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Autore: empathapathique    22/05/2009    10 recensioni
Draco aveva sviluppato una paranoia molto salutare riguardo la cucina di sua moglie, dopo essersi ritrovato al San Mungo per tre giorni di fila, un paio di mesi prima. La sera precedente al ricovero, lei aveva preparato una qualche insalata di granchio, ed entrambi avevano fatto finta di non sapere dove Draco avesse mai potuto prendersi un avvelenamento da cibo, quando la Medistrega aveva riferito loro la diagnosi. Non ne avevano mai più parlato.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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*saluta*
Dopo Banana Pancakes di SunnyJune 46 (un grazie enorme a tutti coloro che hanno lasciato un commento alla traduzione (: ) e alla piccola e spoilerosissima Reflected Warmth sulla seconda trilogia di Jacqueline Carey, rieccomi con una nuova oneshot Draco/Hermione.

Quirks di empathapathique è stata composta come esercizio di scrittura (il compito era incomporare tre cose - il cucinare, delle farfalle e degli specchi - in una storia) nell'agosto 2006. Spero che possa essere di vostro gradimento :p

Buona lettura ^^

Kit 05


Titolo: Quirks
Autrice: empathapathique
Traduttrice: Kit_05


**********************


Stava cucinando di nuovo.

Lo faceva spesso. E Draco non aveva ancora capito il perché.

Non era brava – davvero. I mal di stomaco erano una ricorrenza così comune nella loro dimora che tenevano sempre delle medicine per alleviare i dolori, sopra il lavandino, in bagno. Stava migliorando, rispetto a come cucinava prima, però, ed era già qualcosa. Nondimeno, Draco aveva sviluppato una paranoia molto salutare riguardo la cucina di sua moglie, dopo essersi ritrovato al San Mungo per tre giorni di fila, un paio di mesi prima. La sera precedente al ricovero, lei aveva preparato una qualche insalata di granchio, ed entrambi avevano fatto finta di non sapere dove Draco avesse mai potuto prendersi un avvelenamento da cibo, quando la Medistrega aveva riferito loro la diagnosi. Non ne avevano mai più parlato.

Sarebbe stato inutile, comunque. Lei avrebbe continuato a cucinare, e Draco avrebbe continuato a mangiare qualunque cosa lei gli avesse messo nel piatto. Perché quello era, semplicemente, il modo in cui le cose andavano tra loro. Cucinare la rendeva felice, e Draco Malfoy non era uno stronzo tale da dire a sua moglie che le sue doti culinarie erano uno schifo e che lei era un assoluto disastro, come cuoca. Perché cucinare la rendeva felice, dannazione, e Merlino sapeva quanto lui volesse che quella donna fosse felice. Anche se credeva che lei si fosse condannata all’essere miserabile per il resto della sua vita, sposandolo.

Ma quella era solo semantica.

Inoltre, non aveva bisogno di dire a Hermione che la sua cucina era un orrore; a star male, poi, non era solo lui.

***


Non cucinava tutti i giorni.

Era una cosa che faceva di tanto in tanto. Un hobby, in pratica.

Avevano passato i primi sei mesi del loro matrimonio nutrendosi di cibo da asporto. Solo dopo una visita di Molly Weasley a casa loro - visita in cui lei aveva fatto una severa predica sulle condizioni pietose della loro dispensa e su come si stessero comportando da bambini, con il loro continuo ordinare cibo fuori - le loro abitudini alimentari erano cambiate. Molly aveva fatto loro promettere che le avrebbero cambiate, e se Draco era dell’opinione che le promesse fossero fatte per essere infrante (se avesse avuto l'intenzione di fare qualcosa, l’avrebbe fatta comunque; non c’era bisogno di prometterlo), aveva anche imparato molto tempo prima che la matriarca della famiglia Weasley non era persona da inimicarsi.

Così lui e Hermione avevano promesso: basta cibo da asporto.

Molly aveva preso alcuni libri di cucina da casa sua, e sia Draco che Hermione erano rimasti egualmente scioccati all’idea di dover cucinare da sé. Lui non cucinava, naturalmente – i Malfoy non stavano ai fornelli – e Hermione aveva reso ben chiaro fin dall’inizio che nemmeno lei l’avrebbe fatto. L’aveva guardato con uno sguardo bellicoso quando l’aveva dichiarato – come aspettandosi che lui avesse qualcosa in contrario – ma onestamente, a Draco non era interessato. Non quando c’era Mr. Tan e i suoi deliziosi involtini arrosto a una sola chiamata via camino di distanza.

(Oh, quanto aveva desiderato che lei ne fosse capace, però, quando aveva poi deciso di aggiungere il cucinare alla lista delle Cose-che-Hermione-Granger-Può-Fare. Erano passati quattro mesi, ormai, e le cose non stavano andando affatto bene.)

Era stato divertente, però, essere sgridati da Molly Weasley; i due avevano quasi ventisei anni ed erano stati trattati come se ne avessero avuti otto. Hermione aveva riso quando lui l’aveva detto, una risata liberatoria e fragorosa, e Draco ricordava di essere rimasto ammaliato da quella vista: da quelle labbra aperte e quegli occhi chiusi; da quella testa gettata all’indietro; dalla pelle bianca del collo esposta, mentre quei suoni gioiosi lasciavano le sue labbra. L’aveva attratta tra le braccia e baciata, allora, e i suoi sentimenti per quella donna l’avevano sopraffatto una volta ancora, mentre la prendeva veloce e forte sul tavolo della cucina.

Adorava quel tavolo.

Due ore più tardi, si erano ritrovati sul pavimento della cucina, a ridere, il come e il perché dimenticati. Il sesso rende affamati, però, e appena prima che Hermione chiamasse quel nuovo posticino giapponese a Diagon Alley (il loro involtino California era paradisiaco), si era fermata e si era voltata a guardarlo. E Draco era inorridito, perché sapeva perché lo stava guardando, ma il suo stomaco stava borbottando, perché l’aveva appena scopata fino a non averne più, e cazzo, aveva fame. E magari, se la donna a cui aveva fatto la loro promessa non fosse stata Molly Weasley, avrebbe potuto suggerire di scegliere di sviluppare una perdita di memoria selettiva e optare di dimenticare l’intera conversazione con quella donna, ma quella donna era stata Molly Weasley. L’avrebbe scoperto, e poi avrebbe urlato loro contro fino a far sanguinar loro le orecchie.

Alla fine, ordinarono comunque dal giapponese. Perché avevano appena fatto sesso, e il sesso ti rende affamato e davvero, non c’era nulla che potessero fare per quella promessa, in quel momento.

Lei lo scoprì, naturalmente, li mise in un angolo come se avessero avuto cinque anni e fossero stati scoperti a rubare dolcetti prima di cena. Presero provvedimenti non appena lei se ne andò.

***


Assunsero un elfo domestico.

L’unico compito di Whoopy (il nome faceva sghignazzare Draco) nella loro casa era cucinare, nulla di più – nonostante gli sforzi dell’elfo di aiutare Hermione con i lavori domestici. Doveva presentarsi nel loro appartamento alle cinque, ogni sera, e andarsene precisamente alle sette, quando aveva concluso i suoi doveri. Hermione lo pagava dieci galeoni a settimana, e riduceva quella povera creatura sfigurata in lacrime ogni volta che rifiutava il suo aiuto. Draco trovava il tutto ridicolamente divertente. Diceva sempre che Hermione aveva una vena di malvagità in lei, e quella era la sua prova.

E se assumere un elfo domestico per preparar loro i pasti non era esattamente quello che la signora Weasley aveva avuto in mente quando li aveva fatto promettere di cambiare abitudini alimentari, quella soluzione era sicuramente un miglioramento rispetto alla loro precedente dieta basata sul solo cibo d’asporto. Ma la signora Weasley era una signora d’altri tempi, e Draco presumeva che non sarebbe mai stata contenta del loro matrimonio o del modo in cui vivevano le loro vite. Aveva iniziato a lamentarsi delle loro abitudini fin dall’inizio, a partire dalla mancanza di arredamento nel loro appartamento nei primi quattro mesi del loro matrimonio. Lui e Hermione erano stati troppo impegnati per perdere tempo a comprare mobili. Dovevano lavorare. Inoltre, avevano tutto ciò di cui avevano bisogno: un letto, un tavolo, un divano, e un altro tavolo. La signora Weasley s’era tinta di un’interessantissima sfumatura di rosso, quando Fred e George avevano fatto una battuta su come tutti quegli oggetti fossero piatti e robusti – poco inclini a rompersi sotto un po’ di pressione, quando si finiva a fare bump bump. E Draco aveva riso. Perché avevano ragione, naturalmente. Lui e Hermione l’avevano già capito da soli.

Molly Weasley si lamentava praticamente su tutto quello che facevano, e Draco dubitava che sarebbe arrivato un momento in cui non l’avrebbe fatto. E lui non voleva che quel momento arrivasse. Perché, onestamente, il pensiero di vivere una vita che la signora Weasley potesse approvare lo rendeva nervoso.

***


La prima volta che lei aveva cucinato era stato quattro mesi prima, in autunno. Le foglie stavano cambiando colore, l’aria era frizzante, e in un giorno di novembre, Draco Malfoy era tornato a casa per scoprire che la sua studiosa moglie stava infornando una torta.

Era stato strano, per non dire altro.

Così bizzarro, in effetti, che l’aveva fissata per quasi un minuto – un minuto pieno, sessanta secondi; non uno di quei momenti che sembrano un minuto perché si è giovani e innamorati, e inconsciamente si esagera qualunque cosa riguardi la persona che riduce il tuo cervello in poltiglia. Era stato un minuto, lungo e spaventoso perché aveva seriamente contemplato l’ipotesi di essere finito nell’appartamento sbagliato. Perché il suo appartamento non assomigliava per nulla a quello. La sua cucina non era mai stata così – così disordinata; libri di cucina e mattarelli e quello che sembrava essere un intero pacchetto di farina sparso per tutta la stanza. E nel mezzo di quel disordine c’era sua moglie, i capelli castani selvaggi e intrisi di farina, mentre si voltava a rivolgergli un sorriso, gli occhi che brillavano per la gioia e un eccitato rossore sulle gote.

Una sensazione di surrealismo gli aveva riempito i sensi, allora, perché quello era davvero il suo appartamento, e quella era davvero sua moglie – la sempre in mezzo ai libri e non-cucinerò-mai-neanche-una-volta-in-vita-mia Hermione Malfoy nee Granger – che stava in piedi nella loro cucina disordinata fino all’inverosimile con un grembiule cinto in vita e un sorriso in volto. “Bizzarro” non sfiorava nemmeno la stranezza di quella situazione. Perché non era una cosa che uno poteva immaginarsi quando viveva con quella donna.

Sua moglie l’aveva sempre sorpreso con abitudini eccentriche e i nuovi passatempi che spesso trovava per divertirsi, tuttavia Draco non si era mai aspettato di vederla scegliere la cucina, come hobby. Non dopo la veemenza con cui gli aveva detto che mai l’avrebbe fatto, in primo luogo.

In effetti, aveva avuto una mezza idea di chiederle che diavolo avesse che non andava – e se doveva chiamare Ginny per chiederle di controllarle la testa. Perché Gin era una Medimaga ed era semplicemente brava con le persone pazze e i problemi di testa. E, se non avesse avuto quell’irresistibile desiderio di prenderla contro il bancone (c’era qualcosa nel vedere quella donna con un grembiule che gli annientava ogni freno inibitore), l’avrebbe fatto di certo.

Ma, ahimè, gli istinti primordiali di Draco avevano perso la loro battaglia contro il grembiule sui quei fianchi e la farina su quelle guance, e sul bancone Hermione era finita.

La torta era bruciata.

Sapeva di troppe cose per poterle associare un sapore distintivo, sebbene Draco pensasse che il profumo fosse quello di mela. Gli piacevano le mele.

Lei aveva cucinato una torta di mele per lui.

Era secca e bruciata, e il suo stomaco protestò dopo il primo assaggio di cannella sulla lingua (Merlino santo, quanta ne aveva usata?). Hermione gli sorrise, baciandogli dolcemente una guancia, mentre gli aggiungeva un ricciolo di panna montata sul piatto.

Draco mangiò fino all’ultima briciola della sua fetta.

***


Passarono altre due settimane prima che ritentasse. Questa volta furono gli spaghetti che, secondo Potter, erano un piatto a prova di idiota.

Mise troppo origano nel sugo.

Draco non riusciva a capire per quale motivo al mondo lei stesse facendo quegli esperimenti. Non sapeva cucinare – l’aveva detto lei per prima. Draco conosceva ogni più peculiare stranezza di sua moglie (da come si svegliasse ridicolamente presto al mattino per leggere, di come sempre, sempre, sempre, si spazzolasse i denti da sinistra a destra, e persino di come canticchiasse sottovoce la canzone che il cappello parlante aveva composto per il loro primo anno a Hogwarts, quando credeva che nessuno potesse sentirla). Sapeva tutto di Hermione, e aveva passato così tanto tempo con lei da sapere, di solito, anche cosa aspettarsi. Certo, riusciva ancora a sorprenderlo, a volte, ma c’erano delle cose che lo stavano spaventando a morte, ultimamente.

Come, ad esempio, le chiamate via camino che gli faceva al lavoro, di tanto in tanto, solo per sentire la sua voce o perché voleva dirgli: “Ti amo.” Un tempo l’unico motivo per cui lo chiamava era per dirgli i suoi programmi per la serata – se riusciva a tornare a casa per cena o meno, e cose simili – o per chiedergli i suoi. O per chiedergli se aveva tempo per un veloce incontro prima della sua riunione successiva. Il sesso aiutava il lavorio della sua mente, o così lei dichiarava. Draco presumeva che fosse solo una scusa per mettergli le mani addosso, ma sinceramente, non si lamentava di certo.

Poi iniziò ad accordarsi per uscire con Lavanda e Calì. Era amica di quelle due (condividere un dormitorio per sei anni poteva causare cose del genere), ma di solito Hermione aveva sempre evitato l’esposizione al duo a tutti i costi, quando era da sola. Trascinava sempre Ginny o Luna quando pranzava con loro, nel loro incontro a cadenza settimanale o quasi. Aveva tentato di portare anche Pansy con sé, ma era difficile staccare quella piccola diavoletta indemoniata da Potter e dal magnifico pezzo di virilità che si diceva possedesse. Inoltre lei credeva che Lavanda e Calì fossero irritanti. La stessa cosa che pensava Hermione.

E questo era il motivo per cui Draco trovava veramente molto bizzarro che Hermione facesse visita alle due molto più spesso di quanto non avesse fatto in passato. Non era sola – non sempre. Ma il fatto che a volte lo fosse, fece scattare ogni sorta di allarme nella sua testa bionda. Lei negò che ci fosse qualcosa fuori posto, quando lui glielo chiese. Disse che stava solo andando a trovare delle amiche – che finalmente riusciva ad apprezzare Lavanda e Calì per le ragazze che erano – e non c’era assolutamente nulla di male in quello.

Il suo tono non aveva lasciato spazio a discussioni. Per fugare ogni dubbio, comunque, si era allontanata da lui prima che lui potesse obiettare alcunché.

Quella stregaccia crudele.

Aveva formulato una teoria, naturalmente: che quelle due donne idiote e patinate si fossero messe in testa di femminizzare sua moglie e trasformarla in una di loro, attraverso un sistematico lavaggio del cervello e ripetizioni costanti sulla sezione trucco e moda del Settimanale delle Streghe. Ma quell’ipotesi era suonata stupida persino alle sue orecchie, e infine, smise di pensarci. O ci tentò, per lo meno.

Rimanevano molte le cose fuori dall’ordinario, comunque. Ad esempio, come a volte rimanesse a casa dal lavoro perché le andava così – una cosa che la vecchia Hermione non avrebbe mai fatto. Inoltre negli ultimi tempi, s’era spesso recata a fare shopping; non sempre per comprare qualcosa – non che gli importasse quanti soldi spendesse, avevano denaro in abbondanza – ma solo per guardare, cosa che Draco trovava terrificante. Chi mai guardava e basta quando usciva a fare shopping? Non era solo una perdita di tempo?

Diverse fonti infallibili (Blaise, Theo, Neville, e la Donnola – Potter non era ancora riuscito a districarsi da Pansy) gli avevano detto che era solo una stupida mania femminile. Ma sua moglie non aveva mai fatto nulla del genere, in precedenza. La cosa lo stava spaventando a morte. Si stava forse trasformando in una sorta di alcolizzata delle vetrine o qualcosa di simile? Merlino, stava forse diventando come Lavanda e Calì?

Buon Merlino, sperava di no. Solo vedere quelle due gli faceva digrignare i denti. Si sarebbe suicidato se Hermione fosse stata la nuova aggiunta alla loro claque.

Poi, quando quell’incomprensibile donna iniziò a comprare qualcosa durante le sue uscite, furono solo oggetti bizzarri. Come cornici e album fotografici, e quella stupida videocamera Babbana che non aveva idea di come pensasse di usarla. E poi erano arrivati gli specchi. Erano due mesi che comprava specchi e il loro appartamento ne ospitava ormai sette. Erano affissi su diverse pareti della casa e nei posti più peculiari (come quello specchietto quadrato a lato del frigorifero, o quello lungo e rettangolare dietro la porta della camera da letto). Quando Draco l’aveva interrogata a proposito di quella nuova mania, lei aveva incolpato lui. Se solo fosse riuscito a tenere a bada la sua libidine, aveva detto, invece che continuare a prenderla contro ogni superficie disponibile in casa, e nei momenti meno opportuni tra l’altro (quando avevano ospiti, ad esempio – come era successo con gli Zabini, la settimana precedente), lei non avrebbe avuto bisogno di specchi ad ogni angolo per controllare piega e trucco, quando lui aveva finito.

Come tipico di lei, aveva sbuffato a conclusione della predica, e l’argomento non era stato più toccato.

E poi aveva iniziato a fare tutte quelle maledette liste di cose che non gli lasciava mai vedere. Aveva sempre fatto delle liste – perché lei era strana e pazza, e i pazzi fanno cose del genere – ma gliele aveva sempre lasciate vedere. “Non è nulla di importante,” gli aveva detto, sebbene Draco sapesse che quella scusa fosse un’idiozia assoluta. Se non lo fosse stato, sarebbe stato un motivo in più per mostrargli gli elenchi – perché non era nulla di importante. Non glieli mostrava mai, però, e prima che Draco potesse sfoggiare il suo tipico broncio a tutto tondo, procedeva a distrarlo con il sesso. Perché era cattiva e diabolica così; Draco era convinto che sarebbe dovuta essere smistata a Serpeverde. Ancora peggio, a volte lo disdegnava e lo mandava per la sua strada, quando lui chiedeva, dicendogli che le liste non erano importanti e di lasciarla in pace, perché lei era occupata e lui aveva bisogno di un nuovo hobby se aveva così tanto tempo libero tra le mani da andare lì a disturbarla.

Non importanti un corno. Gli stava nascondendo qualcosa, e il solo pensiero che potesse farlo lo faceva rabbuiare. Non che indagò comunque più a fondo. Sapeva di star camminando su del ghiaccio sottile, e non era nello spirito giusto per farsi affatturare da sua moglie.

E forse aveva davvero bisogno di un hobby. O di un po’ di tempo da trascorrere con altri uomini – sapete – senza estrogeni attorno. Quella sera uscì con Blaise e Theo e con la Donnola (Potter era indisponibile al momento. I pettegolezzi volevano che Pansy l’avesse incatenato al letto per i propri comodi). I tre riuscirono a convincerlo su come fosse solo paranoico a riguardo quelle liste e agli specchi e agli appuntamenti con Lavanda e Calì. Dato chi era sua moglie, commentarono, quel comportamento non era per nulla strano.

Con Hermione, gli aveva spiegato una Donnola mezza ubriaca, un comportamento bizzarro era un comportamento normale. Era talmente palese che non c’era nemmeno bisogno di dire come quella donna fosse fuori come un balcone, e poiché anche Draco era altrettanto ubriaco, ed era vero, aveva concordato.

Gli elenchi e gli specchi e quelli stupidi appuntamenti con le ragazze non gli avevano dato più fastidio, da quella serata. Non sul serio.

Inoltre, Neville gli aveva confidato come si trovassero semplicemente a casa sua e di Calì, a giocare con i bambini. Avevano due bimbe adorabili, Alyssa e Sarima. (Era praticamente impossibile dire che fossero figlie di Neville; i ragazzi scherzavano spesso sul fatto che non fossero affatto sue, per la disperazione dell’ex Grifondoro.) Non c’era nulla di male che potesse venire dal giocare con dei bambini, giusto?

Giusto.

C’era sempre la cucina, però. La Donnola non era riuscita a spiegare quello. E nemmeno Potter (che si era misteriosamente presentato al lavoro, tre giorni dopo l’uscita tra ragazzi, così malnutrito e spaventosamente esausto, che la Donnola aveva suggerito di chiamare i Servizi Sociali per denunciare Pansy), né il padre di Hermione. Il signor Granger aveva suggerito di chiedere consiglio alla signora Granger, tuttavia Draco aveva declinato. Sapeva come andava con le donne. Se l’avesse chiesto alla signora Granger, il fatto sarebbe stato subito riferito alla signora Granger-Malfoy, e lui si sarebbe ritrovato nei guai, per aver fatto pensare ai suoi genitori che ci fosse qualcosa che non andava in lei, e lei l’avrebbe fatto dormire sul divano.

O peggio, l’avrebbe spedito da Pansy e Potter, e avrebbe dovuto stare ad ascoltare i loro disgustosi strilli eccitati durante il sesso, mentre lui tentava di dormire. E voleva evitare quel tipo di trauma alla sua mente a tutti i costi.

Perciò, per non correre rischi, Draco si era imposto di non chiedere nulla a chiunque possedesse una forma anche solo vagamente femminile. Non a sua madre, a Minerva McGranitt, a Molly Weasley, o, diavolo!, a Millicent Bulstrode. Se era vero che non assomigliava affatto a una donna, quei due cromosomi “X” nel suo DNA doveva pur contare per qualcosa. Probabilmente tutte loro sapevano cosa stava succedendo, ma il sesso Pansy/Potter non era un qualcosa su cui era disposto rischiare. Quindi chiedeva solo agli uomini.

Tuttavia, gli uomini tendono ad essere stupidi quando le domande riguardano le donne, e quattro mesi dopo l’inizio dei cambiamenti di sua moglie, Draco non aveva ancora la più pallida idea dei motivi scatenanti. Non sapeva ancora perché diamine stesse cucinando.

E Hermione affrontava i suoi hobby con estrema cura. Draco l’aveva osservata, una volta – mentre stava facendo uno stufato. Quella donna era più che meticolosa quando cucinava, sempre a ricontrollare il libro di ricette che stava usando per accertarsi di aver fatto la cosa giusta. Gli ricordava di quando era a Pozioni, a Hogwarts – così studiosa e metodica che, qualunque fosse l’intruglio del giorno, avrebbe dovuto ricevere un punteggio perfetto da parte di Piton. Un punteggio che non riceveva mai – perché Piton era crudele e faceva preferenze e non avrebbe mai dato un punteggio pieno a un Grifondoro – ma non era quello il punto.

Il punto era che, per quanto potesse dire Draco, Hermione stava facendo tutto nella maniera corretta, per questo non riusciva a capire come fosse mai possibile che i suoi piatti venissero fuori così male, alla fine.

Se la cucina fosse stata una materia a cui assegnare un M.A.G.O, avrebbe sicuramente preso una “O”. Per l’impegno, quantomeno. I suoi risultati – disastrosi com’erano – l’avrebbero fatta bocciare.

Theo suggerì che stesse tentando di ucciderlo. Non aveva senso. Hermione gli aveva già promesso che, quando fosse venuto il momento, l’avrebbe strangolato nel sonno.

Stava scherzando, naturalmente, tuttavia era di piccolo conforto, ora, poter smettere di prendere in considerazione l’ipotesi che sua moglie stesse solo cercando di liberarsi di lui attraverso il cibo.

***


A Draco piaceva quando cucinava.

Correzione: Draco adorava quando cucinava.

Era sempre così felice quando era ai fornelli – così piena di speranza. Si spostava per la stanza con grazia, sorridendo e ridendo e parlando candidamente a quella decrepita massa di pelo arancione che lei chiamava gatto. La vita aveva preteso tanto da Hermione, e quell’immancabile ottimismo giovanile che un tempo sembrava espandersi da lei a ondate, non era più presente come in precedenza. Non che fosse diventata una qualche pessimista introversa o altro – come lui. Era solo un po’ meno vitale. Aveva ancora il suo fuoco (e se qualcuno lo poteva dire, quello era Draco), ma non l’avvolgeva più come quando era ancora a scuola. Allora – quando era solo una ragazza magica in un mondo magico – era stato come una seconda pelle per lei, che la proteggeva dal mondo e dai suoi orrori, che teneva al sicuro lei e i suoi ideali da una realtà che sarebbe solo servita a spezzare il suo spirito e a sgretolare i suoi sogni.

Era successo, però, e ora sembrava semplicemente rassegnata al fatto che la vita, di solito, era uno schifo. Pensava ancora che ci fossero raggi di speranza nel mondo – nel tuo lavoro e nei tuoi amici, in chi ami e nei tuoi figli – tuttavia il suo credo portante sul fatto che le persone fossero essenzialmente buone era stato distrutto.

La guerra aveva avuto effetti differenti su chiunque ne era rimasto coinvolto. Questo era quello che aveva fatto a quella banshee precedentemente conosciuta come Hermione Granger.

Per questo gli piaceva quando cucinava.

A Draco piaceva vedere quella passione – quella speranza – brillare nei suoi occhi il più a lungo possibile. E se per farlo serviva la cucina, allora, per tutti i diavoli, poteva cucinare quanto avesse dannatamente voluto. Tentava di starle attorno il più possibile, quando era ai fornelli, si sedeva al tavolo e faceva finta di lavorare o di leggere la Gazzetta della Sera, mentre in realtà aveva occhi solo per lei. Si era reso conto che lei sapeva che lui non stesse in realtà facendo nulla, perché gli parlava, mentre lui era seduto a fingere. Gli faceva domande sulle cose più inane (il suo giorno di lavoro, se avesse già controllato le tette della nuova segretaria: aveva sentito dire da Pansy – che aveva fatto lì un salto per una veloce chiacchierata il giorno precedente, quando era andata a “trovare” Potter – che erano enormi), gli raccontava le novità del pettegolezzo femminile (cosa ora avesse fatto Pansy a Harry, e come Ginny avesse appena ridecorato il salotto dell’appartamento suo e di Blaise e, oh, potevano ridecorare anche loro? Solo la stanza degli ospiti, però – promesso) e faceva programmi per uscire assieme la settimana successiva (all’Opera, Draco, ti prego, alla Royal Opera House di Londra danno Sansone e Dalila di Camille Saint Saëns, e lei sapeva quanto a lui piacesse poco la Londra Babbana, ma doveva portarla lì a vederlo, perché sapeva quanto adorasse quell’opera, vero?)

E Draco l’adorava. Amava il lato gioioso di lei che la cucina riusciva a portare in superficie. A causa del suo lavoro, e di quello di lei, e di tutte quelle numerosissime cazzate presenti nelle loro vite, Draco non vedeva Hermione metà di quanto gli sarebbe piaciuto. Quando erano insieme, avevano troppo bisogno del sesso e del balsamo benefico che la presenza dell’altro costituiva per tenere le mani a posto a lungo. Seduto in cucina, mentre Hermione cucinava, gli dava la possibilità di stare con lei quando lavoro e sesso non facevano più parte dell’equazione.

Inoltre, lei gli diceva montagne di cose che non avrebbe potuto sapere se non fosse stato seduto lì. Ad esempio, come dovesse prendersela con Pansy per aver detto a Hermione di Grandi-Tette Bethany (argomento che aveva programmato di tenerle nascosto il più a lungo possibile), come dovesse andare presto a trovare Blaise per ricordare a quell’infido mascalzone della loro scommessa (sapeva che quell’indole da dominatrice di Pansy si sarebbe mostrata in tempi brevissimi), e come dovesse prenotare i biglietti per Sansone e Dalila il prima possibile. Perché sapeva quanto lei amasse quello spettacolo e lui avrebbe fatto qualunque cosa (diciamo: avventurarsi nella Londra Babbana per comprare dei biglietti per portarla in un teatro Babbano pieno fino all’orlo di Babbani) per poter vedere quell’ammaliante sorriso sulle sue labbra, mentre lei guardava l’opera. E avrebbe dovuto chiederle se voleva che invitasse anche i suoi genitori, perché le donne della famiglia Granger avevano una cotta per Sansone e Dalila e Draco sapeva quanto Hermione sarebbe stata contenta quando lui l’avesse proposto.

Era per queste cose – queste piccole cose – che non gliene fregava un tubo del perché Hermione avesse iniziato a cucinare, o di quanto i suoi piatti gli facessero male allo stomaco, dopo averli mangiati. Non gli importava nemmeno degli elenchi e degli specchi e degli incontri tra ragazze. Perché l’amava, dannazione, e se tutte queste cose la rendevano felice, allora lui non avrebbe mai più avanzato un’obiezione a riguardo.

Perché la rendevano felice, e la facevano sorridere e, onestamente, questo era tutto quello che Draco voleva. In più, ogni volta che Hermione cucinava, diventava poi una vera indemoniata a letto, la notte. Come se quel suo contorto cervello trovasse quelle cene immangiabili una sorta di potente afrodisiaco.

Non che lui si lamentasse.

Tutta questa vicenda servì anche per portare l’opinione che Whoopy aveva di se stesso ad un nuovo livello di inutilità. Ma Draco trovò questa circostanza un bonus ulteriore della situazione.

***


Rimaneva comunque strano.

Se doveva essere onesto, era perché Hermione non era certo il tipo di donna che cucina. Era sempre stata fin troppo presa con i suoi libri e i suoi numeri e il suo lavoro per adattarsi docilmente a quella paradisiaca (ah!) terra di domesticità chiamata matrimonio. A essere franchi, Draco non credeva che Hermione avesse compreso di essersi veramente sposata fino a tre settimane dopo le nozze, quando erano tornati dalla luna di miele in Tibet. Si era guardata intorno, in quel loro nuovo appartamento (che conteneva solo il letto, il tavolo, il divano e l’altro tavolo: gli oggetti su cui, quattro mesi dopo, i gemelli Weasley avevano fatto quell’osceno commento con la loro madre), poi aveva guardato lui, sorpresa, e aveva semplicemente detto: “Oh.

Non era mai diventata quella casalinga o donna di casa (o quale che sia il modo in cui definiscono le donne al giorno oggi) in cui la signora Weasley credeva dovesse trasformarsi. Hermione non aveva abbastanza tempo per quello. Era una professionista, una donna in carriera, piena di opinioni e alte idee, sulla vita e l’amore e il femminismo e l’uguaglianza per tutte le creature (specialmente gli elfi domestici), con cui avrebbe voluto cambiare il mondo per renderlo un posto migliore. Perché, sapete, lei sentiva che quello fosse il suo dovere. Solo per quei piccoli raggi di speranza che ancora vedeva, perché quelle cose la rendevano ancora felice e la facevano sorridere.

Draco l’amava per questo. In gran parte perché dimostrava che splendida persona fosse, ma un poco anche perché se era così impegnata a salvare in mondo, non poteva diventare quello che la signora Weasley avrebbe voluto.

***


Hermione non cucinava. Tutti lo sapevano. Nessuno si aspettava che cucinasse (o l’avrebbe voluto, se mai avesse assaggiato qualcosa fatto da lei). Aveva reso chiaro fin dall’inizio che non sarebbe mai stata una clone di June Cleaver: una donna che inamidava le camice del marito e gli faceva trovare la cena sul tavolo quando lui tornava a casa ogni sera alle sei. (Era un riferimento Babbano su cui Draco aveva ancora qualche dubbio, per cui non aveva commentato quando lei aveva fatto quella dichiarazione.)

Hermione non credeva che il matrimonio avrebbe dovuto cambiare qualcosa dei componenti di una coppia, a parte il fatto che ora avrebbero vissuto insieme e avrebbero dovuto imparare a sopportare gli sghiribizzi dell’altro. Aveva letto fin troppo per non sapere come i matrimoni potessero cambiare le persone in un qualcosa di completamente diverso da com’erano state prima, e non aveva alcuna intenzione di lasciare che una cosa del genere succedesse a lei, o anche a Draco, per essere precisi. Essere sposati non avrebbe dovuto cambiare il modo in cui una persona (lei) si poneva davanti a certi argomenti. Il cucinare incluso.

L’unica cosa che il matrimonio avrebbe dovuto cambiare per una donna, gli aveva detto una volta, era il modo in cui firmare il proprio nome.

In questo caso, lei aveva iniziato a siglare i documenti con un “Malfoy” invece che un “Granger”. Ma quello non contava.

Quattro anni dopo aver detto “Lo voglio”, lei era ancora la stessa neurotica persona di sempre; lavorava ancora troppo, dormiva troppo poco, e sembrava sempre avere quello stesso manico di scopa al posto della schiena che la rendevano la solita rompicoglioni pignola che tutti conoscevano. E Draco era felice che non fosse cambiata come persona. Amava la persona che era stata prima – la stessa rompicoglioni che era ora.

E quindi proprio per tutte quelle cose – tutto quello che aveva detto e fatto in passato, e il tipo di persona che era ancora ora – il fatto che avesse iniziato a cucinare era ancor più strano. Quel nuovo sviluppo era troppo fuori carattere per lei, per essere solo un qualche bizzarro tratto della personalità che aveva impiegato quattro anni di matrimonio per farsi strada. Era successo troppo velocemente per essere solo un nuovo sghiribizzo, in ogni caso. Una mattina stava bene, lo svegliava per un po’ di salutare sesso pre-lavoro, e gli diceva che non sarebbe riuscita a tornare a casa in tempo per cena. E quella successiva era completamente uscita di testa, andava in giro con un gruppetto di ragazze a fare shopping, e poi tornava a casa per preparare la cena al suo uomo.

Merlino.

Lui desiderava solo che sapesse cucinare. Almeno non sarebbe stato così doloroso.

***


Era ufficiale. Ne aveva abbastanza.

Andava avanti da quattro mesi, ormai – quattro maledetti mesi! – e lui non aveva ancora detto nulla. Ma le cose stavano iniziando a sfuggire di mano, ormai. C’era bisogno di fare qualcosa.

Era iniziato quando era tornato a casa dall’ufficio, il martedì precedente. Nell’appartamento erano presenti Lavanda, Calì, Ginny e Luna (a quanto si diceva, era stato il turno di Pansy di essere incatenata al letto, ed era stata quindi troppo occupata per unirsi a quella piccola riunione serale); erano lì per aiutare Hermione a decidere il nuovo colore per la stanza degli ospiti. Perché la dovevano ridecorare, aveva detto. Se lo ricordava?

Draco aveva annuito. Vago com’era il suo ricordo di quella conversazione, sapeva quanto fosse meglio non dire di no, se voleva evitare una delle sue tirate – e se voleva evitare di essere definito uno stronzo insensibile che non ascoltava mai nulla di quello che lei aveva da dire. Ultimamente era diventata irascibile, così, e Draco cercava di evitare di stuzzicare quel suo lato, a tutti i costi. Non credeva che quella volta ci sarebbe riuscito facilmente, però, vedendo come gli unici colori che le cinque sembravano prendere in considerazioni erano tutte variazioni di rosa, violetto, e giallo.

Si ricordò delle sue teorie sul fatto che Hermione stesse venendo femminizzata, e raggiunse la porta quasi di corsa, gridando come stesse andando a trovare Blaise. Quell’italiano dalla pelle scura gli rivolse solo uno sguardo simpatetico e gli porse un bicchiere di firewhiskey, quando Draco gli raccontò la storia. Ginny aveva comprato un divano davvero comodo quando avevano ridecorato, gli disse. Se avesse mai avuto bisogno di sparire per un poco, era tutto suo.

Draco l’aveva guardato storto per il resto della serata, raccomandandogli di stare all’erta, perché ora che erano riuscite a plagiare Hermione – e non poteva esserci persona più difficile da convertire che non lei – Ginny sarebbe indubbiamente stata la successiva. L’idiota era scoppiato a ridere e gli aveva detto che stava impazzendo. E Draco l’aveva guardato ancor più torvo, perché tra sé gli aveva dato ragione.

Tre giorni più tardi, le ragazze tornarono. A quanto pareva, la pittura era estremamente sovrastimata, e la carta da parati forniva a una donna molte più opzioni. Così, nel suo salotto, sedevano sua moglie e le sue amiche (le ragazze e le mogli degli amici di lui), a sfogliare le pagine di quattro spessi libri ripieni di miniature di carta da parati – quella volta s’era unita al gruppo anche Pansy. Lui non aveva detto loro quasi nulla, quella sera. Ma si era sentito un po’ a disagio. Ogni pagina che riusciva a sbirciare era non solo rosa, violetta, o gialla, ma anche piena di fiori e bambole e cuori e arcobaleni.

Non potevano star facendo sul serio, vero?

Luna gli chiese cosa pensasse di una miniatura. Era un disegno a strisce gialle e violette alternate, con delle farfalle rosa disgustosamente carine disegnate su ogni colonna a distanza di un paio di piedi l’una dall’altra.

Non era deliziosa?, aveva chiesto.

Tutti gli occhi si erano girati verso di lui. Aveva annuito.

Sebbene fossero a mala pena le otto, se n’era andato a letto. Non si era tolto i vestiti né le scarpe; era in uno stato di shock troppo profondo per farlo. Era rimasto sdraiato lì, sul letto, con indosso il vestito e le scarpe, a fissare il soffitto.

Hermione era entrata in camera alcuni minuti più tardi. Gli aveva chiesto se si sentisse bene, e se aveva voglia di un po’ della zuppa di verdure che gli aveva lasciato per cena. Aveva risposto di no.

Era stata la prima volta che aveva detto di no al suo cibo. Lo notarono entrambi.

Ci fu un silenzio imbarazzato, e Draco borbottò qualcosa a proposito di aver avuto una giornata lunga. Hermione lasciò cadere l’argomento, dicendogli che andava bene. Di riposare un po’, gli disse. Avrebbero passato insieme il giorno successivo – sarebbero andati a vedere Sansone e Dalila con i suoi genitori – e non voleva che lui fosse stanco o, peggio, malato. Gli scostò i capelli dalla fronte, gli baciò la pelle fresca, e lo lasciò ai suoi pensieri per andare a discutere di carta da parati gialla e violetta con le sue malevole amiche.

Draco non poteva crederci. Non poteva maledettamente crederci.

Che diavolo stava succedendo, lì?

Merlino, che diavolo era successo a sua moglie?

E decise, allora, che quella pazzia doveva finire. Non avrebbe più permesso che Hermione rimanesse da sola con Lavanda o Calì, né che uscisse solo per guardare dei vestiti, né che facesse altre stupide liste che non gli avrebbe poi lasciato vedere, né che comprasse mai più quegli specchi maledetti da Merlino. Mai più. Avrebbe messo fine a tutto.

Anche alla cucina.

Tentò di ricordare a se stesso che la sua cucina era un disastro, e che sarebbe stato molto meglio senza di essa, tuttavia non funzionò. Nonostante i dolori allo stomaco e l’avvelenamento da cibo e, evviva, la diarrea, a Draco sarebbe mancata la sua cucina. Gli sarebbe mancato chiacchierare con lei, mentre mescolava e versava, e gli sarebbe mancato osservarla mentre lo guardava assaggiare la pasta pasticciata tentando di non sussultare. Ma quella cosa – qualunque cosa fosse quella cosa – doveva finire.

Per quanto odiasse dirlo, Whoopy sarebbe divenuto un ospite fisso in casa loro. E se Whoopy non lo fosse diventato, allora non si sarebbe mai più mangiato a casa loro. Sapeva che avrebbero litigato su quella decisione – litigava con lei su tutto – ma la sua presa di posizione era ferrea. Avrebbe affatturato pentole e padelle, in modo che mettessero le ali e volassero via non appena lei ne avesse toccata una.

Non avrebbe permesso che la sua stanza degli ospiti si trasformasse nel sogno erotico di un pedofilo.

Non avrebbe permesso che sua moglie venisse femminizzata o qualunque altra cosa fosse quella che le stava succedendo ora.

Quella situazione doveva finire.

***


Quella notte, nel sonno, Draco sognò farfalle rosa. Erano tutt’intorno a lui, svolazzanti su uno sfondo a strisce gialle e violette. Una atterrò sulla punta del suo naso, le perline nere degli occhi che fissavano i suoi. Poi, dal nulla, apparve Hermione, un grembiule in vita e la farina su una guancia, mentre posava le labbra su quelle di lui per un bacio.

***


Era troppo tardi.

La mattina successiva, nonostante l’ora antelucana a cui si era svegliato, Hermione si era alzata prima di lui. Si alzava sempre prima, però, così Draco non vi diede troppo peso. Di solito passava le prime ore della giornata da sola, seduta vicino alla finestra della loro camera da letto, una tazza di the tra le mani e un libro in grembo. Quel giorno, tuttavia, non era lì.

Istintivamente, Draco parve sapere come non fosse nemmeno in bagno o in cucina, a prepararsi un’altra tazza di the. O magari non così istintivamente. Non c’era nessun libro vicino alla sedia accanto alla finestra.

Draco si alzò dal letto, il viso tirato e i capelli arruffati, con indosso, ora, solo i boxer e una maglietta. Nonostante tutto, ringraziò mentalmente sua moglie per la sua considerazione.

Poi, senza ulteriori indugi, uscì dalla camera e marciò lungo il corridoio verso la stanza degli ospiti, determinato a mettere fine a quella pazzia e a far tornare le cose allo stato in cui erano in precedenza.

Si fermò di botto quando raggiunse la porta aperta, e gli cadde la mascella quando sbirciò all’interno. Era completamente vuota, tutto l’arredamento era stato spostato per poter permettere di ridecorare. Non fu quello a scuoterlo, però. Erano giorni che era vuota. Furono le pareti.

Erano ricoperte con carta da parati con strisce gialle e violette, e farfalle rosa su ogni colonna, distanziate l’una dall’altra di due o tre piedi.

Buon Merlino, l’avevano già fatto!

Draco emise un respiro strozzato tra le labbra, gli occhi sbarrati e il cuore che gli batteva furiosamente nel petto, mentre chiedeva a se stesso come potesse essere successo tutto quello. Specialmente dopo che lui si era detto che non sarebbe assolutamente mai accaduto. Che non avrebbe mai permesso che Lavanda e Calì femminizzassero sua moglie – che non avrebbe lasciato che loro facessero questo alla sua camera degli ospiti.

Eppure l’avevano fatto. Era successo.

Era troppo tardi.

***


Lei era in piedi, dall’altra parte della stanza, il corpo mezzo voltato verso di lui, e uno sguardo curioso le si dipinse in volto quando lo scorse alla porta.

Draco la guardò rabbuiato.

Le chiese che diavolo fosse successo lì. Che diavolo non andava in lei da quattro mesi a quella parte?

Lei gli disse di abbassare la voce (stava urlando), e che non sapeva di cosa stesse parlando. Doveva essere più specifico.

Draco le disse degli appuntamenti con le ragazze e degli specchi e delle liste e dello shopping che non era vero shopping ma solo guardare. Le disse delle chiamate via camino che gli faceva quando lui era al lavoro, e della sua cucina orribile che entrambi sapevano fosse orribile, ma che lei continuava comunque a infliggere a tutti e due. Fece un cenno alle pareti violette e gialle; a quelle farfalle rosa da femminuccia.

Lei rimase in silenzio per un momento. Gli chiese se la sua cucina fosse davvero così cattiva.

Lui rispose che, onestamente, lo era. Lo doveva sapere pure lei. Anche lei era stava male. Aveva vomitato tutta la settimana precedente – tutto il mese precedente, per quel che importava.

Lei gli sorrise, allora, e gli disse che non avrebbe potuto dirlo.

Lui era confuso. Le chiese perché.

Gli disse che la nausea poteva essere causata anche da altre cose, quindi, in tutta onestà, non avrebbe potuto dirlo.

Quali altre cose, le chiese lui.

Lei lo guardò, intenta.

Lui ricambiò lo sguardo.

Gli disse che era incinta.

Lui si sedette sul pavimento.

E Draco ripensò alle uscite con le ragazze e agli specchi e alle liste e allo shopping e alla cucina. Pensò alle chiamate costanti, e al voler ridecorare la stanza degli ospiti con carta da parati gialla e violetta e con farfalle rosa.

Era incinta.

Disse, oh.

Perché all’improvviso tutto aveva senso.

Usciva con Lavanda e Calì perché entrambe erano madri di due figli. E gli specchi – le loro strane posizioni in giro per la casa – erano lì perché lei potesse guardarsi quando la pancia si fosse iniziata a vedere. Le liste erano senza dubbio di cose che doveva fare e comprare; liste con colonne separate per i nomi da maschio e nomi da femmina. Lo chiamava al lavoro perché era in preda agli sbilanciamenti ormonali (Neville aveva detto che erano un inferno); si infuriava con lui per lo stesso motivo. E non stava solo guardando il nulla. Stava guardando i vestiti. Vestiti di neonati.

Oh, disse di nuovo.

Perché aveva senso. E lui era stato così stupido per non essersene accorto prima.

Hermione si sedette di fianco a lui, guardandolo intensamente alla ricerca di altre reazioni oltre allo shock.

Lui si voltò a osservarla. Le chiese perché non gliel’avesse detto prima.

Rispose che stava aspettando che lui lo notasse.

Le disse che l’aveva notato fin dall’inizio. Le disse persino che aveva creduto che stesse impazzendo.

Lei rise, allora. E dopo rimasero in silenzio, a pensare.

Accorgendosi di una cosa, le chiese che diavolo c’entrasse il cucinare con l’essere incinta.

Lei rise di nuovo, e rispose che Molly Weasley le aveva raccontato di una vecchia fiaba, che si raccontava tra le mogli, su come si sarebbe rimaste incinta di una bambina se si fosse messa una cucchiaiata in più di spezie in qualunque piatto si fosse cucinato per il marito.

Draco pensò alla sua meticolosità, e a quanto strano fosse stato che tutto avesse un gusto orrido. Pensò alla cannella nella torta di mele, e all’origano nel sugo per gli spaghetti.

Oh, disse. Le chiese se aveva funzionato.

Lei fece un cenno alle pareti – alle farfalle rosa da bambina che lui aveva visto nei suoi sogni – e sorrise. Gin non ne era ancora completamente sicura, ma c’erano buone possibilità che non avrebbero dovuto cambiare la carta da parati in azzurro e verde, con calderoni e manici da scopa, nel futuro prossimo.

Si sistemò sul suo grembo, allora, e gli cinse il collo tra le braccia. Lo baciò, e mormorò sulle sue labbra che sarebbe diventato un papà.

Oh, disse lui, e lei rise, affondando il volto nel suo collo, mentre si stringeva ancor più a lui. Draco fissò le pareti gialle e violetto. E le farfalle rosa che aveva visto nei suoi sogni.

Oh.

Un papà, ripeté tra sé, pensando. Pensò a sua moglie tra le sue braccia, al suo corpo soffice e caldo, un peso confortante contro di sé. Pensò alla vita che stava crescendo nel suo grembo, alla pancia sporgente che presto avrebbe sfoggiato mentre quella vita – una bimba, era una bimba, ricordi? – continuava a crescere.

E pensò a tutte quelle piccole cose bizzarre che aveva notato in quegli ultimi quattro mesi, e a come tutte si unissero insieme, ora. Era tutto correlato, supponeva, tessere dentellate di un puzzle che non si assomigliavano per nulla e che, tuttavia, si incastravano a formare un quadro del tutto nuovo.

E quello – quello era il quadro di Draco.

Strinse forte le braccia attorno a sua moglie, affondò il viso tra i suoi capelli mentre pensava a bambini e puzzle, e farfalle rosa sulle pareti della stanza di sua figlia.


-fin




Grazie per essere arrivati fin qui :p
Spero vi sia piaciuta e, come sempre, ogni commento è più che gradito ^^

Alla prossima (:

  
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