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Autore: sakura182blast    09/12/2016    5 recensioni
Raccolta di OS, tutte rigorosamente WildeHopps. Perchè mai Disney ideò pairing migliore di questo!
3 - Stars
Tu, appartenente ad una razza che agli albori dei tempi prediligeva la notte come dimora, riesci a vedere tutto di me in questo buio pesto? Il tuo respiro sa ancora fiutare questa paura che mi inghiotte? Il terrore di una preda colta in scacco?
Sei proprio un predatore, Nicky, degno figlio dei tuoi padri: con passi silenziosi, all'erta, hai seguito un tracciato sinuoso che ti ha condotto a ghermire il mio cuore; ed ora che, diligente, te lo sto per servire sul vassoio dell'argento più fine e fulgido che tu abbia mai visto, che cosa ne farai? Serrerai le fauci aguzze sopra questo muscolo pulsante o lo conserverai con devozione?
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Judy Hopps, Nick Wilde, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Uhm... Quindi sta accadendo davvero? Ho attecchito anche in questo fandom? Eh... Peggio della gramigna, figlioli, peggio della gramigna. Infestante ed amara.
Sinceramente muovo passi incerti in un tipo di fandom che non mi è congeniale – err, per intenderci: non scrivo ogni dì di animali antropomorfi teneramente sarcastici.
I problemi che stanno alla base del tutto, essentially, sono due:
  • Shippo Nick e Judy in un modo tale che sono ricaduta in una di quelle mie crisi adolescenziali da fangirlismo, un po' come quando vedevo del romanticismo yaoi implicito fra James Franco e Seth Rogen o Simon Pegg e Nick Frost.
  • Sono in un limbo, un platonico stato di attesa in cui attendo conferme del tipo “SI': siamo già in procinto di sviluppare Zootropolis 2” e “SI': il tanto atteso risvolto romantico fra i due leading characters avverrà”; tutto questo perchè, chezzo, c'è così tanta chimica fra loro due che, a confronto, il laboratorio dei coniugi Curie sembra il banco del Piccolo Chimico di Scienza e Gioco Clementoni. E tutti quelli che dicono che “no, sono solo amici” MENTONO: le loro famiglie sono state tratte in ostaggio e sono OBBLIGATI a dire così; non trovo altra spiegazione logica.
Ora ci accorgeremo anche di un altro punto contraddistinto della mia fantomatica persona: parlo troppo, cribbio. Queste sono le note di A. più lunghe che io abbia mai scritto... Giusto cielo. Una drabble. Una drabble di miei poveri sproloqui che tradiscono a) un'insalubre attività neurologica b) una forte necessità di ferie – quelle di agosto non ci bastarono.
Oh, basta. La smetto.
Last to know: domando un po' di clemenza... Abbiate pietà se ciò che leggerete è scritto così com'è
<3




Absence


Undici.
Le zampe fulve digitavano indolenti i numeri di targa delle vetture in contravvenzione sull'arnese che, pigramente, vomitava multe con un rigurgito meccanico.
I piccoli avvisi venivano incastrati con noncuranza fra la gomma del tergicristallo ed il vetro del parabrezza di qualche malcapitato; alcuni parchimetri in scadenza, se già oltrepassati, venivano deliberatamente ignorati secondo una sorta di cernita esule da qualsiasi rigore di logica.
Dodici.
Il sole, già alto e perpendicolare sopra la sua testa accaldata priva di cappello d'ordinanza – oh, premeva troppo sulle sue povere orecchie – stava lassù beffardo a testimoniare che il tempo a sua disposizione stava per scadere e che stavolta avrebbe pagato un caro scotto per quella mattinata ignava.
Un altro parchimetro tossicchiò un lamento e cercò la sua attenzione.
Tredici.
Con uno sbuffo malcelato guadagnò il suo povero trabiccolo da ausiliare del traffico, abbandonato una manciata di metri più in là accanto al marciapiede, e buttò un,occhiataccia al display su quel misero cruscotto.
Le 11.55.
Oh, Boogie gliel'avrebbe fatta pagare cara questa volta. Ne era certo.
Nick Wilde montò sulla motoretta, lanciò la casacca catarifrangente alle sue spalle fra i coni spartitraffico e partì di buona lena alla volta del distretto di polizia. Sulle spalle il peso delle tredici vergognose multe redatte senza il minimo impegno ed in bocca ancora il sapore acre di quella punizione impostagli dal capitano quella mattina stessa.
Pestando nervosamente l'acceleratore con quella zampa artigliata troppo, troppo lunga per quel pedale ridicolo, Wilde ponderava attentamente sul fatto di concedersi un paio di giorni di ferie sciorinando a mente mille possibili motivi credibili che, stando alla velocità del mezzo, aveva tutto il tempo di vagliare prima di raggiungere l'ufficio di Bogo.
Ma un pensiero lo trafisse mentre superava l'ennesimo semaforo: dopo l'acceso screzio di quella mattina nell'arena, sicuramente il capitano avrebbe rifiutato la sua ragionevole richiesta con parecchi punti esclamativi e qualche epiteto poco carino. A maggior ragione l'aveva declassato ad ausiliare del traffico quella mattina, giust'appunto per fargli capire che fosse al comando e quale, invece, fosse il suo posto da semplice agente.
Masticando invettive velenose, che altro non facevano se non inasprirgli l'amaro che da cinque ore si portava fra quelle fauci aguzze, la volpe si destreggiò fra il traffico dell'ora di punta per porre fine a quella terribile tortura.


Due lunghe zampe forti e cineree correvano pericolose lungo i lucidi corridoi della centrale di polizia di Zootropolis, distretto di Downtown.
Chi incrociava il suo percorso si scansava spaventato alla vista di quella piccola furia lanciata in una folle corsa.
Judy Laverne Hopps inforcò la porta del suo piccolo ufficio in tutta fretta nella speranza che il suo partner fosse rientrato, ma constatò delusa che così non era.
Calò mestamente le sue buffe orecchie argentate ai lati della testa e si sedette alla scrivania, là dove svettava una placida pila di scartoffie la cui compilazione, ormai, non poteva essere procrastinata oltre.
Prese il primo fascicolo che troneggiava sopra gli altri e cominciò a leggerne distrattamente il contenuto mentre torturava una penna a sfera con i suoi pronunciati incisivi da leporide.
<< Oh, Judds, guarda che non è una succulenta carota da sgranocchiare. >>
Se avesse guadagnato un penny per ogni volta che si era sentita apostrofare in quel modo da Wilde, avrebbe potuto comprare tutta Bunny Burrow, abitanti in continua, esponenziale crescita compresi.
Le labbra sottili si serrarono attorno alla cartuccia martoriata; un acre sapore di inchiostro le macchiò la punta della lingua ma non se ne curò oltre.
Nick.
Da qualche giorno aveva cominciato a comportarsi in modo strano – uhm... Ancora più strano.
Sembrava assente, quasi il fantasma di sé stesso. Spesso un velo scuro calava sul suo volto e si rinchiudeva in insoliti silenzi carichi di elettricità. La sua vena sarcastica sembrava essersi indebolita, così come la sua voglia di coinvolgerla in ilari scenette esilaranti.
Quella stessa mattina, poi... Sembrava avesse dato inizio al classico siparietto col capitano Bogo, ma la conversazione poi si era saturata di toni pesanti ed il suo partner era stato ufficialmente richiamato e punito.
Era strano. Qualcosa di poco piacevole gli frullava per la testa, fra un orecchio puniceo e l'altro, ed il fatto che non la rendesse partecipe dei motivi di quel comportamento la preoccupava. E la indispettiva.
Dopotutto erano partner, no?
No?
Quel Nicholas Wilde, greve di introspezione e spessore psicologico, cozzava terribilmente con la maschera tronfia e spavalda che gli vedeva indossare ogni giorno.
Quel Nicholas Wilde, che aveva fatto del silenzio pesante il suo nuovo vessillo, non assomigliava per niente a quel Nick che con lei si confidava su tutto. O quasi.
Doveva parlargli, doveva sapere come aiutarlo, doveva...
<< Beh, Judy-non-deludi >> gorgogliò amareggiata abbandonando mollemente la testa sulla scivania, quasi avesse perso consistenza << Questi rapporti sicuramente non si compileranno da soli. >>
Scacciò dalla mente qualsiasi vermiglio pensiero come avrebbe fatto con un nugolo di mosche e riprese il lavoro là dove l'aveva interrotto... O, per meglio dire, mai iniziato.


<< Devi essere completamente uscito di senno, Wilde. >>
Il capitano Bogo, seduto alla scrivania del suo ufficio, osservava la volpe da sopra i suoi piccoli occhiali. Aveva proferito quelle semplice parole con una calma apparente mentre il suo corpo, in realtà, tradiva una certa, tesa rigidità.
<< Prima mi manchi di rispetto, poi piombi nel mio ufficio con un ridicolo numero di multe stilate >> e, per teatralità, gli sventolò sotto il naso il risultato cartaceo del suo vergognoso operato << Ed infine vieni da me elemosinando ferie o permessi come se te le meritassi? >>
Nick tese l'angolo sinistro del labbro in un pallido tentativo di sorriso sornione col solo risultato di esporre un paio di zanne affilate.
Il capitano, dal canto suo, giunse le mani e li posò il mento, scrutando l'altro come una bestia rara e leggendaria. << Ripeto: devi esserti completamente rincretinito. >>
<< Solo un paio di giorni. Non le chiedo altro, capitano Bogo. >>
Il bufalo roteò gli occhi e sbuffò pesantemente dalle narici, passando in rassegna un paio di fogli mal riposti sul piano laccato della scrivania.
<< Ribadisco che non posso. Guarda qui >> disse, indicando una zona specifica del documento che aveva in mano << Higgins è in congedo per malattia, Delgato non rientrerà prima di lunedì prossimo e Pennington è in maternità. Ho un distretto ridotto all'osso, una miriade di casi e tu pretendi due giorni di ferie? >>
Nick scrollò le spalle rassegnato. << Glieli sto chiedendo. >>
Bogo si incurvò sulla scrivania e prese a massaggiarsi gli occhi ridotti allo stremo dal protratto uso degli occhiali.
<< Siamo sicuri che si tratterebbe solo di due giorni? >>
La volpe assentì con un secco, unico cenno del capo.
<< E sia, dunque >> acconsentì infine il bufalo, che aveva trovato uno spiraglio di tranquillità in quell'affermazione << Almeno significherà averti fuori dai piedi per un po', e, soprattutto, spero che il tuo recente atteggiamento risenta di un'influenza positiva. Ora esci di qui prima che quei due giorni diventino un licenziamento. >>


Le scartoffie erano state accuratamente impilate sulla scrivania del capitano, le divisa giaceva ben riposta nell'armadietto e per quel giorno la lunga lista delle cose da fare di Judy Hopps era terminata.
Trotterellò serena verso l'atrio e lì si fermò per l'ultimo saluto al collega ed amico Benjamin Clawhauser.
<< Hey, Benny! Vado a casa. Ho finito per oggi. >>
Il ghepardo in sovrappeso staccò gli occhi dal cellulare e puntò l'arnese dritto in faccia alla collega; Judy, perplessa, buttò gli occhi sullo schermo brillante, là dove troneggiava una foto di Gazelle in compagnia di un aitante quanto fascinoso antilope.
<< Hai visto, Judy? >> cinguettò Benjamin in estasi << Gazelle ha trovato l'amore! >>
La lunga coda del mammifero vibrò insieme alla sua voce gorgheggiante sull'ultima parola pronunciata.
La coniglietta sorrise. << Sì, lo conosco. È un famoso calciatore. >>
Clawhauser trinse il telefono al petto e sospirò contento. << Sono così te-ne-ri. >>
Judy inforcò la porta accennando un ultimo saluto, ma il ghepardo, mal borbottando qualcosa fra un boccone e l'altro della sua ultima ciambella, la bloccò.
<< Judy? Sai perchè Nicholas ha insistito tanto per avere due giorni di ferie? >>
La zampa della coniglietta, alzata in un saluto sventolante, si bloccò a mezz'aria, la forma ovale assunta dalle sue labbra sottili a testimoniare il lieve stordimento che l'aveva colta.
Ferie?
Nick non gliene aveva parlato.
Anzi, ora che ci pensava bene, Nick quel giorno non le aveva parlato affatto.
Riguadagnò il bancone, guardinga. << Ha chiesto due giorni di ferie? >>
Benjamin assentì veemente col capo.
<< Pensavo lo sapessi >> cincischiò, sul volto l'espressione di chi teme di essersi fatto scappare un'informazione di troppo << Voglio dire... Sei la sua partner e la sua migliore amica: avrebbe dovuto dirlo a te per prima... >>
Il tono della voce di Clawhauser calò precipitosamente assieme alle orecchie argentate dell'agente Hopps.
Le zampe di lei si serrarono ferree sul bancone, gli occhi indaco, umidi, pizzicavano nella minaccia di un paio di lacrime improvvise. Una coniglietta emotiva colta alla sprovvista e negativamente stupita.
Prima non le dava cenni di vita per tutta la giornata, poi questo?
Non era da Nick. Quel non è da Nick era diventata la colonna portante dei suoi pensieri negli ultimi giorni.
Possibile che... Si fosse stancato della sua esuberante compagnia?
Una bestiolina fastidiosa iniziò a rodere le sue viscere, si fece strada nell'addome di Judy ed andò a raggomitolarsi nel suo petto, appesantendolo tanto da aggravarle il respiro.
<< Judy? >>
Si era dimenticata di dove fosse e, soprattutto, del suo interlocutore. Ben agitò impercettibilmente le fini vibrisse; gli capitava spesso quando cercava di captare qualcosa di nuovo nell'aria, strascico di un'eredità genetica vecchia di migliaia di anni.
<< Va tutto bene? >>
La coniglietta scrollò piano il capo arricciando le labbra in un ghigno. << Benone, Benny. >>
Con un ultimo cenno di saluto inforcò la pesante porta del distretto e si tuffò nella mite aria primaverile; dietro ai grattacieli, il sole stava lentamente morendo per lasciare spazio ad una nuova notte.
Ed ora?
Solitamente, dopo un lungo turno in centrale, era abituata ad intrattenersi con Nick per una cena in compagnia, forse un film al cinema oppure due passi per Savanna Central per poi fermarsi in qualche pub e ristorarsi con una birra. Spesse volte anche dopo il turno notturno, invece di prendere la vicendevole strada di casa per un sonno ristoratore, godevano della reciproca compagnia per una colazione frugale a base di ciambelle e caffè - << Decaffeinato, carotina: il tuo tenero cuoricino da leporide potrebbe esploderne. >>
La consapevolezza del vuoto che la scomparsa del suo partner aveva creato attorno a sé la investì come una secchiata di acqua gelida sul musetto fine.
Si strinse nella leggera giacca a vento – non che ce ne fosse bisogno, in verità – e nel debole tepore di quell'abbraccio solitario si incamminò verso la Residenza del Pangolino; un pasto al microonde ed una chiamata di routine in quel di Bunny Burrow la attendevano.


Sbloccò e ribloccò lo schermo del telefono qualcosa come una dozzina di volte.
Un paio di volte aveva avuto addirittura l'ardire di spalancare la casella dei messaggi ed abbozzarne un paio, ma con uno stizzito calcare della zampa aveva cancellato furiosamente le poche parole gettate a casaccio nella schermata nivea e vivida.
Avrebbe dovuto scriverle qualcosa... Ma cosa?
<< Ciao carotina >> tanto per cominciare, sarebbe stato appropriato.
E << Scusa >>. Anche quell'unica parola avrebbe dato un senso più che compiuto ad un'eventuale comunicazione.
E poi?
Con una certa teatralità Nick lanciò il telefono fra i cuscini del divano e si scarmigliò il folto pelo rossiccio fra le orecchie, imprecando.
Forse avrebbe dovuto chiamarla. Ma l'intavolare una conversazione con quella piccola furia dal pelo color luna avrebbe implicato anche il trapelare di informazioni che, almeno per il momento, avrebbe voluto tenere per sé, anche perchè conosceva troppo bene Judy per credere che si sarebbe potuta accontentare di qualche pavida giustificazione mal raffazzonata.
Che fare? Che fare?
Un ronzio proveniente dal divano lo scosse dalla sua posa drammaturgica: il telefono aveva cominciato a squillare.
Wilde si alzò e lo raccolse speranzoso: forse la stessa Judy aveva scelto per entrambi di dare cenni di vita per prima?
Ma la realtà era ben diversa. Lesse il nome che lampeggiava sullo schermo a caratteri cubitali e rispose mal trattenendo un mezzo ringhio goffo e gutturale.
<< Dimmi >>
Nick assentì un paio di volte col capo e serrò le palpebre sulle iridi smeraldo con fare pensoso.
<< D'accordo >> disse infine << Ne riparleremo meglio domani. Buonanotte. >>
Interruppe brusco la chiamata e si sedette sul divano incrociando le braccia al petto.
Il bailamme che lo circondava in quel soggiorno quasi spoglio di mobilio era grottesco: avrebbe dovuto dare una sistemata.
<< Nick, venendo da una casa abitata da decinaia di coniglio esagitati mi stupisco di come una sola volpe possa creare un simile disordine. >>
Sorrise a quel rimprovero che riecheggiò nella sua mente. Quella casa sembrò improvvisamente ancora più vuota senza la piccola Judy seduta sul divano con lui a guardare le televisione, o la Judy massaia che rassettava inutilmente un caos che nel lasso di uno schiocco di dita sarebbe tornato esattamente come prima.
Mancava quel batuffolo che aveva per coda, quelle lunghe orecchie che si animavano di vita propria dando moto ai suoi stati d'animo, quelle zampe energiche che trotterellavano serene da una stanza all'altra.
Forse aveva fatto male a distanziarla proprio in un momento come quello... Ma Nicholas Wilde non poteva esserci per nessuno, ora. Soprattutto quel Nicholas Wilde.
<< Forza, Nick: vai a dormire. >> gli consigliò la voce di Judy che abitava la sua testa, quella che da un anno era diventata come la sua coscienza. In certi momenti capitava anche che si domandasse << Che cosa farebbe Judy Hopps? >> e la risposta corretta arrivava da sola, un guizzo lampante chiaro come il sole.
La volpe abbozzò un sorriso. << Vado, carotina. >>


La giornata di Judy Hopps (la seconda slegata dal sodalizio con Nick Wilde) era trascorsa relativamente tranquilla al distretto. Si era occupata di un paio di casi di minore gravità con McHorn ed era stata piacevolmente sorpresa da un'inaspettata visita di Francine.
L'elefantessa, giunta all'ottavo dei suoi ventidue lunghi, estenuanti mesi di gestazione, le aveva sciorinato varie questioni di natura genitoriale che alla coniglietta sembravano distanti e lontane, quasi appartenessero ad un altro mondo, uno che non la riguardava affatto. Nella bolla di sapone che circondava Judy c'era spazio solo per la carriera e tanto le bastava.
Spesso, soprattutto in momenti vuoti di qualsivoglia occupazione, il pensiero di Nick s'insinuava nella sua mente e s'incatenava a doppia mandata alla parte più remota del suo inconscio.
Non un piccione viaggiatore, non un segnale di fumo, nessun segno di vita alcuno.
<< Ecco, vedi carotina? Proprio qui: in mezzo alla fronte: è lì dove ti verranno rughe profonde come fossi se non la smetti di aggrottare le sopracciglia a quel modo. >>
Quel cipiglio corrucciato la accompagnava da quando aveva posato le zampe fuori dal letto; spesso cercava di lisciare il pelo rado con l'ausilio delle zampe per cancellarsi quell'espressione dal muso, ma fintantoché non fosse riuscita a placare quella tempesta che si portava dentro ogni tentativo risultava vano.
Ultimati gli ultimi lavori da ufficio, lasciò la mise da agente e si affrettò all'esterno della centrale salutando Clawhauser con un ghigno, l'unico tipo di sorriso che riusciva a tirare da quarantotto ore a questa parte.
<<
Ciao, Judy. A domani! >> Rispose lui serafico agitando entrambe le zampe paffute in segno di saluto.
Una volta fuori, decise che avrebbe passato quella manciata di pomeriggio che le restava chiusa in un bar a sorseggiare birra alle carote. Cos'altro restava da fare ad una Judy Hopps scompagnata e spaesata?
Mentre affondava le zampe nelle ampie tasche del soprabito leggero, si stupì di come il concetto di tempo fosse radicalmente mutato quando non aveva un Nick Wilde selvatico a darle il tormento: le ore si dilatavano senza un senso logico e l'assenza di quella volpe mal raffazzonata ingorgava gli anfratti della sua mente senza nemmeno disturbarsi di chiedere permesso, spavalda e sicura di sè.
L'assenza di Nick era il riflesso stesso di Nick. Le riempiva il tempo subdola e questo proprio non le andava giù.
Scansando parecchi mammiferi affaccendati su e giù da quel marciapiede logoro, arrivò infine a Savanna Central e li si fermò prediligendo un bar dove non era mai stata piuttosto che quello dove era solita andare con Nick.
<< Eh no, Judy Hopps >> si era caldamente raccomandata durante la ponderata decisione << Meglio optare per qualcosa che non ti faccia tornare in mente che da ben due giorni non si degna di dare cenni di vita. >>
Guadagnò l'entrata ad ampie falcate e prese posto accanto alla vetrata che si affacciava sulla piazza brulicante di vita mammifera.
A mezza voce ordinò una birra piccola alla spina e si concentrò su quello squarcio impressionista che le si parava dinnanzi. Nella sua staticità, tutti quei mammiferi che si muovevano diretti verso mille direzioni ignote sembravano trotterellare molto più velocemente di quanto in realtà non facessero, cozzandosi ed ignorandosi in quel soleggiato pomeriggio di metà aprile.
Per passare il tempo cercava di inventare una breve storia fantasiosa sul vissuto di alcuni animali pittoreschi che la colpivano fra quella folla cercando spunti per la fitta trama fra i vestiti che indossavano e l'espressione che avevano dipinta in viso, ma questo gioco ebbe breve durata perché una voce alle sue spalle, qualche tavolo dietro di lei, richiamò insistentemente la sua attenzione.
Avrebbe potuto riconoscere quella voce ovunque: era Nicholas.
Si voltò, guardinga, e notò con un mezzo sospiro che le dava le spalle; era impegnato in una concitata conversazione con qualcuno che non riusciva ad intravedere data la posizione appartata del tavolo a cui era seduto, nascosto quasi per metà da due fioriere colme di grotteschi fiori di plastica.
Normalmente Judy si sarebbe alzata, lo avrebbe raggiunto e gli avrebbe piantato una scenata in fiero stile Hopps riguardo al suo bizzarro comportamento degli ultimi giorni. Ma non lo fece, e neppure lei sapeva il perché.
Una sensazione strana le formicolò la spina dorsale e qualcosa che lei amava definire il suo quinto senso e mezzo* le disse di aspettare, che c'era qualcosa di più in quel frangente di uno stupido Nicholas Wilde intento a goliardeggiare in un bar di terza categoria. E quel qualcosa di più, lo sentiva, era l'altro partecipante di quella conversazione che ancora era celato ai suoi occhi.
Strinse con forza il bicchiere di birra scura fra le zampe e serrò gli occhi nel tentativo di acuire il senso dell'udito: forse, pensava, sarebbe stata in grado di sentire cosa si stavano dicendo di così importante.
Ma non ci riuscì: il vociare chiassoso degli avventori del locale copriva qualsiasi parola i due potessero pronunciare.
La soluzione più semplice era palese: manifestarsi in toto davanti ai suoi occhi, dalla punta scura delle lunghe orecchie ai piccoli artigli poco efficaci delle zampe posteriori, ma era ancora ancorata a quella seggiola consunta senza la minima intenzione di schiodare da lì.
Un magone strano la investì e lei schioccò la lingua contro il palato infastidita.
Voleva sentire cosa stesse facendo ma al contempo non desiderava che Nick lo venisse a sapere. Voleva forse... S
piarlo?
Ne aveva bisogno?
Sbilanciò di un poco il peso in avanti ed inclinò il busto verso il bordo del tavolo con circospezione: Nick da quella posizione non avrebbe potuto vederla, ma lei sarebbe stata in grado di conoscere l'identità della sua compagnia.
E, non appena la misteriosa figura entrò nel suo campo visivo, qualcosa dentro Judy si spezzò.
Seduta di fronte a Wilde troneggiava austera un'altra volpe di sesso femminile.
Era bellissima: il pelo folto e vaporoso di un rosso sfavillante, vestita con ricercatezza nei particolari, un trucco leggero a sottolineare i tratti del suo volto serio e, tuttavia, di una sconfinata dolcezza.
I muscoli di Judy si irrigidirono e la costrinsero nella posizione iniziale.
Quindi il motivo del suo comportamento era...
Questo?
La coniglietta sentì l'irrefrenabile impulso di alzare i tacchi e prendere la porta del locale il più velocemente possibile e nella più totale riservatezza, ma, d'altra parte, un secondo desiderio, più pressante del primo che le era balenato in mente, la investì con una violenza a lei sconosciuta.
Se prima aveva interesse nel sapere cosa quei due si stessero dicendo, ora aveva l'urgenza e la necessità di venire a conoscenza dell'andazzo della loro conversazione.
Indagò con occhi vigili, le pupille dilatate ed il nasino che tremava senza sosta sotto la nuova pesantezza del suo respiro corto: poco più avanti, sulla destra, un tavolo vuoto poco distante da quello dove Nick era seduto sembrava chiamarla come l'ammaliante canto di una sirena seduceva i marinai fino a trascinarli nell'oblio.
Batté le zampe un paio di volte sulle ginocchia e lasciò vagare lo sguardo nel vuoto, a disagio. Quello che voleva fare era sbagliato e senza senso, ma il bisogno di farlo la faceva sentire strana, come se il suo stesso pelo avesse iniziato a starle scomodo e stretto.
Si concesse un paio di altri minuti nell'incertezza ed infine si alzò, le gambe che si muovevano silenziose in una data direzione ancor prima che il suo cervello desse ai loro nervi l'impulso di farlo.
Si sedette in silenzio, acquattò le lunghe orecchie tremanti e nascose alla bell'e meglio il musino nel bavero della giacca; nel dubbio si schermò dietro al menù plastificato ed unto del bar che le sciorinava davanti i peggio piatti della peggio tavola calda.
Le sue orecchie vibrarono ancora nel tentativo di carpire frammenti della conversazione, un'iride viola spavalda sporgeva oltre il menù per guardarli.
Nick lisciava distrattamente la punta della cravatta con le dita, le sue orecchie erano basse e lo sguardo fisso sul tavolo laccato che lo separava dalla sua piacente interlocutrice; l'altra volpe, invece, lo fissava con insistenza, le mani avvolte attorno alla tazza di tè di porcellana bianca.
Judy si dava mentalmente della stupida ma, nonostante tutto, non aveva la minima intenzione di muoversi da lì.
<< Sei stata tu ad andartene >> azzardò Nick, un guizzo di disagio nei suoi occhi verdi << Mi hai lasciato indietro come una cosa indesiderata. >>
L'altra alzò gli occhi al cielo. << Sai benissimo che non è cosi. >>
<< Vorrei sapere com'è, allora... >>
La volpe allungò un braccio verso Nick e gli carezzò dolcemente il dorso della mano, su e giù, su e giù, con una lentezza esasperante. Wilde, dal canto suo, calò le palpebre sulle iridi smeraldine e sussurrò qualcosa che Judy non capì; non si ritrasse a quel contatto inaspettato: sul suo volto troneggiava un'espressione serena, come se avesse atteso
quello per tutta una vita.
Quello che fece più male a Judy non fu il gesto della volpe, ma il fatto che Nick sembrasse bearsi di quell'attenzione cosi intima.
Da che lo conosceva, lei credeva di essere stata l'unica a potersi avvicinare a lui in maniera così personale... Possibile che non avesse minimamente preso in considerazione l'idea che Nick potesse avere delle altre femmine?
Possibile che fosse stata così
ottusa?
Un disagio a lei completamente sconosciuto la colse imprevisto; quella creaturina fastidiosa che aveva nidificato nel suo petto due giorni prima sembrava avesse cominciato a guizzare sotto la sua pelle facendola fremere di un ardore completamente estraneo a Judy Hopps.
La volpe ritrasse la zampa, ricongiungendola in grembo all'altra appena sotto il tavolo.
<< Sei già andato? >> Domandò infine guardando lontano.
Nick fece una smorfia. << Non ancora. >>
<< Capisco. >>
I retroscena di quella conversazione erano completamente oscuri a Judy, a quella Judy che ora lottava inconsciamente per cancellare l'immagine di quella carezza che la sua mente aveva registrato; sembrava quasi ci godesse il suo cervello a premere i tasti
rewind and play per riproporgliela davanti agli occhi più e più volte.
La coniglietta scosse il capo, indispettita.
<< Nicholas, io dovrei... Sai... >> disse la donna lanciando un'occhiata distratta all'orologio che le impreziosiva il polso.
Wilde si levò e porse il suo aiuto all'altra. << Si, lo so. Lo so. >>
La bella volpe strinse Nick in un abbraccio sincero che lui ricambiò con tristezza.
Poi, con un impercettibile scatto del viso, lei lappò la sua guancia destra con la lingua ruvida, un ultimo gesto di commiato, e se ne andò.
Se l'aver intravisto quella carezza aveva scosso l'animo di Judy, quell'ultimo gesto di affetto semplicemente la pietrificò.
Un tarlo le rosicchiava la base del capo e gli occhi improvvisamente cominciarono a pizzicare, minacciando di dirompere in una cascata di lacrime di cui, esattamente, non conosceva il motivo.
Desiderò essere inghiottita dalla terra e finire il resto dei suoi giorni nel bollente ventre del pianeta.
Cercò di sgusciare via da quel posto, sperando che quest'atto di vile fuga avrebbe lasciato dietro di sè anche quella pesante sensazione a lei estranea dimenticandola lì, su quella seggiola di legno di terz'ordine, ma una voce,
quella voce, la fermò.
<< Carotina. Puoi avvicinarti, se vuoi. >>
Nick non la guardava; lo sguardo era rivolto a quella sedia vuota davanti a lui.
Judy si sentì infinitamente cretina: dunque lui sapeva che si trovava lì?
<< Ho sentito il tuo odore da quando sei entrata qui dentro. >> Le disse come per risponderle, voltandosi verso di lei << Coniglietta ottusa, sono una volpe ricordi? >>
Judy calò il menù e si mostrò in tutta la sua vergogna; non ricordava di essere mai stata tanto imbarazzata in tutta la sua vita.
Avrebbe voluto dirgli qualcosa, forse trovare una scusa, ma l'immagine di quel bacio a fior di pelle ancora le rabbuiava i pensieri rendendoli poco nitidi. Le parole che elaborava nella mente faticavano a trovare la strada verso la lingua, forse si perdevano fra la foschia della sua mente.
Nick le si avvicinò e la fissò languido.
<< Cos'hai sentito? >>
Judy gonfiò le guance arrossate e distolse lo sguardo da quella volpe truffaldina.
<< Non ho sentito quasi niente, se è questo che ti disturba>> sbottò, la voce più rotta di quanto non desiderasse il suo amor proprio << Non volevo dare fastidio a te ed alla tua fidanzata, volevo solo... >>
Già. Cosa voleva? Non lo sapeva nemmeno lei, e questo la infastidiva. Fin da bambina era sempre stata sicura di cosa il suo cuore intrepido e sognante desiderasse, mentre adesso non si capacitava di niente di quello che le stava accadendo.
Nick sobbalzò appena e sorrise enigmatico. << La mia... Fidanzata? >>
<< Oh, lascia perdere! >>
Judy borbottava peggio di una teiera e questo scatenava l'ilarità della volpe che aveva davanti.
<< Non mi interessa, nè oggi, nè mai >> mentì spudorata lei << Anzi, stavo per andarmene a casa, quindi... >>
<< Se non ti interessa, perchè ti sei data tanto da fare per spiarmi? >>
Judy lo guardò sorpresa; i due occhioni indaco ridotti a due fessure che vomitavano rabbia ed imbarazzo. << Io non ti stavo spiando! >>
Nick rise ancora, e questo la fece andare fuori di testa. Si alzò con l'intenzione di lasciare quella volpe interdetta alle sue mansioni, ma lui la trattenne per una zampa.
<< Carotina, aspetta. >>
Lei ritrasse la mano con diffidenza; quella zampa era
la zampa, quella che fino a poco fa era avvolta dal tepore di quell'altra, bellissima volpe.
<< Che cosa vuoi? >>
Nick le sorrise appena, implorante. << Vieni con me in un posto. >>
Judy lo fissò guardinga.
<< Ti prego >> insistette l'altro << È importante. Giuro che ti spiegherò tutto. >>
Non seppe se furono il suo sguardo abbattuto o la promessa di spiegazioni al riguardo, ma la coniglietta non fece in tempo a capacitarsi di rispondere
che già lo stava seguendo sul tram verso una zona di Zootropolis che non conosceva.
Stavano lasciandosi l'affollato centro alle spalle mentre il sole lentamente terminava il suo ciclo dietro ai palazzi che svettavano alti frastagliando l'azzurro del cielo.
Non si dissero una parola per tutto il viaggio, nonostante Judy avesse da dirgliene di tutti i colori; fu lo sguardo insolitamente spento della volpe a farla desistere dal suo intento.
Scesero molte fermate più avanti accanto ad un'imponente costruzione di mattoni rossi che permetteva l'entrata tramite un enorme cancello in ferro battuto. Quando la coniglietta realizzò che si trattava di un cimitero, il suo cuore accelerato perse un battito.
Nick le fece cenno di seguirla e lei camminò alle sue spalle a due passi da lui mantenendo un silenzio sacrale per rispetto di coloro che lì riposavano e dei loro prossimi in visita.
Arrivarono davanti ad un piccolo loculo - caratteristica necessaria per la numerosa popolazione della città - e lì si fermarono l'uno accanto all'altra.
Il marmo rovinato dalle intemperie e dal corso degli anni sembrava in un completo stato di abbandono.
Judy lesse a mente il nome del defunto che lì dimorava: John Piberius Wilde.
Che si trattasse di...?
<< Ciao, papà... >> sussurrò appena la volpe fugando ogni dubbio nella testa di lei.
Nick carezzò leggermente il marmo e la vecchia foto che ritraeva una volpe sorridente, e continuò. << Sono venuto a trovarti con una collega, Judith Laverne Hopps. >>
Judy, spaesata, non seppe esattamente cosa dire.
<< Beh, lei è molto più di una collega per me. Ma lo sai. Te ne ho già parlato. >>
Nick continuava a parlare con suo padre a cuore aperto, come se lei non si trovasse accanto a lui e questo la lusingava: stava prendendo parte ad un momento molto intimo della vita di Nick, una questione a lei ancora del tutto sconosciuta.
La volpe parlava a ruota libera della centrale, della nuova vita da poliziotto, di
lei, e Judy ascoltava con aria trasognata ed il cuore traboccante di un sentimento che stava riscaldando le sue membra fino all'appendice più estrema del suo corpo. I motivi per cui era in collera con lui parevano essere stati momentaneamente cancellati.
Una volta che Nick se la sentì, i due lasciarono la tomba alle loro spalle e si diressero piano fuori dal cimitero per raggiungere la fermata del tram più vicina e tornare verso casa.
Si fermarono sul marciapiede fianco contro fianco e lì rimasero, stranamente stanchi ed intorpiditi. Era stata una giornata spossante sotto molti punti di vista per entrambi.
Il silenzio che si era venuto a creare fra i due era talmente denso che a Judy sembrava di poterlo toccare con la zampa, quasi potesse lasciarle una sensazione fastidiosa e viscosa fra le dita.
Scrollò leggermente le spalle e si inumidì le labbra sottili per parlare, ma Nick la precedette.
<< Oggi ricorre l'anniversario della morte di mio padre >> mormorò appena guardando lontano << sono passati ventidue anni. Di lui ho solo ricordi sbiaditi e confusi. Non sono stati giorni particolarmente sereni per me... Credo di doverti delle scuse, Judds. Per il mio recente comportamento... per tutto. >>
La coniglietta lo afferrò per una spalla costringendolo a voltarsi verso di lui. << Non devi chiedermi scusa, Nick: io dovrei. Non ti ho chiesto nulla quando avrei dovuto interessarmi di cosa ti stava accadendo. Perdonami. >>
Nick le sorrise mesto. Nascose il muso vermiglio nell'incavo del collo di lei, là dove il pelo era terribilmente morbido, e le cinse le spalle in un abbraccio ricco di dolore.
Il cuore di Judy, stretta in quella piacevole morsa, galoppava felice verso chissá quali lande remote; ricambiò la stretta, decisa ed un po' goffa.
Sapeva che lui poteva sentire l'incremento del suo battito cardiaco pulsarle nella gola, ma non le importava: quell'unico abbraccio spazzava via ore ed ore di sofferenza tremenda lasciando una dolce quiete dietro di sè.
Stettero così, come immortalati in una fotografia, per un lasso di tempo infinito, ma la posizione non divenne mai scomoda per nessuno dei due.
Nick bofonchiò qualcosa contro il suo collo, il suo alito caldo a lambirle il pelo rado. << Quella volpe con cui mi hai visto oggi... >>
Ecco, pensó Judy, ci siamo. La verità: quella sì che stava diventando scomoda.
<< Quella volpe... È mia madre. >>
A Judy venne in mente quella volta che Stu la caricò sul pick up alle cinque del mattino per una piccola escursione verso Borghetto, nella contea dei cervi. Si erano portati uno zaino carico di provviste, beni di prima necessità e quant'altro il coniglio avesse ritenuto necessario per quella gita fuori porta. Aveva portato quel pesante fardello sulla schiena per una camminata di miglia e miglia fino a che, giunti in riva ad un laghetto, suo padre le aveva dato il permesso di scaricare la zavorra dalle spalle e riprendere fiato. Ricordò quanto si sentì leggera una volta buttato il pesante zaino sul terreno umidiccio del sottobosco.
In quel momento, davanti a quella fermata del tram, a Judy sembrò di essersi tolta quello zaino per una seconda volta. Un peso mastodontico di cui non conosceva l'entità scivolò lungo la sua schiena, percorse la linea delle gambe e si diramò nel freddo cemento sotto le sue zampe lasciando una scia di brividi dietro di sè.
Era una
buona sensazione. Non la capiva appieno, ma era buona e si sentiva bene.
Nick non sembrò accorgersi dei suoi muscoli che si rilassavano, delle sopracciglia aggrottate che si distendevano dando al suo volto una nota di serenità.
Forse però si accorse del flebile gemito che le scappò dalle labbra, un rantolo che assomigliava ad un'esternazione di sollievo, perché la strinse più forte, quasi a volerla inglobare appieno nel suo folto pelo rossiccio.
<< Non parliamo più molto >> continuò la volpe << Forse è stata colpa mia, forse sua, forse di entrambi. È passato così tanto tempo che neanche lo ricordo. >>
Judy non disse nulla. Non c'era nulla di giusto che potesse dire in quel momento. Stettero così per un lasso di tempo infinito, fino a quando Nick non si erse in tutta la sua altezza ed arricciò le labbra in un ghigno.
<< Oggi sono io la volpe emotiva. >> Borbottò a mezza voce, un filo di ironia a nascondere il leggero imbarazzo.
Judy sorrise ed il primo istinto fu quello di colpirlo con un amorevole buffetto in piena spalla, ma un brusco cambio d'idea le contorse i pensieri. Si alzò sulla punta delle zampe e lasciò una breve lappata là dove prima un'altra volpe aveva posato la sua, cancellando con un breve colpo di lingua una sensazione spiacevole così come un colpo di spugna ben assestato toglie una macchia ostinata.
Era
roba sua, quella. Quella stupida volpe, il suo mantello rossiccio, le sue cravatte e le sue camicie dalle tinte idiote... non sapeva in quale veste, ma si trattava di una sua proprietà. Forse avrebbe dovuto indagare più a fondo in quel frangente, chiedersi che cosa stesse a significare, ma sul momento si accontentò di riappropriarsi di un suo privilegio, rimettere in gioco le sue priorità.
Judy lo poteva abbracciare, Judy lo poteva torturare e, da quel momento in avanti, Judy avrebbe potuto baciarlo. Judy e solo Judy.
Era il ragionamento contorto di un cucciolo geloso del suo giocattolo, la coniglietta lo sapeva bene, ma c'era sotto qualcos'altro, un prurito che non sapeva bene come alleviare.
In ogni caso, per il momento le andava bene così e tanto le bastava.
Lanciò una fugace occhiata al volto di Nick, che stava allegramente testando varie tonalità di cremisi, ed infine decise di concentrare l'attenzione su un punto qualsiasi davanti a sè, così imbarazzata da essere incapace di proferire parola alcuna.
<< Carotina... >> bisbigliò la volpe inginocchiandosi a terra e raccogliendo le zampe all'altezza del petto << Il mio povero cuore. Io ormai ho una certa età: vuoi forse farmi venire un infarto? >>
Judy rise di gusto. << Può essere, Piberius. >>
Con un gesto così naturale da sembrare quotidiano, Nick le cinse le spalle in un goffo abbraccio e la coniglietta posò il capo sul suo petto beandosi di un calore che era mancato per troppo tempo.
Serrò le palpebre sulle iridi indaco ed inspirò il suo profumo selvatico riempiendosene i polmoni; aveva un che di diverso quel giorno, ma forse era solo lei a percepirlo tale.
<< Judds? >>, sussurrò appena Nick e sentì le orecchie basse di lei fremere contro il suo braccio.
<< Mh? >>
Lui sorrise rinforzando la presa sulle sue piccole spalle, avvicinandola a sè più di quanto fosse stato lecito nei giorni precedenti.
<< No, niente... >> rispose, un'insicurezza nella voce tremante per un'emozione tutta nuova << Te lo dirò prima o poi. Ma solo se farai la brava coniglietta. >>
Judy rise di nuovo, gli occhi ancora chiusi, le spalle rilassate sotto la sua presa gentile. << Che volpe ottusa. >>

E rimasero lì, abbracciati, ad aspettare un tram in ritardo senza che nessuno dei due se ne lamentasse.






Err... Ebbene l'ho fatto: ho pubblicato questa cosa.
Ci vuole coraggio ed ardore nella vita, ammettiamolo ahahah!
Se siete giunti fino a qui vi ringrazio di cuore. Per me significa tanto <3
Grazie mille per aver dato una letta a questa cosa.
Ah, vero ^-^'' ho messo un asterisco e me ne stavo dimenticando! La storia del quinto senso e mezzo l'ho rubata a Dylan Dog, uno dei miei fumetti italiani preferiti!  Sono svanita come una bottiglia di Coca-Cola aperta da quattro giorni -.-'
Alla prossima (sempre se vi va!)
Un abbraccione <3
   
 
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