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Autore: AstreaA    20/12/2016    7 recensioni
Mini-long suddivisa in quattro capitoli.
Si può davvero vivere di solo rancore? Un avvenimento inaspettato cambierà irrimediabilmente la vita di Ran. Saprà perdonare? Che ruolo avrà Shinichi in tutto questo?
« Ti dirò una cosa Ran, una cosa importante: è meglio perdonare che vivere di rancore e rabbia come fai tu! L’odio è la cosa peggiore che possa infettare un essere umano. Lo uccide lentamente, è il peggior veleno che esista. Nessuno ne è immune, ma il perdono a volte può essere l’antidoto »
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Kogoro Mori, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Un po' tutti | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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«Pronto, parlo con Goro Mori? Sarei interessato all’affitto di quel locale al primo piano…»
«Guarda che riconosco la tua voce, moccioso! Cos’è uno scherzo?» allontanai la cornetta del telefono, stordito dal suo ringhio alto e minaccioso.
«No, per niente, è sempre stato il mio sogno aprire un’agenzia investigativa…» risposi tranquillamente, sistemandomi il nodo della cravatta attorno al collo. Goro rimase in silenzio, sembrò pensarci su a lungo. Certo, dovette pensare che la mia fosse solo una tattica per rivedere sua figlia.
Ed era la verità, ovviamente.
«Oggi pomeriggio alle diciotto e sii puntuale!»
«Ci sarò!» Mormorai con un che di solenne, abbassando la cornetta. 
Avrei dunque, rivisto Ran?
Provai una fitta al petto a quel pensiero. Socchiusi gli occhi e trattenni il respiro. Poggiai stancamente la fronte contro il vetro della finestra. Si appannò appena. Mi tolsi la giacca svogliatamente, gettandola su una poltrona. Mi scoprii in balia della più straziante tensione.
Trascorsi l’intera giornata nella biblioteca di casa. Sfogliai infiniti articoli, mi aggiornai sui casi di cronaca più recenti che avevano fatto tremare l’intero paese. Omicidi, corruzioni, esecuzioni per mano della Yakuza. Cercai di non pensare a Ran. Mi tenni occupato tutto il giorno, dimenticando persino di mangiare. Tuttavia, l’ansia continuò a mettere le sue radici in me. L’orologio a pendolo appeso alla parete segnò le diciassette e trenta, quando mi preparai per l’appuntamento. Dopo cinque lunghi anni, avrei rimesso sfacciatamente piede nell’agenzia investigativa Mori.
Quante cose erano accadute lì dentro?
Quante erano cambiate dalla mia partenza?
Con un sorriso spontaneo, salii i primi gradini. Allungai la mano verso la porta del primo piano.
Non bussai. L’aprii. Tutto ciò avvenne istintivamente. Allora, non pensai alla mia imprudenza. La realtà era che seppur inconsciamente, identificavo quel luogo come fosse ancora casa mia.
Mi sentii nuovamente Conan.
Entrai. Immaginai che Goro fosse già lì, quando due occhi gelidi calarono su di me.
Le parole mi morirono in gola.

Ran!
 
 


**
 

Passai gran parte del giorno sui libri. A breve avrei dovuto sostenere un esame. L’ansia e lo stress gridavano forti nel petto e un gran mal di testa aggravò la situazione.
Fu nel pomeriggio che ricordai di dover sistemare l’ex agenzia. Con stanchezza, mi munii di tutto l’occorrente per pulire e mi precipitai al piano di sotto.
Erano anni che nessuno vi metteva più piede.
Tutto era come lo ricordavo: la scrivania, il televisore, il telefono, il divano, il tavolino. Una foto mia con Conan su uno scaffale. Alcuni sui libri e quaderni ancora accatastati accanto. Ripensai alle nostre lunghe telefonate. Alle mie lacrime per le continue e inspiegabili assenze di Shinichi. Ripensai a quanto ero stata ridicola e innamorata. Era sempre stato accanto a me e io non me ne accorgevo davvero. Sospettavo ma scaltramente, lui riusciva sempre ad ingannarmi, a volte anche con la complicità del Dottor Agasa, di Ai e di Heiji. Il suo papillon cambia voce era ancora lì. Quante chiamate per ingannarmi che tutto andasse bene! Quante prese in giro! Mi aveva sempre ingannata, trattandomi come una sciocca ragazzina.
Strinsi i pugni. Desiderai sferrare un colpo a quella stupida foto e lo avrei fatto davvero ma qualcosa me lo impedì, il buon senso forse. Avevo smesso di praticare karate, da anni. Dopo il suo abbandono, mi scoprii immotivata per qualunque cosa. Solo lo studio e la preziosa amicizia di Sonoko mi aiutarono a risollevarmi e a riprendere in mano la mia vita.
Con un’amarezza al cuore, cominciai a lavare il pavimento. Avevo quasi terminato quando avvertii dei passi alle mie spalle, qualcuno aprì la porta, senza bussare.
Immaginai fosse mio padre. Mi voltai, accennando un breve sorriso che scomparve nell’istante in cui incontrai i suoi occhi blu.
Lo vidi chiaramente impallidire.
«Ciao Ran…»
Il suo viso assunse un’espressione fastidiosamente stupita.
Provai un dolore al petto, i battiti del cuore sembrarono fermarsi. Sentii lo stomaco chiudersi e il respiro spezzarsi, ma non una solo lacrima cadde lungo il mio viso.
Non me ne stupii più di tanto.
Erano anni che non ne versavo.
Non ne ero più capace, forse. Lo guardai con profonda freddezza, gli occhi ridotti a due fessure.
«Mio padre è al piano di sopra, vado a chiamarlo» risposi solo, con tono piatto, allontanandomi.
Non accelerai il passo. Non scappai come una stupida bambina dinanzi la minaccia del lupo cattivo.
Shinchi sembrò ingenuamente colpito dal mio comportamento.

«Kudo è di sotto» giunsi in cucina, dove trovai mio padre davanti al televisore. Senza aggiungere altro, mi avviai nella mia stanza. Sorrisi amaramente.
Kudo.
Shinichi non esisteva più per me.
Mio padre sembrò stupito dal mio atteggiamento. Si alzò infatti dal divano.
«Non hai voglia di restare con noi…? » mi chiese piano, quasi temendo di scatenare in me una violenta crisi di nervi.
«No, affatto. Non ho più nulla a che vedere con lui e ad essere sincera, trovo il suo interesse per la nostra ex agenzia investigativa solo come una presa in giro» sentii una profonda rabbia invadermi la mente. Mi morsi le labbra, stando ancora di spalle.
«Ascolta Ran » mio padre parlò ancora, lentamente.
«Ho parlato con Takagi, in questi lunghi anni Shinichi ha dovuto affrontare tante cose» quasi stentai a riconoscerlo.
Risi istericamente. Da quando mio padre giustificava Kudo?
«Stai difendendo colui che ti ha trattato per mesi come un perfetto imbecille? Riempendoti di anestetici perché non eri in grado di risolvere da solo un misero caso?!» gridai con rabbia, voltandomi verso di lui. «Che si è preso gioco di te, illudendoti di avere una qualità che in realtà non possedevi? Che ha illuso me ed è sparito per cinque anni senza darmi spiegazioni, non facendomi mai neanche una stupida chiamata?» Il sangue sembrò affluire con più forza nelle vene. Urlai fino a restare senza voce. Mio padre tuttavia non sembrò affatto scomporsi.
«Ti dirò una cosa Ran, una cosa importante: è meglio perdonare che vivere di rancore e rabbia come fai tu! L’odio è la cosa peggiore che possa infettare un essere umano. Lo uccide lentamente, è il peggior veleno che esista. Nessuno ne è immune, ma il perdono a volte, può essere l’antidoto»
Se l’odio non avesse davvero infettato tutto il mio corpo, avrei riflettuto meglio su quelle parole.
«Pensi di cambiare qualcosa con una stupida paternale?»
 A quelle parole quasi non mi riconobbi.
Chi ero realmente?
Lo guardai con rancore, come fosse lui la causa di tanta sofferenza.
«Ho bisogno di cambiare aria!»
Aggiunsi infine, sbattendo con violenza la porte alle mie spalle.

Può l’odio essere più forte dell’Amore?
 


 
**
 

Udii senza fiato tutta la loro conversazione.
Goro comparve poco dopo alle mie spalle.
Mi osservò minaccioso per qualche secondo, poi mi afferrò per la camicia, spingendomi contro il muro.
«Meriteresti proprio una bella lezione, moccioso! La mia Ran ha smesso di vivere per colpa tua!» parlò in un tono d’accusa che non ammetteva repliche. Mi sentii morire dentro.
Una sensazione d’impotenza mi avvolse come un filo spinato.
Era tutta colpa mia, mi ripetevo con rabbia. Avrei voluto inseguirla, correrle dietro, ma mi mancò il coraggio.
Mi scoprii vigliacco.
E se avessi peggiorato il tutto?
Cos’era successo alla mia Ran?
Cosa le avevo fatto?
«Se ti interessa comunque, potrai usufruire dell’ex agenzia ma voglio il pagamento anticipato dei primi quattro mesi d'affitto!» mollò la presa, non staccando il suo sguardo dal mio.
Quelle parole, tuttavia, avevano un chiaro sottointeso.
«Va bene» risposi solo, senza alcuna emozione, lasciando la stanza.
Il cielo era buio, mi avviai stancamente verso casa. Una fredda pioggia cominciò a calare dal cielo. Mi strinsi nella giacca, il gelo sembrò penetrare fin nelle ossa. La frustrazione mi compresse le viscere, mutando in un dolore insopportabile. Non smisi un solo istante di pensare a lei. Allungai il tragitto, camminai per un lungo tratto isolato, immerso nei miei pensieri, quando svoltando in una delle strade principali, riconobbi il suo profilo.
 Mi fermai di colpo e anche il mio cuore si fermò, dolorosamente.
Era pallida, sconvolta, infreddolita.
Era poggiata contro il muro di un palazzo che ospitava una delle boutique d’abbigliamento più rinomate di Tokyo. Forse Sonoko era lì dentro.
La pioggia scendeva e frustava senza pietà il suo viso, il suo corpo. Era cresciuta parecchio. I lineamenti del volto più fini, maturi, le forme ancora più armoniose. Aveva gli occhi chiusi e le mani incrociate lungo il grembo.
Giunsi piano alle sue spalle, coperto dal rumore delle auto e dal vociare del passanti.
La coprii con la mia giacca.
Aprì gli occhi di scatto. Mi guardò sconvolta, come fossi un fantasma, un cadavere che aveva ripreso vita. Mosse le labbra appena. Fiamme sembravano bruciare nei suoi occhi. Per un attimo temetti mi uccidesse proprio lì, davanti a tutti, a mani nude.
«Eccomi qua, sono tornata! E’ un peccato che tu non sia voluta entrare, ho comprato un completo mozzafiato anche per te!»
La voce allegra di Sonoko giunse alle nostre spalle. Anche lei era cambiata molto, ma malgrado gli sforzi, mai avrebbe raggiunto la bellezza e la grazia di Ran.
La salutai con disagio, accennando un sorriso, poi sparii sotto la pioggia, seguito e forse maledetto, dallo sguardo rancoroso della ragazza della mia vita.
 
 


**
 

«Ma quello era… »
Lo stridio di un’unghia contro una lavagna. E’ così che identificai la voce di Sonoko.    
«Kudo, sì… lui » risposi inespressiva, in un sussurro, continuando a guardare nella direzione nella quale era vigliaccamente sparito.
La sua giacca era ancora appoggiata sulle mie spalle.
Mi irrigidii al pensiero. Riconobbi il suo odore mischiato con quello della pioggia.
«Da quando… lo chiami per cognome?»
Non ottenne risposte.
Mi incamminai in silenzio, lungo la strada. Lei mi affiancò, circondandomi le spalle con un braccio. Mi riparò sotto il suo ombrello. Tremavo per il freddo e non solo. I capelli bagnati mi ricadevano lungo la fronte, bagnando ulteriormente i miei vestiti. Sonoko mi guardò con un misto di tristezza e preoccupazione.
«So bene che se sei in questo stato da anni è per colpa sua…»
Disse piano, quasi non l’ascoltai; poi la sua voce divenne morbida e piacevole quasi fosse una carezza.
«Non dico che tu debba tornarci insieme, Koji è mille volte più carino, però…» esitò e si fermò di colpo. Cercò il mio sguardo e mi strinse una mano. «Shinichi ha sempre tenuto a te e questo lo sai bene, tuttavia ha commesso delle gravi mancanze nei tuoi confronti. Continuare a rimuginare su quanto abbia sbagliato non migliorerà il tuo umore, né cambierà qualcosa. Dovresti piuttosto cercare un dialogo. Ascoltalo, confrontatevi. Solo allora, potrai avere il cuore in pace e ricominciare a vivere»
Ricominciare a vivere?
Cercai a lungo il vero significato di quell’affermazione.
Shinichi aveva agito unicamente per proteggermi, sarebbe stata sicuramente quella la sua patetica risposta.
Non mi aveva reputato abbastanza forte e capace di sostenerlo né degna di essere messa al corrente di quello che gli era successo. Forse non avrei potuto aiutarlo, ma avrei almeno meritato di sapere, gli avrei offerto tutto il mio conforto e gli sarei stata vicino fino alla fine.
Lo avrei fatto davvero, perché lo amavo con tutto il cuore.
Riprendemmo a camminare dirette a casa sua.
«E poi l’aria da cucciolo bastonato non gli si addice per niente, gli dona molto di più quella da presuntuoso e arrogante!» rise, cercando inutilmente di contagiarmi con la sua allegria.
Non raccontai mai a Sonoko della regressione di Shinichi.
Ne seppe mai che lui e Conan erano in realtà la stessa persona, né gli accennai che dietro le brillanti deduzioni sue e di mio padre, era sempre lui a celarsi. Trascorsi la notte da lei. Mi lesse alcuni articoli di giornale su Shinichi, seppur non mostrai alcun interesse a riguardo.
Quella sera lo sognai.
Sognai di baciarlo e d’amarlo con desideravo un tempo e come ormai, non potevo né volevo più fare.
Quel sogno mi turbò profondamente, mi lasciò una profonda inquietudine nel cuore.
Quando mi svegliai il sole era già alto nel cielo. Non pioveva più. Per un attimo osservai la sua giacca piegata sulla spalliera della sedia accanto al letto. Tornai a casa verso mezzogiorno. Salii le scale rapidamente quando notai una sagoma all’interno dell’agenzia. Entrai, senza bussare.
Alcuni documenti e oggetti erano sistemati sulla scrivania.
Scorsi una foto.
Io e lui al Tropical Land. L’inizio di tutto.
«Ran!»
Sussultai appena. Mi voltai agiata.
Vidi il suo sguardo accendersi di un’incredibile dolcezza. Un pugno invisibile sembrò colpirmi al petto.
Ricordai le emozioni che un tempo facevano gridare il mio cuore, che lo facevano vivere. Posai la sua giacca sul divanetto.
«Grazie» dissi solo con voce spenta e incolore. Feci per uscire dalla stanza quando rapido, mi inseguì e mi afferrò per il polso. Mi trattenne con un’insolita urgenza.
Con determinazione mi costrinse a guardarlo negli occhi. Mi scoprii infastidita e confusa. Il cuore rallentò i battiti, avvertii le gambe tremare leggermente, così come il corpo.
Ma era presto, ancora troppo presto per risvegliarmi dal lungo letargo dei sentimenti.
«Noi due dobbiamo parlare …»  
Desiderai oppormi, colpirlo e gridare con forza tutto il mio odio e risentimento. Desiderai fuggire nella prigione della mia stanza, tra i miei libri. Ma d’un tratto scoprii di essere stanca anche di quello.
Ero stanca, terribilmente stanca di tutto, di lui e della vita.
Tentò di avvicinarsi, di stringermi una mano, ma rifiutai ogni contatto.
Non ora. Non ora Shinichi. E’ ancora presto… ancora troppo presto.
La sua delusione fu chiara, quasi dolorosa per me.
Mi fece sedere mentre lui rimase in piedi.
Parlò a lungo e con il cuore, delle sue scelte, delle sue paure, dei suoi rimorsi e della sua vita intrappolato nel corpo di un bambino per colpa dell’APTX4869.
Conan non esisteva più.
Quel pensiero mi procurò un atroce tristezza.
Quel fratellino che avevo sempre desiderato, quel bambino che avevo finito per amare quasi fossi una madre, non c’era più… e questo perché lui e Shinichi erano la stessa persona. Mi rivelò anche la verità su Ai, il suo coinvolgimento nell’Organizzazione, il suo passato difficile, la morte dei suoi genitori e di sua sorella, l’aiuto che gli aveva dato.
Ero molto legata anche a lei, anche se la nostra non poteva definirsi una vera e propria amicizia. Tuttavia, non mi sorprese scoprire quelle realtà su di lei, provai tristezza e in cuor mio, gli augurai di ritrovare la felicità. Lo meritava.
«Ora sai tutto Ran. Io ti aspetterò sempre e comunque…»  
L’intensità del suo sguardo mi fece improvvisamente arrossire.
Ero davvero ancora capace di provare emozioni così pure?
Sarei stata davvero capace di perdonarlo?
Sì, mi dissi all'improvviso, un giorno.
Un giorno quel perdono sarebbe forse arrivato.
C’eravamo confrontati. Non seppi tacergli tutte le mie accuse e il mio veleno. Lui mi ascoltò e replicò senza negare niente.
Dopo ciò, sentii e capii che saremmo dovuta ripartire da zero per ricostruire il nostro rapporto.
Da quel momento in poi, nulla mi parve impossibile.
Ricoprii il mio cuore battere forte come un tempo, vivo, emozionato e affamato.
Mi scoprii nuovamente vicina alla ragione, al perdono e all’Amore.
Gli sorrisi. Quel sorriso fu come un sorso di vita per me e per lui. Per noi.
Mi alzai e sostenni con  un'impensata serenità il suo sguardo. Gli allungai una mano e lui me la strinse.
Lentamente, mi sentii rinascere.
E fu davvero così.
Ero pronta a ricominciare.
 




 
Fine.
 
 
   
 
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