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Autore: _Breath    09/12/2016    2 recensioni
Beatrice non aveva mai creduto al colpo di fulmine, eppure quando lo incontra per la prima volta capisce di essersene innamorata. Non gli parla, non sa neppure il suo nome, ma in quel preciso istante comprende che non lo dimenticherà più. Entrambi devono prendere il treno: lei direzione Napoli, lui Roma Termini. Le loro strade non potrebbero essere più diverse.
Ma se il destino avesse piani diversi per loro? Se Beatrice fosse destinata, dopo due anni, a incontrarlo e il suo cuore dovesse iniziare a battere come quella volta in treno?
E se lui fosse completamente diverso da come lei lo aveva immaginato per tutto questo tempo?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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The boy on the train

     
Prologo
 

 
Quella mattina feceva freddo, un freddo talmente umido e secco che le entrava fin dentro le ossa. D'altronde non era ancora l'alba e Beatrice si ritrovava a girovagare nel sottopassaggio della stazione in attesa che venisse comunicato il binario dal quale il suo treno sarebbe partito.
Sulle spalle aveva uno zainetto consumato fuxia, reduce delle migliori scampagnate in famiglia, e stretta nella mano destra aveva una cartellina gialla ricolma di fogli, fotografie e documenti.
Rabrividì osservandosi intorno; aveva sempre avuto paura delle stazione a qualsiasi ora lei la frequentasse: erano sempre vuote, sinistre, quasi malinconiche. Ogni qualvolta che era costretta a prendere un treno doveva forzarsi psicolgicamente affinché non scegliesse che partire, infondo, non era poi così importante.
Eppure questa volta si era fatta coraggio e, ancora prima che la sveglia suonasse, aveva indossato il suo paio di jeans preferiti nella remota speranza che loro la potessero proteggere. E ora, avvolta nel suo elegante cappotto rosso fuoco, una sciarpa color panna a coprirle fin sopra le orecchie, correva da una parte a un'altra con il fiatone e una nuvola di vapore fredda che le si formava ad ogni respiro.
Erano solo le 5:35 del mattino.
L'orologio gigante della stazione le ricordava che il tempo stava passando e che lei, disperata, era ancora alla ricerca del suo agognato treno. Giurò che avrebbe acceso un lumino in chiesa alla Madonna se solo non fosse partito prima che lei riuscisse a prenderlo
Poi, finalmente, quasi come se qualcuno l'avesse realmente ascoltata, la voce triste e meccanica dell'autoparlante le comunicò che il suo treno sarebbe partito al binario 3.
Si guardò intorno e, una volra resasi conto di essere al binario 2, corse più veloce della luce sussurrando preghiere in tutte le lingue che conosceva. Ebbe anche un fremito quando un signore non troppo anziano, dell'età di suo padre, la guardò con fare lascivo mentre sorseggiava una birra nascosto dietro le scale. Bea non seppe mai se quella fosse la prima birra della giornata per il barbone o se fosse l'ultima delle tante che aveva bevuto nel corso della sera precedente.
Una volta che fu arrivata a destinazione Beatrice sospirò di sollievo, poi si asciugò il sudore che le si era condensato dietro il collo nonostante facesse tutto all'infuori che caldo. Sorrise riconosente, poi salì sul treno e si lasciò cadere sul primo sedile libero che trovò.
Sospirò di piacere.
Beatrice non aveva mai amato viaggiare, aveva sempre preferito la tranquillità e la sicurezza della terra ferma. Odiava il movimento e odiava anche la consapevolezza di non poter controllare qualcosa. In quel caso il tempo.
Eppure era riuscita a essere puntuale sicché lei non fosse una ragazza precisa di natura, quindi si prese un attimo per sé stessa e iniziò a guardarsi intorno. Il cielo era ancora completamente buio, segno che la mattina ancora doveva giungere, e un signore fumava una sigaretta nella piattaforma adiacente al suo binario. Beatrice incontrò il suo sguado e lui, dopo aver aspirato il fumo dalla bocca, le sorrise facendolo fuoriuscire dalle narici. La ragazza arrossì di colpo e voltò imbarazzata la testa dall'altro lato passandosi la mano fra i capelli.
E poi lo vide.
Era un ragazzo della sua età- poco più grande o magari poco più  piccolo- che trascinava con se un vecchio trolley arancione. Sembrava affaticato, specchio di come lei sicuramente era apparsa qualche secondo prima.
Aveva delle spalle sottili, incurvate verso il basso a causa  della pesante tracolla che gli pendeva da un braccio e dall'espressione cupa che aveva sul braccio Beatrice immaginò che non dovesse essere contento della sua situazione. Magari era stanco e voleva riposare di più.
Stava salendo, in modo anche abbastanza impacciato, sul treno del binario 4, quello parallelo  a  Beatrice, e non sembrava  minimanente curarsi del fatto che qualcuno lo stesse osservando in modo tanto minuzioso. Bea ebbe l'impressione di essere una spettatrice di un reality show e di star quasi violando la sua privacy, poi fece spallucce e realizzò che non lo avrebbe mai più incontrato  e che quindi non le importava affatto che lui potesse vederla e rimproverarla. Inoltre  non sembrava essere aggressivo dunque non le avrebbe fatto nessun male.
Il ragazzo sconociuto salì sul treno e, fortunamente, si sedette proprio nel sedile corrispondente a quello di Beatrice in modo tale che lei, sforzando un po' la vista, riuscisse ancora a vederlo. Lo osservò togliersi la giacca, sfilarsi la sciarpa e il cappello; poi lui si sbottonò la felpa e Beatrice si ritrovò ad arrossire pensando che se fosse stato più caldo lo avrebbe visto in t-shirt. Chissà, magari era bello!
Lo vide togliersi il cellulare dalla tasca, posarlo sulle sue gambe, poi aprire la tracolla e sfilare un grosso libro dalla copertina rigida. Beatrice avrebbe voluto essere più vicina, leggere il titolo del tomo e magari chiedergli com'era la sua lettura... parlare con lui... intrattenersi e far sì che quella lunga agonia e attesa passasse il prima possibile. E invece rimase sola ad occupare, totalmente indisturbata, il suo vagone sul treno intenta a osservare come una stalker un povero malcapitato che non aveva colpe alcune se non quella di essere l'unica attrazione presente a quell'ora, in quel posto, in quel momento.
Aveva i capelli biondi, leggermente lunghi e trasandati, come se quella mattina non avesse avuto tempo e modo di sistemarseli per bene. Bea lo guardò ancora con la coda dell'occhio, di sottecchi, stando attenta affinché lui non la potesse vedere e si chiese che tipo di persona lui fosse al mattino: uno che beveva il caffé dopo essersi lavato i denti, uno che usava la cera per sistemarsi i capelli in un taglio preciso e ordinato o uno di quei ragazzi scalpestrati, quelli che tanto piacevano alla sua amica Gioia, che amavano il loro look appena svegli e che dunque non facevano nulla per cambiarlo. Un ragazzo trasandato, ecco.
Guardandolo però non seppe minimamente trovare una risposta alla sua domanda.
Era di bella presenza, il fisico asciutto ma non affatto muscoloso. Mingherlino, delicato, quasi quanto quello di una donna. In quel momento aveva le gambe accavallate, la caviglia della gamba destra posata sul ginocchio di quella sinistra, e una mano completamente sotterrata nel suo nido di capelli, in un gesto disperato e privo di controllo.
Beatrice si accorse che stava sbadigliando, una... due... e anche tre volte; in effetti  non erano ancora le sei del mattino e per alcuni di loro la giornata a quell'ora doveva ancora iniziare.
Eppure lei, così come quel ragazzo, era già sul treno in attesa che partisse e la portasse nella sua agognata meta. Lei sarebbe andata a Napoli, lui invece era diretto a Roma Termini- se ne accorse gettando uno sguardo disperato al display luccicante che divideva i loro due binari- per fare chissà cosa, per continuare la sua vita completamente opposta alla sua.
Stranamente Beatrice si sentì improvvisamente triste al solo pensiero che non avrebbe mai più visto quello sconosciuto e, cosa ancora più importante, che non avrebbe mai realmente avuto delle risposte alle sue domande.
La voce meccanica di Trenitalia comunicò che il treno 12542 per Roma Termini era in partenza al binario 4 e, quasi nello stesso momento, il ragazzo sconosciuto alzò il volto per guardare fuori dal finestrino. E lì lei lo vide.
Aveva due incredibili occhi castano verde, un volto magro e scarno, le sopracciglia curate ma affatto femminili. Nel momento stesso in cui lui si sentì osservato incrociò il suo sguardo e Beatrice si sentì messa a nudo.
Sorrise dolcemente, forse presa alla sprovvista, e arrossì notevolmente quando lui ricambiò il sorriso.
Avrebbe tanto voluto sapere il suo nome, anche solo per dirgli il suo.
Lo guardò attentamente incuriosita dal suo volto e dal suo modo di corruciare le labbra, sorridendo più forte quando lui cercò invano di trattenere l'ennesimo sbadiglio. Poi le sorrise ancora, quasi avesse voluto chiederle scusa per quella mancanza di rispetto.
Beatrice fece spallucce sorridendogli nuovamente di rimando, poggiando poi la testa sul pugno chiuso e guardando il sole che iniziava a sorgere. Il tutto senza mai staccare gli occhi da quelli del giovane.
Ebbero una strana, intensa ma breve conversazione solo stando in silenzio, leggendo domande e cogliendo risposte l'uno negli occhi dell'altro.
Beatrice non seppe mai quale fosse il suo nome, eppure quando vide letamente il treno di lui partire sperò ardentemente che anche il suo iniziasse la sua corsa e si gettasse all'inseguimento del primo.  Voleva ancora parlare con lui solo restando in silenzio.
Eppure i due treni avevano tragitti opposti e non si sarebbero mai incrociati. Lei sarebbe partita solo fra tre minuti, lui già si stava allontanando.
Beatrice tenne lo sguardo incollato al suo fin quando le fu possibile, senza neppure curarsi di fingere noncuranza, senza arrossire di imbarazzo quando vide che anche lui la stava osservando.
Poi, quando ormai erano troppo lontani per potersi studiare reciprocamente, lui alzò la mano in segno di saluto, lentamente, senza neppure muovere le dita.  La lasciò in alto per qualche secondo, giusto il tempo che lei la scorgesse e sorridesse del gesto.
Beatrice ricambiò il saluto, ma ormai lui era troppo lontano anche solo per scorgere le mura della stazione. Si accorse di essere partita anche lei solo quando il controllore le chiese di porgergli il biglietto obliterato.
Incassando la testa nelle spalle, sotterrando il mento nella sciarpa, Beatrice si chiese se mai le loro strade si sarebbero incrociate di nuovo.






 
  
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