Anime & Manga > Detective Conan
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Autore: AstreaA    17/12/2016    4 recensioni
Mini-long suddivisa in quattro capitoli.
Si può davvero vivere di solo rancore? Un avvenimento inaspettato cambierà irrimediabilmente la vita di Ran. Saprà perdonare? Che ruolo avrà Shinichi in tutto questo?
« Ti dirò una cosa Ran, una cosa importante: è meglio perdonare che vivere di rancore e rabbia come fai tu! L’odio è la cosa peggiore che possa infettare un essere umano. Lo uccide lentamente, è il peggior veleno che esista. Nessuno ne è immune, ma il perdono a volte può essere l’antidoto »
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Kogoro Mori, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Un po' tutti | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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«Pronto, Ran? »
«Shinichi…»
«Ti chiedo scusa Ran, scusa per tutto. Scusami, ma non ho alcuna intenzione di tornare. Dimenticami per sempre»
«Shinichi?! No… non riattaccare! »

 
 
 
Le parole morirono in gola ancor prima di giungere alle labbra. Gocce di pioggia cadevano come pallottole oltre i vetri delle finestre. La luna si affacciava in cielo, pallida e distante. Quello fu l’inizio o forse solamente, la fine di tutto quanto.
Ricordo bene quel giorno, ne conservo ancora il sapore salato sul palato, l’odore acre del pulviscolo di un remoto angolo di casa e il suono tacito di un telefono che sconvolta, ancora stringevo tra le dita.
Ero sola quel giorno.
Il freddo mi raggiunse e aggredì come un mantello di fuoco.
Non fui in grado di difendermi, allora. Solo il giorno prima, Conan era partito per gli Stati Uniti. Fu una decisione improvvisa la sua, impensata. La sua espressione, la sua voce, il suo stesso comportamento mi parvero insoliti per tutto il tempo che lo separarono dalla partenza. Non erano affatto atteggiamenti di un bambino i suoi, non lo erano mai stati in realtà; ma di una persona ben più matura, risoluta, che agiva in un’ombra ignota. Quante volte avevo toccato la verità? Quante volte ero giunta alla conclusione che lui e Shinichi fossero in realtà la stessa persona? Era un pensiero folle, insensato, che però pioveva su di me ogni vola che lo guardavo. Anche Ai Haibara lasciò il Giappone qualche settimana dopo. Le loro vite erano legate più di quanto avessi mai potuto immaginare. Fu tuttavia, un duro colpo scoprire per caso la nuda verità.
Heiji e Kazuha vennero a trovarmi il giorno dopo l’addio di Shinichi. Notai subito uno strano turbamento nel detective di Osaka. La sua, non era solo pena nei miei confronti, come nel caso di Kazuha. No, lui sembrava sapere molto di più di quanto volesse o potesse ammettere. Fu quel giorno stesso che si tradì.
Kazuha si offrì di preparare del tè, mentre io ed Heiji ci sedemmo su un divano dell’agenzia. Ero ancora profondamente scossa dagli ultimi avvenimenti,  quando  il suo cellulare squillò.Fu quel suono a riportarmi alla realtà. Con un certo disagio e imbarazzo, Heiji sparì lungo le scale. Rimasi ad attenderlo qualche minuto, quando avvinta da uno strano quanto improvviso sospetto, mi alzai.
Il cuore si fermò di colpo nel petto. Non era da me, ascoltare le conversazioni altrui; tuttavia, quella volta lo feci.
Aprii appena la porta. Non vidi nessuno. Senza far rumore, scesi lentamente i gradini. Intravidi la sua spalla, riconobbi la sua maglietta color salvia. Era poggiato al muro accanto l’ingresso. Parlava piano, in piccoli sussurri come non volessi farsi sentire.
«Shinichi, ascolta… »
Trattenni il respiro per alcuni lunghi istanti.
Le lacrime minacciarono di ondarmi gli occhi. Avvertii il cuore accelerale per poi bloccarsi, brusco, straziato.
«… hai davvero dato il tuo ultimo commiato a Ran? Non credi che potrebbe associare il tuo addio con quello di Conan e insospettirsi ulteriormente? E Goro? Senza il tuo intervento, senza i tuoi aghi soporiferi, cosa ne sarà del detective in trance? »
Conobbi la morte del cuore. Il sangue gelò nelle vene. Smarrii ogni pensiero e ogni parola razionale. La conversazione continuò. Mi sforzai di ascoltare, di capire, di credere che fosse tutto… uno stupido malinteso, ma non era così.
Scoprii molte cose, alcune che mai avrei voluto conoscere né sentire. Fu forse, il pensiero di mio padre che mi impedì di versare vere lacrime. C’era davvero Conan… il mio Shinichi dietro le sue glorie? Era lui a manovrare da sempre i fili di tutto?
Insolitamente silenzioso, mio padre giunse alle mie spalle. Mi scoprii sconvolta nel vederlo, e urlai appena, ma fui fortunata. Heiji non si accorse della nostra presenza, e continuò  a parlare incautamente. Fu con un dolore al petto che notai il papillon rosso di Conan rigirare tra le mani di mio padre. Scorsi in lui un’espressione seria e delusa che mai avevo visto prima di allora. Che anche lui sapesse?
All’improvviso tutto sembrò plausibile; troppo plausibile per non essermene resa conto prima. La mia vita, la nostra vita era stata tutta una menzogna. Trattenendo  il respiro, presi la sua mano,e insieme salimmo nuovamente le scale. Kazuha ci attendeva con quattro tazze di tè fumante. Dopo un quarto d’ora ci raggiunse anche Heiji. Mi guardava pensieroso, tuttavia, non fui in grado di ricambiare il suo sguardo. Non saprei descrivere correttamente i sentimenti che allora mi corrosero fin dentro l’anima, scavando e forgiando una nuova parte di me, che presto avrei abbracciato. Guardavo spesso in alto, temendo di tradirmi con le lacrime da un momento all’altro. Poi, verso sera, quando la luna era alta e serena nel cielo, qualcuno bussò alla porta dell’agenzia. Un’incantevole donna, dai lunghi capelli di fiamme e gli occhi di mare, vestita in maniera elegante chiese di mio padre.
«Signor Goro, ho bisogno di lei…» si inchinò verso di noi, sorridendoci. Un tempo mio padre ne sarebbe stato lusingato, ma quel triste, lontano, giorno la guardò senza emozioni e si alzò.
«Mi dispiace signorina, ma credo che dovrà rivolgersi altrove, ho smesso di fare il detective…»
Il silenzio cadde nella stanza. Vidi Heiji sgranare gli occhi.
«Perdonami piccola».
Prima di uscire dalla porta, con le mani infilate svogliatamente nelle tasche, mio padre si voltò verso di me.

Perdono per cosa?
 
 


***
 
«Non credo ai miei occhi! Tu, io, la mia popolarità, i casi che ho risolto fino ad ora… cosa significa tutto questo? Chi sei in realtà, moccioso?!».
«No Goro, aspetta…».
«Mollami, fiaccanaso guastafeste, fuori dai piedi!».


Non avrei mai immaginato che sarebbe successo un giorno. Mai. Forse ho sempre sottovaluto Goro, me ne rendo conto solo oggi. Dopo la mia regressione in Conan, la mia passione nel risolvere i casi più intrigati viveva solo attraverso di lui; per tutti ero solo un bambino. Più sveglio e scaltro rispetto alla media, ma comunque, un bambino e non potevo espormi più del dovuto. Una grave minaccia gravava sulla mia vita e su quella delle persone a me più care e vicine. Accadde però che un giorno, ancora profondamente rammaricato per la decisione definitiva di lasciare Ran, abbassai la guardia. Fu forse, l’errore mio più grande. O forse no. Eccitato e inquietato da nuove tracce che erano giunte a me  e ad Ai riguardanti l’Organizzazione, tradii per sempre davanti gli occhi inorriditi di Goro, la mia identità di bambino. Fui ingenuo, quasi stupido quella notte. Passai tutto il giorno in compagnia dello zietto e dell’ispettore Megure. Il caso, in apparenza abbastanza intuibile, si rivelò più complesso di quanto immaginato. Una donna era stata brutalmente uccisa per mano dalla sua stessa figlia. Goro troppo colpito dalla bellezza della giovane, finì per accusare tutti tranne lei, la vera colpevole. Eravamo in un lussuoso negozio del centro commerciale. Ingenuamente, dopo averlo narcotizzato, mi posizionai impeccabilmente davanti una delle tante telecamere di sorveglianza. Dopo aver incastrato la ragazza, Goro si svegliò all’improvviso. Quel caso dovette colpirlo tanto da voler visionare la registrazione delle sue brillanti deduzioni. Mi opposi con tutte le mie forze. Mi colpì in capo contrariato, pensando che quello fosse solo un banale capriccio.
Ho sempre cercato e anelato la verità, quando ero proprio io a nasconderla, anche se a fin di bene. Quando tutto fu chiaro, Goro, arretrò di qualche passo, giungendo con le spalle contro il muro. Mi guardò con orrore, sconvolto. Cercai invano  di giustificarmi, finché mi costrinse ad accennargli metà della verità che nascondevo. Non ero un bambino. Mi conosceva bene, molto bene. D’un tratto sembrò capire. Gli dissi che non una sola parola sulla nostra conversazione sarebbe dovuta trapelare, soprattutto con Ran e poi, me ne andai. L’indomani partii. Il giorno dopo lasciai la ragazza che amavo. Tutto i tasselli mancanti per debellare una volta per tutte l’Organizzazione sembravano prossimi. Mi sarei battuto, mi sarei esposto e se tutto fosse andato bene…- difficilmente, mi dicevo-  avrei riottenuto il mio corpo da ragazzo e forse, con fatica, anche il perdono di Ran e Goro; credetti davvero in tutto questo.
   
 
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