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Autore: Harry Fine    07/12/2016    3 recensioni
In questa raccolta, si vedranno i personaggi di Shugo chara nei panni dei peccatori di alcune delle mie canzoni preferite dei vocaloid, Madness of duke Venomaia, Tailor shop of Enbizaka, Evil eater food Conchita, Judment of corruption, Daughter of evil, Mazzle of nemesis e Gift from the princess Who brought to sleep. Ognuno di loro sarà collegato ad uno dei sette peccati capitali.
Ikuto: lussuria
Amu: Invidia
Utau: gola
Tadase: avarizia
Rima: ira
Nadeshiko: superbia
Lulù: Accidia.
Spero vi piaccia.
Genere: Erotico, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
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In una città molto antica, composta completamente da alti edifici di pietra grigia e leggermente muffita, senza la minima traccia di colore, e perennemente avvolta da una spessa ed tetra nebbia bianca, un edificio in particolare svettava tra le case del quartiere più ricco di quel luogo intriso di infelicità, il tribunale. Un luogo composto, esattamente come tutti gli altri, da pietre senza nessun colore. Al suo interno, nelle aule piastrellate di bianco, si svolgevano i processi che avrebbero deciso il destino degli accusati. Ma lì dentro, i concetti di innocenza e colpevolezza erano diventati entrambi relativi, poiché l’esito del processo era tutto in mano ad Hotori, il giudice corrotto di quella corte maledetta. Costui era un uomo di grande ricchezza, ma anche provvisto di un altrettanto grande desiderio di accumulare sempre più denaro, senza curarsi di chi calpestava o del destino di chi ingiustamente puniva, anzi, godendo della disperazione degli sconfitti. Non importava l’età, il sesso, il lavoro o il ceto sociale di fronte ai suoi occhi sempre gelidi e impassibili. Per lui, se volevi avere salva la vita, dovevi essere semplicemente disposto a pagarlo bene. 《Il denaro è il migliore avvocato qui.》 Diceva sempre lui, sorridendo malvagio a chi gli chiedeva aiuto. Perché bastava donargli una cospicua somma prima del processo, rendendone scontato il risultato. Così facendo, si era guadagnato la reputazione di essere la persona più infima e pericolosa di tutta quella lugubre città. Il malcontento era moltissimo in quei luoghi da quando lui era diventato il signore della giustizia, creando sempre più vittime innocenti, e liberando i criminali per le strade. Infatti, moltissime persone che avevano commesso gli atti più atroci, arrivando persino a nuocere gravemente dal punto di vista fisico ai propri compaesani, erano stati rimessi in libertà in un attimo, visto che, grazie ai loro molteplici crimini, erano in grado di pagare molto di più rispetto a quei poveracci dei bassifondi che avevano subito il torto. Ma a lui non importava nulla. Se gli oppressi non erano in grado di guadagnarsi il suo favore, allora sarebbero stati semplicemente schiacciati dal battere del suo ingiusto martello. Non era un argomento di particolare interesse per lui, gli bastava solo ricevere il suo denaro. Ogni singolo giorno, l’uomo indossava la sua toga, di un bel nero lucente, in contrasto coi suoi capelli platinati, e puntava i suoi gelidi occhi sanguigni prima sul pagamento a lui offerto, poi sulla sua corte maledetta. Senza indugio o il minimo problema, batteva sul suo banco l’innocenza del criminale, mentre colui che era dalla parte del giusto e i suoi parenti si scioglievano in lacrime frustrate sotto il suo sguardo, soddisfatto per la somma recentemente guadagnata. Ma anche lui, come tutti gli altri, aveva un pensiero fisso che, quando nessuno poteva vederlo, lo portava a rendersi fragile come il vetro. E quest’ultimo era la sua adorata “figlia”. Lei, che con la sua dolcezza e la sua innata e delicata purezza faceva sbocciare dei piccoli sorrisi sul volto cadaverico del padre, era confinata su una sedia a rotelle fin dalla sua nascita prematura, avvenuta quattordici anni prima. All’uomo corrotto non importava niente e nessuno, se non la sua “piccola” e della sua condizione di paralisi, ma, soprattutto, cercava da anni il modo di guarirla. Ecco cosa lui desiderava, ed ecco perché era tanto ossessionato dall’arricchirsi, anche se in maniera scorretta, e dal liberare i peggiori criminali come se fossero semplici persone innocenti. Voleva vedere la sua “bambina” crescere sana e forte, cosa che, fino ad allora, nonostante tutta la bellezza donatale dai lunghi e ricci capelli biondo platino e i grandi occhioni blu, le era stata negata dal corpo gracile, molto simile a quello di una bambola di porcellana. E gli interessava soltanto questo, non si curava del dolore e dell’infelicità che stava facendo dilagare tra le strade di quel luogo tetro e spettrale. Infatti, aveva scoperto da poco il modo in cui la sua Lulù avrebbe potuto essere come le altre fanciulle della borghesia cittadina, senza che lui fosse costretto a dare via la sua fortuna. Se, tramite i suoi giudizi ingiusti, fosse riuscito a mettere insieme tutti i sette peccati capitali nella sua corte, avrebbe visto realizzato il suo desiderio, vedendo la sua “bambina” riuscire a muoversi e a vivere sul serio, senza essere costretta a rimanere confinata per tutta la sua vita nella loro enorme villa. In un giorno in particolare, però, era stato portato al suo cospetto un generale dell’esercito che, essendo corrotto e ricco tanto quanto lui, aveva commesso diversi omicidi di massa pur di farsi pagare profumatamente, ed era stato accusato proprio di questo. Al giudice Hotori venne allungata la somma più alta che avesse mai ricevuto per liberare un criminale come quello, affinché quell’uomo fosse rimesso in libertà. Quello era ovviamente un peccato mortale, proprio quello di cui lui aveva bisogno. Facendo oscillare per l’ennesima volta il suo ingiusto martello, proclamò l’innocenza di quell’assassino, guardando freddamente quei poveracci, probabilmente i parenti degli assassinati, che si stavano disperando davanti a lui, godendo di quel dolore. Quest’ultimo atto non fu più tollerabile per il popolo. Ogni uomo, donna, bambino o anziano dei bassifondi insorse con ogni arma a loro disposizione contro di lui e contro i torti continuamente subiti da parte sua e dalla sua corruzione, venendo capeggiati da una ragazza piuttosto bassa dal passato molto particolare. L’assassino di massa fu preso d’assalto da tutta la loro forza, venendo fatto letteralmente a pezzi dall’ira dei popolani. Appena la folla dei rivoltosi giunse alla villa del giudice, il fuoco la arse, con tutto ciò che vi era dentro. Hotori e la “figlia” erano entrambi all’interno, immersi in quel mare di fuoco, ma la “ragazza”, nonostante stesse per morire ingiustamente, era rimasta al fianco di suo padre, non avvertendo la paura o il calore delle fiamme causate dalle terribili azioni che quell’uomo, figlio di Mammona, aveva compiuto senza pensarci un secondo. Mentre i muri venivano arsi da quel terribile turbine arancione, l’uomo poggiò la sua testa sulla spalla della “giovane” paralitica, abbracciandola amorevolmente come faceva ogni giorno, mentre i corpi di entrambi venivano divorati senza pietà dal calore. Il giorno dopo, i compaesani esultavano, vedendo la villa ridotta in cenere e due corpi bruciati tra le ben poche macerie rimaste, senza sapere che cosa realmente era accaduto. Ma il giudice non aveva ancora terminato la sua corruzione e la sua sete di denaro. Quando aveva riaperto gli occhi sanguigni, aveva visto davanti a sé la gigantesca figura del giudice infernale. Era seduta su un trono di pietra e ossa, che faceva anche da colonna portante per la caverna buia in cui si trovavano. Il fisico snello e il corpo estremamente minuto le davano un’aria molto giovanile ed innocente, esattamente come i lunghissimi capelli biondi e molto mossi che le arrivavano alle ginocchia, ma quest’aria fanciullesca era rovinata dalla sua pelle innaturalmente cadaverica e dal mantello nero, simile alla sua toga, che avvolgeva completamente il suo corpo, mentre i suoi occhi erano celati sotto ad una maschera di ferro argentato. Forse era solo una sua impressione, ma gli sembrava di aver già visto quella ragazza dentro casa sua. I due rimasero in silenzio, sapendo entrambi che cosa si sarebbero detti. Di colpo, sul volto del giudice infernale si dipinse un ghigno inquietante tanto quanto lo erano i suoi mentre osservava gli innocenti venire puniti al posto dei criminali. 《Sai, anche l’uomo peggiore può essere liberato qui, basta che paghi bene.》 Disse, sorridendo in maniera maligna. 《Il denaro è il migliore avvocato.》 Terminò, mostrando tutta la cattiveria nei suoi sorrisi, la stessa che mostrava lui quando decideva su liberare un criminale, utilizzando proprio quella stessa frase. Anche il giudice Hotori sorrise, avvicinandosi lentamente al giudice infernale. Quando giunse al suo cospetto, appoggiò delicatamente la testa sulla spalla del demone, esattamente come faceva da vivo con la sua adorata “figlia”, avvolgendola in un abbraccio. Poi, si avvicinò gentilmente all’orecchio della donna. Infine, con un ghigno repellente sul volto, le disse 《Non ti darò mai la mia fortuna.》. L’uomo si allontanò con aria soddisfatta, dirigendosi verso la porta dell’inferno, ma, di colpo, le fiamme demoniache emersero con forza dal terreno, richiudendosi sul giudice corrotto come una morsa, trascinandolo con loro nei meandri più profondi e oscuri dell’aldilà, dai quali non c’è speranza di ritorno. Alla fine, mentre ardeva insieme alle altre anime dannate, sperò che quei luoghi potessero diventare l’utopia per lui e sua “figlia”.
   
 
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