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Autore: MaryIsmyname    08/12/2016    0 recensioni
Anne, Nanny, Annika, Hanna, Nana, Ana, Annuccia, Annan, Lucrezia sono tutte legate dalla stessa maledizione, che ha reso la comune mortale ateniese Anne, una donna dalle molteplici vite, a causa di una maledizione creata dalle dee Demetra e Afrodite, promesse spose di Dioniso ed Ares.
Anne, nel 470 A.C è una comune ateniese, la quale viene strappata dalla sua normale e felice vita, dopo essersi innamorata di due divinità ateniesi, prossime al matrimonio. Le sue molteplici vite sono un susseguirsi di passione, morte, vendetta e speranza.
Dopo cento vite, quale dei due sceglierà Anne? E chi vedrà per sempre il sogno della propria vita frantumarsi in un istante?
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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CAPITOLO QUATTRO: campo minato


1945 D.C

Napoli, Italia
 

Una giovane donna, cammina preoccupata per una via desolata e fredda durante i primi minuti dell'alba di un giorno festivo di Ottobre. La ragazza trema dal freddo, ma tiene stretto al suo petto un piccolo fagottino nel quale era concentrata tutta la sua attenzione. Si guarda le spalle più e più volte, come se fosse spaventata da ciò che la circonda. La giovane donna alza il viso al cielo e vede una goccia di pioggia che le cade immediatamente sulla guancia e la riga, come fosse stata una lacrima. La donna si ferma per un attimo, si guarda nuovamente le spalle e poi inizia a camminare velocemente, sperando tra sé e sé che la pioggia non le impedisca la camminata. Dopo pochi minuti si ferma sotto un portico, cingendosi ancora una volta al petto il fagotto: respira a pieni polmoni e ricomincia a camminare, questa volta più velocemente. Questa volta inizia a piangere, prima silenziosamente e poi sommessamente, bagnando con qualche lacrima il fagotto. Spaventata dal brutto tempo e dai botti che provengono dal centro, si allarma e si nasconde dietro un altro portico, in tempo per vedere una macchina delle SS attraversare la strada a grande velocità. Trattiene il fiato e reprime i singhiozzi del pianto e spera con tutto il suo cuore che nient'altro possa creare un frastuono tale che i soldati nazisti potessero scendere dal veicolo per controllare. Così fu. I soldati continuarono il loro percorso con il loro veicolo ed in pochi secondi la strada ritornò ad essere desolata. E per la prima volta nella sua vita, ad Anne piacque. Tirò un sospiro di sollievo e si aggiustò il giubbotto che teneva. Sistemò la Stella di David che vi era cucita e poi asciugò le ultime tracce di lacrime che le erano rimaste e ricominciò a mettere un piede davanti all'altro per ricominciare a camminare. Era straziante quella lenta e titubante marcia che la separava da un destino tragico. E la faceva sentire tremendamente uno schifo. Peggio dei commenti che gli ariani facevano contro lei e gli altri Ebrei. Peggio di vedere la tua famiglia portata via su uno di quei grandi carri verdi, da cui tutti bene o male, sapevano che non saresti mai ritornato. E lei sapeva, che la sua famiglia non sarebbe più tornata da lei e questa 'cosa' la faceva sentire malissimo. Perché lei era sfuggita alle forze naziste che le avevano strappato l'unica cosa a lei più cara: la sua famiglia. Non avrebbe mai più visto la sua tenera madre che ogni sera le pettinava i capelli cantandole una canzoncina che l'aiutava a dormire.. perché era così. Con la guerra aveva paura di tutto, di tutti e aveva paura in ogni momento della giornata. Era già da quasi un anno che non andava più a scuola e non c'entravano solo le leggi razziali. A ricordare di quell'evento le scese un'altra lacrima che finì nel fagotto, che improvvisamente si mosse. Mosse il faggottino, cullandolo un po', fino a quando non vide che il piccolo essere all'interno si era nuovamente addormentato: un bambino, di pochissimi giorni. Il suo bambino. Le aveva impedito di andare a scuola, nonostante la giovane età, sedici anni, aveva voluto comunque tenerlo.. ma ora, in periodo di guerra voleva solamente tutelarlo al meglio e se anche la cosa le provocasse un dolore immenso al cuore era sempre più convinta che quella fosse la giusta decisione per lei ed il suo piccolo. Pianse ancora durante il tragitto, fino a quando non arrivò di fronte ad un istituto di suore: l'Annunziata. Era un istituto nelle quale le suore si occupavano di piccoli orfanelli che venivano lasciati davanti all'istituto quando le madri non erano in grado di badare a loro. Ed era proprio il suo caso. Per quanto le costasse quel gesto, prese forza, girò la ruota che avrebbe messo il suo piccolo nell'istituto e ve lo mese dentro. Prima di far girar la ruota e di non vederlo più però, lei prese un foglietto di un santino e lo strappò. Lo mise nel fagottino del figlio, che non aveva ancora ricevuto un nome e lo baciò. Guardò il suo bambino che improvvisamente aprì gli occhi, marroncini con qualche leggera sfumatura verde. Le si strinse il cuore vedendo la sua piccola creaturina che aveva partorito diversi giorni prima iniziare a lacrimare e poi a strillare sommessamente. Lo baciò per un'ultima volta, mentre il piccolo piangeva ancora e poi a malincuore suonò la campana, la quale avrebbe attirato una delle suore e avrebbe recuperato il bambino. Girò la ruota e se ne andò, correndo più forte del dovuto e quando fu abbastanza distante si accasciò a terra piangendo, questa volta più sommessamente delle precedenti. Dopo interminabili minuti, la donna decise di smettere di piangere, si asciugò le lacrime nel cappotto, cercando di tirarsi su il morale. Si era detta che avrebbe ripreso suo figlio subito dopo il dopoguerra, che sperava arrivasse presto e in quel momento avrebbe passato tutta la sua vita con lui, non lasciandolo mai un istante da solo. Si alzò dal suolo e ricominciò a camminare, vagando per le strade napoletane come uno straniero in una città sconosciuta. Poi li sentì. Rumori incalzanti, provenienti dalla fine della strada, sempre più vicini, sempre più pericolosi. E riconobbe immediatamente chi erano. Erano le SS e lei era così sola, così triste, così devastata che desiderava solo che la guerra finisse per riavere tra le braccia il suo piccolo, a cui non aveva ancora dato un nome. Corse ed in fretta e furia sperava di trovare un riparo nel quale non l'avrebbero riconosciuta in modo da scampare ancora per una volta l'allontanamento dalla sua città per andare chissà dove.

E poi accadde: un'altra macchina si fermò esattamente davanti a lei, parlando un tedesco troppo difficile per lei, l'unica cosa che capiva era che non l'avrebbe passata liscia. Non questa volta. Un soldato le si avvicinò, con aria autoritaria, mentre un altro le era ancora più vicino.
<< sagen Sie ihr, still zu sitzen! >> disse una delle guardie, e l'altra annuì.
<< Dice che devi stare ferma >> disse quella alla sua sinistra, traducendo quello che probabilmente era tedesco.
<< Salze mituns* >>. La guardia a sinistra non tradusse, la prese solamente per un braccio e la trascinò sulla volante. La fece accomodare sul sedile posteriore e mentre l'altro iniziava a mettere in moto, la donna si contorceva dalla paura. La guarda italiana fissava lo specchietto della guardia tedesca, poi le iniziò a parlare:
<< Ascoltami, non so cosa succederà per te, vorrei solo dirti che mi assicurerò che tutto vada per il meglio con tuo figlio, ma devi darmi quel pezzetto di carta >> disse sottovoce, per non farsi sentire dal soldato tedesco.
<< Sono menzogne! Non ho nessun figlio! >> disse lei in risposta.
<< Non è vero, Anna. Te ne prego >> disse lui sfiorandole una mano.
<< Come si permette di toccarmi? E di accusarmi di mentire?! Non mi tocchi! >> disse furiosa.
<< Senti, so che ti sembrerà strano, ma è una cosa importantissima. So che non mi credi né altro, ma posso davvero prendermi cura di lui, ti prego >> le disse guardandola negli occhi per qualche secondo per poi distogliere lo sguardo.
La donna stava per rispondergli, stava per dargli il pezzetto di carta, quando ad un tratto la guardia tedesca si fermò in un vicolo ed iniziò a parlare: << wir hier angehalten, Danny* >> disse all'uomo e lei capì solo quello che probabilmente era il nome del soldato italiano che le stava offrendo protezione, stava offrendo protezione al suo bambino. Ma come faceva a sapere del suo bambino? Come poteva fidarsi? Anche suo figlio era ebreo e chissà cosa gli avrebbero mai fatto.
<< Devi scendere, Anna >> disse il soldato italiano.
<< Cosa? Che ci faccio qui? >> disse titubante uscendo dall'auto. Il soldato tedesco pronunziò altre parole che lei non capì e mentre il soldato tedesco si accingeva a cercare qualcosa nella sua vettura, Danny la stava conducendo verso un muretto non tanto distante dall'auto.
<< Cosa succede qui? >>
> disse cercando di risultare autoritario.
<< Sa come funzionano queste cose, tenente.. >> disse la suora continuando a guardare il pavimento.
<< Lo so, non sarei venuto se non volessi provare che è mio figlio >>
<< E come mai è stato abbandonato in un orfanotrofio? Me lo dica signor tenente >> disse la suora, questa volta osservandolo negli occhi.
<< Mia moglie non si sentiva pronta per lui, ma io, io si. Perciò non importa se a lei non va bene, io lo crescerò >> disse l'uomo alzando un sopracciglio.
<< Mi segua >> disse la suora facendo strada al tenente, e mentre l'uomo entrò all'interno dell'orfanotrofio sentì un urlo squarciare l'istituto.
<< Ecco il santo, ora mi porti dal bambino.. velocemente! >> disse l'uomo. La donna non parve capire, ma lo condusse al fagotto, che qualche tempo prima era stata lasciato davanti all'istituto.
<< È dentro questa stanza, potete prendervi tutto il tempo che volete e poi andare insieme al bambino >> disse la suora abbandonando la sala. Nella stanza però non vi era solo il figlio di Anna, ma lei. Lei. Demetra, sua 'moglie'.

<< Mio dio, quanto carino è questo piccolo e tenero bambino? >> disse accarezzando una guancia del pargolo.
<< Lascialo, per favore! >> disse Danny.
<< Sei diventato così rammollito? Insomma, da te non me lo aspettavo! >> disse la donna, che continuava a cullare il bambino mentre stava seduta su una sedia a dondolo.
<< Lascialo, Demetra >> disse.
<< Quant'è bello, non credi? Ho sempre desiderato avere un bambino.. non hai mai voluto darmelo >> disse nostalgica fissando il vuoto.
<< ..è questo ciò che desideri Demetra? Un bambino? Posso, posso dartene uno >> disse Danny.
<< Oh, non diciamo sciocchezze, Dioniso. Certo, lo voglio un bambino, ma voglio un nostro bambino >> disse accarezzando ancora il piccolo pargolo.
<< Posso, posso fartelo avere >>
<< Certo, so che puoi.. ma questo per te non cambierebbe nulla per il nostro rapporto. Io sarei sempre una moglie che non vuoi, madre di un figlio che hai procreato solo per non aumentare la mia ira, perciò penso che non lo voglio. Sai.. l'eternità è così lunga.. ed io non mi butterò giù, insisterò fino a quando mi vorrai finalmente e solo lì avremo la nostra famiglia e finalmente, tu mi amerai quanto me >> disse Demetra continuando a cullare il bambino.

<< Sai che mai sarà così >>
<< Oh, non fare il poeta più di quanto tu già non lo sia stato >>
<< Lascialo, ti prego >>
<< Sai cosa? Penso che questa sia stata la morte che preferisco. Insomma, giovane, da poco madre e.. morta. Perciò, il suo piccolo pargolo posso anche lasciarlo a te, tanto.. ormai la sua sporca madre è morta! Buon anno Dioniso, direi che ci rivedremo, mi raccomando cibalo adeguatamente >> disse la donna prima di lasciare la stanza e dissolversi, lasciando il fagottino sulla sedia. Dioniso si chinò per prenderlo e quando lo prese si trasformò in cenere. Il dio non ci poteva credere, ancora una volta sua moglie lo aveva illuso, ed anche questa volta non poté fare altro che inginocchiarsi e piangere per la sua amata ed il bambino, che nonostante non fosse il suo aveva cercato di proteggere. Ma lei, lei era ovunque. Arrabbiato con il mondo uscì dall'istituto con la copertina che proteggeva fino a qualche secondo prima il bambino, annusò l'odore di Anna che era rimasto impresso nella copertina e se ne andò. Camminando a vuoto, camminando velocemente e poi piano. Senza una reale meta. Solo dove probabilmente sarebbe stata Anna. 'Ovunque' si disse. Così ricominciò la sua nuova vita, camminando.



*Salze mituns: Sali con noi

*wir hier angehalten, Danny: Fermiamoci qui, Danny

* hat es dortund halten Siees fest, Danny: vai lì a tenerla ferma

* michhier, ich muss zu meinem Bruder, Sergeant Lucassprechen: mi faccia fermare qui, devo parlare con mio fratello, il sergente Lucas

* Alles, was Sie wollen: tutto ciò che volete


 
  
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