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Autore: Seehl    10/12/2016    0 recensioni
[What If?, OOC assolutamente perché io non so scrivere di Bill, tw Main Character Death.]
Un Bill umano che è stato costretto a vivere nel Mistery Shack con tutti i Pines deve, adesso, essere testimone di una delle cose peggiori che possano succedere a una famiglia: un lutto che li ha distrutti tutti, nessuno escluso.
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bill Cipher, Dipper Pines, Mabel Pines
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Little Dipper.
 

Stasera l’estate si è presa una pausa, rifletto, appollaiato sul balconcino con una sigaretta fumata a metà tra le dita e un brivido continuo che nulla ha a che fare col fresco sopraggiunto così all’improvviso. Avvicinandomi il vizio alle labbra osservo le stelle, chiare e splendenti come loro solito; stelle che non sarebbero sparite dal cielo notturno prima di chissà quanti anni, stelle che avrebbero continuato, testarde, a fare luce nell’immensità dell’universo, raggiungendo pigramente gli occhi degli uomini.
Una stella non muore, mi dico, soffiando via il fumo. Esplode, distrugge tutto ciò che c’è intorno ma, allo stesso tempo, crea nuova vita da qualche altra parte. L’ho visto succedere, oh, se l’ho visto succedere, in molte altre dimensioni; mai mi sarei aspettato di guardare il cielo in una fresca serata estiva pregando qualcosa che so non esistere di prendersi cura dell’anima di una persona.
“Bill…?”
Esitante, una voce si alza alle mie spalle. Getto il mozzicone della sigaretta nel cortile sottostante, girandomi a fronteggiare qualcosa di decisamente più grande di me: le emozioni umane.
“Dimmi.”
“… C’è un modo per scambiare una vita per un’altra?”
“… Certo che c’è. Ma il prezzo è letteralmente la tua vita per la sua. Non posso permettertelo.”
“E invece lo farai.”
Sospiro, alzando gli occhi. Mabel mi tende il braccio destro, il volto rigato dalle lacrime, e io mi sento soffocare dall’angoscia.
 
Dipper si era ucciso, non molto tempo prima. Wendy l’aveva trovato, un cappio al collo, appeso ad un albero nel mezzo del bosco. Dirlo a Mabel era stato terribile, perché tutti ci aspettavamo la sua reazione e, purtroppo, tutti avevamo ragione: erano giorni che non dormiva e con le nuove occhiaie che le circondavano gli occhi era veramente indistinguibile dal suo gemello.
In questi giorni ho provato la paura, gelida e terribile, sulla mia pelle: paura che si tagliasse qualcosa, i capelli o peggio, per somigliare di più al suo Dipper o per raggiungerlo; di certo non mi sarei mai potuto aspettare che decidesse di chiedermi qualcosa di così estremo con la solita voce angelica e determinata.
Scuoto la testa, incrociando le braccia sul petto. Non posso, semplicemente non posso – a cosa servirebbe dare la vita per riavere indietro qualcuno che non la desidera più? A cosa servirebbe dare la sua vita per riavere indietro lui? Un altro brivido. Forse è il freddo, forse è ancora la paura; io, ormai, non so più distinguerli.
 
“Mabel, è tardi per Dipper; ha fatto la sua scelta, consapevolmente, non è stato un incidente. Voleva andarsene. Se anche lo riportassi indietro… scoprendo che tu sei morta per lui probabilmente rifarebbe da capo tutto, con più dolore e più paura, perché saprebbe cosa c’è dopo la morte. Ti prego di capire…”
Mabel rimane immobile, il braccio ancora teso. Non fiata, ma le guance sono gonfie di parole non dette. Vorrebbe ribattere che se Dipper l’avesse fatto per lei le sarebbe andato bene? Si impunterà nel pensiero che l’egoismo di uno possa essere risanato dall’altruismo dell’altra? Sospiro ancora – quante volte ancora stanotte dovrò esalare respiri così profondi? – e le abbasso la mano.
Come se il gesto avesse attivato una leva particolare del suo cervello, Mabel scoppia in un pianto disperato che mi lascia completamente spiazzato. Si lancia tra le mie braccia, singhiozzando sulla mia camicia, stringendo compulsivamente il tessuto tra le mani. Trema tutta, la mia piccola Mabel, talmente tanto da far spavento. Con dolcezza, la stringo nell’abbraccio, lasciando che si sfoghi; lo strano formicolio al collo, però, è sempre presente.
 
“Dipper è tutto per me, Bill. Tutto! Non posso andare avanti se lui non c’è, mi sento così vuota, così sola, non so cosa mi prende ma non ce la posso fare senza di lui, voglio soltanto che torni e mi stringa e mi dica che è stato tutto un brutto scherzo e mi spettini i capelli e mi riempia di bacini e mi ripeta che va tutto bene e… e… Lo rivoglio, Bill, a qualunque costo, lo rivoglio!”
Non me la sento di correggerla e di spiegarle nuovamente che il patto riporterebbe indietro Dipper e lascerebbe lei nelle grinfie del nulla più assoluto. In silenzio, le accarezzo le spalle, contemplandola alla luce delle mie amate stelle.
Dipper non stava bene da molto tempo ormai: tra la depressione e l’ansia nei confronti di qualunque cosa viveva le sue giornate nell’angoscia più completa, insonne, digiuno e, più spesso di quanto il resto della famiglia pensasse, in lacrime nel bagno intento a combattere le sue battaglie interiori. Non lo posso biasimare per le sue azioni, ma non posso perdonargli di non aver spiegato. Tutte le cose non dette – perché come si conviene a qualcuno che ha del tutto perso la voglia di provarci e di chiedere aiuto non aveva lasciato nessun tipo di biglietto – sedimentano, pesanti come macigni, nell’aria tesa della casa. Il senso di colpa resta, severo, su ognuna delle nostre teste: l’ha fatto perché Ford non l’ha considerato abbastanza o perché Stan l’ha rimproverato una volta di troppo? L’ha fatto perché Wendy non lo ama o perché Soos ha di nuovo rovinato una sua esplorazione in qualche modo stupido? L’ha fatto perché io ho continuato a prenderlo in giro, a fargli torti, ad organizzare scherzi alle sue spalle? O l’ha fatto perché Mabel non gli è stata accanto abbastanza, non gli ha dato la forza di cui aveva bisogno?
Dipper era goffo, testardo, forse troppo impulsivo per la sua anima da ansioso cronico; mi è sempre piaciuto il suo modo di pensare, il suo cervello, le sue battutine, la sua sfortuna cronica – ma di sicuro non gli posso aver voluto bene come Mabel, e per questo non posso neanche immaginare cosa Mabel stia provando adesso. Se nonostante la mia “scarsa” relazione con Dipper mi sono ritrovato ad accucciarmi ogni sera nel mio angolino, con gli occhi pesti e l’ennesimo pacchetto di sigarette gettato al vento, Mabel deve essersi distrutta. Completamente, stavolta.
 
“Bill… Tu sai cosa c’è dopo la morte?”
Ahia. Altra domanda scomoda e difficile. Senza lasciarla andare, mi passo la mano tra i capelli. Certo che so cosa c’è dopo la morte – in fondo, l’ho vissuta in altre dimensioni – ma come spiegare alla mia bimba, in lutto per il fratello, che dopo la morte si smette del tutto di esistere? Decido di mentire.
“No, Mabel. Non l’ho mai vista, esattamente come te e come tutto il resto del mondo.”
“Secondo te zio Ford lo sa? O, comunque, l’ha scoperto in qualche modo?”
“… Non saprei. Forse?”
“Secondo te l’ha detto a Dipper?”
La domanda mi lascia confuso e – ancora una volta – spiazzato.
“… Perché lo pensi?”
“Dipper aveva tanta paura di morire. Non posso pensare che la sua vita fosse diventata così brutta da fargli superare anche quella paura. Deve essere perché ha scoperto che c’è qualcosa di bello dopo la morte – tipo la reincarnazione, o il paradiso, o… non lo so. Ma deve essere così.”
Rimango in silenzio, concedendo nuovamente i miei occhi al cielo stellato.
La morte non è buia, non è fredda, non è spaventosa. La morte non è. Se anche Ford o chiunque altro si fosse convinto di aver scoperto che, invece, la morte porta a qualcosa, di sicuro Dipper non si sarebbe ucciso solo per trovare la pace. No, Dipper si era ucciso perché la sua vita era diventata insostenibile, perché neanche in una stella splendente come sua sorella era riuscito a trovare la forza di continuare. Dipper si era ucciso perché niente aveva più un senso, perché il dolore era talmente tanto che persino il nulla sarebbe stato meglio della sofferenza.
 
Mabel riprende a singhiozzare e io accompagno il suo pianto, inginocchiandomi e lasciando che la piccola mi si accasci completamente addosso. Non c’è modo di farla stare meglio; forse non ci sarà mai, vista la forza del loro legame improvvisamente distrutto per sempre.
Volente o nolente, Dipper era importante per tutti. Abbasso la testa sulla spalla di Mabel, bagnandola con una singola lacrima. Per chi sto piangendo, per lei, per lui, per me stesso? Non ne sono sicuro. Niente è più sicuro.
Anni or sono, innamorandomi della sua risata, mi ero ripromesso di proteggere il suo sorriso per sempre; ora sono qui, rannicchiato sul tetto con lei che piange, a stringerla e senza nessuna parola che possa consolarla. Il vento ci sferza addosso, Mabel mi stringe ancora di più, piango un’altra lacrima.
 
Sai, Dipper?, mi manchi già e, pensa un po’: manchi a tutti noi. Se solo ce l’avessi chiesto, te l’avremmo detto – e ora saresti ancora qui.
Forse sto piangendo più di una o due lacrime. Forse.
 
 
 
“Bill…”
“… Dimmi, Mabel.”
“Hai visto come brilla stasera la Stella Polare…?”
 
“… He.”



 
NdA
wow
da quanto tempo che non scrivo qualcosa su efp
e questa storia è anche vecchiotta wow
Ah-ehm. Insomma. Tutto questo viene da una bruttissima timeline che mi sono dovuta inventare, visto che Dipper è quel tipo di persona che una cosa del genere la farebbe subito e visto che ho un enorme kink per Human!Bill, soprattutto quando l'unica relazione che ha con i Pines non è di amore ma di, uh, circa famiglia? I gemelli lo considerano un cugino, circa, e nessuno li ha mai corretti su questa cosa. Quindi. Take this for what it is: shit
Grazie per la vostra attenzione(..)


Sil
   
 
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