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Autore: Urban BlackWolf    08/12/2016    4 recensioni
“ Non ce la faccio...”
“ Ti prego salvala. Salva la mia Ruka....” Michiru trattenne a stento le lacrime puntando lo sguardo a terra mentre con le mani tremanti si stringeva la cornice al petto.
“ Ti prego.” E questa volta l'argine degli occhi crollò.
Il tempo in quell'appartamento di un centro città si era fermato. C'erano solo due giovani donne. Una con la fronte poggiata sul freddo acciaio di una porta, nelle orecchie i singulti composti di un pianto lacerante e un'altra, stretta all'immagine dell'ancora della sua vita, incapace di muoversi, di alzare la testa, di fare qualcosa che non fosse il piangere, aspettando solo il suono dello scatto di una serratura ed il chiudersi di una porta.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena, Nuovo personaggio | Coppie: Haruka/Michiru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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L'atto più grande

 

I personaggi di Haruka Tenou e Michiru Kaiou appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf

Avvertenze: lo so che le ambientazione ed alcuni temi trattati possono non convincere immediatamente, ma se le darete un'occasione potrebbe essere una storia piacevole. Buona lettura.

 

 

 

Il coraggio dell'inizio

 


Michiru camminava veloce verso la guardiania vaticana stringendo nella destra il cartellino di riconoscimento. Eludendo una coppia di turisti che pigramente godevano dell'ultimo sole di fine estate, svoltò al cancello d'entrata di Porta Sant'Anna porgendo il tesserino alla guardia svizzera che ormai conosceva bene. Frederick le sorrise cordiale strisciando il codice a barre sul terminale del portatile che aveva di fronte mentre un collega passava rapidamente il metal detector sulla borsa e sulla persona della donna.

“Buona giornata dottoressa Kaiou e buon lavoro.” Disse bonario.

“Grazie e buon lavoro anche a voi.” Rispose di rimando.


Riprese quindi il tesserino ed appuntandoselo con cura al bavero della giacca di lino bianco che aveva deciso di mettere quel giorno, si diresse verso la scala di servizio interna che dal cortile della farmacia dava accesso alla zona riservata al personale. Il sole era stranamente così piacevole e benevolo per la stagione, che rallentò il più possibile l'inesorabile inizio della sua giornata lavorativa.


Appena varcata la soglia d'ingresso ed iniziata la discesa sui gradini di granito, Michiru ritornò ad avvertire quel fastidiosissimo dolore alla bocca dello stomaco che puntuale, come le guardie che vedeva un po' ovunque, tornava a nausearla ogni mattina verso quell'ora. L'ora che, sapeva dolorosamente bene, avrebbe ricevuto la telefonata del medico di Haruka. La sua Haruka. D'istinto afferrò il cellulare controllando la forza del campo e da li continuò a guardare l'orologio digitale senza che alcun pensiero, oltre a quello della sua compagna, le invadesse la mente.


Quando le suole smisero di provocare l'afono suono dei passi nel silenzio delle voltature interne per sfregare con forza sul brecciolino del giardinetto, capì senza neanche alzare lo sguardo che si trovava nuovamente all'aperto. Osservando con quasi noncuranza l'ormai famigliare visione dei fronti rinascimentali di quella piccola corte interna, rallentò ulteriormente l'andatura. Pochi secondi ed il cellulare iniziò a vibrarle nel palmo della destra. Inghiottendo a vuoto lesse il prefisso di Zurigo e mosse veloce il pollice sul display innescando la conversazione.


“Pronto?” Domandò in tedesco mozzando il fiato nella gola. Ogni volta che leggeva quel numero aveva il terrore di ricevere la più orribile e devastante delle notizie.

“Signora Kaiou? Buongiorno, sono il dottor Kurzh.”


“Buongiorno dottore.... Ci sono novità?” E così dicendo sentì chiaramente il suo cuore sforzarsi nel mantenere un battito regolare.


“Purtroppo no. La signora Tenou non risponde al trattamento. Anche le analisi effettuate ieri confermano che il deterioramento cellulare è ripreso. Mi dispiace... contavamo proprio sull'effetto della nuova terapia.”

Michiru strinse i denti. Maledetto male bastardo.

“Signora Kaiou?”

“Si dottore... sono ancora qui.”


“Se veramente ha un'idea per salvare la sua compagna... credo che sia il caso di giocarsi quest'ultima carta il prima possibile. Michiru... non abbiamo più molto tempo.” Ed il passaggio ad un tono più confidenziale fece sentire la donna, se possibile, ancora peggio.


“Si...” Si accorse di quanto appannata fosse la sua voce e schiarendosela con un piccolo colpo di tosse concluse la telefonata.


“Oggi stesso parlerò con la persona della quale le ho accennato qualche giorno fa. Riprende servizio questa mattina. Nel pomeriggio le farò sapere.”


“Perfetto. Vedrò di essere reperibile ad ogni ora. Buona giornata signora Kaiou ed incrociamo le dita.”

“Buona giornata a lei dottor Kurzh.”


Michiru rimase ad osservare il display per qualche secondo fino a quando la foto di lei ed Haruka al mare ricomparve. L'ultima vacanza prima che la leucemia invadesse le loro vite triturando i loro sogni.


Avvertì le gambe pesanti e si sedette su di una panchina all'ombra di un pioppo secolare. Con lo sguardo sempre fisso sulla foto sorrise accarezzando leggermente il viso abbronzato della ragazza che la stava guardando.


Che occhi meravigliosi hai amore mio pensò componendo di getto un numero di telefono.

Pochi secondi ed una voce familiare le rispose assonnata.

“Michi!? Tutto ok?”


Ed a quella ingenua quanto fuori luogo domanda, l'altra rise tristemente.


“Ma come, sei tu a stare male e mi togli anche la battuta d'entrata!?” Disse sentendo Haruka ridere a sua volta.


“Bhe, è un'ora insolita per una chiamata d'impulso. Non sei ancora in camice bianco assorta a salvar tele per i posteri?”


“Se ti chiamo vuol dire di no. Lo sai che dentro il cellulare prende poco o niente. Allora, come ti senti oggi?”

“Domandina di riserva?”

“Ruka....”

“Benone, tutta un fuego.”

“Ruka....”

“Va bè... benino dai.”

“Ruka...”


Qualche secondo di silenzio ed il teatrino terminò. "Una schifezza.”


“Adesso è più veritiero. Sei riuscita a mangiare qualcosa per colazione?”


“Io ci ho provato, ma non devo essere per niente simpatica al pane e marmellata che sto cercando di tenermi nello stomaco.”


A Michiru si strinse il cuore nel petto. Se non fosse stata costretta ad accettare quel posto da capo restauratrice ai Musei Vaticani per pagarle le cure in una delle più avanzate cliniche svizzere, non si sarebbe mossa dal suo letto ed ora sarebbe al suo fianco, per aiutarla, per vincere insieme quella cosa che la stava portando via.

“Perdonami amore.”


“Michiru stai tranquilla. Ti ho già promesso che non stirerò le zampe fino al tuo ritorno.” Ma anche se la bionda voleva scherzarci su, all'altra non sfuggì la debolezza nel timbro della sua voce. Era il caso che si riposasse e per non farla sentire menomata buttò li una scusa per terminare la conversazione.


“Stupida zotica, lo sai che non le voglio sentire queste cose. Comunque, ho intravisto il Cardinal Berti e devo parlargli. Se non lo ragguaglio almeno una volta ogni due giorni sullo stato d'avanzamento dei lavori mi si sente male.”


“Nuuuu, per carità. Nell'ultimo anno ho già incamerato sfiga a sufficienza. Se mi accoppi un gran prelato sono fottuta.”


Questa volta Michiru rise di gusto. Se la coccolò ancora con un paio di frasi piccanti che sapeva sarebbero state gradite e poi chiuse.


Sospirando chinò la testa vinta. Il cinguettio dei passeri sui rami del pioppo la ghermirono come fossero stati falchi portandola lentamente a riflettere su una cosa. Era vero che se non fosse stata costretta dalle circostanze ad allontanarsi da Zurigo adesso sarebbe stata accanto alla sua compagna, ma era pur vero che non avrebbe scoperto lo straordinario legame che il sangue di Haruka aveva con un giovane Architetto che lavorava anch'essa nella corte della “Pigna” e che, forse, poteva salvarla. Ora doveva solo trovare il coraggio di parlarle e di rivelarle segreti che con molta probabilità l'avrebbero sconvolta.


Si alzò dalla panchina decisa ad affrontare la giornata e riprendendo la strada si diresse verso gli spogliatoi dove sapeva l'avrebbe trovata.

 

 

 


Giovanna Aulis non amava la tecnologia. Tralasciando stereo, televisioni e, forse, il computer nella sua forma base, ovvero monitor, scrittura, visione foto e filmati, per il resto era da sempre guerra aperta con tutto quello che rispecchiava i tempi moderni nei quali stava vivendo. Non essendo stupida, ammetteva che la tecnologia aveva portato la vita degli esseri umani ad un livello di semplificazione superiore, ma sentendosi di contro parte una totale mentecatta, capiva benissimo che con quelle macchine non avrebbe mai potuto spuntarla. Ed anche in quella prima mattina di fine estate, le sembrò palese la dissonanza tra la sua scarsa cultura informatica e le richieste che il PC le stava facendo.


“Che cacchio vuoi da me bastardo!?” Sbotò non accorgendosi dell'entrata di Michiru nella stanza.


“Porca di quella zozza, te le ho date le coordinate, che altro vuoi!?” Sbraito' rilasciando sulle assi del tavolo improvvisato un poderoso pugno.


L'altra sorrise appoggiando la borsa sulla panca di fronte agli armadietti. Le sembrava di rivedere la sua Haruka. Viste da dietro le due donne erano quasi due gocce d'acqua. Dalla corporatura proporzionalmente molto simile, anche se più bassa e minuta di quella della sua compagna, al modo di gesticolare, parlare ed approcciarsi con gli altri. Giovanna le ricordava Haruka sia nel fisico che negli atteggiamenti. Soprattutto negli atteggiamenti. Michiru non la conosceva che da qualche settimana, ma aveva trovato nel giovane Architetto italiano una serie infinite di peculiarità talmente tanto vicine all'animo di Haruka da sembrare di conoscerla da sempre.


Sin dalla prima volta che si erano viste in caffetteria, durante una pausa pranzo, a Michiru era risultata subito simpatica, mettendo poi in moto un'empatia che lei per prima si era stupita di possedere.


“ E dai cazzo...”Scivolò sul triviale prima di alzarsi di scatto dalla sedia.


“Prima o poi ti butto di sotto! Voglio vedere chi la vince poi.” Abbaiò all'indirizzo della blincatura rossa apparsa nel monitor.

“Difficile Architetto... visto che siamo al piano terra.”

L


Voltandosi di scatto l'altra dilatò gli occhi sorpresa. E la prima figuraccia della giornata era servita.

“Dottoressa Kaiou... Buongiorno. Da quanto tempo è arrivata?”


“Abbastanza per godermi il suo quotidiano alterco con il portatile.” Rispose togliendosi la giacca ed aprendo il suo armadietto.


Spalancando le braccia la donna di qualche anno più grande ammise la sconfitta chiedendo aiuto. "Non è che saprebbe dirmi cosa diamine vuol dire questo banner rosso? E' inquietante. Non sara' un virus spero...”


“Non ci eravamo ripromesse di darci del tu prima della sua partenza?” chiese Michiru togliendosi la camicia per sostituendola con una più comoda e funzionale T-shirt.


Ti prego abbandoniamo il lei o non riuscirò mai a chiederti quello che devo chiederti. Ti prego Giovanna, ti prego.


“O certo, scusa. Sono ancora fuori fase.”


“Per colpa della vacanza?” Chiese osservandola grattarsi la testa dai corti capelli castani. Un'altro gesto che l'accomunava alla sua Haruka.

“Non essendoci troppo abituata...”

Ghignò.


Michiru finì di togliersi i bracciali e gli orecchini ed afferrando il suo camice mise tutto nell'armadietto richiudendoselo alle spalle.

“E' il banner rosso il problema di oggi?”


All'altra non sfuggì la velata nota sarcastica, ma essendo di indole gioviale non se la prese. Rispose affermativamente per lasciarle il posto di comando. Una rapida occhiata e Michiru snocciolò il suo responso.

“Dio, che confusione.”

“Scusami?”


“Invece di un programma di restituzione grafica sembra un campo di battaglia. Come fai a capirci qualcosa?”


Colta sul vivo Giovanna si mise sulla difensiva ammettendo che non era proprio tutta colpa sua, che il PC era della ditta e che ci mettevano mano un po' tutti i tecnici del cantiere.


Sentita l'arringa difensiva Michiru si morse le labbra chiedendole scusa. Non stava parlando con Haruka dannazione. Doveva essere più educata.


“Ti prego di scusarmi. Non era mia intenzione offenderti.”


“Per carità! - Scoppiando a ridere di gusto chiuse il PC con un gesto secco. - Hai ragione da vendere. Di solito i programmi di grafica per architetti riesco a gestirli alla grande, ma non ho intenzione di portare in cantiere il mio piccino con il rischio di farmelo inzozzare da qualcuno e perciò mi devo accontentare di utilizzare il muletto di turno e dicendola tutta, sono meno accorta nell'utilizzarlo facendo spesso, mmmm... come hai detto? A si, confusione.”


Più sollevata Michiru la seguì fuori dallo spogliatoio. Ricordava anche troppo poco spesso che il popolo italiano e nella fattispecie quello romano, era goliardico e buontempone, che di rado si offendeva ed ogni tre per due buttava letteralmente la vita quotidiana sullo scherzo. Lei era svizzera, con delle lontane ascendenze giapponesi dovute al bis nonno. Per loro era tutto dannatamente serio ed a volte asettico.


Quanto aveva penato prima di abituarsi a quelle energiche strette di mano, alle pacche sulle spalle, al gesticolare, al parlare veloce e ad alta voce. Per non parlare poi degli uomini, che smettevano di ronzarle attorno solo dopo aver notato la fede d'oro bianco e giallo che portava all'anulare della sua mano sinistra. E alle volte non bastava neanche quella. Non tralasciando alcune sue colleghe impiccione, civettuole, altezzose e chiecchierone, che si sentivano chi sa chi solo per il semplice fatto di stare lavorando per il Vaticano.

Spesso e volentieri per il pranzo la Dottoressa Michiru Kaiou preferiva immergersi nella solitudine della magnificenza dei giardini retrostanti la Basilica, invece che perdersi nell'afosa e caotica mensa. Questo l'aveva portata ad un'inevitabile ghettizzazione che in altri tempi l'avrebbe fatta sorridere fiera, ma che ora, straniera in terra straniera e con un fardello tanto doloroso come la salute della sua anima gemella, la faceva sentire sola e vulnerabile. E se soltanto qualcuno avesse subdorato la sua omosessualità sarebbe stata una tragedia. Era sempre una dipendente della Santa Sede. Non poteva permettersi passi falsi. Non poteva permettersi di perdere il lavoro.


Ma da come si erano messe le cose, il repentino peggioramento delle condizioni di Haruka la costringevano ora a fare un salto nel buio, a rivelarsi ad una persona che non conosceva affatto, con la speranza di non essere tradita. Una persona che avrebbe dovuto possedere la non comune predisposizione alla comprensione, all'accettazione ed all'aiuto. La sua ultima ancora di salvezza o come l'aveva chiamata il dottor Kurzh, la sua ultima carta da giocare.


Michiru pensava queste e mille altre cose mentre camminava lentamente accanto alla collega dirigendosi verso i rispettivi cantieri; restauratrice di una pala d'altare del Perugino lei, capo cantiere del restauro lapideo di uno dei terrazzamenti ad est della Basilica, l'altra. Poi ad un tratto, spinta dall'immagine della compagna che sempre portava nel cuore, Kaiou bloccò il passo e dopo un profondo respiro iniziò quella che sarebbe divenuta una lunga ascesa per uscire dal suo personale inferno.

“Giovanna..."

“Giò, preferisco.” Rispose l'altra continuando a camminare.

“Il nome Tenou... ti dice qualcosa?”

 

 

 


Note dell'autrice: salve a tutti. Mi cimento per la prima volta in uno scritto riguardante Haruka e Michiru. Ho letto numerose fanfiction su di loro e molte di queste sono scritte benissimo. Nella vita non scrivo molto, ma spero che l'originalità delle situazioni trattate possa essere di vostro gradimento.


Una cosa importante. Non lascerò la storia incompiuta e cercherò di scriverla nel minor tempo possibile. Da per me ci rimango sempre troppo male quando una storia mi cattura, ma non viene terminata. Perciò è una promessa. Spero piaccia e la dedico a tutti gli scrittori e le scrittrici che hanno e scrivono in queste pagine. Quando la vita si fa rognosa è bello poter evadere un po' con l'aiuto della fantasia e della dedizione degli altri.

   
 
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