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Autore: dream_liberty    15/12/2016    7 recensioni
La piccola dolce Mikan è stata cacciata dall'alice academy dopo aver frequentato solo un anno, il nonno era morto già da tempo, e Mikan fa una sorta di pellegrinaggio tra famiglie ed orfanotrofi, era seguita da molte associazioni antialice, fu così che la piccola Mikan passò 5 anni infernali. Poi improvvisamente viene riammessa nell'accademia. Mikan era provvista di alice molto potenti ed estremamente rari.
Come sarà la Mikan sedicenne? E come si evolverà il suo rapporto con tutti i suoi amici alice, in particolar modo con Natsume? Sarà odio o amore?
Ciao , sono nuova e questa è la mia prima fanfiction in assoluto, quindi per favore abbiate pietà e siate clementi, spero di ricevere qualche recensione va bene anche negativa, be spero sinceramente che la storia vi piaccia.
Genere: Avventura, Azione, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mikan Sakura, Natsume Hyuuga, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Avviso che il capitolo è molto lungo, quindi mi scuso del probabile disagio, ma non potevo proprio dividere il capitolo.

Pov Mikan

 

Cominciammo a correre tra gli intricati corridoi della sezione superiore.

O meglio, io correvo a più non posso, mentre Natsume procedeva con passi lenti e misurati, senza nessuna fretta, tanto avremmo ricevuto il castigo peggiore del secolo.

Una bazzecola, niente di che.

Una bazzecola un corno, se tra cinque secondi non avesse messo in moto le sue belle (oddio ho pensato veramente belle?!) chiappe, gli avrei dato un calcio nelle parti interessate.

Il bello è che era stato proprio lui a dire di correre. Coerenza portami via.

-Muoviti!! Arriveremo in ritardo di questo passo!- esclamai spazientita dal passo poco lesto di Natsume, sembrava farlo apposta!

No, mi correggo, non sembrava.

Lui lo faceva apposta per farmi incazzare, era una delle poche sicurezze che il Karma mi concedeva.

Il troglodita incoerente sospirò rassegnato, dandomi quasi l'impressione che dovesse parlare ad un bambino particolarmente duro di comprendonio. E quel bambino, con ogni probabilità ero io.

-Tanto siamo già in ritardo, non serve a niente fare una corsa contro il tempo come stai facendo tu, finiresti in ogni caso in punizione- disse seccato.

Giuro che se non fosse per il fatto che eravamo già in un ritardo di cui Jinno sensei ci (mi) avrebbe fatto pentire amaramente, lo avrei già preso a schiaffi, no anzi a pugni.

I pugni erano più dolorosi, magari gli avrei rotto l'osso del naso, e...

-Stai rallentando il passo idiota, più rallenti più la punizione di Jinno sarà atroce- mi consigliò acido la persona che in quel momento era al centro dei miei pensieri non proprio ammirevoli.

Sfortunatamente dovetti ammettere che aveva ragione, ma non per questo avrei lasciato i miei intenti omicidi in sospeso.

-Tic tac, il tempo sta scorrendo e tu sei ancora qui, la tua punizione diventerà sempre più crudele- cantilenò.

Io sbuffai. Era peggio di una donna in menopausa.

E... e poi chi si credeva di essere quello screanzato?! Non sarei stata la sola a finire in punizione, ci sarebbe finito anche lui con me.
Be credo. 
Spero.

Te l'avevo detto Mikan, ma al giorno d'oggi nessuno ascolta la propria coscienza” mi riprese quest'ultima che rintanai immediatamente in un angolo remoto del mio cervello. Di ramanzine ne avevo fin sopra ai capelli.

 

Dopo qualche minuto, dove noi stranamente non litigammo (in realtà non ci eravamo più rivolti la parola), arrivammo davanti alla porta che conduceva alla nostra classe, e... be alla nostra (mia) punizione alla Jinno.

Avvicinai, con la lentezza esasperante di un bradipo assonnato, la mano tremolante verso l'imponente apertura in noce,e la misi con delicata gradualità sopra la maniglia in ottone. Più ritardavo il momento X, meglio era.

Continuai ad osservare la porta, cercando una qualunque illuminazione da parte dei santi Kami o di Ghandi.

Ma oltre alle venature quasi pittoresche dell'uscio, non ottenni nessuna illuminazione da parte del Grande Ghandi, o magari anche dei Kami.

E dire che il famoso vecchio indiano che vinse il Nobel per la pace anni or sono era contro alla violenza, o almeno quando era ancora in vita; ma si sa, non si è mai troppo vecchi per cambiare in peggio.

Be guardiamo il lato positivo in questa situazione in cui probabilmente ne sarei uscita nei migliori dei casi con qualche frattura, almeno non avrei più visto quel pallone gonfiato di Hyuga Natsume per un po' di tempo.

Ero anche indecisa se aprire o no, forse non c'era neanche il bisogno di dirlo.

Anche un deficiente lo avrebbe capito.

E sinceramente ero molto più orientata verso la seconda opzione che ammettiamolo chiunque avrebbe preferito, ma sapevo che se sarei scappata a gambe levate come mi suggeriva il mio istinto di sopravvivenza, mi sarei ritrovata in guai peggiori di quelli che mi aspettavano attualmente, eppure non riuscivo a trovare quel coraggio che mi portasse ad aprire la porta che mi avrebbe portato direttamente al letto di morte. E chi l'avrebbe avuto dopotutto? Nessuno appunto, quindi non posso essere biasimata per questo.

Mentre mi facevo delle seghe mentali con un pubblico immaginario particolarmente comprensivo, oltre l'asse di legno pregiato che mi divideva dalla mia meravigliosa classe, ci fu un urlo agghiacciante e poi silenzio.

La mia fervida (ed anche malata direi) immaginazione, intanto, cominciò a galoppare nelle punizioni più remote e violente.

Ma la più spaventosa di tutte era l'idea che il professor Jinno mi assegnasse una None-star. Forse vista dall'esterno sembrerebbe una cosa da nulla, ma qui dentro una None-star equivaleva ad essere una sorta di fenomeno da baraccone a vita.

Se venivo presa in giro, alle elementari per quello stupido giudizio datomi anche allora da Jinno-sensei, cosa sarebbe successo se mi avesse rifilato un'altra None-star adesso che ero alle superiori?! Non volevo immaginarlo.

Pregai con tutta me stessa il mio Karma, che il professor Jinno con gli anni avesse ammorbidito il carattere burbero, e che magari fosse diventato un gentile professore di mezza età, o ancora meglio ancora che se ne fosse andato in pensione. Anche se dubitavo di entrambe le alternative.

La prima lo aveva dimostrato l'urlo di dubbia appartenenza dietro alla porta, la seconda... be la seconda, per quanto fosse bella, era un'opzione impossibilitata visto che Natsume ilrovinasogni Hiyuga aveva esplicitamente detto che il prof. era ancora vivo e vegeto.

Ma dato che la speranza era l'ultima a morire, ed io ero fessa dalla paura, mi tenni ancorata a queste due possibilità ben remote ad avverarsi.

-Muoviti!- sbottò spazientito Natsume dalla mia indecisione (più che giustificata aggiungerei), dandomi uno spintone con la gamba, prendendomi così di sorpresa, facendomi cadere (anche se l'aggettivo più appropriato sarebbe ruzzolare) contro il portone, aprendolo.

Fantastico. Un'entrata davvero trionfale.

-Ma che ti sei fumato questa mattina, coglione rincitrullito?!- esclamai furente dimenticandomi, anche se solo per pochi secondi, dove (o meglio, con chi) mi trovassi, assumendomene così le conseguenze.

Mi ero tolta lo sfizio d'insultarlo ad alta voce, e per questo molto presumibilmente sarei finita come minimo nell'infermeria della scuola a patire di dolore.

A pensarci bene l'idea non era poi così male, avrei saltato quasi sicuramente la missione.

Forse.

Niente era sicura in quella gabbia di matti.

Niente.

-Signorina Sakura- disse una voce gelida.

Fantastico, i Kami e forse anche il grande Ghandi ce l'avevano con me, in quello non avevo dubbi.

Ero ancora per terra.

Stavo cominciando seriamente a pensare d'intraprendere una sana e duratura relazione d'interesse con il pavimento.

Il mio amore aveva bisogno di coccole, amore e rispetto, e per donarglielo doveva avere un contatto diretto con la sottoscritta, il professore invece sembrava non capire questo bisogno.

Anche lui avrà avuto una gioventù in cui faceva cazzate varie, no?
Forse.

Probabile.

Oppure, data la bellissima realtà in cui mi trovavo, la risposta molto verosimilmente era un no chiaro e tondo.

Quindi in poche parole la mia tranquilla vita liceale era andata fottere in un qualche bagno pubblico lontano da qui.

Che bella che è la vita.

È meravigliosa quanto...
Forse, a pensarci bene, sarebbe meglio evitare di offendere con epiteti 
poco carini, ma più che meritati, la vita. Lo avevo già fatto in passato ed ecco la mia situazione catastrofica, con il felice epilogo della mia improvvisa scomparsa da questo mondo.

Una vita breve ma intensa” volevo questa frase come commemorazione della mia tomba.

Riepilogando (no, non volevo crederci quindi dovevo riepilogare per forza, nella vaga speranza di un errore) la mia vita, sempre se quella si potesse chiamare vita, all'interno dell'accademia sarebbe stato peggio dell'Ade. Quasi quasi l'Ade o inferno, chiamatelo come volete, non è poi una così brutta opzione, mi chiedo se ci sia ancora qualche posto.

Ed a condire il tutto, il mio karma non aiutava.

Karma del piffero.

Dopo interminabili secondi in cui ovviamente maledii Natsume ed il mio karma mal funzionante, raccolsi (o se non altro ci provai) quel poco coraggio che avevo ed alzai lievemente il viso, interrompendo il contatto con il mio beneamato pavimento.

Era in piedi, e dalla posizione, piuttosto scomoda devo dire, in cui mi trovavo mi sembrava un gigante.

Proprio come sei anni fa.

Aveva il solito cipiglio severo che lo aveva caratterizzato da sempre, o almeno sin da quando ero venuta nell'accademia .

Era vestito con un completo rigido, gli occhi erano due fessure che mi fulminavano con lo sguardo, e in tutta sincerità non mi sarei affatto sorpresa se da un momento all'altro mi avesse fulminato, nel vero senso della parola. Ne era benissimo capace, lo sapevo.

Il mio sguardo infine si spostò sulla bacchetta che utilizzava per riportare l'ordine, e per punire chi non avesse seguito le regole, in particolar modo le sue regole.

Tremai al solo ricordo di essere stata una di quelle vittime.

Rammentai ancora la scarica elettrica che mi aveva procurato quella maledetta bacchetta. Nonostante la scossa fu di breve durata, ne uscii traumatizzata.

Il ricordo era ancora vivido.

Chiusi gli occhi per controllare il mio respiro. Stavo andando in iperventilazione.

Che bella giornata di merda.

Forse quella telefonata all'Ade la dovevo fare dopotutto, chissà magari un posticino per una ragazza sfortunata era ancora disponibile.

-Signorina Sakura, mi sta ascoltando?!- mi riprese il professore con una nota di disappunto malcelata.

E non era neanche diventato il gentile vecchio professore di mezza età che avevo tanto desiderato diventasse, né era andato in pensione dato che fino a prova a contraria e, ahimè, non ce n'era nessuna, si ergeva davanti a me in tutta la sua altezza statuaria. Non che fossi particolarmente sorpresa.

Le mie erano fin dall'inizio blande speranze su cui sorreggermi.

Per l'ennesima volta in pochi minuti maledii con il pensiero il mio karma di dubbia esistenza, mentre il professore cominciava evidentemente a spazientirsi.

-Sakura, si alzi!- riprese lui.

Guardai un'ultima volta il mio pavimento, e sospirai.

Accarezzai le sue piastrelle fredde.

Mi dispiace pavimento, la nostra storia è stata breve ma intensa.

Quella frase cominciava a piacermi, forse l'avrei presa come filosofia di vita. Sempre se sarei rimasta in vita.

Comunque dopo un'ultima occhiata di dispiacere e rammarico indirizzato a vuoto per gli altri, alla pavimentazione per me, mi alzai con poco entusiasmo.

Mi lisciai la gonna spiegazzata con gesti bruschi e nervosi, con l'unico (disastroso aggiungerei) risultato di peggiorare la situazione in generale, ottenendo così un'occhiata (l' ennesima in poco tempo) di biasimo da Jinno-sensei.

Cominciamo bene.

Abbandonai così i miei buoni, buonissimi, propositi di migliorare la mia gonna, che probabilmente aveva visto tempi migliori, ma poi, dovetti dubitare di questa magra consolazione visto che gli unici tempi che aveva avuto modo di vedere era stato insieme alla sottoscritta.

Povera sottana, ti posso capire. Più o meno.

-Adesso spero vogliate spiegarmi il perché di questo ritardo- quella frase normalmente sarebbe stato una richiesta più che altro, magari anche un po' severa, ma pur sempre una richiesta, invece quando la locuzione uscì dalla lingua biforcuta del mio amabile professore di matematica assomigliò più ad un intimazione di un tiranno pronto a tagliarti la testa in due. E non era molto rassicurante che il tiranno in questione fosse il prof. Jinno. Sembrava la versione giapponese di Adolf Hitler. Ed in tutta sincerità avrei scelto il pericoloso tedesco razzista.

Sempre meglio di Jinno.

-B...be ecco professore, i...io cioè noi, cioè sì, be si ecco possiamo spiegare-.

Brava Mikan ottimo lavoro, una spiegazione impeccabile...

Ma col cavolo, “possiamo spiegare” ma che razza di scusa sarebbe?!

Non che ci volesse qualche scusa visto che teoricamente ci aveva chiamato fuori un professore, ma dubito che se qualcuno (sopratutto Jinno-sensei) a cui stai su enormemente, ti stesse minacciando di morte certa con lo sguardo (sopratutto con il suo sguardo), e con una bacchetta che ti aveva traumatizzato in passato, riusciresti a parlare coerentemente. Sfido io chi ci riuscirebbe.

Spostai lo sguardo verso Natsume nell'inutile speranza che lui mi potesse aiutare in un qualsiasi modo.

Idiota, cretino, scemo. Quelli furono gli epiteti più carini e meno osceni che la mia mente riuscì a perire per descriverlo in quel momento quel vigliacco arcaico.

Non solo non stava facendo nulla per salvarci (okay, per salvarmi) da quella situazione assurda, ma sembrava anche vagamente divertito nel vedermi in difficoltà.

Lo odio, lo odio, lo odio.

L'ho già detto che lo odio?!

Digrignai i denti per la rabbia e la profonda avversione che provai verso quell'emerito balordo. Se finivo io nei guai ci finiva anche lui, eravamo nella stessa insicura zattera, la barca sarebbe anche fin troppo rassicurante, quindi a rigor di logica avrebbe dovuto salvarsi le chiappe, magari aiutando anche me.

Non gli costava nulla.

Più o meno, ma almeno avrebbe fatto la prima cosa utile in vita sua. Non era mai troppo tardi per imparare.

E invece no!

Doveva divertirsi guardando una povera studentessa appena arrivata (cioè io) che si umiliava davanti al professore più spregevole della scuola, per cercare una scusa abbastanza tangibile per salvare le chiappe ad entrambi.

Certo, dovevo ammettere anche che la studentessa in questione aveva già la scusa perfetta (ed era pure la verità) ma se la stava praticamente facendo addosso per poter solo spiccicar parola e salvarsi dalla punizione del prof.

Comincio a credere che in questo istituto la logica non funzioni molto bene, e le mie beneamate capacità di razionalismo se ne stessero andando allegramente a quel paese.

Magnifico, un primo giorno con i fiocchi.

Meglio di così non poteva andare.

-Sto aspettando- disse l'oggetto o meglio la persona che incuteva (a me sopratutto) timore, per quanto stupida potessi essere (so di non essere il massimo dell'intelligenza ma non l'avrei ammesso ad alta voce neanche sotto tortura, sopratutto davanti a quell'idiota indisponente che portava il nome corrispondente a Natsume il troglodita) ci tenevo a rimanere in vita, dopotutto ero ancora troppo giovane per morire.

Oh avanti, chi avrebbe parlato in modo costante e lineare mentre il suo sguardo sembrava poter fulminare qualunque cosa, con o senza alice?!

Mi schiarii la voce, per guadagnare tempo prezioso. Tanto prezioso quanto inutile, ma ad ogni modo di valore.

-Ehm, sì, ecco, credo che Natsume possa spiegare tutto!- dissi con impetuosità.

-Io cosa?- finalmente intervenne.

Be in realtà lo aveva praticamente forzato, ma quelli erano piccoli ed insignificanti dettagli (che facevano la differenza, ma anche questi erano dettagli trascurabili), l'importante era che fosse intervenuto, e così facendo avrei potuto lasciare tutto il fardello della conversazione con il temibile professore a Natsume.

Sono un fottuto genio e poi dicono che sono stupida (in realtà sei tu che ti sei data della stupida nd me, Mikan non mi ascolta e comincia a fare una risata malvagia, sono un fottuto genio muahahahah nd mikan, smettila stai spaventando le lettrice, sei vagamente inquietante nd Natsume, Mikan non ascolta neppure lui, conquisterò il mondo muahahahah, okey basta, il mio momento di genialità è finito, evaporo nd Mikan -.-' nd me e Natsume, °_° nd lettrici sconvolte).

 

Pov Natsume

-Tu spiegherai il perché siamo usciti nell'ora precedente- rispose come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

Aveva dipinto nel viso un sorrisetto idiota che probabilmente voleva spacciare per un sorriso malvagio.

Presumibilmente, no sicuramente si stava elogiando per il suo lampo di (scarsa) genialità

Sul mio volto si dipinse un ghigno, quest'anno si prospettava piuttosto divertente.

-E perché dovrei Sakura? Hai cominciato tu quindi ti lascio l'onore di finire- dissi marcando con sottile sarcasmo il suo cognome.

Lei mi guardò spaesata, non sapeva cosa rispondere, il mio ghigno si allargò ulteriormente.

Nella sua permanenza nell'accademia le avrei riservato un trattamento speciale. Su quello non c'erano incertezze.

Dopo poco sembrò riprendere un pizzico di coraggio, anche se secondo me il tipo di coraggio che usava Mikan si avvicinava decisamente più alla stupidità, ma dopotutto il mio era solo un umile punto di vista di un gran figo intelligente, in cerca di una vendetta sanguinaria.

C'era un sottile confine tra coraggio e stupidità e qualcosa mi diceva che Mikan aveva superato quel confine già da tempo.

-Lo puoi benissimo dire tu, oppure hai paura?!- mi sfidò quell'insulsa, idiota incosciente.

-Secondo me l'unica che ha paura in questa stanza sei tu, e qualche studente, di certo non io- dissi calmo, senza troppi giri di parole. Con Mikan era meglio essere il più diretti possibile, non era il tipo che afferrava i doppi sensi con rapidità.

In realtà a volte non li afferrava proprio.

O almeno così era alle elementari.

Gonfiò le guance rosee offesa, proprio come un bambino a cui non veniva dato il giocattolo desiderato per Natale. Quando faceva così stava cercando di guadagnare di tempo, pensando ad un modo per ribattere. Un modo stupido solitamente.

Era rimasta tale e quale a sei anni fa.

Proprio una bambina.

La bambina che mi abbandonò.

Si avvicinò ulteriormente, mi arrivava a malapena all'altezza del petto, quindi fu obbligata ad alzare il viso per guardarmi meglio per fulminarmi dritto (o obliquo data la sua scarsa altezza) negli occhi.

Le sue iridi color nocciola nei miei rossi.

Decisamente una strano accostamento cromatico.

Al contrario della maggior parte del corpo studentesco, nei suoi occhi non leggevo inquietudine, c'era solo furia e livore.

Non aveva angoscia a mostrarmelo.

Era proprio un'imbecille.

Un'imbecille interessante.

-Non farò il tuo stupidissimo gioco!- sibilò guardandomi sfrontata.

Nel mio viso riapparve un sogghigno forse non proprio rassicurante per chi si trovava di fronte al sottoscritto. Mi abbassai alla sua misera altezza da nanetta.

La guardai bene, i grandi occhi erano di un colore indefinito.

Al primo impatto sembravano di un banale color nocciola, ma se si guardavano meglio avevano delle pagliuzze verdi attorno all'iride castana, ecco perché lo definivo un colore ambiguo.

Proprio come lei.

Gli occhi erano ricoperte da lunghe e folte ciglia, il viso aveva lineamenti delicati, e la pelle era lattea e pura. Attorno al naso leggermente all'insù si potevano notare piccole lentiggini, che la facevano sembrare ancora più infantile.

Le labbra erano carnose, morbide e rosse.

Labbra su cui mi sarei sicuramente avventato, se non fosse per il fatto che il soggetto in questione era la persona che più disprezzavo al mondo. O almeno in accademia.

Dovevo ammettere, però, che era diventata una bella ragazza, ma questo non avrebbe alleggerito i miei intenti vendicativi contro di lei.

Questo mai.

-Sai, lo stai già facendo da tempo il mio gioco- sussurrai suadente all'orecchio della piccola impertinente.

Lei si chiuse con irruenza le orecchie, nascondendole con i lunghi capelli castani, e con uno scatto repentino si allontanò da me, borbottando qualcosa simile a “brutto pervertito” con vivaci accostamenti di oscenità che non sto qui a dirvi.

Pervertito forse, ma di certo non brutto.

Il sensei alzò il sopracciglio scettico.

-Spero che adesso che avete confabulato alla ricerca di qualche discolpa, vogliate spiegarmi il perché di questo ritardo, oppure è una questione top-secret?- l'ultima espressione era carica di sarcasmo.

Un sarcasmo che la nuova studentessa non colse.

Mi meraviglio di quanto possa arrivare lontano la sua ingenuità (o stupidità, dipende dai punti di vista).

-Non c'è nulla di top-secret sensei né stiamo inventando delle scuse, semplicemente siamo indecisi se dirlo io o Natsume, ma sinceramente Natsume è molto più bravo a nascondere la paura al contrario di me e...- s'interruppe a metà frase, accorgendosi di aver parlato troppo.

E quindi aveva paura del sensei. Questa proprio non me l'aspettavo.

Il fatto parlava chiaro allora, da qualche parte nel suo cervello bacato c'era un minimo di senso di sopravvivenza.

-Ah, e quindi la nostra povera studentessa è inquieta vicino al sottoscritto?! Non lo sa che a volte sarebbe meglio tenersi certi fatti per sé? Mi sa che alla signorina le ci vuole una bella punizione- disse con tono di beffa.

La sua espressione, mentre diceva questo, non era cambiata di molto, quella di Sakura, invece, era il ritratto del terrore.

Lei sapeva quanto fossero dolorose le punizioni del prof. Jinno.

Avrei dovuto essere soddisfatto nel vedere l'espressione impaurita, anzi terrorizzata ed angosciata di Mikan eppure... non so, non sentivo nulla.

Il nulla più totale.

 

Pov. Mikan

Guardai con gli occhi spalancati dal terrore la bacchetta di Jinno-sensei. Lui si avvicinò ed io istintivamente feci un passo indietro, volsi lo sguardo verso Natsume.

Quello fu un grosso errore.

Non solo lui non sembrava voler intervenire a mio favore (cosa di cui ero abbastanza certa data la posizione rilassata), ma sembrava anche vagamente compiaciuto, e questo, per un motivo o un altro, faceva incredibilmente male, anche più della scarica elettrica che mi avrebbe colpita da lì a poco.

Che stupida!

Cosa mi aspettavo da uno che mi aveva abbandonata senza battere ciglio?! Che forse sarebbe venuto a trarmi in salvo? No, lui non si sarebbe mai scomodato per un'inutile ragazzina che odiava.

Al solo pensiero nasceva in me furia contro Natsume, e disprezzo per me stessa.

Mi disprezzavo, quasi mi disgustavo per essere così debole. Non riuscivo a dimenticare il passato come aveva fatto Natsume.

Il passato era passato, questo era il presente.

Un presente dove io e lui ci odiavamo a vicenda.

Dove lui mi aveva abbandonata, quella lontana sera si sei anni fa.

Quella sera in cui i miei alice sparirono.

Sentii un pizzicore fastidioso alle mani.

“No, non adesso,ti prego” pregai il mio karma o qualunque altra divinità presente sulla terra.

Il pizzicore si attenuò leggermente ed io sospirai di sollievo, appuntando mentalmente di ringraziare i santi Kami che mi avevano aiutata (be fino ad un certo punto).

Solo allora mi accorsi che il prof. Jinno era davanti a me in tutta la sua altura, stava brandendo la sua bacchetta pronto a punirmi.

Io chiusi gli occhi ed alzai d'istinto le mani, magari per parare e rendere un po' meno doloroso il colpo di fulmine che avrei ricevuto.

Sapevo che in realtà sarebbe stato inutile, avrebbe fatto male comunque.

Il colpo arrivò.

 

Pov. Natsume

Mikan alzò le mani per parare il colpo.

Baka, ecco cos'era.

Non avevo altre parole per descriverla.

Non avrebbe di certo reso il colpo meno doloroso, si sarebbe solo ustionata le mani.

Be quella era una sua scelta, non era affar mio per certo.

Il sensei colpì.

Non successe nulla.

Assottigliò lo sguardo, segno che era infastidito.

-Stai usando il tuo alice, ragazzina- affermò.

Stavolta non usò titoli onorifici pieni di dileggio e scherno verso la studentessa.

Quindi Mikan aveva deciso finalmente di usare il suo misterioso alice.

L'alice dell'annullamento.

Il suo longevo alice.

E dire che mi ero quasi incuriosito. Quasi.

Un potere del genere le permetteva a malapena di difendere se stessa.

Un alice completamente insulso, inutile in poche parole.

Mi chiedo perché Persona l'abbia mandata in missione con me, dopotutto sapevo difendermi benissimo anche senza una sciocca ragazzina tra i piedi.

Lui lo sapeva bene.

Allora perché?

Scossi il capo, non doveva importarmene cosa diavolo pensasse quell'uomo dalla mentalità estremamente contorta e malata.

Guardai nella direzione di Mikan, aveva un'espressione stupita.

Il suo viso esprimeva solo questo.

-Io... cosa?!- chiese.

Anche il suo tono esprimeva semplice e genuina sorpresa.

-Hai usato il tuo alice in classe contro il tuo professore, ed ora...- fece una piccola pausa dove lui sorrise glaciale, avrebbe fatto venire i brividi a chiunque.

-Ne pagherai le conseguenze.-

 

Pov. Mikan

Ero confusa.

Come potevo aver utilizzato l'alice dell'annullamento senza neppure accorgermene?!

Era... impossibile.

Era vero che non riuscivo ancora a controllarlo bene ma non credevo di essere rimasta un principiante in tutti i sensi.

Provai a chiedere informazioni, sperando di aver sentito male.

-In che senso scus...- non riuscii a finire la locuzione.

Sentii una scarica elettrica trapassarmi.

La scarica era potente. Più forte della volta scorsa.

Dopo soli pochi secondi non riuscivo a stare in piedi.

La scarica continuò senza fermarsi, incurante della sofferenza che mi procurava.

Annaspai in cerca di ossigeno per alimentare i miei polmoni, senza mai trovarne abbastanza.

Mi misi in ginocchio nella speranza che lo strazio si attenuasse un poco, invece quest'ultimo aumentò.

Mi morsi il labbro per non urlare.

Quello mai.

-Quindi opponi resistenza ragazzina?- chiese retorico

Un piccolo sorriso di vittoria m'increspò lievemente le labbra ormai graffiate e sanguinolenti.

-Dovrò aumentare un pochino l'intensità- finì senza pietà.

A causa dell'energia della scarica che mi fluiva dolorosamente in corpo non riuscivo a distinguere niente, vedevo tutto sfocato.

Strinsi forte la gonna ormai sgualcita, per farmi un po' di coraggio.

Non lo avrei mai pregato per nessun motivo.

Mai.

 

Pov. Natsume

Era stupidamente coraggiosa.

Ritiro tutto quello che ho detto sul suo istinto di sopravvivenza. Non ne ha neanche una briciola.

Avrebbe potuto pregarlo di smetterla, e con molte probabilità lui le avrebbe dato ascolto, felice di averla umiliata.

Lei lo sapeva.

Invece a parte qualche piccolo gemito di dolore dalle sue labbra non fuoriusciva nient'altro.

E questo irritò maggiormente il sensei.

L'intensità aumentò tanto da riuscire a vedere la scarica opalescente che fuoriusciva dalla bacchetta del sensei.

Se non si fermava Mikan non ce l'avrebbe fatta per certo.

Non sarebbe stato una bella fine morire il primo giorno di scuola.

Guardai i miei compagni.

Erano muti, c'era chi sorrideva soddisfatto (tra questi c'era Sumire la gallina), e c'era chi guardava la scena impaurito, incapace di intervenire.

Ma perché quella beota quando era il momento non usava il suo insignificante alice?!

 

Pov. Mikan

Non sentivo quasi più le fitte che mi trapassavano l'epidermide. Quasi.

-Riesci ancora a resistere- non era una domanda, la sua era una constatazione.

Sorrisi di nuovo. Un sorriso più stanco che assomigliava per lo più ad una smorfia.

Sì, riuscivo ancora a resistere.

-Che irrispettosa- riprese, aumentando, se possibile l'intensità elettrica.

-Sensei potrebbe smetterla di tormentare quella ragazza?- chiese retorica una voce femminile interrompendo l'intento omicida del professore.

Quella voce assomigliava a...

-Signorina Imai, non s' intrometta o sarò obbligato a colpire anche lei- disse a mo' di rimprovero il professore, dimenticandosi della sottoscritta e della sua punizione .

Hotaru? Che ci faceva lì?

La risposta arrivò da sola, mentre il sangue ricominciava a fluire normalmente nell'encefalo.

Io ero in accademia ed Hotaru viveva lì.

Volevo vederla, sentirla, toccarla, e magari anche picchiarla per non essersi fatta sentire in quegli anni.

Neanche una volta.

E prima che me ne accorgessi, l'ambiente divenne lugubre e silenzioso.

Ero tornata sola.

 

Pochi minuti prima

 

Una bella quanto eccentrica ragazza sfrecciava con una sorta di monociclo tra i corridoi ormai vuoti della sezione superiore.

La gonna svolazzava sbarazzina, mentre i corti capelli neri venivano smossi dal leggero venticello creato dalla velocità del mezzo.

-Hotaru aspettami! Che fretta c'è?!- esclamò un ragazzo che correva trafelato, cercando (inutilmente) di raggiungere il veloce veicolo.

Aveva morbidi capelli dorati che gli ricadevano negli occhi dalle iridi celesti e gli zigomi delicati lo facevano assomigliare tutto e per tutto ad una reincarnazione del principe azzurro.

Forse era per questo che Naru lo sceglieva spesso per recitare in quell'infausto ruolo, durante i festival della cultura. Un ruolo che, inutile dire, detestava dal profondo del cuore.

Probabilmente un odio scaturito dal fatto che la bella ragazza davanti a sé, riuscisse sempre ad immortalarlo in momenti non proprio...garbati, per poi ovviamente minacciarlo.

Hotaru si girò, rivelando così due grandi occhi ametista ed un viso inespressivo.

-Sei troppo lento- disse solo, con voce atona, senza però rispondere in modo diretto alla domanda posta dal ragazzo.

-Ti ricordo che oltre a non avere né l'alice della velocità né un marchingegno che mi porti a zonzo dovunque io voglia senza fare la benché minima fatica...- s'interruppe alludendo al mezzo su cui era posta comodamente la ragazza - Ho dovuto affrontare una missione faticosa e sono stanco morto.- finì scocciato dalla diffidenza che la sua parabatai* dimostrava .

Hotaru scrollò le spalle fasciate dal maglioncino blu della divisa che le ricopriva il seno florido e le curve armoniose.

Se non fosse per il suo caratteraccio, ed il fatto che lo facesse sgobbare sfruttando spudoratamente il suo lato cavalleresco, Ruka l'avrebbe considerata una ragazza decisamente attraente; ma dato le caratteristiche non irrilevanti appena sopracitate che non poteva di certo ignorare, la considerava a mala pena un essere umano di sesso femminile. In realtà faticava anche a credere che fosse un essere umano classificabile.

-Sono affari tuoi Ruka, e poi la missione l'abbiamo affrontata insieme, non sei l'unico stanco- il suo tono non era cambiato di una virgola, anche se per una volta non gli aveva risposto a monosillabi com'era solita fare.

-Allora perché hai insistito tanto per andare a scuola?! Tra qualche ora dovremo affrontare un'altra missione di massima importanza... e che cavolo Hotaru, ma mi ascolti?!-disse non esattamente gioviale dato che era stato buttato dal giaciglio caldo e confortevole su cui aveva dormito i primi preziosi ed intimi cinque minuti da quando era rientrato da quella missione insonne.

Inutile dire che la piccola canaglia oltre a sembrare fresca e riposata lo aveva preso a calci nel culo per svegliarlo come dio comanda.

Quella psicopatica lo aveva anche minacciato con foto a dir poco imbarazzanti (molte fatte durante le prova di teatro, altre negli spogliatoi maschili) di cui non conosceva neanche l'esistenza, dicendogli che se non l'avesse seguita avrebbe inviato quelle rappresentazioni, in cui decisamente non dava il meglio di sé, in tutti gli apparecchi elettronici di cui disponeva la scuola, e magari spacciandoli anche al suo fan club. Ed adesso eccolo qua a correre dietro a quell'arpia che lo stava facendo correre dalla sua stanza nei dormitori speciali che, ahimè, era di una lontananza considerevole dall'aula dove solitamente tenevano le lezioni che a quanto pareva era la sua meta predestinata, mentre lei utilizzava comodamente quello stupido monociclo senza ruote a propulsore magnetico.

E per di più i motivi per cui aveva avuto un risveglio tanto affettuoso (sempre se affettuoso si potesse considerare una ragazza che ti faceva vedere il buongiorno a suon di calci in posti di cui sarebbe disagevole soltanto parlarne. Quella pazza non sapeva neanche cosa significasse il pudore. Un sostantivo che lui invece aveva ben chiaro), erano a lui ignoti.

Dire che era incazzato era poco. Troppo poco.

La ragazza dai corti capelli neri si girò di nuovo con estrema calma.

-Hai detto qualcosa Ruka?- chiese inarcando un sopracciglio.

Il povero ragazzo ignorato roteò i begli occhi chiari, esasperato quanto abituato dal menefreghismo che caratterizzava la ragazza che lo accompagnava nella maggior parte delle missioni in cui prendeva parte.

Si armò di santa pazienza pregando i Kami o una qualche divinità di passaggio di aiutarlo in questa nobile causa.

Rimasero in silenzio, lei mentre muoveva agilmente l'aggeggio, come l'aveva affettuosamente (si fa per dire) appellato Ruka, tra gli aggrovigliati corridoi e lui mentre correva trafelato dietro al confortevole trasporto della fanciulla.

 

I due ragazzi arrivarono finalmente a destinazione.

Hotaru, fresca e riposata come non mai, scese dal comodo attrezzo, mentre quest'ultimo si rimpicciolì, con vari e complicati meccanismi, in un piccolo cubo metallico, che si posò con un tonfo nella costosa pavimentazione adiacente al corridoio.

La ragazza si abbassò leggermente per prendere l'oggetto portandoselo in una tasca della gonna scolastica.

Invece Ruka, che ormai aveva il fiato corto e qualche piccola goccia di sudore che gli imperlava la fronte perlacea, provò a simulare una frase di senso compiuto, dato che gran parte della sua scorta di ossigeno era andata a quel paese con tanti bei saluti.

-Adesso...- cercò di prendere un scorta ingente per riempire i suoi polmoni provati.

Riprovò a riformulare la frase.

-Adesso... adesso Hotaru, tu mi devi una spiegazione per i calci di questa mattina- incastrò i suoi occhi cerulei su quelli ametista della ragazza.

Santissimi Kami, come poteva una fanciulla dagli occhi così suggestivi e rari ad essere una despota? Non poteva essere una ragazza dolce e carina...o soltanto lontanamente normale?

I grandi misteri della vita, Ruka. Misteri della vita.

Lei invece lo guardò come se fosse un tirocinante idiota a cui doveva spiegare più volte una formula di semplice applicazione.

Effettivamente Hotaru non aveva una grande considerazione per il suo affascinante parabatai. Forse attrazione fisica, ma niente di più. Per lei rimaneva il suo schiavo personale.

Punto e basta.

-Allora?- chiese lui impaziente, picchiettando le scarpe nere slacciate. Be come avrebbe potuto allacciarle, lei non gliene aveva lasciato il tempo.

-Allora niente- disse Hotaru, lasciando di stucco lo sventurato ragazzo che si era sorbito i suoi calci come sveglia.

-Come niente?!- non solo quella folle lo aveva obbligato a correre come un cretino per tutta la scuola, minacciandolo con foto di dubbia legalità ed averlo preso a pedate, ma adesso gli rispondeva con un magro niente?! La tolleranza che aveva cercato di racimolare pregando Dei di incerta esistenza andò a fottere senza tanti complimenti.

-Niente un cazzo! Mi hai svegliato a calci, minacciandomi, e denudandomi dei miei vestiti per indossare l'uniforme ed adesso mi dici niente?- Hotarulo lo fissò.

-Sì- fu l'unica risposta che uscì dalle morbide labbra rosee della squilibrata.

-Tu sei pazza, almeno sei cosciente di questo?- non c'era la benché minima ironia nella locuzione del ragazzo.

-Forse- rispose vaga.

Sì, decisamente era una psicopatica, fu la saggia sentenza del biondo principe reincarnato.

-Bene entriamo- disse sospirando il buon ragazzo, ormai stufo di arrovellare l'encefalo già duramente provato, per capire gli strani meccanismi del cervello della oramai sedicenne Hotaru.

Tanto era inutile, quell'arpia avrebbe sempre trovato un qualcosa che lo avrebbe imbarazzato o sorpreso. Più imbarazzato che sorpreso probabilmente.

-Ti lascio l'onore- disse la tiranna con lieve ironia.

Un'ironia che di certo non aveva intuito dalla sua espressione costantemente indifferente, tant'è che si è chiesto più volte se avesse una paralisi facciale in stadio avanzato.

Semplicemente gli veniva ormai naturale cogliere quelle piccole, minuscole, sfumature nella voce atona.

Be dopo aver sopportato le sue angherie, i momenti imbarazzanti che inevitabilmente gli procurava e le missioni...dopo un po', come dire, ci si abitua.

Un po' come quando vai a vivere in un paese straniero di cui non conosci minimamente la lingua ma che dopo un certo periodo di tempo è quasi un obbligo tacito averla imparata. Magari non alla perfezione, ma abbastanza da riuscire a capirla.

Volente o nolente.

Lui era decisamente nella seconda sponda.

-Se non vuoi aprire basta dirlo...principino pisciasotto-

Il viso di Ruka passò a varie sfumature di colore, tant'è che la stessa Hotaru reputò talmente interessanti da ripromettersi di studiarne il fenomeno nel suo laboratorio personale che la scuola le aveva gentilmente concesso (merito in realtà dei numerosi premi in denaro e riconoscimenti vinti da lei) utilizzando ovviamente come cavia il suo parabatai. In caso di rifiuto di quest'ultimo, bastava prendere qualche foto disagevole e minacciarlo. Facile come bere un bicchiere di H2O*.

-Adesso...- il ragazzo ancora rosso in viso deglutì rumorosamente prima di mettere la grande mano lattiginosa sopra la maniglia ancora tiepida, segno che qualcuno era entrato pochi minuti prima.

-Adesso la apro- disse con una serietà tale da far roteare i begli occhi della giovane sedicenne d'innanzi a se.

-Sei noioso, muoviti- disse quest'ultima con tono aspro.

Il giovine non fece in tempo a risponderle per le rime come era solito fare, dato che un mano gli arrivò vicino al viso. Troppo vicino.

-Se non apri quella porta entro tre secondi, ti giuro sui miei più preziosi esperimenti che ti farò passare il bimestre peggiore della tua misera vita- nonostante il suo fu un sussurro appena pronunciato, accompagnato dall'espressione annoiata, il suo tono tradiva un tremore che a Ruka sembrò qualcosa di simile ad un'ingente quantità di impazienza, cosa decisamente insolita per la ragazza. Ovviamente non essere impaziente, quello era all'ordine del giorno, ma Hotaru per quanto fosse inquieta non ne lasciava mai trapelare, o almeno non così tanto.

Ruka.... la tua parbatai è pur sempre un essere umano, non è strano che qualche volta lasci trapelare un pizzico di emozione dalla voce, non dovresti esser così sorpreso” lo riprese la sua coscienza decisamente più matura e preparata.

-...1- stava seriamente contando.

Cattivo segno Ruka.

-...2-

Oggi morirai per mano di una psicopatica schizzata.

-...3-

Prima che Hotaru pronunciasse l'ultima agognata lettera che componeva l'infausto numero,e di cui lo sventurato Ruka non avrebbe avuto un bel ricordo, la serratura scattò. Come se fosse stato qualcosa a smuoverla, dato che il ragazzo non aveva ancora abbassato la maniglia.

I due si scambiarono un solo sguardo, simile a quelli che utilizzavano in missione, ed entrarono con inconsueta sintonia.

 

Qualcosa di fresco, assomigliante ad un leggero venticello primaverile, uno di quelli che scuoteva i grandi alberi di ciliegio di cui l'accademia era ricca, colpì il giovane viso di Hotaru con leggerezza, come una presenza invisibile.

-Aiuto- sembrava dire.

Solo quello.

Volse lo sguardo alla cattedra, dove di consueto c'era Jinno che spiegava mantenendo quei suoi occhi glaciali puntati sui suoi poveri studenti, ma lo spettacolo che le si parò davanti era di sicuro peggiore.

Una ragazza dai capelli castani era ridotta in ginocchio, mentre Jinno d'innanzi a lei volgeva la bacchetta da cui fuoriusciva una scarica semitrasparente.

La giovine non urlava dal dolore, non piangeva, non chiedeva pietà, rimaneva semplicemente in quella posizione sofferente.

Assomigliava a lei.

Ma non riusciva a vederle il viso, nascosto dalla chioma castana, per poter dare un simile giudizio su chi fosse. Eppure il panico, o qualcosa di simile, le salì appesantendole l'organo muscolare* nel suo seno sinistro. Sentiva i suoi battiti divenire pian piano sempre più irregolari.

Paura.

Era quello il nome di quella emozione negativa che le appesantiva le viscere.

Ma paura di cosa?

Dell'incolumità di quella ragazza così somigliante a Mikan? O forse era perché una parte di sé aveva riconosciuto la vecchia amica su quel corpo un po' più maturo?

Hotaru preferì non rispondere ne l'una ne all'altra domanda posta probabilmente da una zona del suo encefalo, con cui ancora non aveva spartito alcuna relazione, data la sua scarsa, o meglio inesistente, presenza nell'andamento di crescita della ragazza. E di certo quest'ultima non voleva avere una connessione stabile con questa area a lei del tutto sconosciuta. Per lei quella fascia che ne rappresentava il suo essere emotivo la rendeva più debole, senza poter trovare appigli nella logica, perché si sa le emozioni, per quanto possano essere in ambito scientifico una semplice scarica di adrenalina e quindi una mera illusione su cui l'essere umano si arpionava, ti intrappolavano in una gabbia senza uscita, senza razionalità.

La voce, mentre stava facendo queste profonde riflessioni, uscì da sola, come se fosse comandata da un'altra presenza.

-Sensei potrebbe smetterla di tormentare quella ragazza?!- Ruka si mise a fissare la sua parabatai, con una lieve ruga di preoccupazione ad increspargli il viso.

La voce uscì calma, o meglio, apparentemente calma. Perché a Ruka, in tutta quella tranquillità vocale, gli parve di sentire l'aura negativa che circondava Hotaru, e quindi probabilmente era arrabbiata. Molto arrabbiata.

Sentì i peli biondi che gli costernavano l'epidermide degli avambracci rizzarsi per la pelle d'oca. Perché quando Hotaru era incazzata poteva succedere di tutto, dalla pioggia di pandacorni all'apocalisse.

Tutto.

Il ragazzo guardò, con segreto tremore, l'origine della collera della sua pericolosa parabatai.

Una ragazza inginocchiata dal probabile dolore che stava patendo in quel momento, mentre il sensei la guardava con disprezzo e cattiveria.

La fanciulla assomigliava incredibilmente a lei.

Il suo primo amore.

Il prof. Jinno non appena si accorse che la frase era rivolta a lui, si girò con accurata lentezza verso la sua prossima vittima carneficiale, interrompendo così l'efficacia del suo alice su quella studentessa che attirava così tanti ricordi nei tre missionari attorno a lei*.

-Signorina Imai, non s' intrometta o sarò obbligato a colpire anche lei- disse con inconsueta calma, accorgendosi che il suo avversario non era alla sua estesa portata, ed in segno di sconfitta, posò la sua beneamata bacchetta grigia metallica sopra la cattedra.

Incoerente.

Ecco come lo avrebbe descritto Hotaru se Naru le avesse chiesto di descrivere il professor Jinno in uno di quelle strambe tracce che metteva nei temi di giapponese moderno*. Non feroce e senza pietà come l'avrebbero descritto molti dei suoi compagni, ma , incoerente e con un gran senso d'inferiorità di se stesso. Ma si sa, Hotaru aveva una visione del mondo completamente diversa e magari anche strana dalla maggioranza dei ragazzi poco maturi che componevano la sua classe.

Un tonfo fece volgere molti sguardi, tra cui quello dei due parabatai e del missionario solitario.

La giovane aveva perso i sensi.

Il ragazzo dalle intense iride scarlatte rimase con uno sguardo impenetrabile, impossibile da capire persino dal suo migliore amico.

Forse la cosa non gli importava più di tanto.

-Prendetela e portatela in un'infermeria- disse poco interessato, mentre con calma ritornava alla sua postazione, pronto a ricominciare la noiosa lezione di geometria analitica che stava tenendo ai suoi vogliosi studenti.

-Il primo criterio di congruenza consiste nel...- riprese con voce atona, girando il corpo verso la lavagna per scrivere vari esempi dell'argomento che stava spiegando.

Un argomento decisamente troppo semplice per l'intelligente Hotaru, che si prese la briga di vedere se la vittima appena salvata fosse ancora viva.

Cercò di sentire il battito cardiaco della ragazza come suo fratello, ormai un medico piuttosto famoso, le aveva insegnato per casi di necessità.

Casi che in tutta sincerità Hotaru non avrebbe messo mano, ma quella era un'eccezione.

Era viva, per fortuna.

Le guardò il viso disteso.

Era bella.

Era diventata bella, si corresse mentalmente, perché ormai non c'erano dubbi, era lei.

Mikan.

-È lei, vero?- le sussurrò il suo affabile parabatai.

Annuì in segno di affermazione, mentre cercava con scarsi risultati, di coricarla nelle spalle.

Oltre ad essere diventata bella era diventata anche piuttosto pesante constatò sbuffando la bella giovine.

-Su da a me- disse convinto il ragazzo con un piccolo sorriso che gli illuminava il volto, divertito probabilmente dalla piccola debolezza che aveva appena dimostrato.

Ma prima che il corpo ormai fiacco della fanciulla venisse messo al sicuro nelle braccia del principino, venne rapito con rapidità da Natsume, stanco di aspettare e voglioso di saltare la lezione del professore.

La coricò con poca finezza nella spalla destra, facendolo effettivamente assomigliare ad un barbaro che aveva appena catturato una nuova schiava di piacere.

I tre, con un Ruka ancora scioccato, si incamminarono verso l'uscio.

Hotaru però si girò, guardando con disprezzo il professore che ancora stava spiegando complicati teoremi che per lei erano di facile comprensione.

-Professore, ci potrebbe indicare in quale infermeria...- ma prima che finisse la frase, l'uomo la liquidò con un gesto sbrigativo, aggiungendo un borbottio di cui la giovane missionaria capì solo ”Hiyuga”, ma scrollò le spalle ed uscì dalla classe chiudendo con forza la porta.

 

DIZIONARIO

Parabatai: Per chi non avesse letto Shadowhunters, i parabatai sono due missionari che sono piuttosto uniti. Nel capitolo, o meglio nella storia dato che comparirà sempre più spesso, ha un significato decisamente più tecnico e meno emotivo, in cui due missionari sono obbligati ad andare nelle varie missioni assieme.

Ammetto che nella prima parte della spiegazione non sono stata moto chiara, ma questo perchè se qualcuno ha intenzione di leggere la saga, o perlomeno il primo libro, non gli rovinerò la sorpresa.

Se ci sono altri termini magari poco chiari e/o poco comprensibili, chiedo gentilmente a te lettore di avvisarmi.

 

SPAZIO DELL' “”AUTRICE”” MOLTO, MOLTO, MOLTO RITARDATARIA

 

Allora....”me che schiva dei pomodori marci”, da quanto tempo non ci sentiamo?!

N: 6 mesi per la precisione

Me: Shhhhhh

Come stavo dicendo....vi chiedo umilmente di perdonarmi!!

me che si inginocchia mentre scrive al computer

Ma stavolta la colpa non è completamente mia!!

Vi racconto ragazzuole mie, allora ammetto che i primi due mesi (cioè da giugno a luglio) non avevo più messo mano sulla storia, o meglio avevo scritto le prime quattro pagine ma poi mi sono completamente bloccata, ma ad agosto l'ispirazione mi ha illuminato la via e non ho più smesso di scrivere (anche se al contrario di questo comprendeva solo 10 pagine ed un quarto, mentre questa versione decisamente migliore è della bellezza di 23 pagine) ma sfortuna volle che io non avessi internet dato che ero in vacanza, e quindi cretina come sono non ho salvato correttamente fatto che infatti ho scoperto a settembre, periodo in cui l'ispirazione se n'era andata a fottere molto lontana da me.

E quindi dopo aver provato e riprovato a scrivere qualcosa di lontanamente decente, mi ero arresa alla cruda realtà, anche perché la scuola era iniziata portando con se studio, studio, studio e tante interrogazioni e verifiche.

Ma poi a Novembre ho cominciato a riavere la mia beneamata ispirazione, ed ho ricominciato a scrivere, ma in modo irregolare dato che ero letteralmente sommersa dagli studi (ed ancora tutt'ora lo sono).

Ed oggi finalmente ho finito di scrivere, mentre in realtà dovrei studiare per la verifica d'informatica, d'inglese e di francese (tutte queste verifiche sono tra domani e dopodomani, quindi sono nell'orlo della disperazione, perché SONO STANCA!!! Ma questo i prof. non sembrano averlo capito.

Ma guardiamo il lato positivo della storia, tra pochissimi giorni c'è Natale e quindi VACANZE!!!!

Bene per le più intrepide che hanno letto questo mio spazio di scuse e giustificazioni, chiedo:

Vi è piaciuto il capitolo?

So che non ho ancora rivelato il nuovo alice di Mikan ma nel prossimo in cui ci sarà anche la missione scoprirete molte cose!

Scusate per avervi fatto aspettare tanto, ma stavolta spero di essere più puntuale dato le vacanze!

Vi saluto!

P.s: solo io sono morta dalle risate mentre rileggevo la parte dei calci che si è sorbito il povero Ruka? Spero che questa coppia, che preannuncio piuttosto esilarante, vi piaccia!

P.s(ancora): Chiedo scusa per la probabile presenza di errori grammaticali che mi possono essere sfuggiti durante la lettura.

   
 
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