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Autore: _Doki__    07/12/2016    1 recensioni
" Era la vigilia di Natale e la neve, bianca e tonda come piccoli batuffoli di seta, si posava leggiadra sul vecchio castello di Hogwarts. E Sirius aveva scoperto che sotto la divisa, mezza taglia più grande, Remus nascondeva il paradiso terrestre. "
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Era la vigilia di Natale.


Hogwarts,
ventiquattro dicembre 1976

 
Era la vigilia di Natale e la neve, bianca e tonda come piccoli batuffoli di seta, si posava leggiadra sul vecchio castello di Hogwarts.
I raggi tenui d’un Sole ancora dormiente baciavano le spalle nude dell’essere più bello che, nell’arco dei suoi diciassette anni, mai aveva conosciuto. Così puro, così delicato, così maledettamente prezioso.
Lo guardava, ancora con gli occhi leggermente socchiusi e la bocca impastata dal sonno, e ad ogni sguardo riusciva a cogliere nuovi dettagli. Sempre di più, sempre più belli.
I capelli erano dello stesso colore del caramello; qualche ciuffo leggermente più chiaro, che grazie a i raggi, risaltava e sembrava brillare di luce propria.
Il viso sereno, come in poche occasioni, dai tratti delicati e per nulla spigolosi affondato sul soffice cuscino. Inconsapevole che qualcuno, dall’altra parte della stanza, lo stava ammirando come uno scultore ammira l’opera terminata.  Con occhi incantati, come se dinanzi a sé avesse l’incarnazione della bellezza.
Perfetto nella sua imperfezione.
Non c’era singola cosa che odiava di lui; dal verde pino miscelato all’oro delle iridi, alle gote perennemente una tonalità più scura dell’intero viso, alla pelle perlacea, al profumo intenso ed inebriante del cacao e del cioccolato fondente, sino ad arrivare ad ogni singola cicatrice. Quelle…quelle le amava più di ogni altra parte del suo corpo. Le trovava belle. Ma non di un bello “normale” bensì qualcosa di particolare, unico, singolare. Le amava perché erano la testimonianza di chi, come il biondo, era riuscito a rimanere in piede nonostante tutto; nonostante il destino, crudele ed infame, che fin da bambino gli era stato affibbiato senza il suo consenso. La prova tangibile che dietro quel ragazzo taciturno, dallo sguardo sempre stanco e le dita sporche d’inchiostro, si celava un animo forte tanto quanto un uragano.
E le avrebbe accarezzate, poi baciate ed ancora amate. Sempre, sempre, sempre.

 Era la vigilia di Natale e la neve, bianca e tonda come piccoli batuffoli di seta, si posava leggiadra sul vecchio castello di Hogwarts. E Sirius aveva finalmente ammesso a se stesso di amare, dalla parte più profondo della sua anima, Remus.
Lo aveva capito una sera, quando ritornato da chissà quale incontro furtivo aveva corto un Lupin dormiente sopra la pergamena – finita da chissà quante ore. Gli si era avvicinato, cauto e speranzoso di non disturbare il sonno di quello che allora reputava ancora un semplice amico, ed istintivamente aveva accarezzato i morbidi capelli. Un gesto che in un primo attimo lo aveva reputato normale, quasi fraterno, ma che poi s’era svelato essere totalmente il contrario. Scompigliare i ricci ribelli di James, fino a beccarsi una gomitata nella costole, era un gesto fraterno. Tirare le guance  paffutelle di Peter era un gesto fraterno. Accarezzare in modo delicato –  quasi avesse il diamante più prezioso di questo mondo fra le nodose dita – i capelli di Lupin e chiedersi se anch’essi sapevo di cioccolato non era un gesto fraterno. No, non lo era.
Aveva scoperto per puro caso che il cuore non batteva per inerzia bensì per un sentimento che riusciva a riscaldargli il centro del petto. Ed allora il suo cuore non era totalmente ricoperto da un fitto strato di ghiaccio freddo.
Poteva amare. Sirius Black, il bambino allattato con veleno e disprezzo, possedeva questo dono.
Lui che non aveva mai conosciuto amore e né ne aveva mai ricevuto. Lo stesso Black che disprezzava quel sentimento sino a calpestarlo con rabbia, ora si trovava esserne vittima. Incastrato in quella fitta, ma magnifica, ragnatela.

Era la vigilia di Natale e la neve, bianca e tonda come piccoli batuffoli di seta, si posava leggiadra sul vecchio castello di Hogwarts. Quando due occhi verdi e luminosi si issarono su quelli grigi e velati da una fitta e misteriosa patina opaca dell’animangus.
Ci fu silenzio. Solo gli sguardi di entrambi riuscirono a comunicare. Svelarsi segreti, dirsi chissà quante cose che le labbra non erano state in grado di rivelare.
Remus sorrise. Uno di quei sorrisi genuini e colmi di pura bontà. E Sirius, ancora ammaliato dalle due biglie preziose che si trovava di fronte, ricambiò.
« Quindi sei rimasto. ».
A rompere il silenzio fu il lupo, tirando fin sopra il naso la trapunta rossa.
Una parte di lui aveva sperato ardentemente di ritrovarlo lì, nonostante fosse la vigilia di Natale ed i Potter lo avevano invitato. L’altra parte, quella realista forse, non si sarebbe fatta meraviglia. Era pur sempre Sirius! Che altro poteva aspettarsi? Ed invece..lo aveva stupito come un bambino si sarebbe meravigliato nel trovare sotto l’albero tanti regali con colorati fiocchi e carte da regalo altrettanto colorate.
Era andato oltre le aspettative di Remus. E questi, ora, non poteva che abbandonarsi in un secondo sorriso.
« Beh..». Inizialmente non seppe che rispondere il moro, corto alla sprovvista. Ma gli bastò il luccichio degli occhi di Lupin per farlo parlare. « Avevo alcuni conti in sospeso – diciamo così. »
« Con chi? » chiese curioso il biondo sperimentando un nuovo hobby; mettere a disagio quel cane rognoso.
« Con te. »
« Per quale arcano ed interessante motivo? »
Perché diavolo doveva parlare così tanto? E perché, cosa principale, ora il sorriso puro si stava trasformando in un ghigno? Lo aveva visto, Black! Non era mica scemo. « E che cazzo, Remus! Io pensavo che in quest’arco di tempo non avremmo parlato, ma che le nostre labbra fossero state impegnate nel fare altro. ( … ) Vedi? Sei sempre il solito guastafeste. » e concluse con tanto di suono degno di chi è stizzito.
Lupin si mise seduto, puntò l’indice contro il moro e assottigliò lo sguardo. « Tu, lurido cagnaccio, volevi passare subito alla pratica. Eh? Facciamo tutto di fretta. Eh? Ed invece col cazzo. Ora esci il culo dal letto e andiamo a fare colazione. Poi si vedrà. »
L’animagus rimase a corto di parole, con gli occhi spalancati e la malsana voglia di sbattersi la faccia al muro.

Era la vigilia di Natale e la neve, bianca e tonda come piccoli batuffoli di seta, si posava leggiadra sul vecchio castello di Hogwarts. E Sirius aveva scoperto che sotto la divisa, mezza taglia più grande, Remus nascondeva il paradiso terrestre.












Note dell’autrice:
Chiedo perdono ( qui dovrebbe partire il ritornello della canzone di Tizyyy ) per aver reso pubblico questo scempio ma che io, nella mia ordinaria follia, amo con tutta me stessa. Forse perché non so, sono partita con una nota seria”, addentrandomi – o almeno ci ho provato – nella mente contorta di un Sirius diciassettenne, fino a sfociare in una nota un po’ comica verso la fine. O forse perché questa è la prima one-shot che pubblico dopo quasi due anni, superando – in qualche arcano modo – il famoso “blocco dello scrittore. O magari perché rileggendo la mia vecchia Wolfstar ( che un giorni di questi andrò a sistemare per bene ) ho sentito l’impulso di scriverne un’altra. Non lo so! Sta di fatto che continua ad adorarli a ‘sti due. Specialmente quel cane tutto “ew l’amore” ma che poi mi casca come un pesce lesso.
Comuuunque! Come sempre ringrazio chi si è preso la briga di leggerla e arrivare sino a qui sotto, leggendo sempre i miei scleri.
Mi fa sempre piacere ricevere qualche commento o dritta. Sempre pronta ad imparare dai miei sbagli.

Besitos, Doki. 

  
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