Libri > Harry Potter
Segui la storia  |      
Autore: lucia_canon    16/12/2016    0 recensioni
Dopo la Battaglia di Hogwarts, la vita del mondo magico riparte. Nuovi sogni da realizzare, nuove promesse, nuovi progetti. Per tutti, ma non per George Weasley. La sue vita é cambiata per sempre, e lui deve affrontare da solo un'esistenza che era stata progettata per due. Sarebbe più facile fuggire, ma George non può: c'è ancora qualcuno che ha bisogno di fare parte della sua vita.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, George Weasley, Harry Potter | Coppie: Angelina/George
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

“I was looking for some action

But all I found was cigarettes and alcohol”

Oasis

Novembre 1998

 

Il bicchiere era di nuovo vuoto. Con un automatismo, George mosse la bacchetta per sollevare la bottiglia di Whiskey Incendiario e riempirlo nuovamente, ma si accorse che anche quella era vuota. Contemplò l’ipotesi di andare a letto, ma allontanò in fretta il pensiero. Non aveva ancora bevuto abbastanza. Se si fosse infilato sotto le coperte in quel momento, i suoi demoni l’avrebbero perseguitato per tutta la notte. Si accese una sigaretta con un colpo di bacchetta, e aspirò avidamente. L’odore ormai familiare del fumo gli provocava una piacevole sensazione, ma non gli consentiva di fuggire dalla realtà come l’alcol. Il Whiskey Incendiario era l’unica cosa che gli permetteva di addormentarsi tutte le notti, e poco importava se al mattino aveva sempre mal di testa.

Si guardò intorno, in cerca di qualcosa che potesse sostituirsi al Whiskey. L’occhio gli cadde sul disordine che regnava nel suo appartamento. Il divano era coperto da pile di vestiti sporchi, mentre sul pavimento c’erano molti scatoloni pieni di oggetti gettati alla rinfusa. Per terra c’era anche qualche vetro rotto, ricordo del giorno in cui aveva scagliato con violenza alcune cornici negli scatoloni. Il tavolo era apparecchiato da mesi, ormai. Lui si limitava semplicemente a spostare i piatti sporchi, e talvolta faceva sparire le briciole. Su alcuni scaffali erano appoggiate le sue scorte di cibo, soprattutto biscotti e cibi pronti. Non si poteva permettere molto altro, dal momento che si manteneva con quello che rimaneva dei guadagni del negozio Tiri Vispi Weasley, che adesso era stato chiuso. Non c’erano più alcolici sullo scaffale sopra ai fornelli, e il sacchetto della spazzatura era pieno di bottiglie vuote che aveva dimenticato di far Evanescere. C’erano alcuni dolcetti che aveva comprato da Florian Fortebraccio qualche giorno prima, ma non gli andava di mangiare perché sapeva che lo avrebbe aiutato a smaltire la sbornia. Doveva procurarsi dell’altro alcol, o quella notte il suo fantasma personale, la consapevolezza, sarebbe tornato a visitarlo.

Appellò a sé il cappotto, lo indossò e uscì nella fredda Diagon Alley novembrina. Il gelo lo colpì in viso, ma nulla poteva farlo desistere dal suo intento e rientrare in casa. Il Paiolo Magico non era troppo distante, lì avrebbe trovato ciò che cercava.

 

Quando arrivò, il locale era quasi deserto. Tom, il proprietario, lo riconobbe con facilità. Negli ultimi mesi, pensò ironicamente George, il barista era stato l’unica persona con cui avesse intrattenuto un rapporto che potesse dirsi umano. Un Weasley che rimane solo, quasi un paradosso. Chissà come era stato per Percy, qualche anno prima. Lui, sicuramente, aveva trovato un modo composto e ordinato per gestire la solitudine. Faceva parte della natura di suo fratello, la tendenza ad affrontare i problemi con pragmatismo e organizzazione. Non della sua. Lui aveva sempre avuto uno ed un solo modo per affrontare le difficoltà della vita.

Dopo aver ordinato un bicchiere di Firewhiskey, George si appoggiò al bancone e cominciò a guardarsi intorno. Non c’era molta gente al Paiolo Magico, quella sera. Solo una coppietta in un angolo del bar, e un paio di avventori solitari come lui. Tom gli riempì il bicchiere, e lui cominciò a sorseggiare la bevanda, godendosi il sapore forte dell’alcol e la piacevole sensazione che gli dava. Avrebbe avuto bisogno di un altro paio di bicchieri, poi si sarebbe Smaterializzato a casa, e anche quella notte sarebbe piombato in un sonno profondo, l’unico modo che avesse trovato per abbandonarsi all’oblio e sfuggire alla realtà.

Mentre beveva, riprese a guardarsi intorno. Da alcuni mesi, aveva preso l’abitudine di osservare gli sconosciuti, scrutando con attenzione la realtà che lo circondava. Era come se non ne facesse parte, come se il suo fosse un punto di vista esterno. Anche per questo aveva interrotto i rapporti con tutti coloro che conosceva. Se si fosse relazionato con qualcuno, sarebbe stato costretto a far parte della realtà. E lui non voleva. Desiderava rimanere al di fuori.

Quello era il motivo per cui fu con un certo disappunto che notò che gli pareva di riconoscere la coppietta seduta in fondo al locale. Cercò di allontanarsi, e di non guardare più in quella direzione, temendo che incontrare qualcuno che aveva conosciuto gli sbattesse in faccia l’evidenza che lui con tanta costanza stava annegando nel bicchiere che teneva tra le mani.

Finito che ebbe di bere, porse il bicchiere a Tom perché glielo rabboccasse. Si accese un'altra sigaretta, e rimase per qualche minuto ad apprezzare il connubio tra il sapore del Whiskey e quello del tabacco.

Mentre posava nuovamente il bicchiere sul bancone, George udì una voce femminile, sicuramente appartenente alla ragazza della coppietta, affermare: “Non sono d’accordo, Neville. Non vedo come il Tranello del Diavolo potrebbe essere utilizzato in Medimagia per la cura dei morsi di Ashwinder.” Improvvisamente, tutto ciò che aveva cercato di evitare negli ultimi mesi lo aveva raggiunto come uno schiaffo in pieno viso. Era Neville Paciock. Un mago molto vicino alla sua famiglia. Una delle ultime persone che avrebbe voluto incontrare. Neville, l’imbranato, che a quanto pareva se ne andava in giro con una ragazza dai capelli rossi a discutere di Erbologia. Sentì un brivido, ma non avrebbe saputo dire se la causa ne fosse il Firewhiskey che stava bevendo o la consapevolezza di quella presenza a lui così sgradevole. C’erano poche cose che avrebbe potuto ritenere peggiori di quell’incontro, pensava George. Guardarsi allo specchio e vedersi incompleto. Leggere la Gazzetta del Profeta. Rivedere Harry, o qualcuno della famiglia. George trasalì. Non doveva permettere a quei pensieri di raggiungerlo. Doveva distrarsi.

Per la prima volta da quando era arrivato, George si soffermò sul viso di Neville. Il ragazzo era cambiato rispetto all’ultima volta che l’aveva visto, mesi prima. Sembrava più adulto e più sereno. Stringeva la mano delicata della ragazza con i capelli rossi tra le proprie, e le sorrideva. In lui non vi era più nulla del ragazzino rotondo e impacciato che aveva conosciuto a Hogwarts, e cominciava a non assomigliare più nemmeno al giovane ribelle e inquieto che aveva guidato l’E.S. solo un anno prima. Sembrava felice, ed era questo l’aspetto che turbava di più George.

Si rese conto che stava stringendo il bicchiere con la mano con tutte le sue forze, al punto tale che c’era da stupirsi che non si fosse ancora rotto. Era arrabbiato, furioso per la felicità di Neville. Adirato, perché c’era ancora gente che si permetteva di essere felice, mentre lui sapeva di non poterlo essere mai più, perché non sarebbe mai più stato completo, e come avrebbe potuto essere sereno, in quello stato di incompiutezza?

Prima che potesse riprendere il controllo delle sue azioni, il suo consueto distacco dalla realtà, si stava avvicinando a Neville.

“Neville Paciock.”

Neville guardò nella sua direzione, e lo riconobbe con stupore.

“George Weasley! Sono secoli che non…” la voce di Neville s’interruppe, perché qualcosa nell’espressione di George gli aveva fatto capire che quello non era un allegro ritrovo tra due vecchi amici. 

“Secoli? Non saprei dirlo con precisione. Quando ogni giorno è dannatamente uguale agli altri, si fa in fretta a perdere la cognizione del tempo. A quanto pare tu, invece, ti sei dato da fare.” Dichiarò George, alludendo col mento alla ragazza seduta accanto a Neville, che lo scrutava spaventata. Neville fece finta di non sentire. George ebbe l’impressione che l’amico di suo fratello- il pensiero di Ron lo fece sussultare- comprendesse più di quello che lui voleva lasciar trasparire, e ciò non faceva che aumentare la sua furia.

“Sembra che per alcuni sia facile gettarsi tutto alle spalle.”

“Non lo è, non può esserlo. – ribatté Neville, serio come George non lo aveva mai visto. – ma ognuno deve trovare un modo per ricominciare.” Concluse, lanciando un’occhiata al bicchiere vuoto tra le mani di George. Dallo sguardo di Neville si poteva desumere che non pensava che lui avesse trovato una buona soluzione al problema.

“Ognuno deve trovare un modo, tu dici. Pensi che il mio sistema di affrontare la situazione non sia quello giusto.” Disse George, con tono definitivo. La sua voce si stava alzando, la tensione era ormai palpabile. Il Neville che aveva conosciuto a Hogwarts avrebbe impiegato molto tempo ad accorgersi di quel cambiamento di atmosfera, inesperto com’era. L’uomo che stava di fronte a lui quella sera si alzò in piedi di scatto, la bacchetta pronta per difendersi, e si parò davanti alla ragazza dai capelli rossi.

“La verità è che per me un modo non c’è, Neville, non c’è più!” Esclamò George, ormai furibondo, prima di scagliare con forza il bicchiere che aveva tra le mani sul volto di Neville. Se questo fosse stato pronto ad attaccare, probabilmente sarebbe riuscito ad evitare il colpo. Ma lui non lo avrebbe mai aggredito per primo, era troppo leale per farlo. Il bicchiere colpì Neville in pieno viso, lasciandolo sanguinante. La ragazza che era con lui cominciò a gridare, spaventata. Neville, invece, non emise alcun suono, ma rivolse a George uno sguardo che questi non avrebbe dimenticato facilmente. 

Per la prima volta dopo la morte di Fred, George proruppe in pianto.

Nel frattempo, gli altri avventori del locale si erano dileguati, mentre Tom, il proprietario, si era avvicinato per prestare soccorso a Neville. Sconvolto, George si lasciò cadere su una sedia e perse i sensi.

 

Quando riprese conoscenza, realizzò di non trovarsi più al Paiolo Magico. Questo fatto lo mise in allerta. Dov’era? Chi lo aveva portato lì? Si rese conto di trovarsi in un letto morbido, dalle lenzuola profumate, che certamente non era il letto del suo appartamento di Diagon Alley.  Si guardò intorno.

Era in una stanza piccola, ma pulita e ordinata. C’era una finestra, che dava su un prato verde bagnato dalla pioggia di novembre. C’era un bel tepore, grazie alla stufa a legna che si trovava nell’angolo opposto alla finestra. Alla sinistra del letto c’erano una libreria e un guardaroba, mentre sul lato destro c’era un altro giaciglio pressoché identico a quello in cui si trovava lui, che però era vuoto.

La consapevolezza di conoscere il posto dove si trovava lo raggiunse all’improvviso, ma stavolta non fu uno schiaffo in faccia. Si rannicchiò sotto le coperte, godendosi il tepore, sentendosi quasi rasserenato. Aveva cercato di sfuggire, l’aveva evitata in tutti i modi, ma nel momento in cui ne aveva avuto più bisogno si era ritrovato lì, alla Tana.

La porta della stanza si aprì all’improvviso.  Sulla soglia stava una donna piccola e rotondetta, dal volto gentile e lo sguardo amorevole. Tra le mani teneva un vassoio su cui erano stati disposti un piatto di uova col bacon e una teiera fumante. Per George, in quel momento, quella era l’immagine della pace assoluta.

“Mamma.”

Molly si avvicinò, sorridente, posò il vassoio sul comodino, e si chinò su di lui, per depositargli un bacio sulla guancia.

“Mi sei mancato, figlio mio.” George avvertì un senso di interezza che gli era mancato durante i mesi precedenti. Aveva cercato di allontanarne perfino il ricordo, e non aveva saputo ammettere a sé stesso quanto grande fosse il suo bisogno di essere curato da sua madre.

Avrebbe voluto lasciarsi stringere da lei, ma sentiva che c’era qualcosa che glielo impediva. C’era un ostacolo che si frapponeva tra il figlio e sua madre. Il rimorso. Il senso di colpa per averla allontanata, per non essere stato figlio durante quei mesi, e per quello che aveva fatto a Neville. Doveva chiedere spiegare, chiedere perdono.

“Mamma, io…” cominciò. Molly lo interruppe.

“Lo so. Manca da impazzire anche a me. E anche io talvolta avrei voglia di picchiare qualcuno.” Sussurrò lei nell’orecchio di suo figlio, stringendolo a sé. Il robusto ventenne ricambiò l’abbraccio con l’urgenza di un bambino. I due rimasero stretti l’uno all’altra per alcuni minuti. Alla fine, Molly si allontanò e si sedette sul letto a fianco a lui. Gli depositò in grembo il vassoio con la colazione e lo incitò: “Mangia, Georgie, chissà quanto tempo è che non consumi un pasto decente. Il tuo pigiama ti stava così largo.” Osservò, guardandolo preoccupata. Solo in quel momento George si rese conto di quanta fame avesse, e cominciò a riempirsi avidamente la bocca di bacon. Terminato che ebbe di mangiare, Molly fece sparire il vassoio e lo guardò, lo sguardo serio ma colmo d’amore. Dopo quei mesi di lontananza, c’erano tante questioni da affrontare, tante domande a cui rispondere e risposte da ricevere. Non era necessario che George spiegasse tutto in quel momento, ma doveva cominciare ad aprirsi, ad affrontare la realtà come aveva fatto il resto del mondo magico. Molly cercava il modo giusto per iniziare quella conversazione, ma questa volta George la colse di sorpresa.

“Perdonami, mamma. Adesso so di averti abbandonata nell’unico momento in cui eri tu ad avere bisogno di me.” Sussurrò il ragazzo, con voce addolorata. Aveva lo sguardo triste di chi si è sentito perso, senza più i suoi punti di riferimento.

Molly non aveva mai visto quell’espressione sul volto di suo figlio, e mai si sarebbe aspettata di udirgli pronunciare simili parole. Tuttavia, negli ultimi anni aveva assistito a molti eventi che aveva ritenuto impossibili, e stava cominciando a farci l’abitudine. George non sarebbe mai più stato quello che era prima della guerra. Nessuno di loro sarebbe più stato lo stesso, ma adesso suo figlio era lì, con lei, ed era l’unica cosa che importava davvero.

“Accetto le tue scuse, figlio mio. È vero che tu ti sei allontanato in un momento in cui avremmo avuto tutti bisogno di essere uniti. Nessuno di noi, però, si sognerebbe di fartene una colpa. Vedere morire un figlio è un dolore inimmaginabile, che ti auguro di non vivere mai. Io e tuo padre ne siamo stati quasi annientati, ma anche così, sei comunque stato tu a subire la perdita più grave, quella notte. Hai reagito in un modo che ha provocato ancora più dolore, ma non potevi sapere che sarebbe stato così, e anche se tu avessi una colpa, credo che avresti espiato la tua pena, negli ultimi mesi.” Concluse Molly, accarezzando i capelli di George. Questi non poté fare a meno di notare che, sebbene lui non avesse mai fatto riferimento a ciò che aveva vissuto durante i mesi precedenti, sua madre aveva ugualmente compreso quale inferno fosse stato.

“Credo che dovrò parlare con Neville.” Affermò George, con tono più tranquillo.

“Lo credo anche io, caro, verrà il momento più adatto. Ora, però, lascia che ci prendiamo cura di te.” Suggerì Molly. George acconsentì.

C’era un’ultima questione che aveva bisogno di porre, prima di tornare a riposare.

“Come avete fatto a trovarmi?”

N.d.A.

Salve a tutti!

Eccomi con un nuovo progetto, questa volta riguardante gli anni immediatamente successivi alla seconda guerra magica. Il protagonista di questa long sarà George Weasley, ma ritroverete molti dei personaggi principali dei libri. Il personaggio che avete trovato in questo capitolo è sicuramente molto diverso da quello che avete conosciuto nei libri. Il motivo è chiaro: non conoscevamo George senza Fred, e in questa nuova, solitaria, fase della sua vita emergono altri aspetti del suo carattere. Mentre tutti gli altri hanno cercato un modo per cominciare una nuova vita dopo la guerra, per George questo è stato impossibile. Ha quindi deciso di fuggire da tutto ciò che è stata la sua vita fino a quel momento, al punto da rifugiarsi, come il più triste dei Babbani, nell’alcool. Vorrei mettere in chiaro che quello che vedete in questo capitolo, soprattutto nella prima parte, non è l’atteggiamento proprio di George, quanto piuttosto una maschera che lui indossa per evitare di essere sé stesso. Nei prossimi capitoli, se avrete la bontà di seguire questa fic, scopriremo altri aspetti del suo vero carattere.

Se avete piacere di contattarmi, potete farlo anche con FB, è sufficiente cercare la mia pagina Lucia_canon

A presto!

Lucia

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: lucia_canon