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Autore: _stfu_    19/12/2016    1 recensioni
Premette invio e spense il telefono, lasciandolo poi scivolare dalla mano, fino a farlo cadere a fianco a sé. Ora erano completamente al buio.
-Chiedono se sei qui.
/Soukoku/
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Chuya prese un tiro della sigaretta che aveva tra le dita. Sentì il fumo caldo scendere lungo la gola, chiuse gli occhi ed espirò lentamente, tornando a fissare con evidente noia lo schermo dello smartphone che teneva posato sulla coscia. Quella sorta di routine andava avanti da almeno cinque minuti, ma non aveva voglia di fare altro, stanco e stressato com'era dalla lunga giornata. Ora voleva solo riposarsi, senza pensare a niente; restare comodamente seduto sul divano del suo appartamento, le gambe accavallate e la schiena che sprofondava nello schienale di pelle. 

 

Con la mano con cui poco prima reggeva la sigaretta, ora fra le sue labbra, continuava distrattamente a scorrere la home di Facebook tra commenti, foto e aggiornamenti di stato che magari in una situazione normale avrebbe potuto pure ritenere interessanti, e sui quali si sarebbe potuto soffermare.

Immerso com'era in quella sorta di torpore, il vibrare del telefono lo fece ridestare. 

Aveva ricevuto una mail. 

Chiuse Facebook pigiando sul tasto centrale del telefono e cercò con lo sguardo il simbolo dell’applicazione per le mail. Con il pollice andò a cliccare sull’icona azzurra. Era Akutagawa.

 

Oggetto: Dazai-san

Messaggio: Non risponde a nessuno. È con te?

 

Chuya alzò gli occhi al cielo, ritrovandosi a fissare il soffitto bianco, illuminato solamente dalla luce prodotta dal telefono. Non si era reso conto che fosse così tardi e di essere praticamente immerso nella penombra. Con lo sguardo cercò il posacenere sul tavolino di vetro di fronte a se. Era lì, tra il guanto che si era tolto per poter utilizzare il telefono e il pacchetto di sigarette che aveva aperto poco prima, assieme anche al suo inseparabile cappello e allo Zippo. 

Inspirò a fondo un'ultima volta, il fumo che scendeva nei suoi polmoni ora iniziava a bruciargli di più, ormai aveva raggiunto praticamente il filtro. Si sporse in avanti, e allungando il braccio andò a spegnere la sigaretta. 

Dal mozzicone ormai spento si levò un filo di fumo denso e bianco che man mano che saliva nell’aria si disperdeva sempre di più, fino a scomparire del tutto.

Pure loro se ne sarebbero andati prima o poi e non sarebbe rimasta altro che cenere.

Lo sentì mugungare.

Probabilmente i suoi movimenti gli avevano dato fastidio. 

Da quando era arrivato non aveva aperto bocca. Non aveva fiatato. Dazai era rimasto immobile così come era caduto sul divano.

La testa appoggiata appena contro la sua spalla, e in silenzio per tutto il tempo. 

Chuya non aveva idea del motivo di quel silenzio, soprattutto da parte sua che normalmente lo avrebbe preso ad insulti e cacciato fuori di casa con una pedata, ma non in quella situazione. 

Non aveva chiesto spiegazioni e aveva fatto come se niente fosse successo, come se Dazai non fosse neanche presente. Ignorandolo. Sapeva che tanto stava bene e non aveva avuto nessun danno, almeno fisicamente.

Aveva ancora nella mano destra il coltello che si portava dietro e con cui aveva tagliato la corda. Un'estremità ancora penzolava dal soffitto; l'altra era rimasta al collo del ragazzo addossato a lui.

Ripose l'oggetto sul tavolo, facendo scomodare ancora Dazai, e prese il telefono in mano per rispondere alla mail.

 

"Sì, è qui. 

Sta bene”

 

Premette invio e spense il telefono, lasciandolo poi scivolare dalla mano, fino a farlo cadere a fianco a sé. Ora erano completamente al buio.

 

-Chiedono se sei qui.

 

Lo informò, per poi rivolgere uno sguardo alla massa scura accasciata addosso a sé e gli passò una mano attorno alle spalle, cingendogliele in modo da premerlo ulteriormente contro al proprio corpo. In risposta lo sentì tirare su con il naso e percepì una mano andargli a stringere la stoffa del copri spalle che portava sopra al gilet. Allora la mano di Chuya si mosse tra i suoi capelli, per smuoverglieli appena. Non voleva che dicesse nulla. Non c’era bisogno di dire nulla.

Lo conosceva, era stata una  brutta giornata per entrambi evidentemente.

  
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