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Autore: Gallaghersaresurvivors_    13/12/2016    0 recensioni
"Sbarre spesse, immobili, insuperabili."
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Respiri pesanti, aria torbida di frasi sussurrate, pensieri impazienti.
Minuti traboccanti d'idee, riempiti di parole vuote.
Sguardi cortesi, cenni di saluto, ansia, paura, nervosismo mal celato.
Un turbinio di emozioni interminabili, una  metropolitana di idee e paure, caotica come nell'ora di punta.
Decisioni mai prese, piani falliti, opere distrutte.
Inconcepibile.
Impossibile da spiegare.
Come capire tutto ciò che può nascondersi in un istante?
Un istante sospeso nel tempo, inconsistente.
Un secondo, in grado di togliere il fiato.
Un'idea, un ricordo, un granello di sabbia perso in un'enorme clessidra.
Lascio che il filo mi scorra tra le dita, avanzo, devo trovarne il capo.
Secondi, minuti, giorni, mesi, anni.
Sfrecciano, mescolati: i miei, i tuoi, i nostri.
Fili conduttori di una vita.
Fatti di sorrisi, di mani calde, di abbracci, di altalene abbandonate mosse solo dal vento, di bambini fantasma e di fantasmi bambini, specchi di attimi attesi con fervore, che non torneranno.
Cicatrici, ginocchia sbucciate, il ricorrente "quando sarò grande...".
Attimi persi, ad aspettare.
Sentieri mai percorsi, viaggi progettati e mai messi in atto, ore passate a fantasticare.
Zattere che si trascinano a fatica, immerse nel nero groviglio di memorie, nella sala d'attesa dei nostri ricordi.
Giorni ripetitivi, giorni unici.
Giornate da dimenticare, esperienze da custodire.
Un boato assordante.
Si sovrappongono: urlano, cantano, ridono.
Ognuno vuole farsi sentire.
Pretendono che gli si dedichi del tempo, incapaci di attendere il proprio turno.
Mi bombardano, mi assediano, si fanno strada a spallate tra i miei disperati tentativi di non pensare.
Sembra quasi di non riuscire a respirare.
L'aria è troppo pesante per arrivare ai polmoni, vuole arrendersi.
Minuti saturi di occasioni che non torneranno.
Profumi di persone che non potrai rivedere.
Le mie mani tremano, c'è troppo bianco in questa stanza.
Vorrei andarmene, ma temo l'istante in cui dovrò alzarmi più di quanto non tema l'attesa.
Sento il sudore tra le dita, nonostante il costante respiro del freddo sul collo.
Un freddo interno, dovuto all'opprimente, inevitabile consapevolezza di essere sola.
Intrappolata nella mia testa, incapace di liberarmi.
Sbarre spesse, immobili, insuperabili.
Lo sguardo vola, alla disperata ricerca di una distrazione, ma tutto appare sbiadito, coperto da una patina opaca.
Ritardi, appuntamenti disdetti, piani annullati.
Lacrime, errori, ringraziamenti mai detti, lettere mai scritte, parole di scusa mai pronunciate.
Mi prendo la testa tra le mani, chiudo gli occhi.
Secondi perduti, attesi con ansia, svaniti come granelli di polvere.
Disegni, canzoni, libri sgualciti.
Urla e sospiri, grida e sussurri.
Lottano, armati, imperterriti, senza paura.
Ogni ricordo è una fitta al petto, rende l'attesa più straziante di quanto di per sé già non sia.
Grandi speranze, progetti, sogni.
Tutto perduto.
Attimi irrecuperabili.
Finalmente la lancetta compie la sua azione disperata: un agonizzante secondo si trascina pigramente dietro di lei, incapace di sottrarsi al lento scorrere del tempo.
Abbiamo costruito muraglie, innalzato roccaforti, tentato tutto il possibile pur di tenere a freno i nostri pensieri.
Tutto riaffiora: un oceano di frasi sconnesse, di melodie, di emozioni.
Parlano di te, di noi.
Tra le mie mani la consistenza del filo sembra reale, il gomitolo si è sciolto del tutto: pensieri  aggrovigliati, srotolati, dispersi.
Corrono, corrono di continuo, instancabili.
La mia mente ne è invasa.
Sta per esplodere.
      . . .
 
"Starà bene."
    
Alzo di scatto la testa.
Tutto si ferma.
Starà bene.
 
Il Dottore continua a sorridere, mi tocca una spalla, le sue parole si accavallano, sfrecciano nella grande sala d'Attesa gremita di speranze.
Non riesco a seguire il discorso.
La mia mente ha ripreso a correre, vorrei piangere, ma non ricordo come si fa.
Ricordi di giornate di sole, di pioggia.
Giornate assieme, divisi, da soli, in compagnia.
Vorrei urlare, ma non è il caso.
Continuo a pendere dalle sue labbra, ogni parola che lascia la sua bocca è una certezza in più.
Starà bene, ce la faremo anche stavolta.
Mi aggrappo a questa convinzione come ad un'ancora di salvezza, un barlume di speranza che brilla ancora.
Un guazzabuglio di emozioni vortica nella mia testa, qualcosa di indecifrabile corre dentro di me, sfreccia, come anch'io vorrei fare.
Mi limito a camminare, seguo le linee del pavimento immacolato, osservo i numeri delle stanze ad una ad una, perdendomi tra i grandi corridoi caotici, tra le voci accese e frenetiche di chi tenta di salvare una vita.
Aspettami, giuro che sarà l'ultima volta in cui dovrai farlo.
Faremo le nostre scelte, te lo prometto.
Non lasceremo che la paura prenda decisioni al nostro posto.
Non dovremo più aspettare.
Non sarà più il mondo a spingerci per andare avanti.
Lo tireremo noi.
 
 
 
Non ricordavo quanta speranza potesse trasudare da una sequenza di tre numeri.
Stanza 306.
 L'attesa è finita.
Respiri regolari, ma le mie mani tremano in maniera incontrollabile.
Le tre cifre dorate mi giudicano dall'alto, ridono di me, delle mie lacrime.
Spingo la porta, avanzo.
Una stanza ampia e luminosa.
Una finestra aperta.
Il ronzio basso dei macchinari.
Niente di tutto ciò ha importanza, se non il tuo sorriso, distorto dal dolore ma sincero, trasudante speranza...e vita.
Le lacrime scendono libere, neanche le sento.
Una promessa silenziosa, mentre stringo la tua mano calda fra le mie.


 
  
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