SONO UNA LETTRICE ACCANITA DI FF  E ADORO SCRIVERE MA QUESTA È LA PRIMA  CHE PUBLICO ED è SOLO UNA BOZZA, L’HO SCRITTA IERI SERA IN UN MOMENTO D’ ISPIRAZIONE SE COSì SI Può CHIAMARE..  NON SO NEANCHE SE CONTINUARLA ASPETTO COMMENTI PER DECIDERE. GRADITI SIA COMMENTI POSITIVI CHE NEGATIVI.. SIATE CLEMENTI PER LA SCRITTURA MA NON ABBIATE PIETà SULLA STORIA.. NON  VORREI AVER SCRITTO QUALCOSA DI OOC VISTO CHE IL CARATTERE DI HOUSE è LEGGERMENTE DIFFICILE DA CATTURARE.

Era notte. Una notte di quelle che non passano la mattina quando ti svegli, una notte che porti nel cuore, che a volte torna a occuparti improvvisamente la mente come un’esplosione di inchiostro. Una notte di cui l’ombra resterà per sempre.

Notte di pensieri, di malinconia. Di solitudine. Una notte di quelle che capitano poche volte nella vita, ma una notte come tante altre per Gregory House, l’ennesima di quel mese, l’ennesima da 5 anni in cui un dolore costante gli impediva di prendere sonno e si ritrovava a cercare nella musica una distrazione ai suoi pensieri senza davvero trovarla. Le sue dita scorrevano veloci sulla tastiera, senza alcun comando, mentre una musica complicata e malinconica galleggiava nel buio della stanza.                                                                                                                                                  Come sempre solo con il dolore e i suoi pensieri che, quella notte, Prendevano strade inaspettate portandolo continuamente a pensare a un viso, senza che lui, il razionale diagnosta , riuscisse a spiegarselo.

 Una bottiglia di vodka e il prezioso contenuto del flaconcino ambrato avevano finalmente posto fine ai suoi pensieri da poche ore quando si svegliò. Aprì gli occhi e rimase immobile ad ascoltare la pioggia cadere cercando di riprendere il controllo sul dolore. Era così ogni mattina e lui sapeva, lo sarebbe stato per sempre; appena sveglio il dolore alla coscia tornava lento e strisciante facendogli nascere in gola un urlo che aveva imparato a far morire sulle labbra. E così ogni mattana si alzava maledicendo la giornata.                                                                                                        Odiava quello che lo aspettava in assenza di un nuovo caso: visitare stupidi pazienti per le ormai poche ore restanti della mattina; emicranie, raffreddori, gente ossessiva che non ti lasciava in pace fin che non gli dicevi che, si, era proprio come dicevano loro: quella banalissima emicrania era un cancro. Che idioti. Lo pensava e non si dimenticava mai di dirglielo anche se sapeva che poco dopo avrebbe dovuto sentire le urla della cuddy che gli imponeva di scusarsi, eppure ormai lo sapevano entrambi che non lo avrebbe mai fatto.                                                                             Odiava tutto questo, ma allora perché dopo quell’ultimo pensiero guardandosi allo specchio vide un lieve sorriso sul suo volto?

 Si vesti.  Prese la giacca di pelle e si diresse verso il garage, si fermò un attimo indeciso ma poi prese la moto nonostante fuori piovesse a dirotto.

GRAZIE A MISS DARK PER IL CONSIGLIO

E A BLACKHORSE96