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Autore: destroyvhvyre    07/12/2016    0 recensioni
Frank e Gerard si incontrano per la prima volta a causa di una situazione non del tutto normale e soprattutto felice; ma è da lì che inizia qualcosa che nessuno dei due può fermare.
Perchè Frank ha bisogno della presenza di Gerard.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Gerard p.o.v

Eravamo a maggio, e questo significava, per me, una sola cosa:
nonna Helena veniva a farci visita.
Ogni anno, a maggio, anche se veniva altre volte durante l'anno, veniva per un weekend intero a casa nostra.
Io e Mikey eravamo sempre felici di quella cosa, perché Helena era una nonna fantastica, anche se aveva deciso di cambiare città dopo che nostro nonno, suo marito, era morto.
Aveva deciso che era meglio, per se stessa, cambiare un po' di abitudini, era sempre stata una donna esuberante e senza paure, se doveva fare una cosa la faceva e basta, così era andata a vivere in una nuova casa, in un'altra città, da sola.
Si occupava dei suoi tanti gatti, del suo giardinetto, e dipingeva ogni qualvolta che aveva l'ispirazione.
Avevo preso da lei la passione per il disegno e la mia bravura, e di questo ne ero molto grato.
Inoltre mia nonna era sempre stata una specie di idolo, per me, fin da quando ero piccolo.
Proprio perché era sempre stata esuberante, la adoravo, era gentile con me e Mikey, forte di carattere, e poi ci "proteggeva" sempre dai nostri genitori quando capiva che non avevano ragione.
La adoravo anche perché, quando doveva, non si fermava dal rimproverare sua figlia, nostra madre, quando attuava qualche comportamento errato; succedeva molto spesso, quindi la riprendeva molto spesso, e io mi sentivo come se veniva rivendicato qualcosa di mio.
Insomma, mia nonna, Helena,
era in tutto e per tutto una donna fantastica.
In quel momento mi stavo recando a scuola, ero passato da casa di Frank per andare a scuola con lui.
Camminavamo uno accanto all'altro, Frank, accanto a me, quel giorno, era anche più taciturno del solito.
Indossava una maglia blu abbastanza larga a maniche lunghe, e i suoi inseparabili jeans esageratamente strappati nelle ginocchia, con tanti fili del tessuto che penzolavano.
-Oggi pomeriggio mia nonna arriva da noi, non so se potremmo fare qualcosa insieme.- lo informai.
Eravamo arrivati a scuola, e stavamo entrando.
-Oh, fa niente.
-Vieni lo stesso da me, poi quando arriva lei si vede. Magari portati la chitarra, voglio sentirti suonare, lo sai, vero?- lo guardai e gli sorrisi malizioso. Mi guardò e sorrise timidamente, arrossendo leggermente, e annuendo.
Ma quanto era adorabile?
Quel giorno non avevamo lezioni in comune, e io dopo scuola, per un ora, avevo il corso di disegno, quindi riflettei che probabilmente non avremmo avuto tempo da passare almeno un po' assieme, lì a scuola.
Eravamo già in ritardo per le nostre rispettive lezioni.
-Ci vediamo a casa mia, tanto sai quando finisce il mio corso di disegno. Se oggi a scuola non abbiamo possibilità di vederci, stai attento ai bulli. Quando e se ho tempo ti vengo a cercare. A dopo.- lo salutai celere, scompigliandogli teneramente i capelli morbidi e scuri, prima di allontanarmi per raggiungere l'aula di storia, la prima materia che avevo quel giorno. 
Durante tutta la lezione continuai a disegnare in pezzetti di carta il viso di Frank, visto da diversi punti di vista, e pensai tutto il tempo a quanto mia nonna mi mancava.
Ormai disegnare il volto di Frank per me era diventata un'abitudine, l'avrei potuto disegnare anche ad occhi chiusi, avrei potuto tracciare in aria i contorni del suo viso anche senza guardare che gesti facevo.

Come avevo immaginato, non avevo trovato neanche un momento per parlare almeno un po' con Frank o anche solo per cercarlo e assicurarmi che stesse bene.
Stavo appena uscendo dall'aula del corso di disegno.
Avevo consegnato la mia tela, quella del dipinto di Frank di cui andavo tanto fiero.
La professoressa si era complimentata con me, e mi aveva ripetuto, come faceva praticamente sempre, che ero uno dei migliori. Ero contento che almeno qualcosa di me venisse apprezzato da qualcuno.
Oltre il disegno, sentivo che di me, di Gerard Way, tutto quello che mi rendeva me stesso, era tutto da buttare.
Tutto spazzatura.
Filai dritto a casa, ero stanco e avevo voglia di buttarmi a letto, ma non ne avevo necessariamente bisogno, perché avrei passato il mio tempo con Frank, il che aveva lo stesso effetto di un pisolino super rigenerante, tanto per rendere l'idea.
Quando arrivai a casa, trovai un Mikey raggiante per l'imminente arrivo della nonna Helena, e dei genitori assenti perchè erano andati un po' - molto - prima, all'aeroporto, per andarla a prendere.
Solitamente, il pomeriggio, Mikey se ne stava dentro la sua camera a giocare ai videogiochi e mangiare schifezze, quindi non avrebbe dato fastidio a me e Frank.
Ancora sinceramente non mi spiegavo come Mikey riuscisse a rimanere un fottuto stecchino, anche se mangiava tre mila porcherie al giorno.
Lo invidiavo, ma neanche tanto, alla fine io non sentivo praticamente mai la necessità di mangiare, soprattutto cose dolci o porcherie.
Pochi minuti dopo che mi sistemai meglio, indossando una tuta comoda nera, la porta di casa suonò.
Andai ad aprire, ed era Frank, che entrò dentro casa mia sorridendo.
Aveva con se una custodia che sicuramente racchiudeva una chitarra.
-Mi sono dimenticato l'amplificatore.- mi comunicò mentre salivamo le scale. Non c'era una volta che Frank non si dimenticava qualcosa.
-È okay, anche mio fratello suona la chitarra, dovrebbe avere tutto quello che ti serve. È una chitarra elettrica, no?- annuì di risposta. Lo feci entrare nella mia stanza, e io mi recai da mio fratello.
-Puoi prestarmi la roba per la chitarra elettrica?- lo interruppi mentre giocava al computer. Lui annuì distrattamente, quindi io mi avvicinai all'angolo dove teneva la sua chitarra, l'amplificatore e tutto il resto. Prima che uscissi dalla sua camera parlò di nuovo: - a cosa ti serve?
-Frank ha portato la sua chitarra.- non aspettai che rispondesse, quella roba pesava tantissimo, quindi tornai nella mia stanza e mi chiusi la porta alle spalle. Frank si era seduto sul mio letto, e stava tirando fuori la sua chitarra.
Era bianca, e si vedeva che la usava molto ed era vecchiotta.
Nonostante tutto mi sembrò davvero bella.
Frank la guardava e la accarezzava come se fosse stata la cosa più preziosa di tutta la sua vita, come se silenziosamente riuscisse a comunicare con il suo strumento, con una lingua speciale e segreta.
Lo osservai ancora un po', beandomi della sensazione che mi trasmetteva: sembrava delicato, chiuso dentro se stesso in modo così assoluto da risultare forte e distaccato da tutti.
Ma in quel momento si vedeva, si vedeva che non era nient'altro che fragile e delicato. E si stava mostrando proprio a me così, non potevo fare altro che sentirmi felice che condividesse se stesso così tanto, con me.
Improvvisamente si girò verso di me, come se si fosse accorto della mia presenza lì solo da quel momento.
-Grazie.- mi rivolse un sorriso dolce, che ricambiai, mentre collegavo vari cavi all'amplificatore, che poi Frank collego alla sua chitarra.
Rimase seduto in un angolo del mio letto, io mi sedetti a terra, a gambe incrociate, di fronte lui, aspettando che suonasse qualcosa.
Smise di rivolgermi occhiate, si concentrò solo sulla sua chitarra.
Dopo qualche secondo, iniziò a suonare, prima lentamente, come se stesse abituando le corde della sua chitarra ad essere sfiorate, e in modo graduale sempre più velocemente.
Le sue mani danzavano tra i capotasti della chitarra, e quest'ultima, come felice di quel contatto, ricambiava, gridando e rilasciando note che graffiavano l'aria.
Frank stava ad occhi chiusi mentre suonava, un ciuffo di capelli gli copriva parzialmente il viso, lo trovavo semplicemente stupendo.
Mi lasciava senza fiato, come un bel dipinto su cui degli occhi si appoggiano per la prima volta.
Vogliamo parlare del modo in cui suonava?
Oltre al fatto che mi sembrava davvero bravo, ci metteva così tanta passione che sembrava posseduto, come se suonava per dare voce a cose che neanche lui conosceva bene.
Era sicuramente così. Cose che lui non conosceva bene, di se stesso.
Mentre suonava muoveva leggermente la testa, accompagnando i movimenti di una delle gambe che teneva il tempo, e a voce terribilmente flebile, canticchiava qualcosa, ma lo sentivo a malapena, i suoni e le note della chitarra sovrastavano tutto.
Qualche minuto di puro paradiso dopo, Frank smise di suonare, lasciandomi in uno stato di trance totale. Mi guardò, così riuscii a tornare in me.
-Sei...sei fantastico. Suoni benissimo.- lo vidi arrossire vistosamente, era adorabile.
-Grazie mille. Penso che sei il primo che mi sente suonare, soprattutto suonare in questo modo.- mise enfasi nelle ultime tre parole, e capii subito quello che intendeva.
In quel modo, cioè con così tanta passione, mettendosi a nudo, parlando senza parole.
-Beh, è giusto che tu sappia che sono onorato.- abbassò lo sguardo arrossendo di nuovo.
Si morse il labbro inferiore, giocando con il piercing che aveva a sinistra del labbro. -una curiosità...le hai messe assieme tu tutte queste note?
-Sì. Potrei cantarci sopra delle frasi che ho scritto, ma non lo faccio mai.- con me l'aveva fatto, probabilmente non se n'era neanche accorto, così non glielo dissi.
-Allora è proprio una canzone!- non era da tutti scrivere un testo ed adattarlo a delle note, Frank era bravissimo.
Nel cielo, in quel momento, la luce e il buio si stavano scontrando. Il buio si stava affermando, lentamente e pigramente, lasciandosi dietro tonalità blu e celestine.
Le poche sfumature delle luce consistevano in macchie allargate che si riflettevano sulle nuvole, rendendole rosa e arancioni.
Trovavo il tutto molto artistico, proprio come il ragazzo che mi trovavo davanti, Frank.
Era un gran bel pezzo di arte.
L'arte non è stereotipata, non è qualcosa che si mostra sempre in modo uguale. L'arte è qualcosa che riesce a stupire sempre, che si mostra in modi diversi, infinite volte.
Ed è proprio per quello che non tutti la apprezzano, quell'arte che non è mai uguale.
Ma poi arriva sempre qualcuno che in quell'arte ci trova qualcosa di fantastico, ed è lì che diventa vera e propria Arte.
Frank era proprio così. Non era uguale agli altri, non veniva apprezzato, era complicato, era semplicemente se stesso.
E nessuno di prendeva la briga di vedere che forse l'apparenza a volte inganna, io direi sempre.
Ma io riuscivo ad apprezzare Frank.
E riuscivo a capire quanto valeva, quanto meritava, quando invece non aveva proprio niente, tra le sue mani, se non le schegge e i pezzi della sua anima infranta che non riusciva a ricomporre.
Mi accorsi solo in quel momento che ci stavamo fissando senza dire niente da qualche minuto. Stavo per aprire la bocca, quando sentii la porta di casa, giù, aprirsi, accompagnata dal rumore di alcune voci.
-Sono i miei genitori, sicuramente c'è anche mia nonna. Scendiamo, okay?- annuì guardandomi un po' insicuro, così aggiunsi: -non preoccuparti, mia nonna non farà niente che potrebbe metterti a disagio. È fantastica, vedrai.- gli regalai un sorriso rassicurante, e aspettai che posasse la chitarra sul letto e si alzasse. Scendemmo giù.
Appena vidi mia nonna il mio guardo si illuminò, andai verso di lei, e mi abbracciò, come faceva sempre.
-Nipotino mio.- mi sussurrò, baciandomi una guancia, guardandomi contenta. Dopo di che guardò Frank, che era rimasto leggermente indietro.
-E lui chi è?- gli rivolse uno sguardo gentile e curioso.
-Frank, è un mio compagno di scuola.- Frank si fece avanti, porgendo una mano verso Helena.
-Piacere, sono Helena.
-Io sono Frank, piacere tutto mio.
-Perchè non fai rimanere il tuo amico anche per cena, Gerard?- propose la nonna, rivolgendosi a me, ma guardando mia madre, Donna.
-Per me non c'è nessun problema.- ribadì Donna, con tono atono.
Io guardai Frank, cercando consenso da parte sua.
Lui annuì semplicemente.
In tutto questo, mio padre era sparito, si era occupato di portare le valigie di Helena su, nella camera degli ospiti dove dormiva lei quando veniva.
Mio fratello fece la sua comparsa, tutto allegro e contento, e abbracciò Helena che ricambiò l'abbraccio il triplo più contenta di vedere suo nipote Mikey.

Mia nonna e Donna si erano occupate della cena. Quando Helena cucinava, come quasi ogni nonna, tutti rimanevano a cena per ore, di quanto era abbondante tutto quello che c'era in tavola.
Mia nonna stava incominciando a rivolgere incuriosita domande a Frank, che rispondeva tranquillo e un po' a disagio. Ero seduto accanto a lui, speravo che questo riuscisse a tranquillizzarlo un po' di più. Vedevo mio padre che lo scrutava con uno sguardo strano, indecifrabile ai miei occhi.
-Cosa ti piace fare nel tempo libero?
-Suono la chitarra.- mia nonna mostrò un'espressione sorpresa. La conoscevo bene, e da come poneva le sue domande a Frank, in modo curioso, riuscivo a capire che il ragazzo le stava piacendo.
-Vi conoscete da tanto?- sta volta risposi io:
-Un mesetto, credo, non di più.-
dopo altre domande, che Frank sopportò in silenzio, mia nonna si dedicò completamente a mangiare, come facemmo tutti.
Le ginocchia mie e di Frank si sfioravano, e trovavo rilassante quel contatto, era come avessimo avuto il bisogno di sentire che eravamo uno accanto all'altro.

Dopo cena, Frank rimase ancora un po' con me, gli parlai di mia nonna, di dove viveva e come passava le giornate, sembrava interessato, come se non si stancasse mai di sentirmi parlare e raccontare degli altri.
Quando Frank se ne andò, erano già le dieci.
Mentre stavo per risalire le scale per andare in camera mia, mio padre mi fermò.
Era rimasto taciturno per tutto il tempo, in verità mi aveva turbato un po', conoscevo bene quel suo atteggiamento, significava che aveva qualcosa da ridire.
-Da dove è spuntato quello lì? Sembra un drogato.- beh, in primis, Frank si drogava davvero, occasionalmente, ma in ogni caso mio padre non aveva nessun diritto di parlare di lui in modo così sprezzante.
-Primo, si chiama Frank, non quello lì, o drogato. Secondo, non sono affari tuoi, cosa è Frank.
-Sono affari miei, quando porti qualcuno dentro casa mia. Vivi ancora qui, fino a prova contraria, Gerard. Quindi sono decisamente affari miei.
-Fantastico. Fai quello che vuoi, ma ti prego, non condividere il tuo disappunto con me.- feci per andarmene, aprendo la porta della mia camera. -ah, e per la cronaca, Frank è un tipo apposto.- aggiunsi poi, senza neanche girarmi, parlando con tono incurante, dopo di che mi chiusi la porta alle spalle.
Non mi interessava se mio padre pensava quelle cose di Frank, non mi interessava davvero.
Mi recai nel mio bagno, mi lavai il viso, per rinfrescarmi, mi levai la tuta e mi misi il pigiama.
Nello stesso momento in cui stavo alzando le coperte sopra il mio corpo, la serratura della porta, scattò, segno che qualcuno stava entrando.
Guardando meglio, vidi che era mia nonna, Helena.
Aveva in mano una tazza di tè fumante.
Si sedette in silenzio nel bordo del letto.
-Ti disturbo?- mi chiese, sorridendo leggermente.
-No, no.- Helena amava il tè, una volta mi aveva detto che il tè rilassa le membra, così di conseguenza fa rilassare tutto il corpo, soprattutto la mente. C'erano certe erbe che addirittura facevano addormentare dopo pochi minuti.
Io, in ogni caso, preferivo il caffè.
-Davvero conosci da solo un mese Frank?- mi chiese di punto in bianco, dopo qualche secondo di silenzio. Voleva parlare di Frank, l'avevo già capito.
-Sì. Perchè?
-Sembra che vi conoscete da anni. L'hai conosciuto a scuola, come ha detto lui?
Non risposi subito, mi presi un momento per riflettere. Potevo dire tutto, a mia nonna.
-No.- mi guardo con uno sguardo che diceva "lo immaginavo." -ti sembrerà strano, e triste, preoccupante...ma stava per buttarsi da un ponte. Stava per suicidarsi. L'ho convinto a non farlo, non so neanche io come ci sono riuscito.- mi lasciai andare, raccontando l'accaduto a mia nonna. Era la prima persona a cui lo raccontavo, oltre a tutte le altre volte che l'avevo raccontato a me stesso.
Di rimando mia nonna mi guardò incuriosita e vagamente preoccupata.-pensavo che non l'avrei visto mai più. Invece il giorno dopo l'ho visto a scuola. Non l'avevo mai notato a scuola, ci credi? Da quel giorno passiamo tanto tempo assieme. Ha una situazione complicatissima.
-Siete legati, Gerard. L'ho notato subito. Forse non te ne rendi conto, ma i vostri occhi, quando si scontrano, sprigionano qualcosa. Soprattutto ho capito tutto dal modo in cui ti guarda. Come se farlo riuscisse a salvarlo ogni santa volta.- le parole di mia nonna mi sorpresero, mi lasciarono in trance. -c'è qualcosa di forte tra di voi. Gerard, quel ragazzo sembra praticamente dipendente da te, da come ti guarda. E tu lo sembri pure, nei suoi confronti. È davvero bello, lo sai? Non ti è mai successo niente del genere, con nessuno, neanche da piccolo.- fui capace solo di annuire. Gli occhi chiari di Helena mi stavano scrutando dentro, e non mi dava per niente fastidio. -continua a proteggerlo, Gerard, continuate a proteggervi a vicenda.- improvvisamente mia nonna si alzò, bevendo il suo tè.
-Buonanotte.- mi sussurrò, prima di uscire dalla mia stanza, chiudendo la porta. Io rimasi immobile, mi sentivo intorpidito, sentivo il cervello che rallentava i processi di elaborazione di quello che mi succedeva intorno.
Con un movimento secco spensi la luce del lumetto, e affondai tra le coperte.
Rimasi ad occhi aperti, fissando il soffitto.
Le parole di mia nonna mi vagano in testa come un eco che si ripete tra le pareti di una grotta.
Aveva notato tutto, solo durante una cena. Aveva capito qualcosa a cui neanche io facevo caso.
In quel momento, riflettendo sulle parole di Helena, avevo solo voglia di abbracciare Frank, di tenerlo vicino a me, proteggendolo.
Rimasi ad occhi aperti, continuando a pensare a quanto mia nonna avesse ragione.
Aveva ragione. Io avrei continuato a farlo, avrei continuato a proteggerlo.
Dovevamo continuare a proteggerci a vicenda, e avevo proprio la sensazione che nessuno di noi due avrebbe smesso.

 

   
 
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