Sui nostri vociferare sparsi
fortuna di imprese telefoniche
e invidiosi telecronisti,
lì arriverà l'inverno.
La neve attutirà le urla,
coprirà le tracce incise
malscavate
in catacombici fossati.
Laddove le parole
soffocate di cenere
erano unico fuoco,
tutto sarà calma e silenzio.
Le incomprensioni,
queste il ghiaccio
le cristallizzerà:
le scongelerà a primavera,
inopportuno quanto noi.
Il caldo dell'ego
illanguidirà i sensi,
inevitabilmente
risveglierà la ragione
e tutte quelle straordinarie,
inutili facoltà
senza le quali
meglio si vive,
meglio si muore.
Stretti nelle nostre baite
sul cuor recintato
dei nostri egoisti,
inviolabili pianeti,
soli abitanti
scriveremo ballate
sugli amori finiti,
razionalissimi motteggi
a libri galeotti
e casuali sfiorarsi.
Ci crederemo sopravvalutati,
giovani,
arroganti,
analiticamente inesperti,
brinderemo alla
raggiunta,
non richiesta
consapevolezza.
E ogni notte
nel letto,
crolleremo
miglia cardiache distanti
e desidereremo
d'essere assiderati insieme
sopravvalutati,
giovani,
arroganti.
Cadrà l'inverno (di nuovo)
anche (forse)
sopra i reciproci visi.