- questa storia non sarebbe mai nata se non avessi letto lo Shoebox Project, quindi i crediti, quasi prima che a J.K. Rowling, vanno a chi lavora lì;
- non seguo HP e non sono una fan di nessun personaggio, tranne dei Marauders. Il che spiega perché i riferimenti a luoghi, tempi ed incantesimi siano così approssimativi: si chiama ignoranza;
- per qualunque chiarimento sul capitolo vi rimanderò di volta in volta al fondo della pagina :)
Grazie a chiunque stia leggendo in questo momento ù__ù è già tanto che vi siate sentiti sufficientemente interessati.
Capitolo 1 di 10...
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Ha dormito con Remus.
Nel letto di Remus.
Mezzo infilato nel posteriore di Remus.
Per tutta la stramaledettissima notte.
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Parte prima – To sleep, perchance
to dream.
Naturalmente, Sirius continua a ripetersi in quel nulla interdetto tra il sonno e la veglia, naturalmente non era iniziata così.
Insomma, erano a letto. Va bene. Come un migliaio d’altre volte, e allora? Nulla di strano, nulla di erotico, nulla di compromettente.
Erano supini e neppure si toccavano – d’accordo, forse i gomiti. Magari le braccia. Ma assolutamente niente di più, e perché mai avrebbero dovuto?!
Erano supini, dunque, e ne ricorda l’odore. Qualcosa di caldo e secco e anche un po’ acre, in realtà, e gli basta appena un altro sforzo per riconoscerlo all’istante: calzini sporchi. Ai piedi di entrambi, quelli di Remus più bianchi dei suoi – nemmeno di tanto. Indubbiamente maschili, indubbiamente tipici. Da camerata. E i conti tornano, perché la loro è proprio una dannata camerata.
Non c’è veramente nulla di romantico nei calzini da uomo, di questo Sirius è convinto. Stenta ad apprezzare pure quelli da donna, che coi loro colori pastello si fanno perdonare qualunque cosa; ed è tutto dire.
Prova a ricordare i discorsi, ma sa in partenza che si tratta di un’impresa impossibile. Le loro conversazioni, sue e di Remus, hanno di rado un filo conduttore, e ancor più raramente si mantengono serie per più d’un minuto. Sorvola volutamente, e con una certa ferocia mentale, sulla definizione che James ha appositamente coniato – battibecchi tra nevrasteniche, li chiama.
Si è svegliato nel cuore della notte e aveva caldo. Questo sì, questo lo ricorda. Ed era a tutti gli effetti nel letto di Remus, ma non a letto con Remus. Era decisamente lontano dall’essere a letto con Remus. Aveva solo molto caldo, ecco tutto – e, no, oh no, prima che la mente possa anche solo vagare in tal senso, farà meglio a rammentare che è praticamente estate. Manca immensamente poco alle vacanze, di fatto.
Dev’essersi tirato a sedere sul materasso, Sirius suppone, e, beh, sì, è facile che a quel punto si sia guardato intorno e abbia visto Moony dormirgli accanto. E non è da escludersi che abbia effettivamente notato il modo in cui la t-shirt dell’altro si era sollevata a scoprirgli la schiena segnata, durante la notte. Il che, sarà molto meglio specificare, non ha avuto alcun effetto se non quello di aggravare la sua insofferenza.
Si è spogliato, perciò, lasciando
le mutande al loro posto. L’idea di togliere i vestiti anche all’altro è stata
scartata con prontezza nello stesso istante in cui gli è balenata in testa: ci
sono cose che Sirius Black non farebbe
nemmeno per un amico, e trastullarsi denudandone uno rientra a pieno titolo
nella categoria. Per amor di cronaca, qualcuno potrebbe
sostenere di averglielo visto fare, in passato; diciamo, a tarda notte, sul
pavimento del bagno, dopo un’intera serata attaccati ad allettanti colli di
bottiglia. Ma, considera con un vago pizzico di
compiacimento, James non è nella posizione di
ricordarlo. Peter è intimidito ben bene. E Remus eviterebbe con cura di
farvi il minimo cenno, se anche si fosse trovato ad assistervi – cosa mai
avvenuta, per inciso. L’irreprensibile Prefetto non partecipa alle sregolate
scorribande dei Malandrini, quando queste coinvolgono litri di whisky
incendiario e l’infrazione simultanea di più regole di quante sia possibile
contarne.
Concentrazione, Black. Cosa, dunque?
Dev’essersi rimesso giù per tentare di acciuffare il sonno sfuggente, ma la calura non ha voluto saperne di ritirarsi per tutta la notte. Le lenzuola continuavano ad avvilupparsi entusiasticamente alle sue gambe – in un modo assolutamente non, non sexy – costringendolo a contorsioni astruse per liberarsi. Che in una di queste contorsioni si sia ritrovato appoggiato alla schiena dell’impassibile Remus (o, per onestà narrativa, letteralmente abbarbicato al fondoschiena dell’impassibile Remus), non è che una scialba controindicazione su cui può facilmente soprassedere.
E allora perché cavolo sta pensandoci, di grazia?
Oh, ma lo sa. Sirius lo sa. Per quanto preferirebbe un’ispezione accurata delle narici di Snivellus piuttosto che ammetterlo, sa perfettamente quale tragedia lo costringa a rimuginare ininterrottamente sullo stesso insignificante particolare.
Un particolare non proprio insignificante è tra le sue gambe proprio adesso, ecco cosa.
Non dovrebbe darci tutto questo peso, giusto? Insomma, dove lo mettiamo il blaterare e omettere e cinguettare sugli ormoni adolescenziali ballerini? I suoi ormoni erano semplicemente in vena di una mazurca – no, no, meglio una quadriglia, meno contatto. Zero contatto. Assolutamente nessun contatto.
Non ha pensato neppure per un istante al sedere di Remus. Non ci ha pensato neanche una volta in tutti quegli anni, e non ha intenzione di cominciare adesso. Ma grazie per averlo chiesto, già già.
“… Sirius? Che accidenti stai facendo?”
Salta su come una tarantola minacciata da un grizzly obeso.
“Oh, eh, har
har. ‘Giorno Moony. Gambe. Cioè,
mh, caldo. Lenzuola. Che giorno è
oggi?”
Remus interpreta faticosamente quel gracidio stridulo e occhieggia il compagno attraverso palpebre socchiuse, pesanti. Risponde con estrema lentezza.
“Giovedì. Qual è il tuo problema?”
Sirius non ritiene affatto di avere un problema. Nulla che non possa risolvere con una doccia della giusta temperatura.
“Sei veramente sveglio, Moony! Ma come farai?! Io dormo ancora, in piedi! Cioè, seduto. Anzi, vado al bagno. Darò il buongiorno ai rubinetti per te!”
Sbroglia il groviglio appiccicaticcio – di sudore – delle coltri e scivola via il più rapidamente che può, tenendosi accuratamente di spalle per non…
“Sirius?”
Drizza le orecchie, immobile. Istintivamente incrocia le gambe.
“Mh-mh?”
“Le tue mutande…”
Oh, per l’intera lunghezza della barba di Silente!
Cosacosacosa?
“… hai di nuovo messo quelle di James! Sai che non lo sopporta!”
Quasi sviene dal sollievo. Per un momento accarezza l’idea di voltarsi a prendere Remus e i suoi stupidi scrupoli terrorizzanti a cucinate, salvo rammentare la ragione che lo costringe di spalle.
“Ngh, eh, io, credo di averlo, sai, fatto. Ma non c’è niente di male finché qualcuno… non… si fa… male. Krrr?”
È una specie di trillo. Le sopracciglia di Remus raggiungono considerevoli livelli d’inarcamento, e lui è un eccellente inarcatore di sopracciglia.
Sirius non gli lascia il tempo di abbandonarsi a qualsivoglia commento. Agguanta i pantaloni dell’uniforme – non è poi così sicuro siano i suoi, ma tant’è – e spalanca la porta del bagno, gorgheggiando un’ottava più su del necessario.
“Buonanotte!”
Slam. Supplica dei cardini.
Remus emette un debole grugnito, scrutando la luce che filtra dalla finestra.
Sarà mezzogiorno…