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Autore: JeiBieber_Smile    08/12/2016    3 recensioni
Mi chiamo Justin, ho ventidue anni, sono canadese e mi sono innamorato di una ragazza che non vede con gli occhi, ma vede col cuore.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Look in my eyes, what do you see?
-'Hai visto il mio modo di vedere le cose?'-

Le chiavi, dove cavolo erano le mie chiavi? Cercavo nelle tasche del jeans, del giubbotto, della camicia.. nulla. Tastai ogni parte del mio corpo, inevitabilmente cominciai a pensare a lei. A lei, e a quelle dita sottili e leggere che avevano sfioravato piano il mio petto e il mio viso, pochi minuti prima, per esplorarlo. Aveva un modo particolare per sentirmi e conoscermi, mi piaceva quel suo modo di scoprire com'ero fatto, era diverso. Solitamente le ragazze mi mangiavano con gli occhi, invece lei preferiva sentirmi. Sentirmi in tutti i sensi. Proprio come io sentivo lei. Era vera, era pura, era unica. Ed era perfetta, anche senza la vista.
Scossi la testa, finendo di tastarmi il petto. Quella ragazza mi stava facendo andare fuori di testa.
Tastai la tasca posteriore dei miei jeans, sentendo un rumore. Eccole. Le inserii nella piccola serratura metalicca a fatica, il lampione al centro della strada illuminava poco e mamma, ogni sera a mezzanotte, spegneva la luce che illuminava il portone di casa per non consumare troppa energia. Non appena la porta si aprì, trovai la figura di mia madre a braccia conserte. Osservava la porta di casa, con gli occhi chiusi in due fessure. Non appena vide il sorriso sul mio viso, però, si addolcì.

-Dove sei stato?- cominciò con le domande, avvicinandosi.
-Sono stato con una ragazza- le baciai la fronte, per poi sorriderle.
-Fino a quest'ora? E cos'avete fatto? Oh, no, ti prego, non dirmelo. Quasi mi dimentico che sei un ragazzo e che voi ragazzi avete..-
-Abbiamo solo parlato, mamma- la interruppi ridendo, corrugò le sopracciglia facendole scontrare. Era così strano parlare con una ragazza? -Abbiamo parlato per due ore, pensa. Fuori casa sua. Sembra diversa dalle altre- impercettibilmente, arrossii. Già, quella ragazza mi faceva un effetto davvero strano.
-Per far colpo su di te, dev'essere speciale- sorrise mia madre, dandomi conforto.
-Domani mattina ci sentia, cioè, ci vediamo, ci vediamo sì.. più o meno ma ci vediamo- ridacchiai, facendo scontrare di nuovo le sopracciglia della mamma.

Senza darle ulteriori spiegazioni, le baciai piano la fronte e le sorrisi rassicurandola. Ricambiò prontamente il sorriso, donandomi uno di doni più belli che un figlio potesse ricevere, così che salii di sopra in camera mia. La stanchezza si faceva sentire, eccome se si faceva sentire. Mi stesi a letto senza nemmeno spogliarmi, sentii la camicia scoprirmi la schiena ma poco mi interessava, sinceramente. Anastasia. Perché non smetto di pensarti? Portai una mano sul viso e sospirai, non volevo ricadere nello stesso tranello, eppure Anastasia non smetteva di essere la protagonista dei miei pensieri. La conoscevo da poco meno di tre ore, eppure già la sentivo così vicina. Mi stavo illudendo da solo e di nuovo, da stupido e inesperto, ciò che tra l'altro non ero. Però quella ragazza, con la sua spontaneità e la sua semplicità, era riuscita a far battere il mio piccolo e deluso cuore.

-

Quando sentii la sveglia suonare, scattai in piedi. Avevo impostato la sveglia per le otto, così da potermi preparare. Non avevamo piani, a dire il vero non sapevo nemmeno a che ora andare da lei. Sapevo solo che, forse, avrei visto i suoi genitori e non volevo che potessero farsi cattive idee su di me. Le occhiaie, quella mattina, non mi davano problemi: semplicemente non c'erano. Quella notte avevo dormito, eccome se avevo dormito. Certo, erano state meno di sette ore, ma mi sentivo riposato e carico. E sopratutto, desideroso di rivedere quella splendida ragazza che mi aveva già rapito.
Dopo essermi fatto una doccia veloce, mi ritrovai davanti all'armadio. -Adesso cosa metto?- mi chiesi, sentendomi peggio di una ragazzina al suo primo appuntamento.

-Mamma!- uscii dalla mia camera con solo l'accappatoio.
-Justin Drew Bieber, ieri ho lavato a terra e guarda, con i piedi stai bagnando tutto!- incrociò le braccia al petto, alzai le sopracciglia.
-Non importa, dai, adesso ho bisogno di te- la trascinai con me in camera mia, piazzandola davanti all'armadio.
-Devo riordinarti l'armadio?- mi chiese, roteai gli occhi al cielo e abbozzai un sorriso.
-Hei, è già ordinato- alzò le mani in segno di resa, inclinando verso l'alto gli angoli della bocca.
-Allora a cosa ti servo?- mi chiese, spostando tutto il peso del suo corpo su una gamba.
-Mentre io mi asciugo i capelli, sceglieresti per me cosa devo mettere stamattina?- mentre parlavo presi un boxer dal cassetto e feci per metterlo, ma mi bloccai quando notai lo sguardo stranito di mia madre.
-Amore, non è che hai la febbre?- mi tocco la fronte prima con le mani e poi con le labbra. -Non sembra, forse dovremo prendere un termom..-
-Sto bene- la interruppi -Ti prego, non voglio fare brutte figure.
-Hai preso proprio una bella cotta, eh?-

Sì, avrei voluto rispondere. Ma come avrei potuto? Infondo non la conoscevo nemmeno da un giorno, non sapevo quasi nulla di lei a parte il fatto che no vedesse con gli occhi ma usando altri metodi. Indossai i boxer, asciugai i capelli e misi l'accappatoio a lavare, per poi tornare in camera. Mia madre aveva preso una semplice maglia nera che avrei indossato con un pantalone marrone chiaro e le mie Supra nere. Ringraziai mia madre dandole un tenere bacio sulla fronte prima di vestirmi e guardarmi allo specchio. Ero davvero un gran figo. Aggiustai i capelli, spruzzai un po' di profumo e mi guardai ancora una volta allo specchio. Avevo uno strano sorriso quella mattina, un sorriso che non sempre avevo. Era sincero ed esprimeva come mi sentivo: e mi sentivo bene.
Dopo aver indossato una felpa e il cappotto, uscii da camera mia. Cavolo, aveva ragione mia mamma: avevo lasciato le impronte. Prima di andar via, passai una pezza sulle impronte, facendo risultare il pavimento pulito. Mia madre mi guardava ancora più stupita e, sinceramente, anch'io ero abbastanza stupito.

-Devo conoscere questa ragazza- enfatizzò mia madre, sparendo poi in cucina. -Tesoro, fai colazione qui o devi già uscire?-
-Esco mamma, ci vediamo dopo- corsi in cucina dandole un bacio, per poi uscire di casa.

E, ancora una volta, l'aria fresca mattutina mi pizzicò il viso. Erano appena le nove meno dieci, non sapevo se Anastasia stesse ancora dormendo o meno. Non volevo svegliarla, ma allo stesso tempo volevo vederla. Presi la moto, che mi faceva sentire tanto Batman, e sfrecciai via, per le vie di Stratford. Ricordavo perfettamente dov'era casa sua. In un batter d'occhio mi ritrovai fuori la sua abitazione e persi un battito quando mi avvicinai per poter suonare al campanello. Ma non feci in tempo a suonarlo, perché la porta si aprì.

-Sapevo che eri arrivato- quella splendida ragazza dai capelli ramati, sorrise. Facendo sorridere anche me.
-Come?- le chiesi, dolcemente.
-Ho riconosciuto il rombo della tua bambina- aprì di più la porta, facendomi segno d'entrare. -Prego, entra. Hai già fatto colazione?- si chiuse la porta alle spalle.
-E tu?- scosse la testa. -Allora ti va di fare colazione fuori?- sul suo viso si accese un sorriso.
-Prendo il cappotto e la borsa- mi strinse la mano, sorridendomi.

Quant'era bella. E quella mattina ancora di più. Indossava un paio di jeans chiari che le fasciavano perfettamente le gambe, un maglioncino grigio con dei richiami in nero e degli stivaletti neri. Con un movimento fluido, prese il giubbotto e lo indossò, così come fece con lo scaldacollo e il cappello. Dopodiché prese la borsa e indossò anche gli occhiali da sole neri che aveva anche il giorno prima, provocando un gesto di disappunto da parte mia. Cavolo, era bellissima senza. Perché mai doveva metterli?
Justin, fatti i fattacci tuoi.
Rotei gli occhi al suono della mia amatissima vocina, anche chiamata coscienza, ma che ben presto avrei rinominato rottura di scatole. Menomale che Anastasia non poteva vedermi, così per lo meno non avrei fatto una brutta figura davanti ai suoi occhi.

-Anastasia- una voce interruppe i miei pensieri, mi si gelò il sangue nelle vene non appena vidi un uomo sulla cinquantina scendere le scale di casa sua.
-Papà, ciao- ed era anche il padre, perfetto.
-Non mi presenti il tuo amico?- chiese alla figlia, cingendole le spalle con un braccio.
-Sì, certo. Papà, lui è Justin, il ragazzo che ieri sera mi ha riacompagnata a casa. Justin..- mi tastò il braccio, fino a scendere alla mia mano che prese dolcemente. -..lui è mio padre, Joseph- accennai un sorriso.
-Piacere di conoscerti, Justin. Dove porti questa mattina la mia donzella?- accarezzò di capelli di sua figlia, facendomi sentire dannatamente invidioso.
-Avevo pensato di fare colazione e fare un giro al parco, sempre se per lei va bene- ammisi, suo padre annuì.
-Certo, basta che non me la porti all'una di notte come ieri sera- suo padre ridachio, mentre io sbiancai. -Non preoccuparti, so che siete stati qui fuori a parlare- tirai un sospiro di sollievo e sorrisi, stringendo la mano di Anastasia che ancora giocherellava con le mie dita, nonostante avessi i guanti.
-Allora a dopo, papà- Anastasia diede un bacio a suo padre, avvicinandosi a me.
-Arrivederci, signor Mitchell-

Dopo aver dato una stretta di mano a suo padre, uscii di casa, raggiungendo quella splendida ragazza che era riuscita ad ipnotizzarmi. Mentre camminava nel vialetto di casa sua sembrava più sicura, i suoi passi erano più decisi. Mi trasmetteva sicurezza quella ragazza, nonostante tutto quello che aveva passato era riuscita a rialzarsi e a vivere senza una cosa fondamentale: la vista. Era riuscita a combattere, a crearsi nuove abitudini, a vivere nonostante quel grande disagio che era costretta a sopportare. E aveva un sorriso, un sorriso meraviglioso, un sorriso che mi faceva capire che era felice, che nonostante tutto era felice e che aveva coraggio da vendere.
Prima di salire in sella alla mia moto, le presi entrambe le mani e mi soffermai a guardarla. Aveva un'espressione confusa, molto confusa, ma non ci diedi tanto peso. Levai il guanto della mano sinistra, così che potesse sentirmi meglio. Le accarezzai dolcemente il viso, scesi sul collo, tornai su percorrendo con l'indice il suo naso. Mi soffermai sul suo mento, prendendolo tra l'indice e il pollice. -Buongiorno, piccola stella- le sossurrai all'orecchio, prima di sentirmi sprofondare tra le sue braccia sottili.

Justin, cosa stai facendo?
La sto abbracciando, non vedi?
Ma così ti farai del male.
Lo so.
E non ti interessa sapere che dopo aver passato quel po' di tempo con te, ti getterà via come una pezza?
Sinceramente? No.
No? NO? Justin, ti conosco meglio di chiunque altro.
Può darsi, ma non cambio idea.
Perché vuoi soffrire?
Perché sento che lei è diversa dalle altre.
Le femmine sono tutte uguali.
Lei a differenza delle altre non ci vede con gli occhi.
E cosa c'entra?
C'entra il fatto che vede col cuore.

-Grazie per non esser scappato via- mi staccai a malavoglia da quell'abbraccio, guardandola e accarezzandole il viso.
-Perché sarei dovuto scappare?- le chiesi, baciandole dolcemente la guancia.
-Perché mio padre fa scappare tutti- ridacchiò, stringendomi la mano. -Andiamo?- annuii impercettibilmente. Da perfetto idiota insomma, dato che non poteva vedermi.
-Sì- mi affrettai a dire, mettendo il casco.

Presi quello che precedentemente era stato il casco di Selena e lo misi a quella ragazza che di Selena aveva ben poco. Selena era bellissima, certo, e l'avevo amata molto. Ma Anastasia, oh.. Anastasia era riuscita a stregarmi con un solo tocco, era riuscita a farmi percepire la dolcezza e la delicatezza con una sola carezza. Mi dava attenzioni, diverse da quelle che ricevevo dalle altre ragazze che avevo avuto. E mi piaceva, dannatamente. Aiutai la piccola stella a salire in sella, dopodiché sfrecciai via verso il centro. Avrei voluto continuare a correre ancora, sentendo le sue mani abbracciarmi, ma avevo anche una certa fame dato che non mangiavo dal giorno precedente. Non appena arrivammo parcheggiai la moto e aiutai Anastasia a scendere, era così bello aiutare qualcuno. Sopratutto se quel qualcuno era una bella ragazza.
Dolcemente, presi la sua mano e la poggiai sul mio braccio. Mi sorrise e le sorrisi anche io.

-Justin, posso farti una domanda?-
-Certo, puoi farmi tutte le domande che vuoi-
-Non prendermi per sfacciata o cascamorta.. ma non vorrei mai che un ragazzo fidanzato uscisse con una ragazza per cui mi chiedevo.. non sei fidanzato, vero?- rimasi un secondo spiazzato a quella domanda, ma mi ricomposi pochi secondi dopo.
-No, non sono fidanzato- risposi semplicemente, schiarendomi la gola. Perché la sentivo improvvisamente pizzicare? -Da un paio di anni, ormai- continuai, vedendola annuire.

Parlare della mia relazione sentimentale mi metteva a disagio. Insomma, ripensare ad Hayley e al fatto che mi lasciò poco prima di sposarci, non era proprio il massimo. Lei sembrò capire, anche se sentivo che non era ancora soddisfatta. Ringraziai però il fatto che lasciò perdere, così che potevo fare colazione senza dover soffocare col cornetto. Una ragazza del Revel Coffe ci accompagnò al nostro tavolo, da perfetto gentiluomo aiutai Anastasia a sedersi e, per minuti interminabili, guardai il suo viso. Perfetto, anche con gli occhiali.

-Allora, piccola stella, cosa prendi di solito?- le chiesi, prendendole la mano. -Vuoi che ti legga il menù?-
-No, grazie. Prendo un latte macchiato con una ciambella-
-Al cioccolato bianco?-
-Come fai a saperlo?-
-Perché hai la faccia da cioccolato bianco-
-Devo prenderlo come un complimento?-
-Sì, io amo il cioccolato bianco-

Mi sentii scoppiare il cuore non appena vidi le sue gote arrossire. Chissà se riusciva a percepire il mio sorriso, perché altrimenti ero fregato. Non sorridevo mai così tanto, era tutto così strano e nuovo per me. Mi sentivo di nuovo un ragazzino alle prime armi. Con le mie ex non mi ero mai sentito così bene, Anastasia riusciva a darmi emozioni diverse. Con Cait ero solo un ragazzino, quando ci fidanzammo avevo più o meno quattordici anni e stammo insieme per due anni. Anche se inizialmente mi piaceva, volevo stare con lei principalmente per il fatto che volessi sentirmi anch'io come tutti gli altri ragazzini della mia età che avevano la fidanzata. Perché, andiamo, cosa può saperne un ragazzo a quattordici anni dell'amore? Solo col tempo cominciai ad amarla, ma non avevo mai sentito le ginocchia tremolare e non avevo mai cominciato a tremare in sua presenza. Con Anastasia, invece, era tutto diverso: lei mi trasmetteva magnifiche emozioni, e le mie capacità motorie potevano pure andare a farsi fottere quand'ero con lei. Per quanto riguarda Selena, era bellissima, davvero bellissima e provai subito sentimenti per lei. Solo che.. la nostra storia era più basata sullo stare insieme a casa mia o a casa sua, non mi aveva mai toccato con gentilezza e delicatezza come mi aveva toccato Anastasia. Le sue mani erano stupende sulla mia pelle. Mi facevano sentire emozioni uniche. Anche con lei sono stato due anni, così come sono stato due anni con Hayley. Quanto amavo quella donna, ero capace di fare di tutto per lei, anche di prenderla e di portarla in giro per l'universo se necessario. Dovevamo sposarci, ma la sua attrazione per l'altro sesso l'aveva spinta a tradirmi poco prima del nostro matrimonio. Da quello che avevo capito da Anastasia, dopo il suo incidente non aveva avuto molti rapporti con i ragazzi.
Be', meglio. Sarebbe stata solo mia.

Caspita però. Due anni con Cait, due con Sel, due con Hay.
Speriamo non succeda anche con Anastasia..

Sempre se ci starai insieme.
Non sono problemi tuoi.
Ma io sono te.
No, tu sei il guastafeste della serata.
Sono appena le nove e cinque.
E' uguale.

-Justin?- mi chiamò Anastasia, era così soave il mio nome pronunciato dalle sue labbra.
-Dimmi, piccola stella- le accarezzai dolcemente il viso, facendole capire che ero lì.
-Come mai mi chiami piccola stella?- mi chiese, sorseggiando il suo latte macchiato.
-Perché ti sono state rubate due stelle..-le tolsi gli occhiali, toccando i suoi occhi -..ma in compenso, la tua forza ti ha dato l'opportunità di diventare una stella capace di illuminare di speranza chiunque ti stia vicino. E poi sei piccola, per cui sei una piccoal stella- mi stupii delle mie parole, ma non mi vergognai di pronunciarle.

Perché erano la verità, la pura e semplice verità. Per me, Anastasia, era una stella che riusciva ad infonderti speranza. Era riuscita a dare speranza a me che avevo smesso di sperare anni prima, poteva irradiare speranza in chiunque. Bastava vederla sorridere, era veramente una piccola stella. Guardai i suoi occhi, e mi ci persi. Erano velati di bianco, ma l'azzurro che si intravedeva sotto era un qualcosa di spettacolare. Chissà com'erano quando non era ancora cieca. Ma a cosa importava? Era bellissima lo stesso. E il fatto che fosse cieca, la rendeva ancora più avvicinabile. Non fraintendetemi, non volevo certamente approfittarmene. Semplicemente, era una persona che aveva sofferto come me, per cui poteva capirmi.

-Ma non mi sembra di illuminare così tante persone- Ammise, abbassando lo sguardo.
-Hai illuminato me, Anastasia. Sai da quanto tempo non sorridevo così?-
-Da quanto?-
-Da quando la mia fidanzata mi ha lasciato, poco prima di sposarci. Pensavo di essere senza speranze, di non avere niente.. poi sei arrivata tu- ammisi, stringendole la mano.
-E cos'ho fatto?- aggrottò le sopracciglia.
-Mi stai facendo scoprire un mondo nuovo, un mondo in cui non c'è bisogno degli occhi per vedere, ma del cuore per poter immagazzinare ogni singolo attimo di vita. Non ti conosco nemmeno da un giorno, e già mi hai fatto capire che rimpiangersi addosso non è il miglior modo per vivere, ma bisogna reagire. Come hai fatto tu- mi fermai un attimo, rimettendo insieme tutti i pensieri.
-A me sembra di non aver fatto nulla- mi sorrise, ricambiando la stretta alla mano.
-E immagina se vorresti fare qualcosa. Anastasia, sei una ragazza davvero speciale, proprio così come sei. E la tua semplice presenza mi fa capire quanto importante sia vivere-

Sospirai, alle mie stesse parole. Forse ero stato un po' troppo sincero, ma era quello che sentivo. Sentivo che sarebbe stata in grado di illuminare la mia vita, come sarebbe stata in grado di illuminare la vita di chiunque. Forse non si rendeva conto di ciò che era in grado di fare a causa dell'insicurezza che dentro sentiva, ma io riuscivo a vederlo. E riuscivo a sentirlo.
Dopo la breve conversazione, continuammo a mangiare e a parlare e a scherzare. Era bellissimo stare in sua compagnia, mi sentivo davvero me, mi sentivo davvero vivo e mi sentivo davvero bene. Dopo aver mangiato e pagato, uscimmo dal bar e cominciammo a camminare a braccetto per le vie di Stratford, la mia città innevata era davvero bellissima. Anche se mancava davvero pochissimo a marzo, la neve continuava a scendere la notte. Be', infondo il Canada è questo.

-Justin..?- mi chiamò, girai la testa verso il suo viso: aveva rimesso gli occhiali.
-Dimmi, piccola stella- le baciai dolcemente la tempia, mi sorrise.
-Siamo vicini al parco?- strabuzzai gli occhi, non appena mi resi conto che aveva ragione.
-Adesso sono io a chiedertelo: come fai a saperlo?- le circondai i fianchi col braccio, facendo scontrare i nostri corpi.
-Sento il profumo di erba, di foglie.. e le urla dei bambini- la sentii inspirare a pieni polmoni.

E come lei, chiusi gli occhi. Cominciai ad inspirare, ad espirare, concentrandomi su ogni odore che sentivo. L'odore di gelato della gelateria affianco al parco, l'odore di erba bagnata, l'odore del caffé che stava bevendo un uomo al bar, di una brioche appena sfornata. E ascoltai, le urla dei bambini, la risata di una ragazza, le urla al telefono di un signore poco lontano da noi. Riuscivo a percepire il suo modo di vedere, il suo modo di sentire, di vivere la realtà. Era un modo diverso, ma che riusciva a farti capire ciò di cui l'uomo era capace per poter stare bene, per poter vivere bene.

-Hai visto, Justin? Ha visto il mio modo di vedere le cose?- per tre volte, enfatizzò la parola 'visto' e 'vedere'. Sorrisi.
-Ho sentito ogni cosa- enfatizzai la parola 'sentito', facendo sorridere anche lei.
-E' bello, non è vero?- sussurrò, continuando ad ascoltare.
-Bella sei tu..- le accarezzai il viso, perdendo il controlle delle mie azioni e delle mie parole. -E il tuo mondo è proprio come te-

Portai un braccio sulle sue spalle, le baciai dolcemente la tempia e, a passo lento, cominciai con lei a camminare verso il parco. Sembravo davvero un ragazzino in preda agli ormoni, sembravo davvero un ragazzino alle sue prime armi. Quella ragazza, oh che mi stava facendo.

-Mi canteresti qualcosa?- mi chiese, dolcemente.
-Cosa vorresti sentire?-
-Qualcosa di tuo- ci pensai su per qualche secondo.
-Che genere ti piacerebbe ascoltare?-
-Basta che sia tu a cantare. Può anche essere un inno da stadio- roteai gli occhi, sorridendo.
-Facciamo così allora: oggi pomeriggio vieni a casa mia, e ti faccio sentire qualcosa al piano. Ti va?- le chiesi, prendendole la mano.
-Non è che vuoi stuprarmi?- mi chiese, nascondendo un sorriso.
-Oh piccola, se potessi vedermi mi stupreresti tu- ridacchiai, trascinando anche lei.
-Non c'è bisogno di vederti per capire che sei un bel ragazzo- mi mise una mano sul petto, delicatamente.
-Allora, ci stai?- le presi delicatamente le mani, avvicinandomi al suo orecchio. 
-Ci sto- affermò, facendomi provare tantissimi brividi lungo la spina dorsale.

Anastasia.
Che cosa mi stai facendo?
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Notturne, a rapporto!!
Hola chicas, como estate?
Io sto.. discretamente.
Quando uso sti termini mi sento tanto.. 'acculturata' lol.
Quando invece sono una mezza cafona ahahahah.
Ma tornando serii!

E tornando alla storia sopratutto.
Ricordo che quando ho scritto questo capitolo, cancellavo e ricancellavo.
Non sono molto soddisfatta, ma spero che colpisca il significato della scena finale.
La vita è un dono meraviglioso e il corpo umano è in grado di adattarsi a tutto.
Manca l'udito? Esiste la vita, la lingua dei segni.
Manca la vita? Esiste il braille e tutti gli altri sensi.
Insomma, in breve abbiamo davvero un corpo creato in maniera meravigliosa.
E non dobbiamo discriminare coloro a cui 'manca qualcosa di fondamentale'.
Peché nulla è fondamentale quanto la vita e il rispetto che abbiamo di questa.

Vi aspetto nelle recensioni, tesori miei.
Al prossimo capitolo, bellezze.
Much love.
-Sharon.

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Se volete leggere la mia prima FF, ecco 'Do you believe in love?'
E per leggere la mia seconda FF, ecco a voi 'We Can Fly To Never Neverland
Passate anche a lettere..
'The Storm'


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