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Autore: Dea Agnesa    13/12/2016    2 recensioni
MALEC.
Alec è un giovane ragazzo di 18 anni, non potrebbe chiedere di meglio perchè si è appena diplomato e non vede l'ora di trascorrere una serena estate con i suoi amici prima di iniziare il college.
Purtroppo non sempre le cose vanno come ci aspettiamo.
A volte un semplice giorno come tanti altri può trasformarsi in un incubo.
Quando tutto cambia, come si comporterà Alec per superare il dolore? chi potrà aiutarlo?
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Tutto andava bene.

Per la prima volta poteva ammettere che la sua vita era “quasi perfetta”.

Alexander Gideon Ligthwood, o semplicemente “Alec”, era seduto ad un tavolo di un noto locale di Londra il “The London Pub” con i suoi migliori amici Clary, Simon, Jonathan e i suoi fratelli Isabelle e Jace.

Tutti insieme stavano festeggiando la fine dell'anno scolastico e la consegna dei diplomi avvenuta poche ore prima.

Quello era stato un anno davvero molto impegnativo, la Highgate Wood School, nonostante non potesse di certo essere considerato tra gli istituti privati più facoltosi di Londra, vantava un corpo docente particolarmente severo e soprattutto negli ultimi mesi prima del diploma erano riusciti davvero a dare il meglio di loro, assegnando, senza pietà, progetti e ricerche di approfondimento, come se quello che si doveva studiare non fosse già abbastanza.

Poter mettere la parola “fine” a questo periodo delle loro vite era paragonabile ad una sorsata di acqua fresca dopo mesi passati nel deserto.

Alec con il sorriso sulle labbra e un bicchiere di birra in mano, osservava uno per uno i suoi amici.

Jace non era suo fratello di sangue, infatti era stato adottato da piccolo dopo la morte dei suoi genitori, questo non sminuiva il profondo legame che li univa, di fatto entrambi si consideravano più che fratelli, il loro legame era talmente forte che entrambi avrebbero dato la vita l'uno per l'altro se fosse stato necessario.

Quando entrambi avevano avuto circa 7 anni, Jace era stato preso di mira da un ragazzino che frequentava la loro stessa scuola.

Questo trovava particolarmente divertente sottolineare il fatto che Jace non fosse un Lightwood e che Alec e Isabelle non fossero davvero suoi fratelli.

Jaca che in quegli anni era un bambino molto chiuso, reduce da poco della scomparsa dei genitori e catapultato in una città sconosciuta, era anche incapace di difendersi. Così un giorno Alec prima di entrare in classe lo prese da parte, trascinandolo dentro un ripostigliogli delle scope, e gli disse che se anche era vero che loro non erano nati dalla stessa mamma e lo stesso papà, saranno fratelli perchè sceglieranno di esserlo e non perchè sarà imposto da legami di sangue.

Quel giorno decisero che il loro legame sarà più forte di qualsiasi altro, così forte che quando uno dei due starà male l'altro lo saprà immediatamente e correrà in suo aiuto.

Questa unione speciale la chiamarono “legame Parabatai”.

Adesso probabilmente entrambi non ricorderanno più questo termine usato da piccoli, ma l'essenza di quello che si promisero quel giorno li accompagna tutt'oggi.

Nonostante questi bei principi e l'affetto che li unisce, Jace a volte riusciva davvero a far imbestialire Alec comportandosi da cretino con le ragazze.

Lui era il capitano della squadra di football del liceo, non c'era da stupirsi infatti se sfruttasse questa sua posizione per rimorchiare (non che ne avesse bisogno, essendo particolarmente affascinante le ragazze gli avrebbero ronzato attorno anche se fosse stato un barbone).

Questo però non doveva far pensare che fosse il classico bel biondo palestrato e senza cervello.

A scuola aveva sempre vantato una buona media, che riusciva a mantenere durante l'anno grazie ad un pizzico di studio e ad una buona dose di faccia tosta, che faceva sempre sorridere i prof.

Cosa dire di sua sorella Isabelle, o Izzy per gli amici, era sicuramente la ragazza più avvenente di tutta la scuola.

Nonostante lei e Alec fossero gemelli non potevano essere più diversi, sia fisicamente che caratterialmente.

Se Alec poteva essere definito un ragazzo pacato, riflessivo e introverso, sua sorella al contrario era esuberante avventata e impulsiva.

Ma la sorella era molto di più di feste ,alle quali si trascinava abitualmente i fratelli, e abiti firmati.

Lei era la guerriera alla quale Alec sapeva di potersi appoggiare in caso di difficoltà, era la mano gentile che lo accarezzava quando era triste e la confidente a cui apriva il suo cuore quando aveva bisogno di sforgarsi.

Senza di lei, infatti, non avrebbe mai saputo accettare la sua omosessualità.

Quando glielo disse, seppe subito che lei non lo avrebbe mai giudicato ne criticato, soprattutto non lo avrebbe spinto ad aprirsi al mondo fino a quando non si sarebbe sentito pronto lui stesso.

Per queste ragioni l'amava profondamente.

Jonathan d'altro canto, era un ragazzo eccezionale, i due si erano conosciuti solo due anni prima e quello che colpì subito Alec fu la semplicità con la quale riuscì ad essere suo amico.

In realtà non dovrebbe sorprendere tutto questo, visto che Jonathan veniva considerato da tutti come “il ragazzo perfetto”. Aveva l'innata capacità di farsi amare da tutti, era uno di quei tipici ragazzi che sapeva sempre cosa dire e come comportarsi riuscendo ad uscire da vincente in ogni situazione.

Alec si trovava spesso ad osservarlo quando amabilmente discuteva con gli altri, sperava in cuor suo un giorno di poter avere anche solo un decimo della sicurezza e dello charm che aveva l'amico.

Come se non bastasse era anche lo studente migliore della scuola, posto che prima del suo arrivo era detenuto da Alec, non che questo fosse un problema per lui, anzi credeva fosse appagante avere qualcuno con cui confrontarsi.

A volte pensava seriamente che senza l'aiuto di Jonathan e dei lunghi pomeriggi passati a studiare, non sarebbe mai riuscito a mantenenere una media abbastanza alta da poter fare domanda e sperare di essere ammesso ad Harvard.

Clary invece era uno scricciolo dai capelli lunghi e rossi come il fuoco, anche se all'apparenza poteva apparire timida era invece capace all'occorrenza di tirar fuori gli artigli, diventando una vera forza della natura.

Si erano conosciuti durante il secondo anno di liceo e dal preciso momento in cui i suoi occhi si posarono sulla figura di Jace fu chiaro a tutti, tranne al diretto interessato ,che non avrebbe guardato allo stesso modo nessun ragazzo.

E fu così per tutti quegli anni, rimase ad osservarlo in maniera discreta aspettando il momento in cui lui si fosse accorto di lei e l'avrebbe vista con occhi diversi di quelli con cui si guarda una semplice amica.

Ad oggi però non ebbe fortuna.

Insieme a Simon si occupavano del giornaletto della scuola, lei più che altro scriveva gli articoli mentre lui era il fotografo ufficiale, pronto ad immortalare ogni scoop con la sua “Canon EOS 700D”.

Ma la cosa davvero interessante di Simon era che faceva parte di una band, certo non paragonabile a grandi band di successo ma in fondo avevano solo 18 anni e come diceva sempre Jonathan per incoraggiarli “da qualche parte si deve pur cominciare”.

Infatti da qualche parte avevano iniziato, precisamente dal locale serale in cui lavorava Jonathan, grazie a lui erano riusciti ad avere un contratto per suonare una sera a settimana.

Se solo avessero smesso di cambiare il nome alla band ogni mese forse sarebbero anche stati presi più sul serio. Quel mese erano “Le bestie del rock”.

    -Alec...ehi alec!- lo chiamò Jace scrollandolo leggermente.

    -eh?..oh si scusami, ero sovrappensiero-

    -Lo vedo fratello, non starai ancora pensando a cosa ne sarà della tua vita se non verrai ammesso ad Harvard?!-

    -Per l'angelo Alec!- disse Isabelle battendo forte le mani sul tavolo – Ci siamo appena diplomati, dovremmo solo pensare a come trascorrere ogni sera da qui fino al primo giorno di college!-

    -Non è quello che fai già abitualmente?- chiese Alec

    -Piuttosto- si intromise Clary, mentre Isabelle faceva la linguaccia a suo fratello – dove andremo questa sera per festeggiare?-

    -Fanno una...- Simon deglutì un boccone di patate fritte e continuò -...mega festa al Pandemonium-

    -Come fai a mangiare così tanto?- chiese Alec sgomento osservando il piatto stracolmo di cibo sul tavolo di fronte a Simon.

    -Che volete?!- rispose questo alzando le spalle- Sono in fase di crescita...e poi quando sono felice mangio- fece un sorriso a 32 denti ai suoi amici e si fiondò di nuovo sul cibo.

Clary e Jonathan ridevano di gusto mentre Alec continuava a osservarlo corrucciato.

    -Ragazzi per piacere, parliamo di cose serie..- disse Isabelle sistemandosi i capelli e sporgendosi verso il tavolo per continuare a parlare. Non fece però in tempo a proferire parola che un coro di voci la fermò.

    -Cosa vi mettete questa sera?- Alec, Jace e Jonathan imitarono nello stesso momento la voce di Isabelle.

Clary scoppiò a ridere portandosi le mani davanti alla bocca per trattenersi mentre Isabelle guardava tutti con sguardo truce.

    -AH, AH, AH- fece lei mettendo su il broncio e incrociando le braccia al petto – Ma come siete divertenti! FORSE sarei dovuta uscire con Abbie Morgan e il suo gruppo invece di venire a mangiare con voi!-

    -Abbie Morgan!?- fece Simon sconvolto- Quell'oca giuliva che è andata a letto con TUTTA la squadra di football del liceo?-

    -In realtà non con tutti...io me ne sono tirato fuori- rispose calmo Jace dopo aver rubato una patatina dal piatto di Simon.

Calò il silenzio. Tutti guardavano il biondo con le sopracciglia inarcate chiaro segno che non credevano ad una parola di quello che aveva detto.

    -Oh andiamo! Ho anch'io una dignità sapete!?- rispose Jace rosso in volto e borbottando tra sé mentre gli altri continuavano a ridere divertiti.

Ad un certo punto furono distratti dal suono di un cellulare.

    -È il mio- disse subito Alec mentre toglieva il cellulare dalla tasca dei pantaloni e rispondeva.

    -Alec...- era la voce di Maryse, la madre di Alec.

    -Mamma?...che succede?- fece Alec avendo subito avvertito qualcosa di strano dal tono della voce di sua mamma.

    -Dovete tornare a casa-

Maryse cercava di mantenenere un tono di voce calmo ma suo figlio capì subito che probabilmente la madre aveva appena pianto.

    -Mamma dimmi cosa succede?! Tu stai bene?e Max?- Alec si alzò dalla sedia di scatto mentre gli amici lo guardavano allarmati.

    -È...è...Max...si tratta di Max, tornate a casa subito!- rispose Maryse che ora non riusciva più a trattenere i singhiozzi.

    -Max?! Mamma cosa?!- chiese Alec con il panico che cominciava ad affiorare nei suoi occhi blu.

Sua madre non rispose, aveva già riattaccato, e Alec rimase in piedi di fronte a tutti con il cellulare ancora all'orecchio e le ultime parole di sua mamma che gli rimbombavano nella testa.

Si tratta di Max.

Si tratta di Max.

Si tratta di Max.

-Max...- bisbigliò Alec ripensando al suo fratellino che aveva visto solo poche ore prima, quella stessa mattina prima di uscire per andare alla cerimonia di consegna dei diplomi.

 

                                                                                          * * * * *

 

    -Andiamo Izzy, esci da quel bagno!!- disse uno spazientito Alec, con la camicia ancora sbottonata e i capelli tutti arruffati, mentre bussava forte alla porta del bagno.

    -Ancora qualche minuto è ho finito- urlò Isabelle.

Poi si sentì il chiaro rumore di un asciugacapelli che veniva azionato.

Ecco perfetto!ora ci vorrà una vita pensò Alec che aveva cominciato a battere la testa nella porta.

Poi alzando la voce, per farsi sentire dalla sorella nonostante il rumore, disse:

-Izzy ti prego, è da un'ora che sei chiusa qui e io non ho ancora neanche lavato i denti!-

-Vai nell'altro bagno- tagliò corto lei.

-Nell'altro bagno ci sta da un'ora Jace!- replicò Alec esasperato mentre tra uno sbuffo e l'altro si allontanava di mala voglia dalla porta.

Cominciava davvero a prendere in considerazione l'idea di andare a casa di Jonathan per preparasi, tanto avrebbe solo dovuto attraversare la strada e sicuramente l'amico sarebbe stato felice di dividere il bagno con lui.

Sarà meglio che avverta Clary e Simon che faremo ritardo...o che probabilmente non arriveremo mai.

Tornò in camera sua e mandò un messaggio veloce ai suoi amici. Appena appoggiò il cellulare sul comodino sentì una porta aprirsi e pensando fosse Isabelle che usciva dal bagno si precipitò fuori dalla stanza.

Non fu sua sorella quella che vide nel corridoio ma suo fratello Max, ancora in pigiama e a piedi scalzi.

-Max! Cosa ci fai in piedi? Torna a letto che prendi freddo-

- Non voglio, mi annoio a letto!e poi ora voi andate via e mi lasciate solo- piagnucolò il bambino.

Alec si avvicinò a lui gli scompigliò i capelli e lo fece rientrare in camera aiutandolo a rimettersi a letto. Poi ispezionò veloce la stanza e afferrò una piccola sedia di plastica gialla che usò per sedersi ai piedi del letto.

-Max non puoi venire, ne abbiamo già parlato ieri sera, prima deve abbassarsi la febbre e poi potrai di nuovo uscire a giocare- disse Alec guardando il fratello negli occhi, il quale nel frattempo abbassò la testa e prese a torturare un lembo del pigiama.

-Ma ora sto bene...ho preso le medicine-

-Sei un piccolo testone! Il dottore ieri ha detto che devi stare a casa, vuoi guarire no?allora fa il bravo e stai qui-

-Ho paura a stare solo-

- Max, sappiamo entrambi che questa è solo una scusa, e poi non sarai solo, verrà Lydia a farti compagnia...ti piace Lydia no?-

-Si....è simpatica- si arrese il bambino.

-Tornerò presto te lo prometto- disse Alec baciando il fratellino sulla fronte e mettendo a posto la sediolina.

Stava per uscire quando Max lo richiamò.

-SI?...- disse Alec riavvicinandosi al fratello.

- Fratellone...non è che...potresti controllare sotto il mio letto?- Disse Max con la voce ridotta ad un sussurro e il viso rosso per l'imbarazzo.

Alec trattenne una risata e si avvicinò al letto per dare un'occhiata veloce.

-Niente di niente qui sotto- disse riemergendo da sotto il letto – tranne un mucchio di giochi- nel dirlo mostrò a Max una action figures di Naruto che teneva stretta in mano.

-...e...nell'armadio?- continuò Max.

- Max ma cosa ti prende? Non hai mai creduto ai mostri sotto al letto o all'uomo nero nell'armadio-

- Il fatto è che...ho fatto un brutto sogno...qualcuno mi osservava mentre dormivo!-

- Max i sogni non possono farci del male...non sono reali- cercò di rassicurarlo Alec.

- Ma questo sembrava vero!- esclamò allarmato il fratellino.

Proprio in quel momento si sentirono dei passi in corridoio e la voce altisonante di Isabelle esclamare:

- Aleeec, il bagno è libero!-

- Devo proprio andare adesso o oggi non mi diplomerò!- disse Alec scompigliando i capelli a Max e uscendo veloce dalla stanza.

- Ciao....- disse tristemente Max con la manina.

Alec però era già fuori dalla stanza.

 

 

                                                                                                *****

 

Subito dopo la telefonata Alec uscì svelto dal locale con gli amici alle calcagna.

Gli sembrava di agire come un automa, non sentiva quello che Isabelle gli chiedeva e non si accorse di aver urtato un cameriere facendogli rovesciare le ordinazioni né di essere uscito dal pub senza aver pagato.

Fermò al volo un taxi e salì insieme ai fratelli, mentre di sfuggita coglieva gli sguardi allarmati dei suoi amici che lo guardavano cercando di capire quello che stava succedendo.

Durante il tragitto riferì a Isabelle e Jace il contenuto della chiamata, loro lo guardavano senza però osare dir nulla. Solo dopo qualche minuto Jace cercò di rompere il silenzio infondendo un po' di speranza ai fratelli.

-Andiamo ragazzi..non sarà nulla di grave!...forse quella piccola peste si è fatto male, lo sapete che non riesce mai a stare fermo...si sono sicuro che sta bene!-

Alec non aveva il coraggio di rispondere, non voleva esprimere a parole quello che pensava realmente.

Conosceva bene sua madre, non l'aveva mai sentita così sconvolta, neppure dopo il divorzio con suo padre.

Maryse Lightwood era una donna forte, razionale e austera, affrontava tutto con gran coraggio e suo figlio era sicuro che se non fosse successo qualcosa di davvero preoccupante non sarebbe stata così sconvolta.

I tre fratelli sulla macchina si tenevano per mano per farsi forza a vicenda ma quando arrivano vicino casa Isabelle li lasciò andare per rivolgersi all'autista.

-Scusi perchè si ferma?! Non siamo ancora arrivati!-

- Non posso procedere oltre, non vedi?...la polizia sta bloccando il passaggio- rispose questo spazientito.

A quelle parole Alec scese dalla vettura seguito dai fratelli, mentre Jace pagava e Isabelle si copriva la bocca spalancata con le mani quello che si presentò di fronte agli occhi blu del ragazzo fu solo caos.

C'erano parecchie macchine della polizia con i lampeggianti accesi, alcuni vicini curiosi che raccolti in gruppetti parlottavano di quello che era successo, sul vialetto di casa era parcheggiata un'ambulanza.

Alec vide sfrecciare sua sorella verso la madre che poco distante stava parlando con degli agenti, appena vide Isabelle scoppiò in lacrime.

Poco distante invece c'era il commissario di Scotland Yard, un uomo alto e con sguardo severo,il suo nome era Robert Ligthwood ed era il padre di Alec.

Discuteva con gli agenti della scientifica, quando notò Alec che lo osservava gli fece un cenno ma il figlio voltò svelto il viso facendo finta di non averlo visto.

La testa cominciava a girargli, tutto quello che stava vivendo sembrava un brutto sogno e aveva freddo nonostante la temperatura mite degli ultimi giorni.

Prese un bel respiro e sentì due agenti che gli passavano accanto per dirigersi verso la macchina parcheggiata accanto ad Alec. Tese le orecchie e provò ad ascoltare cosa si stavano dicendo.

-La stanza è interamente coperta di sangue, sul muro, sul letto...è uno schifo, sembra sia stato sgozzato un maiale!- disse uno di questi.

Fu a quel punto che Alec fece qualcosa che mai si sarebbe aspettato conoscendo bene la sua indole pacata. Fu come un impulso a cui non riuscì a resistere.

Si scagliò come una furia verso l'agente che aveva appena parlato, scaraventandolo verso la portiera della macchina e tenendolo fermo con tutta la forza che aveva.

-MA COSA CAZZO?!- tuonò l'uomo.

Appena finì di parlare si vide arrivare un pugno all'altezza dello zigomo.

-È DI MIO FRATELLO CHE STAI PARLANDO, FIGLIO DI PUTTANA!- urlò Alec già pronto a sferrare un altro pugno.

-ehi, moccioso! Allontanati da lui!- gli intimò l'altro agente tirano fuori la pistola e puntandola verso alec.

Per tutta risposta Alec invece che allontanarsi e allentare la presa spinse ancora più forte l'uomo che ora si trovava completamente bloccato tra Alec e la macchina.

-Lasciamo andare, Alexander- disse una voce calma e sicura che Alec conosceva bene.

Si girò e vide suo padre, nel suo impeccabile completo, con una sigaretta in bocca.

- Commissario! Questo ragazzo..- iniziò a parlare l'agente che aveva estratto la pistola e che ancora era puntata verso Alec.

- Si da il caso che “il ragazzo” sia mio figlio- disse indicandolo con un cenno, poi continuò con voce dura – E abbassa quella pistola, idiota!-

- Ma signore...ha colpito l'agente Smith!-

- Taci!- disse il signor Lightwood spazientito, poi si voltò verso il figlio – Per l'amor del cielo Alexander, vuoi LASCIARLO!?-

Alec, controvoglia, mollò la presa, massaggiandosi il braccio con il quale fino a quel momento aveva tenuto fermo l'uomo.

Il signor Ligthwood gli si avvicinò, buttò a terra la sigaretta dopo una lunga “tirata”, lo prese per un braccio e lo trascinò via, sotto gli sguardi pieno di astio dei due agenti.

- Hai appena conosciuto i due agenti più idioti di Scotland Yard- spiegò il padre fermandosi e guardando Alec negli occhi – Smith è il peggiore dei due, ha il grilletto facile! Ma è il nipote del sovrintendente quindi...-

- Non me ne frega un...- si fermò un attimo, guardò suo padre e continuò -...NIENTE!....papà cosa sta succedendo?!...dov'è Max?-

Nel pronunciare il nome del fratellino trattenne a stento le lacrime che gli bruciavano gli occhi.

- Alexander siediti- disse il padre indicando il marciapiedi.

- Non voglio sedermi!! voglio sapere cosa sta succedendo?-

- Come preferisci- disse il signor Lightwood accendendosi un'altra sigaretta.

Alec rimase in attesa osservando il padre, avrebbe voluto urlare e strattonarlo solo per vedere in lui una qualsiasi reazione, sarebbe andata bene una qualsiasi emozioni che lo rendesse più umano. Invece tutto quello che si ritrovò fu una spiegazione fredda e distaccata.

- Max è scomparso, non abbiamo idea di dove sia e sembra che nessuno abbia visto niente-

Il commissario di Scotland Yard fu chiaro e conciso come era sua abitudine.

- Ma...ma il sangue?! E ..l'ambulanza?-

- l'ambulanza era per la ragazza, Lydia Branwell-

- Lydia? Ma sta bene?!- chiese Alec allarmato

- Alexander la signorina Branwell...è morta-

oh no! Oh mio Dio Lydia!

Alec non poteva credere alle sue orecchie, non voleva crederci. Non poteva dire di essere legato a quella ragazza ma la conosceva ormai da un paio di anni, ogni tanto faceva da baby sitter a Max, era sempre molto gentile e dolce con il suo fratellino.

-E il sangue..quello di cui parlavano quegli agenti?!- chiese Alec

- La scentifica lo sta analizzando ma sappiamo con certezza che non è della ragazza, adesso sarà meglio che torni da tua madre, ti starà cercando-

- e Max??non si sa niente di lui?come fate a dire che è scomparso e che non è...- le parole gli morirono in gola.

- Non è stato trovato il corpo – rispose il padre distogliendo lo sguardo.

Alec non credeva a quello che stava sentendo, solo l'idea del corpicino di Max privo di vita gli fece venire un capogiro e la nausea. Sentiva in bocca il sapore della bile, avrebbe voluto voltarsi e vomitare pure l'anima e invece suo padre parlava come se nulla fosse, come poteva essere così impassibile?

- MIO DIO, ma ti SENTI?! Stai parlando di tuo figlio! Come puoi essere così insensibile? Non hai un briciolo di umanità!- disse disperato Alec

- Le amozioni ci rendono deboli, Alexander- disse suo padre, che adesso sembrava infastidito – come pensi possa essere di una qualche utilità qui se i miei giudizi venissero offuscati dai sentimenti?! Come pensi sia diventato commissario di Scotland Yard, con la compassione? Pensi che con l'umanità ritroverò mio figlio?!- tirò una boccata di fumo dalla sigaretta ancora accesa e si massaggiò le tempie.

- Non stai lavorando adesso, stai parlando con me!ah e si..grazie oggi mi sono diplomato!-

Queste parole gli uscirono dalla bocca come fossero veleno, fino a quel momento neanche si era reso conto di essere arrabbiato con suo padre.

- Questo atteggiamento è da immaturi Alexander, mi aspettavo più buon senso da parte tua- dopo di ciò si voltò per andarsene.

Fece solo qualche passo che Alec lo costrinse a fermarsi.

- Sai fare solo questo...andartene...come quando hai lasciato la tua famiglia- Alec non riuscì più a trattenere le lacrime che ora scendevano silenziosamente nel suo volto.

È colpa tua...mi hai lasciato

Il signor Ligthwood si voltò verso il figlio ma non fece in tempo a rispondergli che arrivò di corsa un giovano ragazzo, di qualche anno più grande di Alec, con un paio di occhiali tondi e spessi e un blocco per appunti in mano.

- Signore! Commissario signore! Si sta radunando una cerchia di giornalisti e il sovrintendente vuole parlare urgentemente con lei- disse il giovane, tutto d'un fiato e sistemandosi gli occhiali.

- Maledetti avvoltoi! Digli di sparire- rispose

- Al sovrintendente?!- chiese allarmato il ragazzo mentre prendeva febbrilmente appunti.

- NO emerito idiota! Al sovrintendente riferisci che sarò da lui appena finirò di parlare con mio figlio-

- Figlio...- sussurrò il ragazzo scrivendo l'ultima parola sul foglio, poi corse via.

Ci fu un imbarazzante silenzio in cui Alec cercò di asciugarsi le lacrime con le maniche della maglietta. Odiava farsi vedere così debole da suo padre.

Poi incrociò le braccia al petto e disse:

- Sembra quasi vero quando lo dici...-

- Quando dico cosa?- rispose suo padre che cominciava a perdere la pazienza.

- Che sono tuo figlio, quando in realtà non ti è mai importato niente di me!-

I tratti del viso del signor Ligthwood si addolcirono per un'attimo e se anche per una frazione di secondo Alec potè giurare di aver riconosciuto suo padre in quel volto e non il commissario di Scotland Yard. Quello stesso padre che gli aveva insegnato ad andare in bici sul vialetto in cui si trovavano in quel momento.

- Alexander tengo molto a te e ai tuoi fratelli, quello che è successo tra tua madre e me...è complicato...ma voi siete i miei figli e io vi proteggerò sempre.

- Non mi pare ti stia riuscendo bene-

Alec si pentì subito di quello che disse, ma proprio non era stato in grado di trattenersi, non sapeva se fosse perchè era sconvolto dalla perdita di Max o perchè semplicemente aveva bisogno di qualcuno da incolpare.

È colpa tua...mi hai lasciato.

- Alexander...-

Suo padre fece qualche passo per avvicinarsi ad Alec ma questi indietreggiò e portò una mano avanti per bloccare qualsiasi possibilità di contatto.

Osservò suo padre e solo in quel momento si accorse di quanto fosse invecchiato dall'ultima volta che lo aveva visto. Cominciavano a comparire dei capelli bianchi, aveva delle rughette agli angoli degli occhi e la postura che prima era perfettamente dritta adesso appariva più curva, sembrava più...stanco.

È colpa tua...mi hai lasciato.

- Cosa vuoi che faccia?- chiese suo padre, quasi come una supplica, chiudendo gli occhi.

- Trova Max- disse semplicemente Alec

Suo padre sospirò e annui, poi con le spalle curve e senza dire una parola si voltò e andò via.

Alec a quel punto si lasciò andare ad un pianto disperato inginocchiandosi a terra e tenendosi la testa tra le mani.

È colpa tua...mi hai lasciato.

È colpa tua...mi hai lasciato.

È colpa tua...mi hai lasciato.

È colpa mia Max...ti ho lasciato...è tutta colpa mia.

 

 

 

 

 

Ed eccoci qui XD arrivati alla fine del primo capitolo, spero vi sia piaciuto :)!

questa è la seconda fan fiction che scrivo, mi vergogno a dirlo ma la prima è da una vita che l'ho iniziata e non è ancora finita, sono un disastrooooo! Infatti mi ero ripromessa di finirla assolutamente solo che ero troppo impegnata con l'università e non riuscivo proprio a concentrarmi, e voi vi starete chiedendo : e per questa invece il tempo l'hai trovato?

In effetti è stata una cosa strana, mentre studiavo ho pensato a tutta la storia! Poi ho preso un quaderno e ho iniziato a scrivere...e a scrivere...e a scrivere, vi dirò che ho già scritto i primi tre capitoli XD, l'unico stress è doverli riscrivere al pc :( ..ma pazienza!

Cooomunque per qualsiasi consiglio o critica o altro scrivetemi pure, lasciate una recensione che fa sempre piacere :).

ah se per caso vi state domandando dove si è cacciato Magnus...tranquilli arriverà presto!

Al prossimo capitolo allora!

 

  
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