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Autore: Gemini_no_Aki    09/12/2016    1 recensioni
Le persone dicono sempre che il tempo guarisce ogni ferita, Mick si era sentito ripetere quella frase talmente tante volte che aveva finito con l’ignorarla. Perché era una bugia. Non era vero che il tempo guariva ogni cosa, le ferite non svanivano mai del tutto, restavano lì, impresse come marchi sul suo corpo, nel cuore che aveva chiuso al mondo prima ancora di rendersene conto, in quell’anima in cui non credeva veramente, bruciata anch’essa dal fuoco.
[Pre 2x08]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Leonard Snart, Mick Rory
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Time Will Heal



Le persone dicono sempre che il tempo guarisce ogni ferita, Mick si era sentito ripetere quella frase talmente tante volte che aveva finito con l’ignorarla. Perché era una bugia. Non era vero che il tempo guariva ogni cosa, le ferite non svanivano mai del tutto, restavano lì, impresse come marchi sul suo corpo, nel cuore che aveva chiuso al mondo prima ancora di rendersene conto, in quell’anima in cui non credeva veramente, bruciata anch’essa dal fuoco. Il tempo non aveva mai guarito nulla, al contrario, aveva congelato ogni ferita in modo che ovunque si voltasse, su qualunque superficie riflettente, Mick avrebbe potuto vederle. E ricordare. E Mick le odiava tutte, dalla prima all’ultima, anche quelle che diceva di apprezzare, era così facile mentire. Len era l’unico capace di leggere tra le righe, l’unico in grado di vederlo davvero, Len non gli aveva mai detto che il tempo guariva tutto, che le cose sarebbero cambiate in meglio, Len le aveva cambiate. E ora se n’era andato.

 
«Il fuoco è rinascita.» Non si aspettava che qualcuno lo stesse ascoltando, Len era chino sulla planimetria di un qualcosa che in quel momento gli sfuggiva, il loro prossimo colpo in ogni caso, Mick fissava il fiammifero che si estingueva sulle sue dita troppo velocemente, una vita così effimera e nel contempo così calda e brillante nella penombra. Le bruciature sul suo corpo erano ancora rosse, guarivano lentamente e bruciavano ogni volta che si infilava una maglia o si copriva.
«Tutti quegli strizzacervelli non lo capiscono. Dicono che è solo un meccanismo di difesa che ho preso quando ho perso la mia famiglia.» Si pulì le mani dalla cenere del fiammifero sui pantaloni. «Non hanno capito che sono stato io a ucciderli. Che il fuoco è sempre stato parte di me, anche prima.» Accese un altro fiammifero e lo avvicinò alla scatola aperta che aveva nell’altra mano, una minima scintilla e l’intera scatola si sarebbe incendiata in un colpo solo. Mick ghignò.
«Non ti conoscono.» La voce lo sorprese, ma ancora di più lo sorprese la mano che si chiuse sulla sua. «Il fuoco ha mostrato al mondo quello che sei e loro non vogliono vedere.» Non si aspettava che Len lasciasse perdere la sua preziosa planimetria per quello, per lui. «Io, al contrario, l’ho sempre visto.»
La scatolina non prese fuoco e il fiammifero si estinse sulle sue dita come gli altri ma in quel momento il fuoco era passato in secondo piano, Snart aveva fatto quella strana magia che sembrava riuscirgli sempre così bene, aveva quietato il fuoco e i suoi pensieri lasciandolo in uno stato di completa calma che Mick apprezzava più di quanto ammettesse. Non durava mai molto, ma quel che seguiva non era mai distruttivo come lo sarebbe stato in teoria.
 
La maschera era crepata quando Mick si guardò allo specchio al mattino, o qualunque ora fosse nello spazio, una crepa che scendeva sottile lungo il volto e lasciava intravedere il nulla sotto di essa, chiuse gli occhi stringendo il bordo del lavandino con le mani e inspirò profondamente. Quando li riaprì la crepa stava sbiadendo lentamente fino a svanire, grugnì con tono basso e lasciò il bagno e la stanza senza più voltarsi verso la sua immagine riflessa. Quel rituale, così semplice, quasi infantile, assolutamente indispensabile, lo ripeteva tutti i giorni da quando avevano distrutto l’Oculus, era tutto ciò che gli permetteva di restare intero, di non mostrare nulla di quello che era. Di non mostrare il nulla che era.
Aveva pensato che forse, finalmente, facesse parte di quella squadra, nonostante quello che era accaduto, nonostante Chronos, nonostante il fuoco, nonostante tutto. Più i giorni passavano, più il ricordo del sacrificio si allontanava e meno sentiva di appartenere veramente in quel luogo, quella nave temporale, quegli eroi. Era tardi per tornare indietro, tardi per prendere la navetta e tornare nel 2016, per cosa poi? Non apparteneva più nemmeno a quel tempo, non c’era nulla che lo aspettasse, nessuno desideroso di vederlo tornare, di certo non Lisa. Era solo, con la sua maschera ogni giorno più crepata, con due pistole opposte e gemelle, un accendino che presto si sarebbe scaricato e un anello che, diavolo, non doveva avere lui. Era tutto sbagliato e non c’era modo di sistemare le cose, non poteva tornare indietro a salvarlo, non poteva andare avanti, il peso che ormai gravava su di lui si faceva ogni giorno più opprimente, poteva solo restare fermo, in stallo in attesa di un cambiamento che non sapeva se sarebbe mai arrivato.
«Non posso.» La fiammella dell’accendino era immobile davanti a lui, non ondeggiava e non rispondeva. «Non posso farlo.» La crepa si era diramata in due spezzando la maschera in tre parti, una di quelle diramazioni già mostrava segni di cedimento, presto si sarebbe rotta anch’essa e ripararla ogni mattina sarebbe stato sempre più difficile. «Non posso farlo da solo.» Aveva smesso di sperare che qualcuno si accorgesse di quello, che qualcuno notasse quel che c’era di sbagliato, ma tutti erano troppo presi dai loro problemi; come biasimarli, cambiare il passato anche solo di poco può avere conseguenze disastrose, di certo non incolpava il professore di questo, e nemmeno il ragazzino che cercava di aiutarlo. E non incolpava nemmeno Palmer, non quando la sua armatura era praticamente l’origine del suo essere un eroe, falso ma l’uomo la pensava in quel modo. O il nuovo arrivato alle prese con dei poteri che se fosse rimasto a casa quel giorno non avrebbe mai acquisito, e Mick sarebbe ancora in stasi probabilmente. O le due donne della squadra, entrambe in cerca di vendetta contro due uomini potenti e pericolosi. No, Mick non li incolpava di non vedere la verità dietro ogni parola, dietro ogni mugugno, dietro ogni tentativo di rissa o di incendio. Ma non negava che almeno all’inizio lo avrebbe voluto. Magari gli avrebbero detto che il tempo cura ogni ferita ma avrebbero notato. Ma loro non erano Snart e nulla aveva più veramente senso. La fiammella si spense davanti a lui senza che i suoi occhi la vedessero davvero e il buio lo avvolse confortandolo nel suo silenzio come un vecchio amico.
La maschera era crepata in cinque parti, l’aveva riparata come al solito quando si era svegliato ma c’era un buco che non voleva proprio scomparire, si era formato dove tre crepe si incontravano e un pezzo di maschera era saltato via, sapeva che era solo questione di tempo prima che accadesse. Eppure nessuno lo notò, nessuno colse la rassegnazione nelle sue azioni mentre Ray disinnescava la bomba, e le bottiglie di birra si accatastavano attorno alla poltrona su cui si addormentava normalmente.
Le crepe erano sette, il buco si era allargato, aveva una cassa coperta di esplosivo in una miniera e l’accendino che avrebbe innescato la detonazione stretto in mano, aperto vicino alla miccia. Tutto ciò che la sua mente riusciva a mettere insieme in quel momento era il desiderio di vedere il fuoco da vicino ancora una volta, non la fiammella controllata dell’accendino, non quella più libera della pistola lanciafiamme, no. Voleva un fuoco come quello che lo aveva quasi distrutto. Voleva che il fuoco finisse quel che aveva iniziato. Invece alla fine della giornata si ritrovava di nuovo nella sua stanza, sempre più piena di oggetti e cose inutili, come a voler occupare il vuoto che si era creato. L’accendino era aperto sul tavolo, la fiammella danzava lentamente davanti ai suoi occhi, la bottiglia di birra non era la prima che beveva e probabilmente non sarebbe stata l’ultima. Il buco nella maschera si era tramutato in un peso che sostava sul suo petto, che avvolgeva il cuore in una morsa e affogava ogni pensiero finché non gli restava altro da fare se non galleggiare nel nulla. Allungò lentamente, quasi meccanicamente, la mano sopra la fiamma, lasciò che il calore avvolgesse il centro del palmo, che la pelle bruciasse, non si aspettava di provare dolore, una cosa così piccola non faceva più male da molto tempo, se doveva essere sincero non dava nemmeno il sollievo che avrebbe dato all’inizio, era più un’abitudine. Malata, avrebbero detto tutti, ne era ben più consapevole di quanto non credessero, ma non avrebbero mai compreso perché fosse così indispensabile, come il nascondere le crepe sul suo viso ogni volta.
 
«Devi smetterla, Mick.» Len tolse con uno scatto l’accendino dalle sue mani portando su di sé l’attenzione che fino a quel momento aveva avuto la fiamma, Mick ghignò sfregando la mano sui pantaloni, il dolore era scomparso nel momento in cui l’accendino gli era stato tolto, restava solo un vago calore che presto sarebbe svanito anch’esso.
«Non ti fa bene.» Snart era serio, aveva aggrottato le sopracciglia e parlava con voce gentile, non nascondeva la preoccupazione quando erano solo loro due. Posò l’accendino sul tavolo basso alle sue spalle e si accucciò davanti a Mick, i suoi movimenti erano perfettamente calcolati, come se si fosse scritto e avesse imparato a memoria come farli, posò le mani sulle sue tirandole verso di sé e baciandogli piano il palmo.
«Non ti serve il fuoco, non ti serve farti del male. Puoi aggrapparti a me quando senti che stai andando a fondo.» Mick si accigliò a quelle parole, era davvero andato così a fondo, per usare i termini del compagno, da costringerlo a dire qualcosa del genere? Len si lasciava andare a qualcosa di simile al sentimentalismo solo con Lisa e quando lui si perdeva in modo veramente molto, molto, brutto. Aveva davvero superato il limite quella volta?
«Ti trascinerei a fondo con me.» Oh, lo aveva superato eccome, se ne rese conto nel momento in cui aprì bocca, quando la voce uscì debole e avvolta da una tristezza che aveva sempre tentato di tenere il più lontano possibile da Snart, e da chiunque. Len avvicinò ancora le labbra alle sue mani e Mick avrebbe tanto voluto allontanarle, incerto se meritare o meno quel gesto così gentile e intimo. Ma non lo fece.
«A differenza tua,» E sottolineò quelle parole con un sorriso alzando gli occhi fino ad incrociare i suoi. «si dà il caso che io sia un eccellente nuotatore, e tu non sei così pesante come pensi di essere.» Mick sbuffò leggermente distogliendo lo sguardo, Len lasciò una mano per posargliela sul volto e farlo girare nuovamente verso di lui. «Tu non devi far altro che aggrapparti.» Mick sembrò rifletterci qualche istante prima di abbassarsi verso di lui senza una parola, la voce lo avrebbe certamente tradito ben più velocemente che le azioni, e nascondere il viso nell’incavo del suo collo mentre le mani di Len si posavano sulla sua schiena e lo tenevano saldamente. Non era la posizione ideale né la più comoda ma non disse nulla, continuò semplicemente a tenerlo stretto, ancorato alla realtà ancora una volta. Non era la prima e non sarebbe stata l’ultima, Mick non sapeva quando sarebbe accaduto di nuovo, quanto brutto sarebbe stato, ma Len era lì ogni volta a rimettere a posto i cocci prima che il fuoco e l’oscurità lo divorassero completamente.
 
Soprattutto in quel momento, soprattutto ora che la sua unica ancora era morta per salvarlo. Soprattutto ora che Len non era più con lui.
Il fuoco aveva perso la sua attrattiva più velocemente di quel che Mick avrebbe voluto, al suo posto la bottiglia contenente un qualche alcolico di cui Mick non aveva mai sentito parlare si faceva sempre più invitante. Probabilmente il mattino seguente non l’avrebbe più pensata in quello stesso modo ma in quel momento non aveva importanza, tutto ciò che contava era mettere da parte i ricordi. allungò una mano e si portò la bottiglia alle labbra.
 
Leonard si muoveva silenzioso come un fantasma. Aveva convinto Gideon a non informare nessuno della sua presenza, che aveva bisogno di tempo per pensare a quel che era accaduto. Era una bugia e una parte di lui sapeva che l’AI non gli aveva creduto ma lo aveva comunque assecondato per chissà quale ragione. Fece scorrere la mano sul pannello accanto alla stanza in cui era certo di trovare Mick ed entrò chiudendo alle sue spalle la porta. Aveva controllato prima nella loro camera trovandola innaturalmente ordinata e ovviamente vuota. Con un piede fece rotolare via dalla sua traiettoria una bottiglia di birra abbandonata a terra e si avvicinò alla figura profondamente addormentata. Ai suoi occhi Mick sembrava improvvisamente invecchiato, le occhiaie erano più scure e marcate e Len riusciva a contare minimo cinque nuove cicatrici. Era tutto sbagliato. Esitò un istante prima di sfiorargli il volto in una carezza.
«Non ti meritano.» Disse in tono sommesso per non rischiare di svegliarlo anche se a giudicare dalle bottiglie abbandonate non c’era quel pericolo. «Credevo di proteggerti e sono diventato la tua condanna.» Lasciò scorrere la mano sulla catena al suo collo, sollevò l’anello da cui Mick non si separava mai, se lo rigirò tra le dita prima di posarlo nuovamente contro il suo petto, nascosto dalla maglia grigia.
«Ma ora sono qui. Sono tornato.» Si chinò su di lui, l’orologio al suo polso diete un flebile BIP informandolo che il tempo a disposizione stava scadendo e doveva andarsene di lì. «Sii paziente ancora un po’. Sopravvivi ancora un po’, per me.» Gli sfiorò le labbra con un bacio leggero e quando si separò Mick si lasciò sfuggire un sospiro. «Verrò presto a prenderti. E la pagheranno per questo.» Promise prima di uscire in silenzio dalla nave, come un fantasma, lasciando dietro di sé una promessa che avrebbe mantenuto presto. Molto presto.
 
 

 
Angolino dell’Autrice: Ok, non è esattamente come la immaginavo, era un po’ più cruda forse, entrava di più nella metafora della maschera crepata, e se non ricordo male doveva spezzarsi completamente e crollare. Il punto è che l’ho fatto prima io e non riuscivo a scrivere quello così ho dovuto ripiegare su qualcosa di più soft.
Il Len alla fine è stato salvato da Eobard un istante prima che l’Oculus esplodesse, quindi ha tutti i ricordi, sa perché si stava sacrificando e tutto. Ma mentre per lui sono passati un paio di giorni… beh, per le leggende credo di aver perso il conto… è un po’ di più.
Spero comunque vi sia piaciuta, E se non vi piace la coppia cercate di vederla in modo più generico sul finale, può funzionare comunque :3
 
Bye Bye~
Aki
   
 
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