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Autore: Harry Fine    14/12/2016    2 recensioni
In questa raccolta, si vedranno i personaggi di Shugo chara nei panni dei peccatori di alcune delle mie canzoni preferite dei vocaloid, Madness of duke Venomaia, Tailor shop of Enbizaka, Evil eater food Conchita, Judment of corruption, Daughter of evil, Mazzle of nemesis e Gift from the princess Who brought to sleep. Ognuno di loro sarà collegato ad uno dei sette peccati capitali.
Ikuto: lussuria
Amu: Invidia
Utau: gola
Tadase: avarizia
Rima: ira
Nadeshiko: superbia
Lulù: Accidia.
Spero vi piaccia.
Genere: Erotico, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
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In una città composta interamente da edifici di pietra grigia e senza colore, perennemente avvolta da una lugubre nebbia biancastra, una sola macchia di colore spiccava. Era una casa. Una casa che stava venendo lentamente divorata da un enorme incendio, i cui colori arancioni, rossi e dorati erano le uniche sfumature colorate che si vedevano in tutto quel grigiore. Il silenzio assoluto che, solitamente, avvolgeva quel luogo, era infranto dalle grida furiose e piene di odio di una folla inferocita, composta da uomini, donne, bambini e anche anziani, che si era radunata proprio ai piedi della casa in fiamme. Al suo interno, c’erano due persone che, incuranti del fuoco che avvolgeva le pareti, si stavano guardando senza dire una parola. La prima figura era quella di un uomo adulto dagli occhi sanguigni e dei capelli platinati, che si mischiavano con l’incarnato cadaverico. Lui era il giudice corrotto, colui che aveva distrutto quella città con i suoi giudizi ingiusti, guidati solo dalla smania di raccogliere sempre più denaro per sé stesso. E in quel momento stava fissando con sguardo arrogante la pistola che l’altra persona, la giovane ragazza che aveva guidato la rivolta ancora in corso fuori, gli puntava contro, con la bocca delicata digrignata per il disgusto e l’odio che aveva provato fino a quel momento nei suoi confronti. I suoi grandi occhi caramello erano coperti da una maschera metallica, mentre le esili braccia reggevano la sua più fedele compagna. La pistola che aveva ricevuto al suo undicesimo compleanno. Le dita sottili erano premute sul grilletto con decisione, ma non avevano ancora fatto abbastanza pressione da far partire il colpo. L’uomo che le stava davanti era senza dubbio l’essere più infimo che avesse mai conosciuto. Ma sua madre le diceva sempre che ogni persona, anche la peggiore di questo mondo, doveva avere la possibilità di salvarsi, se era disposta a pentirsi dei suoi errori. E lei avrebbe continuato a seguire i suoi insegnamenti, anche se la sua mente e il suo cuore le dicevano di sparare e basta. 《Se restituisci tutto il denaro che hai rubato, avrai salva la vita.》 Disse con freddezza, mentre i lunghissimi e mossi capelli biondi si muovevano e si mischiavano con lo scintillio del fuoco. Lui le sorrise un’altra volta con tutta la sua arroganza, digrignando i denti. 《Non ti darò mai la mia fortuna.》. Quelle parole non fecero altro che ingigantire ancora di più l’odio che la ragazza portava nel cuore. Quello stesso odio che l’aveva consumata per anni, bruciando lentamente la sua anima fino a quando della vecchia se stessa, la ragazza dolce e spensierata che desiderava solo farsi nuovi amici, non era scomparsa del tutto, lasciando solo un inutile guscio vuoto dietro di sé, quella pallida ombra che ora era lì, in quella casa avvolta dalle fiamme. Lui aveva rovinato tutta la sua vita, facendola diventare ciò che era ora. Ed aveva iniziato a fare questo quando gliel’aveva donata lui stesso in prima persona. Solo che quel mostro non lo aveva mai saputo. Lei era nata nella foresta, rimanendo nascosta accanto a sua madre, l’unica persona che le volesse davvero bene e che l’aveva cresciuta con dolcezza e premura. Quando era ancora una bambina, si era chiesta più volte come fosse suo padre, ma quando lo aveva scoperto da adulta, non era stata felice come aveva sempre pensato. Quando sua madre, esalando l’ultimo respiro, glielo aveva rivelato, le era crollato il mondo addosso. Lui era stato la rovina per lei fin da prima della sua nascita. E non importava quanto lei volesse che non fosse vero, perché lo era. Lui poteva rivendicare la sua appartenenza alla sua stirpe corrotta. E, anche se non lo sapeva, l’aveva fatto già da molto tempo. Era stato lui, per proteggere uno dei tanti criminali che lo avevano pagato per salvarsi, ad obbligarla a tingere le sue dita col rosso sangue del suo amato. Il suo Nagihiko. L’unica persona, oltre sua madre, ad averle mostrato un amore puro ed incondizionato e ad averla fatta sentire speciale, era stata spezzata da un proiettile della stessa medesima pistola che adesso stava puntando contro quel mostro che l’aveva concepita. Ormai, solo il suo odio e la sua sete di vendetta le permettevano di andare avanti. Ma c’era un’altra persona che odiava ancora di più di quell’uomo. Se stessa. Perché non era stata abbastanza forte da andare avanti senza sua madre. Perché non era stata abbastanza gelida da far allontanare Nagihiko da lei prima di innamorarsene. Perché non era riuscita a guardare l’ultimo di quei suoi sorrisi aperti che la facevano sempre emozionare prima di premere il grilletto. Ma, più di tutto, si odiava perché non era stata in grado di essere la Rima che le sarebbe piaciuto diventare, senza essere corrotta da suo padre. Infatti, dopo la morte del suo amato, aveva sparato anche a sé stessa per raggiungerlo e smettere di soffrire, ma non era morta. Non poteva farlo. Non prima di aver portato a termine la sua vendetta. Infatti, aveva deciso di aizzare contro il giudice tutta la collera repressa dei suoi compaesani, affinché attaccassero la casa di quell’uomo. Così, i due si erano ritrovati faccia a faccia. Il mandante e il cecchino. Il demone Mammona e il demone Satana. Finalmente, era arrivata la sua occasione di vendicarsi. Finalmente, stava per farlo. Stava per ottenere ciò che aveva sempre desiderato. Così, avrebbe finalmente trovato la pace che agognava da tanto tempo. Stava per premere il grilletto, quando vide che il maestro della corte corrotto stava confortando una strana bambola di porcellana con i capelli biondi leggermente arricciati sulle punte e gli occhi blu, chiamandola “Lulù”, il nome della sua vera figlia. La ragazza sentì, per un attimo, un certo dispiacere per quell’uomo, che aveva rimpiazzato la figlia con un suo simulacro per il dolore. Infatti, effettivamente, lui aveva avuto una figlia, un tempo, ma era morta annegata ormai da molti anni. “Mia sorella.” Pensò amaramente Rima. Sentì di nuovo la collera montare. Perché era successo proprio a lei? Perché non aveva potuto avere una famiglia normale come chiunque altro? Perché non aveva potuto stare accanto alla sorella minore prima che precipitasse tra le onde? Perché non aveva mai neanche saputo di avere avuto una sorella minore!? Alla fine, sentendo la rabbia scorrere dentro ogni fibra del suo essere, si decise. Puntò con più decisione la pistola verso di lui. Ma il giudice le si avvicinò, cogliendola di sorpresa, e stringendola in un abbraccio quasi paterno. Poi, il giudice le sorrise in maniera quasi folle. 《Non ti darò mai la mia fortuna. Arrenditi.》 Ripeté al suo orecchio, continuando a stringere la bambola al petto, come se fosse stata davvero una persona in carne e ossa. Poi, si volse indietro, allontanandosi da lei. “Mamma, ma come hai fatto ad amare un uomo così?” si chiese la discendente di Satana con amarezza. Poi, ripensando a sua madre, a Nagihiko e alla vita che avrebbe potuto avere, trovò finalmente la forza che le mancava, e accadde. Fu un attimo. Il suo dito premette con più forza per un secondo. Un colpo secco attraversò l'aria e suo padre era caduto riverso sul pavimento, senza più vita, mentre il sangue gli imbrattava i suoi capelli platinati e gli abiti scuri. La ragazza rimase lì, ferma come una statua. Perché, adesso che era riuscita finalmente a premere quel dannato grilletto con abbastanza forza da porre fine all’esistenza di quel mostro, non ne ricavava alcun piacere? Perché compiere la sua vendetta non le aveva dato la pace che sperava? Rima tolse la maschera di metallo dagli occhi, incurante della cenere. Dopotutto, stava piangendo lo stesso. Un’ultima domanda sorse nella sua mente. Perché non poteva essere amata da qualcuno, senza vederlo sparire come era già successo con sua madre e Nagihiko? Lacrime di infelicità e frustrazione continuarono a cadere dai suoi occhi, mentre sentiva le fiamme, che stavano finendo di consumare la casa del giudice, lambire anche il suo corpo. Non le importava più. Il dolore non era niente. Alla fine, cadde a terra, sfinita dal fumo e dal fuoco, senza più forze. E, mentre il suo campo visivo si annebbiava, vide Nagihiko che le tendeva la mano. Uno di quei sorrisi che tanto le piacevano gli ornavano le labbra. Il giorno dopo, i cittadini festeggiavano sulle ceneri e sulle macerie del luogo in cui due vite su erano spezzate, urlando di gioia di fronte alla vista dei due corpi carbonizzati e alla loro ritrovata libertà.
   
 
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