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Autore: Mirajade_    12/12/2016    0 recensioni
[AU / OOC / CROSSOVER]
Siamo nel 1862.
Daisy, giovane ragazza diciassettenne ed ex-principessa del Regno di Sarasaland, decide di fuggire dalla vita agiata da nobile per avventurarsi in una vita fatta di libertà e sopravvivenza.
Decisa a scappare dal suo paese per raggiungere altri mondi e non rivedere mai più l'uomo che ha additato come "traditore", è "costretta" a salpare su una nave pirata dove incontrerà compagni d'avventura dalle mille sfaccettature e con cui creare un legame solido di amicizia, fratellanza ma anche di amore.
Riuscirà a intraprendere un viaggio insieme alla ciurma della Power Up?
Basta leggere per scoprirlo.
***
Pairing: Daisy X Luigi ; Mario x Peach ; Sonic x Amy ; Zelda x Link... e molti altri.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daisy, Luigi, Mario, Peach, Rosalinda
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"If you face the fear that keeps you frozen
Chase the sky into the ocean
That's when something wild calls you home"

Le urla, le onde e lo stridio delle spade rimbombavano nella mente svuotata di Daisy.
Era successo tutto così velocemente: Luigi che correva verso il timone per impiantare la lama della sciabola nel primo intruso, la scialuppa dei nemici che si svuotava a vista d’occhio e questi ultimi che gattonavano sul legno della nave come ragni mostruosi, con occhi rossi come il sangue e artigli capaci di tagliare l’acciaio Quelle cose non erano umane.
Quando il capitano arrivò, l’ubriachezza sembrò svanire come granelli di polvere, la sua spada aveva trafitto in pochi istanti due nemici e dietro di lui la ciurma aveva abbandonato le espressioni gioiose e festive per sostituirle con la furia.
Daisy perse cognizione del tempo, troppo impegnata a squadrare quegli esseri deformi, troppo impegnata a osservare la nave nemica sempre più vicina… pochi metri e i rivali avrebbero posto l’asse per salire a bordo e prendere possesso della nave.
Aveva paura… troppa… anni di esercizi con la spada andati in fumo alla prima difficoltà. Il rimorso si fece sentire violento e persistente, non poteva rimanere impalata a guardare la ciurma, che l’aveva ospitata, in difficoltà; fece per brandire una spada dal corpo ormai morto di uno di quegli esseri, ma quest’ultimo sembrò risvegliarsi quando si fece troppo vicina.
La afferrò per un polso, gettandola violentemente sul pavimento, aprendo la bocca per mostrare lunghe fauci che avrebbero potuto squartarla viva. Un ringhio animalesco uscì dalla bocca dell’essere prima di alzare in aria una mano artigliata per sferrarla sul volto della ragazza.
Daisy chiuse gli occhi istintivamente; sentì qualcosa di caldo scivolarle dalla guancia e la presenza del mostro ormai svanita, quando riaprì gli occhi l’unica cosa che ne rimaneva era la mano amputata a pochi centimetri dal suo viso.
Luigi l’aveva scaraventato via con una pedata poderosa. Si pulì la mano destra dal sangue dell’essere porgendo l’altra alla ragazza per issarla su. Daisy si accorse della striscia di sangue che gli partiva dall’attaccatura dei capelli fino al collo rigido.
-Via di qua. Raggiungi Peach prima che riescano ad entrare sottocoperta- le disse rigirandosi la spada tra le mani per porgerla alla ragazza –Se vedi un nemico, uccidilo- le intimò con occhi inespressivi.
-Come farai tu?- chiese solamente la rossa afferrando tremante l’elsa della spada e, prima che il pirata potesse risponderle, questo sfilò da dietro la cintura una pistola, caricò il proiettile e sparò proprio dietro le spalle della ragazza. Quando Daisy si voltò, la vista del proiettile conficcato tra le sopracciglia di un uomo le fece venire un capogiro –Muoviti!- le gridò contro, il pirata sfilando dalle mani della sua ultima vittima un coltello dalla doppia lama e afferrandolo saldamente.
E Daisy obbedì per la prima volta, senza esitazione, al pirata rozzo che le aveva appena salvato la vita. Attraversò il ponte, schivando i corpi senza vita stesi per terra come tappeti di carne e sangue, decisa a trovare Peach come le era stato ordinato, ma quando l’entrata che portava sottocoperta si fece a pochi passi, sgranò gli occhi per il terrore.
Davanti a lei due dei mostri ridevano a squarciagola tempestando di pugni il volto del mozzo dai capelli ricci ora imbrattati di sangue, ai suoi piedi sostava una spada incrostata di rosso.
La rossa sentì le lacrime pungere, ma mai scendere: Toad non era morto! Se lo sentiva, nonostante il volto tumefatto e le palpebre violacee chiuse. L’avrebbe salvato anche a costo della vita: e fu con quel pensiero che corse verso i due nemici impiantando la spada nella schiena di uno, con il cuore in gola e lo stomaco annodato come pochi.
L’altro mostro smise di sogghignare, allentò la presa dal colletto del mozzo lasciandolo cadere pesantemente sul pavimento, e si voltò furioso verso la rossa aprendo i pugni per sfoderare artigli d’acciaio e puntarglieli contro.
-Stupida puttana!- proferì l’essere con voce cavernicola, quasi robotica, piena di astio. Afferrò per il collo la malcapitata puntandogli un artiglio davanti ad un occhio azzurro –Conosco persone che pagherebbero oro per certi occhi!- sogghignò tracciando un solco sullo zigomo, intenzionato ad avvicinarsi sempre di più al suo obiettivo.
La paura era così tanta da tramutarsi in rabbia: Daisy urlò furiosa stringendo tra le mani il volto deformato del nemico e infilando i pollici nei bulbi oculari, chiudendo gli occhi per non vedere il sangue schizzarle sulle mani. Quando sentì le urla dell’uomo, la stretta sul suo collo allentarsi e le mani imbrattate capì di averlo accecato.
Prese velocemente aria ignorando le urla disperate, causate da lei, e catapultandosi sul corpo martoriato del ragazzo riccioluto. Era così pallido da sembrare morto, persino il respiro pareva essersi arrestato. Solo quando la rossa poggiò l’orecchio all’altezza del cuore del mozzo, seppe che era ancora vivo.
Si pulì le mani insanguinate sui pantaloni e sollevando il busto del ragazzo riuscì a issarlo su –Ti prego Toad, svegliati- lo scosse –Il tempo di metterci al sicuro- continuò non ricevendo risposta. Fu tentata di scoppiare realmente in lacrime, nervosa com’era: la battaglia sembrava non voler cessare, e il pericolo che qualcuno potesse avvicinarsi per ostacolarla si faceva sempre più reale.
Si passò il braccio del ragazzo intorno alla spalla –Toad!- riprovò, ma nessun segno faceva intendere che nonostante i lividi, il mozzo, potesse camminare.
Quando distinse la figura sfocata di Amy venirle incontro il nodo allo stomaco si sciolsero e la paura che si era riformata andò scemando. La ragazza dal caschetto rosa sembrava esausta, il vestito rosato era in alcuni punti stracciato, prova di uno scontro che aveva lasciato ben tre graffi paralleli, profondi e sanguinolenti, sull’avambraccio della cartografa.
-Dobbiamo metterci al sicuro- disse Daisy facendo segno di aiutarla con il mozzo svenuto.
-Dio mio- espirò stanca Amy iniziando il primo passo -Spero che sia vivo-
-Lo sarà, se lo mettiamo al sicuro-
Dovevano trovare Peach al più presto.
***
-Le cucine!-
-Le cucine?- chiese stranita Daisy sistemandosi meglio il braccio di Toad intorno alla spalla.
-Sarà sicuramente lì: è uno dei posti meno prevedibili ed è una donna incinta, avrà sicuramente fame- spiegò Amy decisa scendendo le scale che portavano all’ultimo piano della nave dove, appunto, si trovavano le cucine, le provviste e la merce di scambio.
L’espressione affaticata delle ragazze mostrava come scendere le scale o anche solo attraversare un corridoio col corpo addormentato del giovane fosse estenuante, quando Daisy fu avvertita che la cucina era la prima porta a destra, del corridoio, emise un sospiro di sollievo: la spalla stava iniziando a dolerle fin troppo.
Le ragazze entrarono e tra il mobilio di legno, mestoli da cucina e alimenti di ogni genere scorsero la figura fiera e indifferente del vice capitano intenta a mangiare quello che sembrava essere cioccolato.
-Oh ragazze!- disse con un sorriso –Che gioia, mi stavo annoiando a rimanere qui tutta sola. Quello scorbutico di Mario mi ha proibito di combattere perché “non sono in condizioni ragionevoli”- mostrò un broncio bambinesco poco dopo si accorse del mozzo svenuto, sorretto dalle giovani – Per l’amor del cielo, cosa è successo?!- quasi strillò alzandosi dallo sgabello, su cui era seduta, per prendere il volto del pirata fra le mani come a controllarne lo stato.
Daisy vide in quel gesto tutto l’amore materno che Peach provava per sua ciurma.
-Sdraiatelo sul tavolo- ordinò, apprestandosi a immergere delle pezze in un barile d’acqua per poggiarle sulle ferite e i lividi del mozzo.
-Si rimetterà?- chiese Daisy con il cuore in gola: era abbastanza incompetente nel campo medico e non sapeva quanto gravi fossero le ferite che mostrava il ragazzo.
Peach annuì convinta –Toad è forte- passò una pezza umida ad Amy che iniziò a rimuovere con cura il sangue incrostato sui capelli riccioluti del diretto interessato.
Daisy prese un lungo respiro, guardandosi le mani macchiate da aloni nerastri: quelle creature erano lontanamente umane se il loro sangue era oscuro come loro. Non credeva ancora di averne ucciso uno: non aveva mai tolto la vita a qualcuno, e anche se era stato un essere orribile e spregevole a morire per mano sua, sentiva un senso di colpa divorarla dall’interno.
Si chiese come facesse Luigi a restare impassibile e il cuore iniziò a palpitarle velocemente nel petto: c’è l’avrebbe fatta? Quei mostri sembravano moltiplicarsi e lui, per quanto forte potesse essere, rimaneva umano non avrebbe resistito a lungo.
-Non preoccuparti- la mano calda di Peach la fece rinsavire –E’ difficile che lo uccidano- e non ebbe tempo di chiedere come aveva fatto a capirlo: Toad aveva socchiuso gli occhi e tossito violentemente come se stesse soffocando.
Peach, fulminea, gli sollevò la testa dal tavolo e ordinò alla cartografa di riempire un bicchiere d’acqua.
-I moblins- sussurrò stanco Toad, guardando con espressione pentita la bionda –Non…-
-Shh… non preoccuparti ci stanno pensando gl’altri-
-No- ribatté deciso questa volta – Non possiamo vincere- respirò velocemente –Hanno un portale dentro la nave, ne arriveranno sempre di più. L’ho sentito dire da quei due bastardi-
Il silenzio calò nella stanza.
-Dobbiamo fare qualcosa- disse Amy decisa porgendo il bicchiere d’acqua al vice capitano –Conosco la struttura delle navi dei moblins, potrei andare io-
-Non se ne parla neanche! Non ti mando in una nave nemica da sola- enunciò autoritaria la bionda stringendo con fin troppo vigore la pezza umida. Le gote leggermente arrossate lasciavano trasparire il nervosismo che provava la ragazza nel sapere di non poter fare nulla, per non rischiare di mettere in pericolo il bambino.
-Vado io con lei- annunciò Daisy nascondendo dietro la schiena le mani tremanti –Ho qualche superficiale abilità da spadaccina e ho già ucciso uno di quegl’uomini- ricevette un lungo sguardo indagatore da parte del vice-capitano, come se volesse controllare che la rossa stesse dicendo il vero –Accompagnerò Amy e lei penserà al portale-
-Mi sembra un ottimo piano- commentò la mobiana –In due avremmo più possibilità di riuscita-
Peach sospirò mortificata: non poter aiutare la distruggeva dentro, ma l’amore che cresceva e si fortificava ogni giorno verso quel bambino era in grado di tenerla ancorata al sicuro; Daisy lo vedeva dalla mano sinistra posata inconsciamente sul grembo e lo sguardo addolorato rivolto al pavimento –Va bene- annunciò poi con espressione dura –Nella mia stanza sotto le assi del pavimento, vicino al comò, troverete una scimitarra e una pistola- prese tra le mani le gonne del vestito alzandole fino all’inguine con una serenità che sconvolse Daisy. Ad un reggicalze era agganciato un pugnale ricurvo a falce con una lama d’osso bianchissimo, Peach lo sfilò e lo porse ad Amy lasciando ricadere il vestito rosso.
-Un solo graffio è morte certa- disse –Ha proprietà altamente velenose e magiche, fatene buon uso- e prima che Daisy potesse accorgersene, era fuori dalla cucina diretta con velocità verso la stanza della bionda.
***
-Non possiamo prendere l’asse, ci faremmo scoprire subito. Qualche idea?- Amy strinse con prontezza la pistola presa dalla stanza della moglie del capitano, lasciando la scimitarra a Daisy che di pistole ne sapeva ben poco. Nascoste sotto la scalinata esterna che permetteva di raggiungere la zona col timone osservavano i nemici varcare l’asse, e i loro alleati che con sguardo furioso lottavano senza mai fermarsi.
Il capitano Mario sembrò un demone agl’occhi di Daisy: il viso macchiato di sangue nerastro, gli occhi spiritati, i denti digrignati gli davano l’aria di un serial killer alle prese con il proprio massacro. Accanto a lui, il quartiermastro Link non era da meno.
Ormai il legno della nave era tinto di rosso e nero; il sangue colava a fiumi e il suo odore così pungente, da poter attirare i peggio mostri marini che si nascondevano nella pece che era il mare.
La rossa scrutò con attenzione ogni combattente, forse per farle venire in mente un modo per salire sulla nave nemica o forse per scorgere il pirata che si era gettato nella mischia senza esitazione; non lo trovò, tra il conflitto, ma alzando lo sguardo e piantando gli occhi sulla vedetta scorse, nonostante la scarsa illuminazione la chioma rossiccia di Midna impegnata a tirare con l’arco e trafiggere i nemici sull’asse prima che potessero raggiungere la Power Up. Spostò lo sguardo verso le vele.
-Le corde delle vele- disse –Sono abbastanza lunghe per raggiungere il babordo delle nave- Basterà tagliarne una e dondolarci-
-Pregando di non finire nell’acqua gelida- continuò la cartografa insicura –La zona del timone è libera, potremmo usare quelle corde. Passeremo le più inosservate possibili. -
Si scambiarono uno sguardo d’intesa e, con stomaco contorto e armi alla mano, uscirono dal sottoscala dirigendosi alla zona menzionata non incontrando, per loro fortuna, nessun ostacolo. I mostri erano troppo impegnati a vedersela con gli uomini della ciurma, e anche se le avessero viste le avrebbero ignorate… o almeno così pensò Daisy.
-Tu sali la corda, io ti seguirò dopo averla tagliata- ordinò la mobiana stringendo tra le mani il pugnale d’osso e indicando con un gesto della testa una fune alle loro spalle legata saldamente all’albero maestro della nave. Il piano era tagliare la corda e far scattare l’ingranaggio che controllava le vele.
La rossa non fiatò si limitò ad afferrare la corda ancora legata alla nave non sapendo minimamente come issarsi su –Ehm… Amy c’è un problema-
-Quale sarebbe?-chiese con espressione stranita la cartografa –Ci hai ripensato?-
-No no, certo che no. Solamente non so come issarmi sulla corda- confessò imbarazzata, grattandosi la nuca con un sorriso di scuse.
Amy sembrò pensarci su.
-Tecnicamente non ci si dovrebbe arrampicare, pensavo solo che in quel modo avresti avuto meno possibilità di cadere in acqua. Se non si ha una presa salda rischi di volare via-
-Quin… AMY!- quando un proiettile fendette l’aria sopra la spalla di Amy, Daisy trattenne l’aria ringraziando la pessima mira dell’uomo deforme.
Il verde delle iridi della cartografa scomparve in una macchia di nero, le orecchie feline le fremettero e un’espressione di paura mista a tensione le solcò il viso. Il mostro, posto sulle scale, aveva iniziato a correre con una spada lucente alla mano. Daisy si vide morta e agonizzante ma fu solo un pensiero raffigurato nella sua mente perché subito dopo volteggiò sopra un buco nero, rappresentante il mare, con l’aria bloccata nei polmoni, capace di farle male allo sterno e le mani strette intorno alla fune fino a farle sanguinare.
Amy, nella stessa situazione della rossa, si teneva salda con una mano alla corda ed una agganciata alla camicia di quest’ultima; quando il legno scuro della nave nemica prese posto del mare scuro e l’urlo di Amy ordinò di lasciare la presa, Daisy titubò, non seppe se per codardia o per altro ma, con sua sorpresa, lasciò la presa.
Cadde sulla spalla sinistra, un dolore lancinante le investì l’arto e fu tentata di piangere ma non era di certo il momento più adatto, né tantomeno davanti a dei pirati che al primo segno di debolezza le avrebbero tagliato la gola. Si alzò con gambe tremanti e la prima cosa che vide fu una luce bluastra fuoriuscire da sottocoperta.
- Cos’è stato?- chiese quando la fonte luminosa svanì catapultandola nella penombra.
-I cannoni- rispose con voce allarmata la cartografa –Dobbiamo avvertire gli altri! Dannazione!- imprecò stringendo con forza il pugnale –Va bene, non allarmiamoci. Io cercherò di fermare gli spari tu blocca il portale-
-Amy è una pessima idea- commentò la rossa –Chissà quanti uomini ci saranno là sotto a caricare i cannoni e io non so minimamente come richiudere un portale. Non so neanche com’ è fatto!- l’espressione della cartografa non era per nulla rassicurante poi, come un colpo di fulmine, il volto si illuminò: -Il teletrasporto!- schioccò le dita.
-Tele…trasporto?- ripeté titubante mentre la mobiana si alzava la gonna del vestito per sfilare due oggetti dalla forma indefinita dal reggicalze.
“ A quanto pare è un ottimo porta oggetti” pensò Daisy con tanto di sopracciglio inarcato ricevendo una pietra blu intenso, solcata da venature indaco. Un lato della pietra era liscio come marmo come se qualcuno l’avesse “tagliata”.
-E’ azzurrite- spiegò Amy mostrando un altro pezzo di pietra ma più chiaro –La pietra del teletrasporto. Non dovrai fare nulla, solo scuoterla e ci scambieremo di posto; quando avrò svuotato la stanza dei cannoni faremo scambio-
Un rumore assordante si fece spazio tra le due: da sottocoperta erano appena usciti una ventina di pirati deformi ricoperti da una aura bluastra che andava man mano affievolendosi. Le due ragazze si nascosero leste dietro l’albero maestro –Come sospettavo- sussurrò Amy –Hanno bisogno di tempo per ricaricare il portale-
-Ma perché lasciare la nave scoperta?-
-Perché priva di valore- scosse le spalle la mobiana –Sarà una ciurma sacrificabile, Ganondorf avrà chiesto loro di farla finita ma non prima di aver tentato un attacco-
-Ganondorf?-
Amy indicò l a bandiera proprio sopra le loro teste –E’ uno dei Tiranni del Mare; questa ciurma è una delle tante dedite a quel mostro-
Quando gli esseri sfilarono le spade e si fiondarono verso l’asse, rischiando di cadere in mare, le due ragazze si precipitarono sotto coperta ritrovando davanti ad un atrio, riempito di barili e sabbia, che si biforcava in due corridoi illuminati da torce appese alle pareti.
-Quello a destra scende verso il basso; sarà sicuramente lì il portale- si lanciarono un’occhiata. Amy sembrava decisa, anche se la pelle d’oca tradiva l’espressione dura e impassibile, sfilò la pistola dalla cintura e si diresse verso il corridoio a sinistra lasciando Daisy da sola nell’atrio con l’azzurrite stretta nella mano e un “Buona fortuna “ detto con tensione.
Prese un lungo respiro e stringendo convulsamente l’elsa della scimitarra si diresse verso le scale ritrovandosi in un altro corridoio, con solo due porte per lato.
Si disse di controllarle tutte finché non avesse trovato un qualcosa che secondo la sua scarsa conoscenza potesse definirsi “portale”. La prima porta sulla destra era solo un polveroso sgabuzzino pieno di sacchi di juta e barili, proseguendo si ritrovò in quella che sembrava una cantina malamente illuminata dove la puzza di muffa e legno bagnato erano capaci di offuscarle la mente.
“Forse nascondono qui il portale” pensò socchiudendo gli occhi per riuscire a scorgere meglio gli oggetti in quella stanza, illuminata da scarse candele ormai al limite, ma non trovò il portale, infondo alla stanza, quella che a fatica riusciva a vedere era una figura legata alla parete tramite catene. Enormi e pesanti bracciali di ferro serravano polsi sanguinanti e magri, sangue che aveva macchiato un vestito che un tempo doveva essere stato elegante e pregiato, adesso quello stesso vestito era strappato proprio sotto l’inguine e al livello del corsetto.
Daisy si coprì la bocca con una mano mettendo finalmente a fuoco la figura di una ragazza bionda svenuta e ricoperta di lividi sulla braccia. –Mon Dieu!- si catapultò sulla ragazza afferrando i bracciali come a volerli strappare via ma sapeva che non ci sarebbe mai riuscita, aveva bisogno della chiave.
Se solo avesse saputo dove cominciare… -Ehi!- iniziò a chiamare la ragazza –Come ti senti?- ricevette un gemito di dolore come riposta e un lamento implorante.
-Vi prego basta- sussurrò la ragazza iniziando a lacrimare, respirando con affanno.
-Non preoccuparti- disse decisa la rossa –Mi chiamo Daisy, ti porterò in salvo ma devi dirmi dove sono le chiavi- un paio d’occhi cerulei fecero capolino sotto le palpebre socchiuse. –Il gancio… sul muro- riuscì a rispondere la ragazza ferita muovendo debolmente le caviglie magre.
Prese le chiavi, Daisy si apprestò a liberare la prigioniera aiutandola a sollevarsi dalla pozza di sangue in cui l’avevano lasciata a marcire –Hai un nome?- la bionda non rispose iniziando a tremare –Non voglio farti del male-
-Ze…zelda- balbettò l’interessata .
-Bene Zelda, ti porterò al sicuro ma prima devo trovare un portale, ne sai qua…- uno scoppio forte e altisonante ferì le orecchie delle ragazze, un fascio di luce si insinuò in una minuscola finestrella illuminando per pochi istanti la stanza. Si susseguirono urla.
“I CANNONI!” dicevano, riconobbe la voce dura e graffiante di Mario come fosse lontana e subito il pensiero volo alla cartografa di bordo, intenta a combattere per evitare altri spari.
-Nasconditi in coperta. Ho ancora un compito da terminare- e corse via verso le ultime due porte rimanenti con un’adrenalina mai sentita, forse paragonabile alla stessa adrenalina provata anni or sono, quando si divertiva a cavalcare con sua madre e gareggiare nell’immenso cortile di casa.
Il battito cardiaco accelerava, i muscoli si indolenzivano ed una strana, sfrenata, voglia di ridere prendeva possesso di lei. Ed era in quel modo che aveva raggiunto l’enorme camera, illuminata a dovere, completamente vuota se non fosse stato per l’enorme spirale bluastra che roteava nel bel mezzo della stanza.
Fu tentata di urlare quando si accorse di non sapere cosa fare per chiudere quel dannato varco e l’unica soluzione plausibile in quel momento era agitare l’azzurrina e lasciare l’arduo lavoro ad Amy.
Un grugnito di guerra provenne dal varco, pochi secondi ed una massa di essere deformi e disgustosi l’avrebbe travolta.
Lanciò la pietra blu: non avrebbe messo in pericolo la vita di Amy, avrebbe trovato da sola la soluzione.
Sua madre le aveva sempre detto di estirpare il male, di togliere nutrimento a questo. Ricordava ancora le mani bianche e lisce strappare via quel fiore appassito diverso dagl’altri, colorati e vivi, quel fiore appena strappato era scuro, chiuso su se stesso…freddo.
Quel portale era il fiore, e la radice da estirpare non era altro che uno strano congegno dalla forma piramidale aperto come a formare un aquilone da cui scaturiva luce blu.
Bastava chiuderlo.
Bastava chiuderlo.
Bastava chiuderlo.
E l’avrebbe chiuso se quella freccia volata fuori dal portale non le avesse conficcato e attraversato un mano.
***
Il sangue schizzato fuori dalla testa del nemico era stata l’ultima cosa che aveva visto prima di ritrovarsi una spada affilata conficcata nel fianco. Urlò, scostandosi prima che quest’ultima potesse trafiggerlo da parte a parte peggiorando il taglio per poi sparare l’ultimo proiettile a livello del cuore del nemico.
-Cazzo- imprecò a denti stretti tenendosi il fianco sanguinante , poi cadde sbattendo violentemente contro le assi del pavimento ritrovandosi sballottato ovunque insieme ai compagni di ciurma. Erano stati colpiti da una palla di cannone, e non era stato l’urlo di suo fratello a farglielo capire bensì il fischio che gli pervase le orecchie.
-Non finiscono mai!- urlò in preda alla rabbia Donkey Kong stringendo le due sciabole con tale forza da poterle distruggere –E’impossibile!-
-Non è impossibile, idiota-si rialzò Luigi sputando sangue, voltandosi verso la nave nemica –E’magia- corse con una mano stretta sulla ferita e una impegnata a stringere il pugnale dalla doppia lama, raggiunge l’asse dirigendosi con velocità inaudita verso la nave nemica.
-Luigi!- sentì urlare da suo fratello –Dove cazzo vai?! Ti farai ammazzare!-
La vista gli si sfocò ma qualche battito di palpebre lo fece rinsavire: stava perdendo troppo sangue ma non abbastanza per chiudere qualsiasi portale nascosto dentro quella nave lurida. Fu quando sentì un lento scalpiccio che si allarmò, proveniva dalla porta che portava sottocoperta, socchiuse gli occhi e aspettò il momento fittizio per lanciare il pugnale.
-Bene, la prostituta di bordo –disse con tono sprezzante e ironico abbassando l’arma e fissando la ragazza bionda tumefatta da lividi e tagli –O forse no-
-Dov’è il portale?- chiese senza troppi indugi avvicinandosi.
Zelda indietreggiò impaurita –Non lo so…. Una ragazza è appena andata a cercarlo ma io non…-
-Una ragazza?-
-Si, è fuggita via. Diceva di chiamarsi Daisy- bastò quella frase a far scattare il pirata, diretto chissà dove, alla ricerca di una ragazza che poteva trovarsi ovunque.
“Che cazzo gli è venuto in mente a quella stupida?” pensò con fervore “Si farà ammazzare”.
Sputò un’altra volta sangue, poi sentì il classico schiamazzo di quegl’esseri deformi intenti a combattere e si precipitò nel corridoio a destra,aiutato dai grugniti e ringhi fino a raggiungere la stanza illuminata dalla potente luce del portale.
Portale che sembrava fabbricare mostri a mai finire mentre quelli appena creati si accerchiavano attorno alla figura dai capelli rossi intenta ad agitare la scimitarra e parare colpi, ormai al limite.
Fu tutto rapido: Luigi aveva richiuso il congegno lesto, facendo richiudere il portale in un nube azzurra, per poi pensare ai nemici che accerchiavano la ragazza. Conficcò il pugnale nel cranio di due mostri, quest’ultima con titubanza ne uccideva uno.
Poi il silenzio piombò.
-Lu…luigi?- chiese tremante Daisy abbandonando la spada sul pavimento e coprendosi la mano ferita.
-Ti avevo detto di restare con Peach- le sibilò contro il diretto interessato –Volevi farti ammazzare?!- la fissò con astio inchiodandola al muro senza volerlo, tenendosi ancora stretto la ferita profonda.
Il mondo iniziava a sfocarsi.
-Volevo solo aiutare- tremò Daisy quasi sul punto si scoppiare a piangere, cosa che non fece: non se lo sarebbe mai perdonato –Dobbiamo raggiungere Amy- disse chiudendo a pugno la mano insanguinata dove campeggiava un foro: estrarre la freccia non era mai stata cosa più difficile, né percepiva ancora la presenza scorticarle la carne, ma se quella per lei era una ferita grave non aveva visto quella del pirata, ora bianco come la cera, che svenne proprio sotto ai suoi occhi.
***
Finalmente il sole era sorto e la minaccia sconfitta.
Daisy si svegliò con un forte mal di testa e una stretta fasciatura intorno alla mano nella stanza linda di Amy, quest’ultima impegnata a tracciare qualcosa su una carta.
Non ricordava bene come ci fosse finita lì, solo qualche guizzo di ricordo: Amy che si fiondava nella stanza del portale, loro due che sollevavano Luigi per portarlo sulla nave e Zelda che curava la sua ferita con una strana… magia.
-Amy- chiamò la ragazza uscendo dalle calde lenzuola incerta. Quando la mobiana si voltò mostrava uno sguardo stanco seppur deciso –Non hai dormito?- chiese la rossa ricevendo una negazione come risposta. –Dovresti fare una pausa, sei evidentemente stanca- le strinse una spalla.
-Non posso Daisy- rispose asciutta la cartografa scrivendo qualcosa nell’angolo della cartina –La nave potrebbe affondare da un momento all’altro, a causa dei colpi di cannone, e devo trovare la rotta più veloce per Mobius-
-Mobius? Il regno di cui mi hai parlato?-
-Si, è per ora il porto più vicino. Comunque il capitano vuole parlarti- cambiò discorso voltandosi a guardare l’espressione di puro terrore della rossa.
“E se volesse buttarmi in mare?”
-Tranquilla, penso voglia farti qualche domanda su Zelda. Infondo l’hai trovata tu, no?- Daisy annuì incerta, prima di avviarsi con lentezza verso la porta.
-Daisy- la richiamò la giovane –Perché non hai usato l’azzurrite? Potresti essere morta, in questo momento, se non fosse arrivato Luigi- l’interessata si prese un attimo per pensare e formulare una frase che non risultasse troppo difficile alla comprensione –Il portale stava preparando altri moblin, ti avrei messa in pericolo- enunciò sincera.
Amy sorrise benevola –Ti sono debitrice allora- agitando poi la mano in un gesto di frivolezza –Adesso va è meglio non far attendere il capitano- prima, però di essere lasciata sola, si sentì ricevere una domanda: -Come sta Luigi?-
Sorrise –Benissimo se non fosse per il dolore al fianco. Potresti andare a trovarlo per farlo… svagare- ammiccò maliziosa ricevendo dalla rossa un’espressione di puro imbarazzo accompagnato da un vivace rossore alle guance.
Infondo le importava della salute del pirata, lo aveva visto svenire davanti a lei, ma niente di più… insomma era una pirata per di più il ladro che ancora non le aveva restituito la collana di sua madre. Fin troppo rozzo per i suoi gusti, non cercava di certo il ragazzo noioso e intellettuale ma qualcuno che non imprecasse al primo sbaglio, era pur sempre cresciuta in una ambiente agiato e le abitudini erano dure a morire.
E fu pensando tra se e se che arrivo nella zona del timone dove il capitano, quartiermastro e Zelda aspettavano il suo arrivo.
-Dumond, ti aspettavamo impazienti- annunciò il capitano col tono sprezzante di chi attendeva di vedere il proprio nemico impalato –Abbiamo saputo che la qui presente principessa è stata ritrovata da te- sorrise maligno.
Daisy deglutì saliva amara: “Principessa?”
-Ben fatto Dumond- prese Zelda per un braccio spingendola con violenza –Questa puttana, vi annuncio, è la principessa di Hyrule. La bastarda nata da una sirena- Daisy trattenne il respiro: cosa aveva intenzione di fare quel mostro? Zelda piangeva silenziosa, non dando segni di reazione quando la punta della spada del capitano iniziò a solleticarle il collo. –Volevo che tu assistessi all’esecuzione di morte di questa sporca meticcia-
Doveva fermarlo, doveva fare qualcosa. Non aveva liberato Zelda per prometterle la morte e soprattutto non avrebbe lasciato che una vita innocua fosse sacrificata per il piacere di un pazzo.
-Non osare- ma non era stata lei a parlare, bensì l’affascinante quartiermastro con tanto di spada alla mano puntata sul suo capitano.
Gli occhi azzurri di Link sembravano lanciare fiamme.
-Bastardo infame- imprecò il capitano allontanando la spada dalla ragazza –Cosa stai facendo?-
-Non te la lascerò uccidere- sogghignò il ragazzo sfidando apertamente Mario, ora in preda a un furia inconcepibile.
-Osi puntarmi un’arma contro? Ti ho accolto facilmente nella ciurma come un fratello, posso ucciderti con la stessa facilità.- silenzio –Sapevo di non dover dare la mia piena fiducia ad un cittadino del tuo merdoso regno- Link parò un colpo violento con la spada contrattaccando con stesso impeto.
-E’ la principessa del mio regno, dovrai passare sul mio cadavere se vorrai ucciderla-
-Con piacere- ghignò il capitano, sfoderando un altro colpo. Un profondo graffio solcò la guancia del quartiermastro –Non c’è spazio per una principessa sulla mia nave, né tantomeno per una sporca sirena- incrociarono le spade sfidandosi con sguardi adirati.
Daisy nel frattempo aveva allontanato Zelda dallo scontro non trovando coraggio di fermarlo, forse perché in fondo sperava nella sconfitta del capitano.
-Ce n’è stato per Peach- sibilò Link.
Mario rimase per un attimo basito –Lei non è una regnante- ringhiò –Non osare parlare di lei in quel modo-
-Non negare l’evidenza, Mario. Non camuffare il tuo egoismo, potevi riportarla nel suo regno ma l’hai costretta a stare con te, a vivere una vita di solo dolore- il capitano sfoderò un calcio energico all’altezza dello stomaco del biondo, quest’ultimo aveva abbassato la guardia ma era stato abbastanza abile per schivare un altro fendente di spada.
Sputò sangue quando ricambiò un’altra occhiata col capitano.
Mario infoderò la spada tremando di rabbia –Se solo oso vederla taglierò la gola a lei e a te- sibilò maligno indicando Zelda con tale foga da farla tremare –Farà meglio a nascondersi- e si dileguò.
 Il mare sembrò essere colonna sonora di quella scena.
Daisy ricevette un solo sguardo pungente dal quartiermastro, uno di quelli glaciali che erano in grado di pietrificare le corde vocali. Poi gli occhi zaffiro si posarono sulla figura fragile e delicata di Zelda.
-Ci penso io a lei- annunciò inespressivo Link – Cerca di non fare altri sbagli Dumond-
“Se solo fosse così semplice”
***
Non se lo sarebbe mai aspettato.
Mai nella sua vita avrebbe pensato di dare alla luce il figlio di un pirata. Si era sempre vista in abiti di pizzo e volant a stringere tra le braccia il figlio di un re di qualche landa desolata, un re che però non si sarebbe mai potuto definire marito.
Sapeva come funzionavano i matrimoni combinati e sapeva che non si riusciva ad amare in una relazione costretta; gratitudine, forse… ma mai amore. Non bastavano eredi o rispetto per creare un legame solido, c’era bisogno di amore.
Un amore che lei avrebbe riversato per quella creatura dentro il suo ventre, creatura che avrebbe ispessito il filo che univa i due amanti quali erano lei e il cattivo capitano. Solo loro e la ciurma avrebbero saputo di quel pargolo e questo infondo la feriva dentro: il non poter presentare suo figlio ai genitori la distruggeva dentro ma, infondo, sapeva che per quanto le volessero bene non l’avrebbero mai accettato… mai.
Asciugò una lacrima solitaria sfuggita al suo controllo, ritornando alla lettura del suo libro preferito “Orgoglio e Pregiudizio” sdraiata comodamente sul letto dalle lenzuola sfatte.
Infondo aveva imparato ad amare quella vita di pericoli e adrenalina, perché voler desiderare di incontrare i fantasmi del passato?
Sobbalzò quando dalla porta entrò il consorte visibilmente teso e furioso, posò il libro e non fiatò. Non parlava mai lui se osava chiedergli qualcosa. Questo si sedette pesantemente sul letto prendendosi il volto fra le mani, stanco e avvilito. Peach si limitò a lasciargli qualche carezza sulla spalla, stringendolo da dietro in una morsa che traspirava amore e conforto.
-Non avrei mai dovuto condannarti a questo- sussurrò Mario lasciandosi abbracciare, percependo il ventre leggermente gonfio della moglie, o almeno così si dichiaravano loro. Non avevano mai celebrato una vera cerimonia e sapeva che Peach ne soffriva, anche se non dava a vederlo.
-Non è mai stata una condanna-
-Ti credono morta! Per loro non esisti! Ti ho rovinato la vita, cazzo- Peach rabbrividì, prese il volto dell’amato tra le mani carezzandone i tratti e ammirandone gli occhi lucidi. Lui non era un assassino, come pensavano gli altri, lui era il suo salvatore e mai lo avrebbe lasciato, anche a costo di strapparsi il cuore con le proprie mani.
Si scambiarono un bacio. Uno di quelli che scaturiva quanto uno avesse bisogno dell’altro, uno di quelli bisognosi come aria.
Mario la circondò con le braccia, stringendosela addosso, carezzandone la chioma bionda. La adagiò sul letto, approfondendo quel bacio unico, desiderando una vita perfetta per lei chiedendosi perché il fato gli volesse così male: poteva nascere nobile e amare la sua donna davanti a chiunque, non rischiando l’impiccagione, poteva amarla come pochi e darle qualunque cosa. Invece, eccolo lì, a pregare giorno per giorno che non gliela portassero via e a maledirsi per aver ucciso la sua memoria.
Si guardarono a lungo.
Peach sfilò via la camicia del capitano, carezzandone a palmi aperti il corpo muscoloso, ammirandone ogni graffio o cicatrice. Si soffermò su una in particolare che, a detta sua, ricordava una stella; ricordava come il bel pirata se la fosse procurata: lei era una giovane principessa di soli quindi anni e lui il suo amore proibito, un amore che non era stato approvato dal grande tiranno e pirata Evans.
 Mario tolse in fretta la veste della moglie prima di cominciare un lasciare lenti e languidi baci sul corpo dell’amata soffermandosi sui punti più sensibili, alzando lo sguardo per vederne l’espressione di estasi.
Si soffermò sul ventre non più piatto, marchiando con teneri baci e lasciando carezze di dolcezza. Non poteva ancora credere che sarebbe diventato padre; lui che aveva sempre odiato responsabilità e doveri adesso si ritrovava a desiderare la nascita del pargolo.
-Mario- sussurrò in un gemito Peach –Ti amo- si scambiarono un altro bacio prima di unirsi definitivamente in un movimento lento e dolce.
Si sentirono uniti, completi, appagati. In un mondo dove non esistevano né ricchezza né povertà, né diritti o doveri, né cattiveria o morte, né pregiudizi e reputazioni… erano solo loro nel loro regno di sogni e amore viscerale.
-Sacrificherei la vita solo per vederti respirare- e non bastarono altre parole da parte del capitano.
Si sentì perdonato.

 
"Parce que tu es celui que je ne peux pas perdre
Tu es celui que je ne peux pas gagner"
   
 
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