si ricordò di quanto le aveva detto Law il giorno prima. WIOCKED era il nome di un’associazione, l’associazione dei Creatori, un’istituzione che aveva a che fare con catastrofi, morte ed esprimenti. E lei ne aveva fatto parte. Nulla, nulla di buono.
Mentre rifletteva su queste cose e combatteva contro il dolore non si accorse che Sabo le stava parlando, non si accorse dell’allarme nella sua voce, dei suoi richiami, finchè non la prese per un braccio. Con quel contatto riprese un po’ di coscienza sulla realtà e ciò che la circondava.
-Dobbiamo muoverci!- le disse Sabo scuotendola per le spalle prima di trascinarla letteralmente lungo il corridoio.
Bibi, intontita, si lasciò trasportare. Il suo cervello era diviso in due: una parte concentrata sulle informazioni appena apprese, l’altra registrava a mala pena gli stimoli che i suoi cinque sensi le inviavano: le mani di Sabo strette sulle sue braccia mentre la trascinava, i piedi che quasi inciampavano sul suolo di pietra, la necessità di bere, un lamento spaventoso che proveniva da poco lontano. Quello fece accenderle un campanello d’allarme in un angolo della mente ma non abbastanza da scuoterla da quella sorta di trance in cui era caduta. Non sentiva nemmeno la voce di Sabo che le parlava a poca distanza e cercava di riportarla alla realtà e spiegarle cosa stava accadendo.
All’improvviso, un lamento più forte degli altri, quasi un ruggito, giunse alle loro spalle e i due si voltarono a guardare.
Bibi rimase pietrificata. Quella che si trovò davanti era la creatura più mostruosa che avesse mai visto o anche solo potuto immaginare. Era un essere a metà tra un animale e una macchina, nulla che potesse esistere in natura. Sembrava un enorme lumacone con il corpo gibboso ricoperto di muco scuro e denso. Non aveva arti, testa o coda ed era grande quasi quanto un’automobile. Da ogni parte del suo corpo fuoriuscivano delle protuberanze letali: armi. Una sega circolare, una tenaglia, un artiglio, un braccio meccanico che schioccava, un ago minaccioso. Ogni dieci secondi circa, gli attrezzi rientravano nel corpo gelatinoso e venivano sostituiti da delle punte di metallo sulle quali il Dolente si appoggiava e le sfruttava per rotolare e muoversi in avanti per poi fermarsi. Procedeva così a scatti, tra rotolii e suoni metallici. Non era ben chiaro da dove fuoriuscisse quel lamento costante.
Quella vista orripilante fece riprendere Bibi del tutto. Sentì la peluria sulle braccia rizzarsi e l’istinto di sopravvivenza ebbe la meglio: iniziò a correre.
Si voltò con l’intenzione di fuggire il più lontano possibile da quell’essere tanto orrendo quanto letale. Una parte di sè sapeva che stava sbagliando, che doveva fermarsi a ragionare, che doveva aspettare e consultarsi con Sabo, che doveva trovare una soluzione migliore della fuga; ma la parte animale di lei, quella che ragionava solo in termini di vita o morte, ebbe la meglio. Corse più veloce che poteva, svoltando a caso nei corridoi del Labirinto. Aveva a mala pena sentito la voce del ragazzo che la richiamava ma poi doveva averla persa nella sua corsa disperata. Si diede della stupida: si era separata da Sabo, l’unico in quella situazione che avrebbe potuto aiutarla. Ritrovò un po’ di lucidità e si concentro su quello che sentiva senza mai fermarsi. I lamenti e suoni metallici del Dolente sembravano sempre troppo vicini, per quanto lei corresse, per quanto cambiasse costantemente direzione. La stava seguendo.
Un senso di disperazione si impadronì di lei mentre svoltava a caso nei corridoi. Doveva trovare una via d’uscita da quella situazione.
Improvvisamente si ritrovò in un corridoio più lungo degli altri, dritto, senza svolte, uguale al primo che aveva percorso appena dentro il Labirinto. Pensò di aver raggiunto le Porte che conducevano nella Radura ma ben presto si rese conto che si sbagliava. Di fronte a lei il corridoio terminava nel vuoto. Oltre il corridoio, oltre i due muri laterali, si stagliava solo il cielo fino all’orizzonte. Si avvicinò alla fine del passaggio e raggiunse un bordo di pietra, come se quello fosse il limite del Labirinto, il confine di un mondo quadrato anzichè circolare. Il cielo proseguiva anche sotto la linea dell’orizzonte, fin sotto i suoi piedi. Era impossibile: stava fissando il vuoto.
Un lamento alle sue spalle la fece voltare. Il Dolente stava percorrendo il corridoio rotolando verso di lei. Era talmente grande da occuparlo in tutta la sua larghezza non lasciandole alcuna via di fuga nè a destra nè a sinistra.
Con mani tremanti si sfilò lo zaino e ne estrasse uno dei due coltelli che le aveva dato il velocista. Sapeva che non avrebbe mai potuto avere la meglio su quella bestia ma cos’altro poteva fare? Aveva letteralmente le spalle al muro, anzi, al vuoto. Con i talloni sfiorava il bordo del Labirinto. Un passo falso e sarebbe caduta di sotto e il Dolente era ormai a pochissimi metri da lei.
La creatura si fermò a una distanza di cinque metri, facendo rientrare le punte metalliche ed estraendo le armi. Pur non avendo una testa o un muso Bibi capì che si stava preparando all’attacco. Sollevò il coltello tenendolo con entrambe le mani in quello che sapeva essere un patetico e impossibile tentativo di contrattacco.
Vide le appendici del Dolente rientrare nella carne e le punte spuntare fuori e la bestia iniziò a rotolare.
Accadde tutto rapidamente.
Nel momento esatto in cui la creatura iniziava a muoversi verso di lei con la coda dell’occhio vide Sabo: si era arrampicato sul muro alla sua sinistra sfruttando l’edera e, aggrappandosi prima ad un tralcio e poi ad un altro, si avvicinò a lei affiancando la creatura. Riuscì a superare il Dolente quando ormai era a un metro da lei. Rapidamente lasciò andare l’ultimo tralcio e, facendo leva sul muro con entrambi i piedi, si lanciò letteralmente su di lei, travolgendola nel suo salto e facendola andare a sbattere contro il muro opposto.
Bibi avvertì la sua schiena e la sua testa che sbattevano contro la parete e si ritrovò seduta con le spalle schiacciate contro il muro mentre il velocista le faceva scudo col suo corpo spingendoli entrambi contro il muro per evitare che una punta del Dolente li trafiggesse mentre rotolava verso il bordo. Bibi vide sopra la spalla del ragazzo la creatura che non riusciva a frenare la sua corsa e perdeva l’equilibrio cadendo nel vuoto. Ma la sua caduta durò poco. Dopo pochi metri sparì nel nulla e insieme a lui anche i suoi lamenti.
Anche Sabo si era voltato a fissare la scena.
Tutto intorno si fece improvvisamente silenzioso.
Bibi poteva percepire perfettamente il battito impazzito del suo cuore che pulsava in tutto il corpo: nella testa, nelle orecchie, nelle mani appoggiate sul pavimento di pietra. Percepiva il respiro affannato di Sabo e il petto schiacciato contro il suo che si alzava e abbassava freneticamente nel tentativo di riprendere fiato.
Non riusciva a distogliere lo sguardo dal punto in cui il Dolente era stranamente scomparso.
Dopo un minuto che sembrò interminabile il ragazzo si scostò da lei e la prese per le spalle.
-Come stai? Sei ferita? Mi dispiace Bibi, avrei dovuto proteggerti ma sei fuggita via e ti ho perso di vista...-
La ragazza riuscì finalmente a distogliere lo sguardo e puntò gli occhi nei suoi. Vide tutta la preoccupazione e la paura del ragazzo che si dissolvevano e lasciavano spazio al sollievo nel vedere che lei stava bene.
Quello era il segnale che ora erano al sicuro.
Come se il suo corpo non aspettasse altro i suoi occhi si riempirono di lacrime. Lacrime di frustrazione per tutta quell’assurda situazione della Radura, lacrime di paura per l’incontro con il Dolente, lacrime di sollievo perchè entrambi stavano bene, lacrime di rimorso per aver abbandonato Sabo e averlo fatto preoccupare, lacrime di gratitudine perchè era venuto a salvarla.
Come un fiume in piena scoppiò in un pianto incontrollabile. Si aggrappò con entrambe le mani alla maglietta del ragazzo e affondò il viso contro la sua spalla mentre i singhiozzi la scuotevano. Era felice che, nonostante tutta la paura e il terrore, lì con lei, a stringerla talmente forte da mozzarle il fiato, ci fosse Sabo.










Angolo di Calypso:
Eeeee niente, ho fangirlato da sola come una scema scrivendo quest capitolo. Sono pazza, lo so, ma non mi pento di nulla.
Un po' di informazioni, un'altro po' di confusione come se non ce ne fosse già abbastanza, un po' di feels. Che ve ne pare?
Alla prossima! :)
   
 
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