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Autore: Class Of 13    16/12/2016    1 recensioni
[OkaKuri ftw | Raccolta di AU| Feels, fluff e tante risate]
Okabe Rintaro e Makise Kurisu, indipendentemente dal mondo in cui si trovano, sembrano essere destinati ad incontrarsi e ad innamorarsi con la misteriosa complicità di una farfalla azzurra...
#1 - Cooking!AU - Okabe e Kurisu lavorano nella cucina di un lussuoso ristorante di Tokyo.
#2 - Your Name!AU - Okabe e Kurisu si scambiano di corpo. Cosa mai vorrà significare?
#3 - Violet Evergarden!AU - Un maggiore dell'esercito e una silenziosa scienziata si incontrano sotto l'ombra minacciosa della guerra.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'This is Steins;Gate's choice. El. Psy. Kongroo.'
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Questione Di Responsabilità.


Kurisu Makise non si era mai ritenuta un genio ma, senza ombra di dubbio, aveva notevole fiducia nelle proprie capacità. In numerosi avevano elogiato il suo talento culinario così precoce e credeva che, facendo richiesta di lavoro presso il May Queen, un lussuoso ristorante di Tokyo, avrebbe potuto coronare il suo sogno di diventare apprendista del leggendario Chef Tennōji, principale fautore della fama del suddetto posto.
Di certo, però, non si aspettava di essere buttata a fare la cameriera. O meglio, era perfettamente cosciente del fatto che, per arrivare all'apice del successo, sarebbe dovuta partire dal basso, ragion per cui occupare il ruolo della sguattera le sarebbe andato bene... Se il suo caposala non fosse stato lui.
Suzuki Kōichi, più noto, tra i dipendenti del ristorante, come Shidō, era un mezzo teppista figlio del direttore che si divertiva a trattare come marionette i suoi sottoposti - e non solo - per il solo gusto di sentirsi superiore. Era il suo capo e, da quando aveva messo piede al May Queen come cameriera, non aveva fatto altro che provarci spudoratamente con lei. Eppure, per quanto la povera Kurisu cercasse di rifiutare le sue avances con educazione per non perdere il posto di lavoro dopo due soli mesi, questi non sembrava non comprendere come non ci fosse trippa per gatti.
E adesso si ritrovava lì, seduta su un secchio capovolto nella strada sul retro del locale, stremata sia mentalmente che fisicamente. Era stata, fino a quel momento, una giornata particolarmente pesante: un importante critico culinario era stato ospite del ristorante e l'ammontare di lavoro era praticamente raddoppiato prima ancora che Kurisu potesse avere il tempo di prepararsi mentalmente.
L'unica consolazione, in quel breve momento di pausa, era la bella giornata di tarda primavera che l'aveva accolta all'esterno: si era lasciata andare ad occhi chiusi sotto i tiepidi raggi del sole e il cielo terso  e aveva sentito scivolare via, almeno in parte, lo stress di quella mattinata. Quando riaprì gli occhi, il suo sguardo fu catturato da una splendida farfalla azzurra che svolazzava distrattamente nei dintorni di un albero di ciliegio del parco retrostante il locale. Non ne aveva mai vista una dai colori così brillanti e, sebbene fosse una persona tutt'altro che superstiziosa, si concesse di pensare ad essa come un presagio di buona fortuna.

«Allora eri qui, dolcezza».

Kurisu Makise si ritrovò a soffocare, per l'ennesima volta in quella giornata, il desiderio di alzare gli occhi al cielo. Dopo aver preso un profondo respiro si voltò verso la fonte della voce, sforzandosi di usare il tono di voce più educato che riuscisse a trovare. «Posso aiutarla in qualche modo, Shidō-san?».

Il ragazzo dai capelli ossigenati e della carnagione scura palesemente frutto di una intensa serie di sedute abbronzanti sotto raggi UV, le si avvicinò rivolgendole un sorriso mellifluo. «Hai lavorato bene, oggi. Sai, stavo pensando di farti staccare prima, così possiamo uscire e farci un giretto solo noi due, se capisci ciò che intendo».

Kurisu sentì un brivido gelido scenderle lungo la schiena e dovette usare tutta la propria forza di volontà per reprimere un'espressione di sincero disgusto quando sentì la mano del ragazzo posarsi sulla sua spalla. Doveva trovare una scusa per rifiutare senza perdere il lavoro, e in fretta.

«Il suo invito mi lusinga, ma la verità... La verità è che non posso».

«Non puoi?», domandò l'altro con estremo disappunto.

Perfetto. Era stato bello finché era durato. Doveva solo farsi licenziare con dignità. «Beh, ecco... Sono... Ho già un impegno e -».

«Ehi, ti cercano in cucina».

Era colpa dell'istinto di sopravvivenza. Ricordava di averlo studiato in biologia, a scuola. L'uomo era un animale e, in quanto tale, era in grado di compiere azioni quasi involontarie al fine di garantire la propria sopravvivenza. Si era alzata di scatto e aveva afferrato il braccio del ragazzo che era improvvisamente sbucato sull'uscio della porta della cucina, sfoderando un sorriso a trentadue denti.

«La verità è che Okabe-san è il mio ragazzo e, sa com'è, avevamo programmato un appuntamento dopo il lavoro, oggi».

 
§

«Ti è andato per caso di volta il cervello?».
Kurisu Makise voleva sotterrarsi molto molto in profondità e tornare in superficie solo quando ormai tutti si fossero dimenticati di lei. Okabe Rintarō, un suo collega addetto alla cucina un anno e mezzo più grande di lei, si era trovato nel posto sbagliato al momento giusto ed era finito col diventare, almeno sulla carta, il suo ragazzo.
Era solo una misura temporanea, aveva spiegato, avrebbero dovuto fingere di stare assieme quando Shidō li osservava e lei, in cambio, avrebbe messo una buona parola per lui nel momento in cui la sua imminente promozione ad aiuto chef si fosse realizzata. Era un semplice contratto di lavoro.
«Per una volta siamo d'accordo, è un'assurdità. Ma proprio per questo potrebbe funzionare», spiegò al ragazzo mentre si avviavano fuori dal locale, lontani da orecchie indiscrete.
Okabe, in tutta risposta, le rivolse un sorriso strafottente. «E va bene, Christina, il sottoscritto, Hōōin Kyōma, ti concederà il suo aiuto dall'alto della sua immensa magnanimità, cerca di esserne grata».
Kurisu soppresse con immensa pazienza il bisogno di prenderlo a ceffoni. Okabe Rintarō era una pertica ambulante con un carattere decisamente difficile da gestire, con le sue fisse su cospirazioni varie e quel suo atteggiamento da "scienziato pazzo" che tanto le sapevano di sindrome adolescenziale.
«Certo, certo. Infinite grazie, Hōōin-san», tagliò corto prima di perdere quel briciolo di pazienza rimastole. «Ad ogni modo, perché mi stai accompagnando fino alla stazione?».
«L'Organizzazione potrebbe fare la sua mo- Okay, scusa», si affrettò a dire fulminato da un'occhiataccia rivoltagli dalla ragazza. «Un gentiluomo deve scortare la sua dama, giusto, Christina?»
«... Idiota. E ti ricordo che non c'è nessun "-tina"!».

 
§

I dieci giorni successivi furono qualcosa di molto simile al paradiso, ammesso che un luogo del genere esistesse. La notizia che Kurisu fosse sentimentalmente impegnata doveva aver scosso non poco Shidō, dal momento che questi l'aveva - finalmente- lasciata in pace durante le ore lavorative.
Con il suo principale scocciatore fuori dalle scatole, era riuscita a dare tutta se stessa sul posto di lavoro e la promozione ad aiuto chef divenne una realtà tangibile: quando non era troppo impegnata ai fornelli poteva osservare da vicino il modo in cui Tennōji preparava i suoi piatti e ricavare importanti consigli su come migliorare i propri. Era certa che, col tempo, tutti in quella cucina si sarebbero accorti del suo talento.

«Se cuoci i pettini di mare in questo modo eviterai di farli diventare gommosi, me l'ha spiegato Tennōji-san».

«Ah, grazie, Makise-san».

«Bene bene, vedo che stare vicino a chef Tennōji sta dando i suoi frutti, piccola». L'udire la voce di Shidō fin troppo vicina alle sue orecchie le provocò una tale ondata di disgusto che per poco non lasciò cadere la padella con i pettini che aveva cucinato con tanto impegno. «E mi sembra che il tuo fidanzato non si sia complimentato a dovere con te. Lascia che ti offra qualcosa dopo il lavoro per festeggiare».

 
§

«Nyon vai ad aiutarla, Kyōma-nyan?». Faris, la cameriera tuttofare più popolare del May Queen, nonché sua unica amica all'interno di quella cucina, gli rivolse un'occhiata piena di disappunto. «Shidō-nyan comincerà a dubitare della vostra farsa se non fai qualcosa!».

«Uh, dici che dovrei aiutarla?».

«Mi sembra ovvio, nya! Qualunque ragazzo dovrebbe dimostrarsi un myinimo geloso se qualcunyo ci provasse con la sua fidanzata». Okabe le rivolse uno sguardo che, con grande probabilità, rendeva molto bene quanto non comprendesse quel genere di cose. «Nyaaa, nyon mi stupisce che tu non abbia mai avuto una ragazza, Kyōma-nyan. Adesso va' e fai qualcosa per tirare quella poverinya fuori dai guai».
Spinto dalla cameriera dalla buffa parlata, si avvicinò a Kurisu, la quale era ancora impegnata a borbottare scuse che facevano acqua da tutte le parti e, senza pensarci troppo e senza curarsi della presenza di Shidō, le passò un braccio attorno alla vita, stringendola a sé. La ragazza si voltò verso di lui come se avesse visto un fantasma prima di avvampare e Okabe, in tutta risposta, la trascinò in un abbraccio degno di questo nome. Era una cosa che aveva visto fare in uno di quei drama di cui Mayuri, la sua migliore amica, era patita e sperò che la cosa fosse abbastanza convincente da far battere il ragazzo in ritirata.

«Ehi, ti sembra il modo di interrompere una conversazione?».

«Ah, scusa amico, ma ho saputo solo ora della promozione di Chris- volevo dire, della mia ragazza, quindi mi sentivo in dovere di complimentarmi con lei».
Kurisu, ancora stretta contro il suo petto in una farfugliante massa di capelli ramati, gli rivolse un'occhiata che probabilmente lo avrebbe fatto secco, se gli sguardi fossero stati in grado di uccidere. Okabe, che d'altra parte cominciava a rendersi conto di aver compiuto un gesto alquanto imbarazzante davanti a tutta la cucina, si chinò su di lei, bisbigliandole all'orecchio di reggergli il gioco se voleva che la sua strategia funzionasse.

«A-ah, t-tesoro! Che pensiero dolce che hai avuto! M-ma non ti saresti dovuto prendere tutto questo disturbo, stavo proprio per chiederti di uscire alla fine del turno!», la sentì dire, rossa fino alla radice dei capelli e con un sorriso che pareva più una paresi facciale che altro,  mentre posava la testa contro il suo petto.

Nonostante la cosa apparisse incredibilmente imbarazzante e forzata, Shidō evidentemente non doveva brillare per intelligenza, perché, con un'espressione visibilmente scocciata sbottò un "ho capito, ho capito, ma evitate di fare la coppietta cariadenti durante l'orario di lavoro" prima di girare sui tacchi e andarsene.

Non appena furono certi di essere fuori pericolo, si separarono immediatamente, quasi una forza repulsiva fosse intercorsa tra di loro. Senza dire nulla, ma ancora rossa come un pomodoro maturo in viso, Kurisu si voltò per tornare ai propri doveri, causando un moto di stizza nel ragazzo.

«Non c'è di che, Christina».

Vide la ragazza fermarsi di botto per poi voltarsi e caricarlo come una belva inferocita. Si sentì strattonato per una manica della divisa e pochi istanti dopo si ritrovò nella dispensa con uno scricciolo dai capelli ramati che a malapena arrivava sotto il suo mento che lo guardava in cagnesco. Proprio quando si sentì mentalmente pronto per ricevere un cazzotto in pieno viso successe qualcosa che non si sarebbe mai aspettato.

«... Gra-grazie».

Okabe era piuttosto sicuro che, se non fosse stata saldamente articolata al cranio, la sua mandibola avrebbe raggiunto il pavimento, in quel momento.

«Uhm, non c'è di che, tensai shōjo. Uno scienziato pazzo non rimangia mai la parola data».

«N-non farti strane idee! Non è che io ti sia propriamente grata, ma tengo davvero tanto a questo lavoro e quel deficiente di Shidō non vuole lasciarmi in pace e ti ho trascinato in tutto questo senza chiederti niente...».

Okabe la osservò perplesso per qualche istante, prima di lasciarsi sfuggire un sorriso divertito. Adesso capiva. Kurisu Makise era una tsundere e una della peggior specie, per di più.

«Si vede», la interruppe con calma. «Che ami questo lavoro, intendo».

«Beh, diventare un'allieva di Tennōji-san è sempre stato il mio sogno sin da quando ero una bambina», disse osservandosi i piedi. «Mi è sempre piaciuto cucinare, perché mio padre ha gestito un piccolo ristorante e io adoravo guardarlo cucinare e farmi insegnare da lui a preparare i piatti che più mi piacevano».

«Non avrei voluto essere nei panni di chi ha assaggiato i tuoi primi piatti», commentò ridacchiando.

«Ehi! Sono migliorata piuttosto in fretta!», lo rimbrottò la ragazza tirandogli giocosamente una gomitata nello stomaco.

«Ahia! Certo che sei davvero terribile...», la prese in giro prima di avviarsi verso la porta. «Ad ogni modo, il turno è finito. Fuori è buio, ti accompagno in stazione».

Kurisu lo guardò sorpresa per qualche istante prima di rivolgergli un cenno di assenso.«Oh... Grazie».

«Sicura di stare bene? Mi hai già ringraziato due volte nel giro di dieci minuti».

«Taci, stupido».

 
§

«Ma sei stupido o cosa? Ti avevo detto di stare attento e di controllarli affinché non si bruciassero mentre andavo ad aiutare Hashida-san con i dessert!».

«Stammi a sentire, zombie, tu non sei il mio capo e io ho altre mansioni a cui badare oltre a stare a sentire i tuoi ordini».

«Altre mansioni come, tanto per fare un esempio, far bruciare i migliori wonton che io sia mai riuscita a produrre?».

«Che sarà mai, basta togliere la parte bruciata e--».

«Faris-san, trattienimi, o questa volta lo prendo a pugni sul serio!».

Se doveva essere onesta si aspettava che, prima o poi, una cosa del genere sarebbe successa. Nell'ultimo mese e mezzo lei ed Okabe erano andati fin troppo d'accordo rispetto ai soliti standard, trascorrendo le loro pause a ridacchiare nello sgabuzzino delle facce assurde che Shidō faceva quando li vedeva assieme. In realtà non facevano nulla di eclatante. Si prendevano per mano per qualche istante, a volte si sforzavano di rivolgersi qualche sorriso, ogni tanto Okabe la abbracciava quando il molestatore le si avvicinava troppo e Kurisu si era perfino sforzata di lasciargli un bacio sulla guancia per ringraziarlo quando le aveva portato un mazzo di fiori per congratularsi per la sua promozione con il risultato di svenire a seguito di una copiosa epistassi.
 Ognuno dei quei gesti costava loro uno sforzo immenso. Kurisu aveva vissuto tutta la sua adolescenza in funzione del proprio sogno e Okabe, con i suoi bizzarri modi di fare e la sua completa incapacità nel leggere l'atmosfera, non aveva mai avuto una ragazza: il solo abbracciarsi o sfiorarsi le mani procurava ad entrambi una strana tensione  che non avrebbero definito come spiacevole ma che comunque gli impediva di essere completamente a loro agio con l'altro.

I membri della cucina che stavano assistendo a quell'ennesima litigata tra i due tra risatine e alzate di occhi al cielo, d'altro canto, non si ponevano domande su cosa stesse succedendo tra loro, vedendo l'accaduto come una delle tante scaramucce tra innamorati e proseguendo imperterriti nel loro lavoro, finché una voce da tutti conosciuta e odiata fece irruzione nella stanza.
«Ma insomma, che sta succedendo qui? Cosa sono queste urla? E voi due», inquisì Shidō puntando l'indice contro Okabe e Kurisu. «Voi due non me la raccontate giusta. Siete sicuri di essere davvero una coppia? Non credo che due persone innamorate finirebbero quasi con lo scannarsi tra di loro per degli involtini».

Nella stanza calò il silenzio. I neuroni di Kurisu Makise cominciarono a lavorare a pieno ritmo.

Non ora. Non adesso. Non quando sono così vicina a realizzare il mio sogno.

Davvero. Non era dipeso da lei nemmeno quella volta. Era il suo corpo ad essersi mosso da solo, spinto da quel desiderio irrefrenabile di non voler rinunciare ad un obiettivo ad un passo dalla sua realizzazione. Avrebbe pensato dopo alle conseguenze. Afferrò il ragazzo davanti a lei per il bavero della divisa, costringendolo a chinarsi per ovviare alla loro differenza d'altezza, e, serrando con forza gli occhi, posò con impeto le labbra sulle sue. Una scossa elettrica sembrò percorrerla da capo a piedi in quei brevissimi istanti in cui le loro labbra furono a contatto. Dai loro colleghi si alzò qualche colpo di tosse e qualche coraggioso si permise perfino di fischiare. Hashida-san, con voce indignata, invece, aveva urlato qualcosa sulle righe di "morte alle coppie in 3D!".

«Sono litigi tra innamorati», tagliò corto dopo aver mollato la presa su Okabe e rivolgendosi a Shidō. «Nulla che un bacio e una bella chiacchierata non possano risolvere».

«Mah, vedete di calmarvi durante la pausa. Non possiamo mandare a monte il servizio dell'ora di cena per i vostri litigi da coppietta», li rimproverò prima di sparire oltre le porte che davano sulla sala.

Quando Kurisu trovò il coraggio di guardare Okabe, questi la stava fissando visibilmente scioccato, le guance tinte di un pallido rosso. I loro colleghi li osservavano con espressioni visibilmente divertite.

«Tu», disse rivolgendosi ad Okabe senza guardarlo in faccia. «Ci vediamo al solito posto, dobbiamo discutere di un paio di cose durante questa pausa».

Il ragazzo la osservò dirigersi a passo svelto, ancora palesemente sconvolto, verso il magazzino prima di fissare imbarazzato il pubblico che popolava la cucina. «Ehi, voi», borbottò dopo essersi schiarito la voce. «Che avete da guardare? Tornate al lavoro».

 
§

Quando Okabe la raggiunse nel magazzino, Kurisu non riusciva a distogliere lo sguardo dalle interessantissime piastrelle a tinta unita del pavimento. Si sentiva terribilmente in imbarazzo per il gesto che aveva compiuto ma non se ne pentiva e non era del tutto sicura che ciò fosse dovuto al fatto che era riuscita a salvare, ancora una volta, il suo preziosissimo sogno.
Sentiva lo sguardo di Okabe su di sé, ma tutto il suo coraggio doveva essersi esaurito in quel momento in cui lo aveva baciato davanti a tutta la cucina, perché non riusciva davvero a guardarlo in faccia. Cielo, aveva dato il suo primo bacio ad un idiota.

«Kurisu».

Era la prima volta che la chiamava con il suo vero nome e, quasi istintivamente, i loro sguardi si incontrarono.
Kurisu si ritrovò a chiudere gli occhi, le guance che le pizzicavano e un leggero formicolio sotto la pelle, e le labbra di Okabe si posarono delicatamente sulle sue, separandosi prima ancora che potesse formulare un pensiero coerente. Non era stato molto meglio rispetto a quello nella cucina, dove, nella foga del gesto, aveva sbattuto contro i denti dell'altro. Se avesse dovuto descrivere quel secondo bacio lo avrebbe associato all'immagine di due passerotti che si beccavano l'un altro. Breve, timido, leggero e, soprattutto, pieno di imbarazzo.

«Soltanto... Soltanto un bacio», rispose alla tacita domanda che lesse nello sguardo del ragazzo.

E poi, senza che nemmeno lei si ricordasse come ci era finita, si era ritrovata di schiena contro la parete della dispensa e un braccio di Okabe attorno alla vita, intenta a muovere languidamente le proprie labbra assieme a quelle del ragazzo. In un momento non precisato - forse quando si era reso conto di poterla baciare senza temere di romperla- lui le aveva addirittura posato una mano sulla guancia, carezzandola distrattamente con il pollice.

«Quante... Quante volte fino ad ora?», domandò Okabe separandosi un attimo dalle sue labbra per riprendere fiato.
«Che ne so... 26, forse?».
«Le hai contate?!».
«S-sta' zitto!».
§

Non le era esattamente chiaro il perché lei e Okabe fossero finiti con lo spendere la loro pausa di quel giorno a baciarsi nel magazzino delle provviste, sapeva solo che da quel giorno, per entrambi, era diventato molto meno difficile comportarsi come una coppia di innamorati. Certo, avevano continuato a battibeccare come una vecchia coppia sposata un giorno sì e l'altro pure, e lei riusciva a farsi chiamare con il suo nome da Okabe, il quale si ostinava ad usare quei soprannomi ridicoli in ogni occasione, soltanto quando si ritrovavano a reiterare quanto successo nel magazzino.

E poi, un giorno di un paio di mesi dopo, era arrivata una nuova ragazza in cucina - come si chiamava? Ah, sì, Ruka Urushibara - e Shidō era finito con lo spostare le proprie mire su di lei e lei ed Okabe si erano sentiti in dovere di festeggiare l'avvenimento.
Rubata una bottiglia di sakè dal frigo, si erano rifugiati dietro l'uscita posteriore del locale, concedendosi un brindisi.

«Ho l'impressione che Shidō non sarà molto felice quando scoprirà che Rukako è un ragazzo», commentò Okabe visibilmente divertito prima di buttare giù un sorso di liquore.

«Però c'è da dire che è un ragazzo estremamente talentuoso, potrebbe rubarmi il posto se non faccio attenzione».

«Sei davvero terribile, non fai altro che pensare al lavoro», la prese in giro riempiendole di nuovo il bicchiere di sakè.

«Non è vero, e comunque mi ami lo stesso». In realtà era stata una cosa detta per scherzare. Non era nemmeno sicura che tra lei ed Okabe ci fosse effettivamente qualcosa, ma aveva voluto fare quella battuta per ridere con leggerezza di quel periodo che avevano dovuto passare a fingere di essere una coppia.

«Invece è vero», fu la risposta inaspettatamente seria di Okabe. «E sì, ho, veramente, completamente perso la testa per te, quindi assumitene la responsabilità».

Kurisu avvampò. «U-umph. Io mi assumo sempre le mie responsabilità».
   
 
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