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Autore: Madison Alyssa Johnson    16/12/2016    3 recensioni
Cinder è morta, i White Fang si sono dispersi e il regno di Vale sta tornando poco a poco alla normalità, ma la fine della guerra non è coincisa con il riposo per il Team JNPR, che opera per sterminare i Grimm intorno alla capitale.
Rientrando dall'ennesima caccia, Jaune e Pyrrha vengono lasciati soli da Nora e Ren, ma decidono di non rinunciare alla tradizionale cena fuori.
Genere: Fluff, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jaune Arc, Lie Ren, Nora Valkyre, Pyrrha Nikos
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Dedicata a Hicchan, che mi ha ordinato chiesto di scriverla per  dare una gioia a questi bambini bellissimi.

Jaune rotolò di lato e sollevò lo scudo contro la pioggia di piume scatenata dal Nevermore. « Giù le zampe dalla mia squadra, uccellaccio della malora. » esclamò e si piegò sulle ginocchia come gli aveva insegnato Pyrrha per scattare in avanti. Si piegò per evitare l’affondo del becco e mirò alla gola del Grimm, morbida come burro.
Il mostro si contorse e prese quota, accecato dalla rabbia e dal dolore.
Il guerriero strinse i denti, si aggrappò all’elsa e gli squarciò il petto con tutta la forza del proprio peso, grato che in quel corpo non scorresse sangue.
Il Nevermore gridò ancora ed esplose in una nube di frammenti oscuri che si dispersero nell’aria.
Jaune non ebbe il tempo di compiacersi, richiamato verso la terra dalla forza di gravità. « Oh, eddai. » mugolò, ma si ricordò appena in tempo di attivare gli stivali. Aveva speso una fortuna e finalmente poteva dare un senso a quel salasso.
Una raffica di colpi lo costrinse a gettarsi a terra lungo disteso prima ancora di toccare il suolo.
« Scusa, leader! » esclamò Nora, che non esitò a scavalcarlo con un salto per inchiodare a terra un’Ursa che fece la stessa fine degli altri Grimm.
« M-Ma figurati. » ribatté il Cacciatore, che si alzò in tempo per vedere Pyrrha eliminare il Goliath da cui lo aveva salvato due minuti prima e Ren mettere via le sue pistole. Sorrise. Non avrebbe potuto desiderare squadra migliore, nemmeno se gli avessero offerto di sceglierla da capo. « Okay, Team JNPR, » disse « è ora di tornare a casa. » Rinfoderò la sua vecchia spada e richiuse lo scudo.
« Questo sì che è parlare da leader. » esclamò Nora. « Magari arriveremo per cena. »
« Tanto Da Mayo è sempre aperto. » le ricordò Ren, facendo spallucce. « Alla fine è la che andiamo sempre. »
« Vero. » concordò Pyrrha.
« Ma come si fa a non andarci? » intervenne Nora, come al solito aggrappata a Ren. « Ti prepara tutto quello che vuoi. »
« E non ci ha ancora bandito, nonostante le tue richieste assurde. » sospirò il ragazzo, impassibile. Il pacato stoicismo che lo aveva sempre contraddistinto non era cambiato, ma sorrideva più spesso, soprattutto quando stava così vicino alla sua “amica-con-cui-non-stava-insieme”.
Nel profondo, Jaune si era sempre chiesto perché ancora continuavano quella messinscena. In quei momenti gli bastava guardare Pyrrha per avere una risposta: era più facile, così. Meno coraggioso (per usare un eufemismo), ma li sollevava dalla responsabilità di affrontare le conseguenze. Ricordava bene la paura di sei anni prima. Se non fosse stato per Ozpin, non sarebbero mai stati lì tutti e quattro. Era quello che non voleva più affrontare, il terrore di perdere qualcuno, e continuava a raccontarsi che se avesse mantenuto quella distanza, lei non sarebbe mai diventata così tanto importante da spezzargli il cuore, se fosse successo qualcosa.  Ancora non riusciva a scrollarsi di dosso quel senso di gelo che gli aveva lasciato la guerra. Poteva essere cresciuto, maturato e tutto il resto, eppure nel profondo c’era ancora quella parte di lui ancora adolescente, che non riusciva a smettere di avere paura. Sospirò e scosse il capo.  « Sbrighiamoci a tornare, allora. » concluse e precedette la squadra all’aeronave. 

 

Il portellone si richiuse alle loro spalle con un leggero tonfo e la squadra si stiracchiò. Erano tutti esausti, dopo quella missione, ma non si sarebbero lamentati: era mille volte meglio dare la caccia ai Grimm come sempre, che preoccuparsi della guerra.
Jaune non avrebbe fatto cambio nemmeno per tutto l’oro del mondo, nemmeno se gli avessero promesso di spazzare per sempre via i mostri dal mondo. Poteva eliminarli da solo, finché era certo che nessuno dei suoi cari sarebbe sparito davanti ai suoi occhi.
« Be’, noi andiamo! » esclamò Nora, che aveva già preso a braccetto Ren.
« Non venite a cena con noi? » chiese il leader, sorpreso.
La ragazza sbadigliò. « Sono distrutta! » rifiutò. « E anche Ren. »
« Già. Esausto. » confermò lui, con un sorriso storto. « Ci vediamo domani. »
« Oh, okay. » rispose Jaune, confuso, ma li lasciò andare. Non era affatto sicuro di aver capito cosa fosse appena successo. Non era abituato a vedere quell’aria losca sui volti dei suoi amici.
Al suo fianco, Pyrrha sorrise. « Allora, andiamo? »
Jaune si riscosse. « Uh... sì. » accettò, incerto. Non voleva darle buca, ma era strano andare a cena loro due da soli. Sembrava quasi... Si morse la lingua. Che diamine gli passava per la testa? « Uhm... ecco... » borbottò, incapace di sopportare il silenzio della notte di Vale. Si schiarì la voce e le scoccò un’occhiata con la coda dell’occhio. Perché doveva essere tutto così complicato? Non potevano tornare a com’era prima e basta? Erano nati in un periodo di pace; non avrebbero dovuto temerla così tanto. Probabilmente, si disse, lui era l’unico a non riuscire a farsi un’intera notte di sonno e a tenere le armi sotto il letto, sempre a portata di mano.
« Scommetto che Mayo ci sta aspettando. » Pyrrha spezzò il filo dei suoi pensieri con quel tono delicato che riusciva sempre a sciogliergli i nervi. « Dovremmo sbrigarci, prima che ci dia per dispersi. »
Il ragazzo arrossì e annuì. « Sia mai che qualcun altro occupi il nostro tavolo! » tentò di scherzare e, per chissà quale miracolo, la sua risata risultò meno tremante del previsto.
La guerriera gli sorrise e gli prese la mano per trascinarlo tra le vie silenziose di Vale.
Anche a più di due anni di distanza, le cose non erano ancora tornate alla normalità. Le persone avevano ancora paura a uscire di casa dopo una certa ora e, se lo facevano, quasi sempre si muovevano armate. Soprattutto, si muovevano in silenzio, come se troppo rumore potesse di nuovo attirare orde di Grimm tra le strade della città, che ormai sembrava quasi disabitata. Solo le vetrine illuminate dei negozi gli ricordavano che c’era ancora vita nella capitale.
« Pensi tornerà mai... come prima? » domandò alla sua compagna di squadra, che rallentò il passo e incrociò il suo sguardo.
« Con il tempo, sì. » rispose. « Se noi Cacciatori continueremo a proteggere le persone come sempre, prima o poi smetteranno di avere paura. » Sorrise. « È per questo che andiamo là fuori a combattere, no? »
Jeaune annuì. Riusciva a crederci anche lui, quando lei lo guardava in quel modo. In sei anni ancora non aveva capito cosa lei vedesse in lui, ma quella sua sconfinata fiducia gli scaldava il petto. Gli dava la forza di alzare lo scudo, prima ancora della spada. Sentiva di essere fatto per proteggere. Era quello il suo modo di essere leader e lo aveva capito grazie a lei. Sorrise e spinse la porta del locale.
Sulle loro teste trillò una campanella e una sorridente cameriera venne loro incontro. « Pensavo non veniste più. » disse. « Oh, ma siete solo voi due? »
« Sì, » confermò Pyrrha « Nora e Ren avevano... da fare. »
La ragazza le rivolse un’occhiata d’intesa – possibile che persino lei ne sapesse più di lui, che era il leader? – e li fece accomodare al solito tavolo. « Il solito, giusto? »
« Sì, grazie, Melanie. » confermò Jaune, che dietro al sorriso si sentiva sempre più spaesato. « Ho come la sensazione di essere l’unico a non aver ancora capito qualcosa d’importante. » confessò, quando la ragazza se ne fu andata.
La guerriera sorrise e poggiò il mento sul palmo della mano. « Chissà. » rispose, divertita, e versò da bere per entrambi.  

 

« Grazie per la visita! » li salutò la cassiera, nel dare loro il resto. « Tornate presto a trovarci. »
Jaune sorrise e si sforzò di annuire, ma gli fischiavano le orecchie e faticava a concentrarsi su ciò che aveva davanti. Nonostante si fosse fatto molto più robusto di Pyrrha, continuava a fare fatica nel reggere il suo ritmo di bevitrice.
La sua compagna di squadra aveva a malapena le gote arrossate e riusciva a parlare senza mangiarsi le sillabe. Camminava persino in linea retta senza ondeggiare e aveva bevuto almeno due boccali più di lui, oltre a tutto il resto che si erano scolati.
Lui, con tutto che si era fatto alto e largo di spalle, aveva la resistenza di uno scolaretto. Se non fosse stato per il braccio di Pyrrha intorno ai fianchi, sarebbe inciampato nei propri piedi ad ogni passo e avrebbe finito per impalarsi sul cimelio di famiglia. Scosse il capo per scacciare quell’immagine orribile e inspirò l’aria pungente della notte di Vale – o di quello che ne restava. Entro poche ore avrebbe fatto giorno, eppure loro erano ancora in giro. « Scommetto che ci odiano. » borbottò.
« Chi? »
« Quelli di Da Mayo. » spiegò, battendo le palpebre per mettere a fuoco la strada. « Li teniamo sempre svegli fino all’alba. »
La guerriera ridacchiò. « È vero, ma spendiamo anche una fortuna ogni volta. Siamo i loro clienti migliori, anche con questi orari. »
Jaune corrugò le sopracciglia, concentrato nello sforzo di formulare un pensiero coerente attraverso i fumi dell’alcol. Non avrebbe dovuto cercare di tenere il passo della ragazza, ma in quei sei anni non aveva fatto altro. Sentiva il bisogno di dimostrarle che poteva essere alla sua altezza e che non l’avrebbe delusa. Voleva ripagarla di tutto ciò che aveva fatto per lui fin dal primo giorno, ma la cosa gli stava sfuggendo di mano.
Per fortuna, erano quasi arrivati. Il condominio che il governo aveva messo a disposizione dei Cacciatori dopo la fine della guerra era giusto in fondo a quella via, reso riconoscibile dallo stemma verde pallido di Vale che splendeva sulla facciata principale. Abbandonato durante la guerra – che aveva spinto le persone ad ammassarsi sempre più verso il centro della città –, era stato riadattato con l’intenzione di farne un avamposto. Ormai ogni quartiere di Vale aveva almeno un edificio del genere e sembrava che questo fosse rassicurante per le persone, che stavano cominciando a popolare anche la periferia, sapendo di poter chiedere aiuto in qualunque momento.
« Ce la fai a salire? »
Jaune annuì, sebbene non osasse staccarsi da lei neanche per un secondo.
Pyrrha gli sorrise e premette la mano sul cancello, che la identificò e si aprì con uno sbuffo meccanico. « Dai, ci siamo quasi. » lo incoraggiò. Anche se era più bassa di lui di tutta la testa, lo sosteneva senza il minimo sforzo. Sorrideva, mentre chiamava l’ascensore, e riusciva persino a parlare in maniera fluida – fin troppo per lui, che non riusciva a seguire il suo discorso.
« Hai delle labbra bellissime, lo sai? » le chiese di getto. Era l’unica cosa quasi sensata che ancora riusciva a pensare e non ricordava più i mille motivi per cui non avrebbe dovuto dirglielo. « Mi fanno venire voglia di baciarti. »
La guerriera arrossì e non rispose, interrotta dall’arrivo dell’ascensore prima ancora di poter trovare una risposta sensata. Lo trascinò dentro e selezionò il sesto piano. « Davvero? » sussurrò. La sua voce tremava appena, ma il ragazzo era davvero troppo ubriaco per accorgersene.
« Davvero. » rispose, con una fermezza che non aveva nemmeno da sobrio. Il braccio che non le cingeva i fianchi salì a sollevarle il mento e con il capo si piegò verso il suo viso. Neanche si accorse che la bocca della ragazza era più a sinistra: Pyrrha corresse il tiro prima che il fallimento potesse demoralizzarlo.
Lo baciò e schiuse le labbra per cercare la sua lingua con la propria. Forse era ubriaca anche lei, dopotutto, per lasciarsi andare in quel modo, ma non sembrava fosse importante. Se le porte non si fossero aperte, non le sarebbe importato nemmeno di passare la notte in ascensore.
Jaune, annegato nell’odore e nel sapore della ragazza, sembrava pensarla allo stesso modo, ma il trillo che lo riscosse riuscì anche a richiamare dall’abisso della mente la consapevolezza che i loro appartamenti erano a pochi passi da loro. In casa sua, ricordò, c’era un enorme divano che avrebbe fatto decisamente al caso loro. 

 

La luce del nuovo giorno inondava la stanza e bussava senza pietà alle palpebre degli amanti, uniti da un abbraccio inestricabile.
Pyrrha, abituata a dormire supina, aprì gli occhi per prima e sorrise nel riconoscere la chioma bionda di Jaune, affondata nell’incavo del suo collo per sfuggire al sole. Gli baciò la tempia e si alzò con cautela per andare in cerca del bagno. Farsi una doccia calda era sempre in cima alle sue priorità, quando rientrava da una caccia. La rimetteva in comunione con il mondo civile, quello lontano dalla guerra e dai Grimm. Di norma sarebbe tornata a casa, per quel piccolo rituale – lo aveva fatto anche nelle occasioni in cui, soprattutto nei primi tempi, si era fermata a dormire con il resto della squadra –, ma in quel caso non le venne neanche in mente, così come non pensò a chiudere la porta a chiave prima di gettarsi sotto l’acqua calda. Canticchiò un motivetto allegro, mentre ripassava i ricordi della sera prima e un senso di gioia gorgogliava e traboccava in lei. N’era valsa la pena, di aspettare sei anni. Chiuse l’acqua e si avvolse nell’enorme accappatoio di Jaune per tornare in camera da letto.
Il ragazzo non c’era. A giudicare dall’odore di caffè, doveva essere in cucina.
Ne approfittò per “prendere in prestito” una maglia e un paio di pantaloncini, che le andavano a dir poco enormi. Ci navigava quasi dentro, eppure si sentiva felice come una bambina. Voleva vedere la sua reazione a quelle libertà improvvise che si stava prendendo. Magari non era da lei, ma voleva stuzzicarlo un po’, vendicarsi per averla fatta aspettare così tanto. Sogghignò, ma si impose di non fare il minimo rumore, mentre raggiungeva la cucina.
Jaune le dava le spalle. Stava versando il caffè in una tazza e sembrava piuttosto concentrato.
Si morse il labbro inferiore e gli arrivò dietro in punta di piedi. « Ce n’è un po’ anche per me? » chiese, con un tono tanto naturale che non si sarebbe mai detto volesse fargli venire un colpo.
Per poco il ragazzo non mollò la presa sulla caffettiera. « P-Py... Pyrrha...! » esclamò. « Cosa...? » aggiunse, voltandosi verso di lei, ma un lampo di consapevolezza nel suo sguardo uccise quella domanda  sul nascere. Deglutì e la osservò per diversi secondi, prima di provare a parlare di nuovo.
La guerriera sorrise con il massimo candore. « Di caffè. » disse. « Ce n’è un po’ anche per me? »
Jaune batté le palpebre, arrossì e annuì con troppo vigore. « M-Ma certo. Certo. » farfugliò e si affrettò a cercare una tazzina anche per lei.
Pyrrha sedette al tavolo e lo guardò trafficare con un sorrisetto divertito sulle labbra. « Non hai dimenticato cos’è successo stanotte, vero? » chiese, quando lui le porse il caffè.
Il ragazzo sbarrò lo sguardo, rigido come un ciocco di legno, e scosse il capo. « M-Ma... » borbottò e nascose il viso dietro la ceramica.
« “Ma”? »
Il Cacciatore arrossì e non rispose.
« Cosa? »
In risposta ottenne solo un farfugliare confuso.
« C’è qualche problema? » insistette Pyrrha, che dietro il sorriso pacato cominciava ad agitarsi. « Ti sei pentito? »
« N-No, certo che no! » scattò Jaune. « P-Piuttosto... t-tu... tu sei sicura che... insomma... io... »
« Assolutamente sicura. » Si alzò e gli appoggiò le mani sulle spalle. « Sono sei anni che aspetto tu ti accorga che ti amo. » sussurrò e lo attirò a sé per baciarlo. Fu lenta nell’esplorare la sua bocca con la propria. Non voleva travolgerlo, ma fargli sentire che diceva sul serio.
Jaune ci mise qualche secondo a rispondere al bacio, troppo impegnato ad assorbire le parole della ragazza per trovare anche la concentrazione necessaria a ordinare al suo corpo di muoversi. Avvolse la sua vita sottile in un abbraccio e lasciò che quella scarica elettrica lungo la sua schiena si portasse via tutto. « Come lo diremo agli altri? » sussurrò, con la fronte premuta contro quella della ragazza.
« Troveremo il modo. » assicurò la ragazza e lo baciò di nuovo. 

 

Buonasera, gente. Alla fine mi sono decisa a pubblicare questa one shot. Non ero convinta, io e le mie simpatiche paranoie, ma eccola qui, in fine. 
L'ho scritta su gentile richiesta di Himenoshirotsuki, ma anche per processare il trauma della 3x12 (non vi faccio spoiler perché sono una brava persona) e la posto per prepararmi ad iniziare la quarta stagione. Ho già pronti i fazzoletti. Combinare RWBY e Yuri!!! On Ice potrebbe essere potenzialmente pericoloso, but... who cares, right? Eh. 
Questa volta non ho grandi note di fondo da aggiungere, anche se devo precisare che in realtà volevo scrivere una cosa tranquilla e molto più fluffosa, che in teoria doveva partire dal post-diploma... e invece mi è uscito questo. Si vede che avevo tutto quell'angst represso in me ed è uscito così.
Spero non sia una brutta one shot, anyway. Se voleste farmi sapere cosa ne pensate, mi rendereste molto, molto felice. E niente, la pianto, o potrei non trovare la forza di finire la pubblicazione.
   
 
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