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Autore: Esse505    15/12/2016    0 recensioni
Però mi è sempre mancato troppo.
E lui non sopporta quando dico questa parola.
Troppo.
Lo amo troppo.
Mi manca troppo.
Il troppo stanca, secondo lui. Ma non è vero.
Il mio troppo non si stanca, non di lui. Perché lui è quello che cercavo da troppo tempo, come potrei stancarmi della felicità?
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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I

Magari quando lo racconto nessuno ci crede. Chiunque potrebbe pensare che è stato tutto programmato, perché avevo uno scopo preciso. Ma non è stato così, perché quando gli ho detto di venire ad abitare con me davvero non avevo programmato niente.
Lui mi piaceva, e anche tanto, sapevo da ancora prima che arrivasse che sarebbe stata una convivenza fantastica, ma mai avrei immaginato tutto questo.
Lui è stato l’eccezione in mezzo a tutta questa massa di stronzi. Mi ha sempre dimostrato tanto senza che io fossi niente per lui. Sicuramente si sentiva con altre ragazze mentre si sentiva con me, anzi, lo so per certo perché è stato lui a dirmelo, e sinceramente non ho idea del perché abbia deciso di stare con me.
Sono sempre stata convinta, a differenza sua, che le ragazze non gli siano mai mancate e a volte me lo chiedo “perché me?”
Però quando è arrivato a casa, tutto è cambiato. Anche io.
All’inizio avevo davvero tanta paura, soprattutto che fosse come tutti gli altri. Avevo paura che stando lontani potesse andare con altre, ma è stato bravissimo a riuscire a farmi fidare di lui.
La prima sera che è arrivato voleva dormire con me, ma io non ho voluto. Gli ho detto che non era possibile, ma in realtà avrei voluto tanto dormire con lui. Però era la prima sera, non mi sembrava proprio la cosa più giusta da fare la prima sera che un tuo amico veniva ad abitare con te. Proprio perché ancora non eravamo niente.
Quella sera, dopo cena, ci siamo messi sul divano a guardare la televisione ed è stata la cosa più bella che avessi mai fatto. Mentre era sdraiato su di me non facevo che pensare che avrei voluto poter stare così col mio ragazzo, tranquilli, su un divano, anche senza parlare. E non riuscivo a non pensare che mi sarebbe piaciuto che fosse stato lui il mio ragazzo e che avrei voluto fare quelle cose con lui.
Mi ricordo che ha insistito davvero tanto per dormire insieme, e quando lui è andato nella sua stanza ho pensato che da un momento all’altro avrebbe bussato alla porta per fare l’ultimo tentativo, e per un attimo ho anche pensato di andare io da lui e dirgli di venire da me. Quanto avrei voluto. Ma sono rimasta nella mia stanza, sotto le coperte, a immaginarmi cosa stesse facendo nella stanza accanto.
Però purtroppo, quando una persona mi piace, non riesco proprio a starmene tranquilla. Aveva portato del vino da Vicenza e la sera dopo abbiamo festeggiato in camera mia il suo arrivo in casa e l’inizio della nostra “vita da coinquilini”. Il tutto rigorosamente sul mio letto, con calici e luci soffuse da film. Abbiamo bevuto tanto e abbiamo riso tanto. Dopo un po’ l’alcol aveva fatto il suo lavoro egregiamente e non riuscivo a non togliermi dalla testa il fatto che lui fosse lì, accanto a me, con quello sguardo e quella sua solita espressione bellissima che mi fa battere forte il cuore ancora ora. Si è messo sotto le coperte e mi ha stretto a sé. Come potevo dirgli di no? Con quel suo calore e quel profumo. E quei baci che si avvicinavano sempre tanto ma mai abbastanza. È riuscito rendere tutto perfetto, quella sera, e l’unica cosa che volevo era poterlo baciare e non smettere più.
E poi mi baciò. È stato come se non avessi mai baciato nessuno prima di lui, era un bacio di dolcezza mista a passione, il desiderio si percepiva, ma non dominava la scena. Era un bacio lento, accompagnato da carezze e gemiti. Qualche volta aprivamo gli occhi per guardarci mentre ci assaporavamo quel momento tanto atteso, ma quel bacio non lo abbiamo mai interrotto. Finché poi si staccò dalla mia bocca, giusto un attimo, il tempo di guardarmi dritta negli occhi e sussurrarmi con quella sua sincerità disarmante quel “sei bellissima” che mi fece capire che non mi sarei dovuta più preoccupare di cercare la felicità, perché l’avevo giusto a due centimetri di cuore.
Quel cuore che batteva tanto forte da chiedermi se anche lui lo sentisse. E con le gote colorate dal vino, il viso illuminato da quelle luci impercettibili, i capelli spettinati e sotterrata nel mio pigiama gli piacevo comunque. Non stava fingendo soltanto per ottenere un bacio, quello lo aveva già avuto, non doveva neanche fingere per conquistarmi del tutto. Quello lo aveva già fatto, e lui lo sapeva bene.
Era solo sincero, e nessuno lo era mai stato così in fondo, nessuno mi aveva mai fatto un complimento senza mirare a un secondo fine.
Poi riprese a baciarmi e lo lasciai fare, perché tutto quello di cui avevo bisogno in quel momento era lui. Lui e nient’altro.
Il mattino dopo non lo sapevo ancora, ma la mia vita era appena cambiata. Svegliarmi accanto a lui e sapere che non se ne sarebbe andato. Questa consapevolezza mi fece sentire al sicuro, come non lo ero mai stata realmente fino ad allora.
Quando lui dorme non sopporta il contatto, perché altrimenti non riesce a dormire, e mi disse che quella notte mi avvicinavo a lui per essere stretta. allora mi sentii un po’ in colpa, perché avevo paura di averlo svegliato, però mi disse che non avrei dovuto. “Era bellissimo”, questo mi ha detto.
E poi ci siamo messi insieme.
“Quindi stiamo insieme?”
“Tu devi dirmelo, sei tu quella che ha problemi di cuore”
“Io non ho nessun problema di cuore”
“Quindi?”
“Quindi stiamo insieme”.
È andata più o meno così.
E poi abbiamo fatto l’amore per la prima volta.
L’amore.
Perché era già amore senza che ancora lo sapessi.
Il momento più bello della mia vita, insieme a quando mi ha detto che mi amava. È successo tutto nel giro di qualche giorno, ma mai ho dubitato del suo sentimento. Era di una sincerità disarmante. E l’ho amato anch’io da lì.
L’unica cosa che mi faceva andare avanti durante i turni pesantissimi in tirocinio era il fatto che una volta tornata a casa avrei trovato lui, con quel suo sorriso contagioso e quei suoi abbracci soffocanti.
Appena entravo a casa posavo la borsa, le chiavi e mi mettevo seduta sopra il bancone della cucina per raccontargli la mia giornata e sentire la sua, mentre lui cucinava per entrambi. È stato lì che ho capito che volevo che quella fosse la mia vita, tornare dal lavoro e parlare di quello che era successo. Giorno dopo giorno, con gli anni che passano e sempre con la gioia di adesso, che di anni ne abbiamo soltanto venti.
Quando il fine settimana tornava a Vicenza quella casa diventava triste. Ero sempre sola, stanca, perché puntualmente io lavoravo, e triste perché avrei voluto che ci fosse lui a stringermi e invece non c’era.
Ma lui doveva stare con i suoi genitori, con i suoi amici.
Però mi è sempre mancato troppo.
E lui non sopporta quando dico questa parola.
Troppo.
Lo amo troppo.
Mi manca troppo.
Il troppo stanca, secondo lui. Ma non è vero.
Il mio troppo non si stanca, non di lui. Perché lui è quello che cercavo da troppo tempo, come potrei stancarmi della felicità? 
Quella felicità che improvvisamente è salita ogni mattina sul mio stesso autobus e che si è seduta soltanto una fila avanti la mia all’università.
Nella nostra coppia i ruoli sono un po’ invertiti. Lui è quello che si ricorda quando ci siamo messi insieme e mi fa gli auguri di mese in mese sempre per primo. Lui è quello che cucina e io sono quella che sta sul divano a guardarlo. Si lamenta di aver trovato l’unica palermitana che non sa cucinare, ma è tanto bello quando sta lì davanti ai fornelli, mentre cerca di far venire perfetta una ricetta che ha appena inventato.
Una sera ci siamo resi conto troppo tardi che in frigo c’erano soltanto del pollo e delle pesche. Se fossi stata sola non mi sarei fatta tanti problemi su cosa cucinare, era anche abbastanza ovvio, ma a lui piace complicarsi la vita. Quella sera mi ha bandito dalla cucina, voleva che fosse una sorpresa e mentre guardavo la tv, sentivo dall’altra stanza che imprecava contro le padelle sperando che non stesse facendo un gran casino.
Ha portato il tutto ancora dentro dove l’aveva cucinato, con un bel coperchione di sopra per tenermelo nascosto fino all’ultimo.
“Voilà!”, tolse il coperchio e fui investita da un fumo e un profumo così allettante.
“Cos’è?”
“Pollo con le pesche”.
“Ed è buono?”
Allora lì mi sorrise e mi disse “non ne ho la più pallida idea”.
È stato meraviglioso vedere la soddisfazione sul suo viso quando assaggiò il primo boccone.
Perché le nostre giornate sono sempre state così dall’inizio. Basate sull’improvvisazione.
Anche se ancora dovevo finire il turno e mi arrivava un suo messaggio per dirmi di uscire, io accettavo. Mi sarei riposata dopo.
Tornavamo entrambi dal tirocinio, entravamo a casa e decidevamo di andare a cena fuori, anche se la mattina dopo la sveglia suonava alle cinque.
Non c’era niente da mangiare? Neanche il necessario per inventare una ricetta all’ultimo minuto? Nessun problema, hanno inventato Just Eat per un motivo.
Lui si è sempre preoccupato del fatto che andiamo a mangiare fuori spesso, o che non andiamo spesso al cinema o fare cose di questo genere. Lui però non ha capito una cosa, che a me di tutto questo non importa niente. Possiamo andare al cinema una volta sola in tutta la nostra vita insieme o andare a mangiare fuori soltanto per il nostro anniversario, o forse neanche per quello. A me continua a non interessare, perché a me basta anche semplicemente vederci un film sotto le coperte e ordinarci una pizza per festeggiare il nostro terzo anno insieme.




   
 
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