Videogiochi > Final Fantasy VII
Ricorda la storia  |      
Autore: Ayumi Zombie    22/05/2009    5 recensioni
Perché questa canzone è CloTi.
L'amore per Tifa visto dagli occhi del nostro gelido Cloud. Che, forse, non è tanto freddo come sembra.
Basata sulla canzone "Pieces" di "Red".
Genere: Romantico, Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cloud Strife, Tifa Lockheart
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Cloti

Pieces.

I'm here again
A thousand miles away from you

Sono di nuovo qui
A migliaia di chilometri di distanza da te

Spengo il motore, è troppo rumoroso.

Non va d’accordo con i miei pensieri.

Se ne avessi il coraggio, credo proprio che scoppierei a piangere – se avessi il coraggio di liberarmi da solo.

Ma non lo farò, no.

Se piangessi mi mostrerei debole, no?

E quella notte… quella notte ti ho promesso che non lo sarei stato.

Che ti avrei protetto da ogni cosa, che sarei diventato fortissimo solo per te.

Solo per proteggerti.

Tifa.

E tutte le volte che scappo qui, in questo posto dimenticato da tutti, lo faccio per rifugiarmi nei miei ricordi. Me lo dici sempre, di non farlo. Eppure, ecco, è una piccola abitudine che dubito mi toglierò tanto facilmente.

Credo faccia parte del mio essere: rifugiarmi in un angolino della mia testa, chiudermi a riccio e dondolarmi su e giù, come un bambino che non vuole ascoltare.

Un bambino.

Quante volte mi hai paragonato a uno stupido bambino cocciuto, quando litigavamo?

Tante. Troppe. Ma non abbastanza.

Ah, se bastasse dirlo, per farmi tornare nell’infanzia.

A volte mi chiedo… perché devo scappare qui, lontanissimo da tutti, per poter permettermi di pensare al tuo volto, sorridendo?

A broken mess, just scattered pieces of who I am
I tried so hard

Un disordine interrotto, solo frammenti sparsi di chi sono
Ho provato difficilmente

Scendo dalla moto.

La lascio lì, senza alcuna protezione. So che nessuno la toccherà.

Mi siedo per terra, alzo lo sguardo verso il cielo.

Stelle.

Miliardi, milioni, infiniti puntini luminosi che rispondono con aria interrogativa alla mia occhiata.

Mi sento così piccolo. Così insignificante, mi sembra di poter fare ogni stupidaggine, perché io, in confronto con il cosmo, non sono niente.

Niente.

Quelle stelline mi sembrano frammenti sparsi.

Frammenti sparsi di qualcosa di più grande. Chissà, forse, uniti con una numerazione precisa, daranno qualche forma.

Quanto tempo ho visto il tuo viso nella luna?

Sempre.

Perché quelle stelline… quelle piccole cosette inutili, in confronto alla luna.

Fresca, bianca, riposante, calma. La luna c’è, anche se non la si vede.

La luna, che c’è, anche se oscurata dalla terra.

La luna c’è.

Tutto questo non fa che ricordarmi il passato.

Di nuovo.

Perché? Perché non posso vivere semplicemente il presente? Devo aspettare che passino, le cose, per poterle comprendere?

Uno dei miei lati incomprensibili.

Sospiro, mi sdraio sulla sabbia fredda.

Thought I could do this on my own
I've lost so much along the way

Pensavo di poterlo fare da solo
Ho perso molte cose lungo la strada

Come al solito, la mia fissazione di non poter fare niente con gli altri.

Eppure, la gente intorno a me c’è.

Ecco, se potessi, mi paragonerei a quella stellina laggiù.

Quella lì, che sembra una in mezzo a tante stelle.

Eppure sembra un po’ a parte, rispetto alle altre. Mentre le sue sorelle si riuniscono in costellazioni, galassie, universi, lei sembra sola.

Quel puntino.

Solo in mezzo agli altri.

Quante volte mi sono sentito così? Troppe.

Chiudo gli occhi.

Vedo il tuo volto, sorrido leggermente. È raro che io lo faccia, e tu lo sai benissimo. Ogni tanto, infatti, mi chiedi perché non lo faccia più spesso. Ed io, sempre, ti rispondo che non ho alcuna ragione per cui sorridere. Tu ridacchi, e commenti che sarebbe un sprecato, se fosse senza motivo.

Ma io ti mento, quando rispondo a quella domanda, perché io ho una ragione per sorridere.

Tu.

Un rumore, in lontananza; qualcuno solca la strada.

La strada.

Quante cose ho perso, lì.

Sai perfettamente che parlare di lei davanti a me è un tabù.

Infatti non lo fai mai, seppure questo sia un divieto che non ho mai espresso.

Me ne accorgo, però, che lo fai.

Quando parli con quella voce triste, a volte un po’ spezzata. Quando sussurri, con Yuffie, o Vincent. O con chi sia. Non capisco cosa dici, ma percepisco che parli di lei.

E da dietro la porta, mi blocco. Mi irrigidisco, entro nella stanza – non so nemmeno io perché lo faccia.

Forse per farti smettere di parlare di lei, perché si scoperchia il vuoto che mi ha lasciato. Forse per non farti più piangere, perché subito cambi discorso o ti inventi una scusa.

Di lui, però, parliamo.

La tua testa appoggiata al mio petto, ogni volta spero in tutte le lingue che tu non ti accorga del mio cuore che va a velocità supersoniche.

Pariamo di lui, ridiamo di lui, immaginiamo che cosa avrebbe fatto lui se si fosse trovato in questa o quella situazione.

Li ho persi in modo diverso, quei due.

Ma sono persi in ogni caso.

E ho fatto altro che darmene la colpa, per tempo infinito – che forse continua ad esserci, nei meandri del mio cuore.

Ho perso tantissime cose, e si che non sono nemmeno un tipo disordinato.

Ma stavo per perdere la più importante.

Te.

Then I'll see your face
I know I'm finally yours

Quando vedrò il tuo volto
So che finalmente sono tuo

Pensavo di averti persa, quando non ero diventato un SOLDIER.

Lo avevo promesso a te, Tifa.

A te.

E io che cosa avevo fatto? Infranto tutte le cose che avevi immaginato. Tutte le promesse, tutto quello che avevamo sognato insieme. Era diventato polvere, polvere che scivolava via dalle mie dita. E le lacrime scendevano copiose. Ma dentro di me.

Perché, come al solito, come ogni stupida volta, eccomi: non riuscivo a piangere, davanti agli altri.

Ti voglio qui, Tifa.

Ti voglio qui, di fianco a me.

Ti voglio qui, voglio sentire il tuo respiro. Il tuo respiro, che solo io posso percepire.

Ti voglio qui, voglio sentire il tuo cuore. Il tuo cuore, quel battito ritmico, che per me ha il ritmo del paradiso.

Ti voglio qui, voglio sentire le tue labbra, la tua voce, sussurrare il mio nome.

Immagino come sarebbe, sentire un mormorio, vederti lì.

Mi verrebbe un tuffo al cuore, perché avresti scoperto la mia nicchia segreta, dove penso a te, a lui, a lei, a tutti, senza vergognarmi.

Senza tenermi tutto dentro, senza trattenermi come faccio sempre.

Tutti mi descrivono come lastra di diamante.

“Bellissimo e infrangibile”, dicono.

“Piccolo e fragile”, bisbigli tu.

Perché tu conosci il punto debole del materiale più duro del mondo.

Conosci il punto in cui colpirmi per farmi cadere a pezzi, e sai di essere tu la colla che mi ricomporrà.

Perché tu sai quello che nessuno dovrebbe sapere.

Sai ogni cosa.

Perché? Come, perché? Perché sono tuo, Tifa.

Tuo e di nessun altro.

Chi potrebbe uccidermi con un “ti odio”, altrimenti?

Quale altra voce potrei immaginare, soltanto permettermi di immaginare, che in tono basso e sommesso sussurra “ti amo”?

Tu non me lo dirai, Tifa, non me lo dirai, se prima non lo farò io.

Ma mi conosci, no? Ho i miei tempi.

E, se ho realizzato che tu se l’unica cosa nella mia vita, allora forse riuscirò anche a dire quelle parole.

Quelle stupide parole.

I find everything I thought I lost before
You call my name

Ho trovato tutto quello che pensavo di aver perso prima
Chiami il mio nome

In te.

In te mi ritrovo, nel tuo sguardo leggo la mappa per trovare la giusta direzione.

Mi completi, Tifa.

Mi completi.

Ma chissà, chissà se basto io a completare te.

Perché tu meriti di più. Meriti ogni cosa che io non ho. Meriti il ragazzo più bello del mondo- ed io sono tutto fuorché perfetto; gli occhi più sinceri – ti ho mentito troppo, Tifa, troppo; il sorriso più splendente e rassicurante – sono dunque escluso dalla lista, non mi concedo mai questo lusso.

Sei la mia aria, senza di te non respirerei. Il tuo profumo inonda le mie narici, il profumo di crema e perfezione dei tuoi capelli. L’odore intenso della tua stanza, in cui entro quando non ci sei. La fragranza del mattino, del mattino e della colazione con te, quando ti lamenti perché non finisco mai le mie fette di toast imburrato.

Sei la mia acqua, senza di te non ci sarei. Sei la sorgente da cui bere avidamente, da cui dissetarmi e da mostrare a tutti. Ma da proteggere. Perché non posso permettere che qualcuno pensi soltanto di inquinare le mie cascate, il mio lago, il mio oceano. Nessuno potrà mai spogliarsi e fare il bagno nella mia acqua, in cui solo io posso bagnarmi e rinfrescarmi.

Sei la mia terra, senza di te volerei via. Ma tu no, tu mi trattieni su questo mondo. Afferri le mie caviglie e mi guidi, passo dopo passo. Mi aiuti a scavalcare gli ostacoli, ma a volte mi poni delle montagne insormontabili, che non so come scavalcare. Ma il solo sapere che tu – tu, il mio fiore più prezioso – sarai dall’altra parte ad aspettarmi, mi permette di scavalcare ogni cosa.

Sei il mio fuoco, senza di te non avrei vita. Tu mi bruci, mi carbonizzi, mi consumi, mi scotti. Eppure non posso fare a meno di te. Pagherei qualunque cosa per toccarti una guancia, e vedere che apri i tuoi occhioni scuri, assonnata, e mi guardi con aria ancora un po’ addormentata. Sentire il calore della tua pelle, del tuo corpo, che così tante volte ho sognato premuto contro il mio.

Sei la mia luce.

Senza di te sarei semplicemente morto da tempo, e lo sai. Dentro, fuori, non importa. Perché senza un granello di te nel mio cuore, io ora non potrei vivere. Mi conosci, sono orgoglioso, ma questo lo ammetto.

Perché possa ammetterlo soltanto a me stesso, senza nessuno nel raggio di chilometri da me, è una domanda senza risposta.

Ma comunque ammetto che senza di te io non sarei Cloud Strife.

Sarei soltanto un guscio vuoto.

Senza sentirti sorridere chiamando il mio nome.

I come to you in pieces
So you can make me whole

Vengo da te a pezzi
Così puoi completarmi

Sono solo un pezzo.

Un pezzo, il pezzo meno importante di un oggetto spezzato a metà.

Il pezzo più piccolo della torta, che si prende a malincuore.

Un pezzo di qualcosa di più grande, formato da me e ciò che nel mondo è importantissimo.

Il pezzo formato dall’enorme cosa che siamo io e te.

Insieme.

Siamo sempre stati insieme, fin da piccoli.

A quell’epoca, lo ricordo ancora, cercavo di fare tantissime bravate, pur di farmi notare da te.

Volevo che tu pensassi il mio nome, semplicemente. Desideravo che tu riflettessi qualche istante su di me, solo qualche misero secondo della tua vita. Bramavo che tu sorridessi, guardandomi, mi struggevo nel pensare alle meravigliose avventure che avremmo potuto vivere insieme, tu ed io.

Ti immaginavo come la principessa rinchiusa nella torre del castello, la più alta, la più inaccessibile – la torre che ti isolava da tutti e da tutto ciò che avrebbe potuto farti male. Amavo considerarti come irraggiungibile e bellissima, desiderata da tutti, ma a cui solo io potevo accedere.

E, forse, era vero.

Ma sono sicuro soltanto della prima parte – non ho mai capito, e, forse, non voglio ancora sapere, come tu mi considerassi, quando eravamo bimbi; come mi consideri ora.

Il problema, però, è che non sapevo come immaginarmi. Non ero bellissimo, ma solamente un ragazzino basso e smilzo, troppo pallido, spettinato e dagli occhi sproporzionati, le lentiggini, che mi coprivano il volto, le orecchie sporgenti. Non ero fortissimo, ricordo ancora che, in molte prove di forza, mi superavi persino tu, Tifa, che eri una ragazza.

Ma c’era un’altra qualità che i principi dovevano avere, d’obbligo.

Il coraggio.

E io, per te, avrei attuato ogni cosa.

Avrei fatto di tutto: scalato la grandissima torre che ti teneva prigioniera a mani nude, ucciso il terribile drago che minacciava di bruciacchiarti un solo capello, sterminato le streghe che ti invidiavano e parlavano male di te, alle tue spalle.

Tutto, per te, Tifa.

Tutto.

I've come undone
But you make sense of who I am
Like puzzle pieces in your eyes


Sono venuto sfatto
Ma hai dato un senso a ciò che sono
Come pezzi di un puzzle nei tuoi occhi

Ti prego, Tifa.

Ti prego, continua ad esistere.

Ti chiedo solo questo.

Farò di tutto per proteggerti.

Faccio di tutto per schermarti dal mondo, cattivo, insidioso e senza scrupoli. A volte mi rinfacci questo atteggiamento, che non hai mai sopportato.

Perché tu sei indipendente.

Una gatta autonoma che salta da un tetto all’altro, senza nessuna paura e con una abilità invidiabile. Ma io non posso lasciare che tu ti faccia male, Tifa, io rimarrò sempre dietro di te, silenzioso, trasparente. Non voglio che tu soffra, non ne ho alcuna intenzione.

Quante volte combattiamo, con parole più taglienti di pugnali o spade, perché io ti nascondo le cose. Quante.

E quante, quante, quante altre lo faremo.

Non posso mostrarmi debole. Non posso far vedere di essere scalfibile, no, non da te. Eppure te ne accorgi, e giri il dito nella piaga fino a farmi sfuggire un gemito di dolore.

Come posso solo pensare di nascondere le cose a te, Tifa? Come?

Vedi attraverso i miei occhi, di questo azzurro insulso, sondi la mia mente con un radar castano e rassicurante.

Quel bruno che mi fa stare così male, a volte. Come quando si posa su qualcun altro, per troppo tempo, o quando diventano ostili e crudeli.

Detesto quando ti arrabbi con me. Sei imparziale, sai che io non riuscirò mai a fare lo stesso con te.

Non posso provare risentimento verso di te, figurarsi qualcosa come l’odio. È troppo profondo, troppo immenso quello che provo per te.

Non c’è alcun modo per provare risentimento nei confronti di chi mi ha dato, dopo secoli di smarrimento interiore, un senso.

Già, Tifa, mi hai dato un senso. Un motivo per esistere. Una ragione per cui combattere.

Sarò ripetitivo, forse, ma quella ragione sei tu.

Vorrei averti accanto a me.

Accarezzerei, delicato, i tuoi lunghi capelli scuri, facendo attenzione a non tirarli o darti fastidio. Farei appoggiare la tua testa alla mia spalla, sarei soddisfatto a percepire il tuo respiro sul collo.

Forse sorriderei.

Esternerei quella cosa che tanto rimane infossata dentro di me, che mi pare così difficile da tirar fuori.

Ma lo sai, che sono felice soltanto a guardarti da lontano?

Then I'll see your face
I know I'm finally yours

Quando vedrò il tuo volto
So che finalmente sono tuo

Domande, domande, domande.

Niente risposte.

Con un dito, inizio a tracciare dei segni sulla sabbia, distrattamente.

Sento il fresco sulle dita, mi dà sollievo.

Fresco.

Come la luna.

Come te.

Tu sei la mia luna, Tifa, la mia luna.

La luce più grande, luminosa, perfetta e candida in un cielo pieno di inutili puntini. E so che, al tuo confronto, io non sono altro che un minuscolo astro, perso nel blu scuro del manto stellato.

Un astro come tanti altri. Mentre di luna ce n’è una sola.

In pochi comprendono il suo vero valore, in pochi sanno che malinconia prova quando viene coperta dall’ombra terrestre.

Come te.

È successo, infatti, che per un periodo sei stata coperta.

Ma non te ne sei andata, no.

Sei rimasta lì, stringendo i pugni, ma non brillavi più.

Eri triste, triste, ed una luna triste non luccica – non per chi è preso dall’Eclissi.

Poi, però, la Terra se n’è andata.

Ed io ho potuto ricominciare a vederti, sono stato capace, finalmente, a riuscire a guardarti di nuovo.

Ammirarti, nel tuo candido fulgore.

La luna, che tanti osservano, e che pochi possono concedersi di sfiorare con un dito. Mi correggo, anzi: nessuno può.

Mi chiedo chi, come me, immagina che, tendendo una mano, possa sfiorarla con un sorriso nostalgico.

La luna, tu.

Sono la stessa identica cosa, per me.

Ambedue candide, entrambe perfette, tutte e due irraggiungibili.

Ma, mentre la luna è gelida, tu non lo sei.

Tu bruci, scotti, ti raffreddi e riscaldi, sorridi, rabbui e illumini. Tu dai una ragione al mio cielo, e ti prometto che non ci sarà più alcuna eclissi.

Nessuna più eclissi di luna, perché niente può lasciarmi senza l’unica cosa che rischiara il mio cammino, che lascia che io percorra una strada. Che si frappone tra me e le scelte sbagliate, che trattiene, mordendosi un labbro, un “te l’avevo detto”, quando sbaglio.

Vedo il tuo viso perfetto. E so di appartenerti.

I find everything I thought I lost before
You call my name

Ho trovato tutto quello che pensavo di aver perso prima
Chiami il mio nome

Sono qui, Tifa, sono qui.

E, se non rispondo al telefono, è solo perché, dopo aver aperto il coperchietto del mio cellulare, sentendoti, mi bloccherei. Non riuscirei a dire qualcosa di sensato. Sembrerei un idiota, mi sentirei qualcosa di incapace.

Per questo, ti prego, lasciami un messaggio nella segreteria telefonica.

Voglio sentire la tua voce.

Voglio sentirla, e ancora, e ancora, e riascoltare il messaggio ogni volta.

Anche se mi chiedi soltanto di comperare il latte, non mi importa quello che dici.

Ma in modo in cui lo dici.

Lo sai, amo quando usi quel tono gentile, con me.

La tua voce, femminile, dolce, melodiosa, nitida, bianca, che risuona nella stanza. È quella che mi sveglia il mattino, di domenica, con un dolce sussurro e il profumo di caffè appena fatto.

Mi sorprendo ancora, però, di trovarti lì.

Perfetta, ogni fine settimana, con il solito vassoio tra le mani, dopo aver aperto la finestra.

Mi chiedo perché un angelo sia stato mandato a un’anima in pena come me. Cosa abbia fatto, per meritarti, per me rimane ancora un mistero. Per meritare quel sorriso dolce, quegli occhi teneri e quel sorriso materno.

A volte, lo so.

So che è come se fossi tu a proteggere me, mentre in realtà dovrebbe essere il contrario. Io devo proteggere te, Tifa. E allora perché mi fai sentire così al sicuro?

Quando sono con te, è come se una sfera comprenda solo noi due, escludendo ogni cosa da quel piccolo universo che si è venuto a formare.

Siamo soltanto io e te, il mondo non serve più a nulla.

Perché mi basti tu, Tifa.

Mi basta il tuo sorriso, mi bastano le tue labbra. Mi basta sentirti al mio fianco, sapere che ci sarai. In ogni caso, la luce che rende percorribile il mio cammino.

Sembra che i rovi e le intemperie si distruggano, sotto i tuoi raggi.

E, nel tuo tocco, vengo letteralmente distrutto anche io.

I come to you in pieces
So you can make me whole

Vengo da te a pezzi
Così puoi completarmi

Che cosa sono.

Che cosa posso pensare di essere, in confronto all’immensità che sei tu?

Sei qualcosa di inconcepibile, per me, Tifa.

Mi chiedo come tu possa credere che io pensi ancora a lei.

Sei tu, il centro del mio cielo, lei è il mio passato – un punto importante, doloroso, ma il mio passato.

Mentre tu sei il mio presente. L’ho già detto, io tendo a vivere guardando indietro, ma... ma per te potrei sforzarmi, e cercare di guardare il punto in cui sto mettendo i piedi adesso.

So che, però, metterai il dito sotto il mio mento, e mi alzerai il capo. Mi indicherai l’orizzonte, con un leggero sorriso ed un cenno della testa, e mi parlerai di quello che c’è oltre questa strada impervia. Io ti risponderò, pessimista, che il sentiero è lunghissimo e pieno di ostacoli, e che non si sa nemmeno se si arriverà al tanto agognato capolinea. Sono sicuro che mi verrà uno dei miei attacchi di “spariamo stupidaggini al limite della sfortuna possibile”, e, dopo aver aggiunto ogni cosa orribile che potrebbe capitare lungo il percorso, ti chiederò perché percorrerla.

E tu mi spiazzerai, con la tua tipica risposta.

“Perché no?”

Sai che non posso ribattere, non ho alcun argomento con cui risponderti.

Adoro, però, il sorrisetto che ti spunta sulle labbra, sai perfettamente di avere vinto. Ed io abbasso gli occhi, sconfitto.

A proposito, tu mi dici sempre che sono bellissimi, ma io non riesco a crederci. Dici che ti piace, il mio azzurro, e una volta mi hai confessato che i miei occhi sono magnetici, per i tuoi. Eppure, io ho comunque paura di incontrare il tuo sguardo. Perché tu – solo tu – sai perfettamente che i miei occhi sono soltanto una vetrata. Forse bella, artistica, gelida o colorata. Ma sono in ogni caso una barriera, posta lì per distrarre ed impedire ai curiosi di procedere oltre, ed impedire di scoprire dove si nasconde il vero me stesso.

Molti dicono che gli occhi siano, in realtà, lo specchio riflesso dell’anima, per chi sa guardare. Per te, invece, gli occhi – i miei occhi, sono una finestra, spalancata sul mio mondo interiore.

Quante volte ho detto che tu sappia percorrere il labirinto intricato di rovi che mi ritrovo dentro? Non a sufficienza, però.

I tried so hard! So hard!
I tried so hard!

Ho provato difficilmente! Difficilmente!
Ho provato difficilmente!

Là, in fondo, il sole spunta, traditore.

Che cosa vuole fare? Che cosa cerca di fare? Vuole oscurare la luna, forse?

Vorrei ricacciarlo via, mandarlo da un’altra parte, e fare in modo che la notte ritorni per risaltare la sfera perfetta, sospesa nel nulla, che, con la sua candida luminescenza, mi da una ragione da seguire.

“Non importa quanto sia lunga la notte, l’alba arriverà comunque”. Un messaggio di speranza? Non per me.

Io, che non sono fatto per vivere baciato dai dorati raggi del sole, ma da quelli argentei, lunari, ed essere accarezzato dalla fresca brezza notturna, tanto attesa.

Eppure ho provato a vivere nel giorno, in mezzo a tutti, ma senza te.

Ma non posso! Semplicemente non posso.

I raggi, che come frecce mi bruciano e bucano la pelle, il caldo, che, traditore, fonde i miei abiti e il mio cuore, e la luce, intensa e accecante, che non rispetta i miei spazi e mi lascia, nudo, davanti al mondo.

Ho bisogno delle tenebre, della loro sobrietà, del loro silenzio, che mi avvolge come una morbida coperta, mi permette di conservare la mia infantilità e la mia voglia di affetto e di casa.

Casa.

Sei tu, la mia casa, Tifa.

Ricordo di avertelo detto, una volta, che non mi sento a casa in nessun posto – ma era una mezza bugia. A quei tempi non vivevamo ancora insieme, ma tu eri comunque accanto a me, al mio fianco in ogni situazione.

Ho conosciuto il significato della parola appartenenza, grazie a te.

Nemmeno da bambino mi sentivo in pace con me stesso, quando gli altri mi indicavano, riuniti in piccoli gruppi, mormoravano frasi che al mio orecchio suonavano come insensate. Sentivo poche parole, sconnesse.

Mostro. Lontano. Cattivo. Male. Brutto. Mostro. Mostro.

Mostro.

Mi hai mai visto come un mostro, Tifa?

Odiavo più quando mi guardavi, tu, in quel modo, con gli occhi pieni di compassione, che i momenti in cui gli altri mi lanciavano occhiate cariche di astio ed intrise di disprezzo.

Ti detestavo, quando facevi così, mi detestavo.

Non volevo farti pena, non volevo essere visto come la vittima della situazione più grande di me.

Eppure, allo stesso modo, mi sarebbe piaciuto che tu ti fossi avvicinata a me, mi avessi stretto forte forte, avessi premuto il tuo cuore contro il mio, fino a riunirli in uno solo.

Un unico battito.

All’unisono, tu ed io.

Then I'll see your face

Poi vedrò il tuo volto


I know I'm finally yours

So che finalmente sono tuo

 

I find everything I thought I lost before

Ho trovato tutto quello che pensavo di aver perso prima


You call my name

Chiami il mio nome

 

I come to you in pieces

Vengo da te a pezzi

 

So you can make me whole

Così puoi completarmi!


So you can make me whole

Così puoi completarmi!

   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Final Fantasy VII / Vai alla pagina dell'autore: Ayumi Zombie