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Autore: Robigna88    21/12/2016    1 recensioni
Quando Tristan De Martel arriva in città blaterando di una profezia e chiedendo l'attenzione del suo creatore, Elijah, l'Originale in completo non ha davvero alcuna intenzione di ascoltarlo. Vuole anzi che lasci la sua città perchè non ha bisogno di lui, sa badare a se stesso.
Il suo primo vampiro però la pensa diversamente ed è disposto a qualunque cosa pur di tenere al sicuro il suo creatore - e quindi anche se stesso. Poco male se per avere la sua attenzione è costretto a far prigioniero qualcuno che in realtà non ha niente a che vedere con tutto questo. Qualcuno che, in fondo, gli piace.
La prigioniera si chiama Allison, sta molte a cuore all'Originale ed è la sua garanzia che Elijah ascolterà quello che ha da dire.
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elijah, Klaus, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo II

 

 

 

 

Elijah ed Allison vennero accompagnati in una stanza al piano di sopra e la porta venne chiusa alle loro spalle. La cacciatrice respirò a fondo guardandosi intorno, poi guardò fuori dalla finestra ed infine si guardò le mani. Avrebbe guardato ovunque, anche per terra per delle ore, se fosse stato utile ad evitare lo sguardo dell’Originale. Si vergognava terribilmente; di essersi fatta fregare in quel modo da quel Lord da strapazzo, di avere messo il nobile Elijah in una posizione sgradevole come quella.

In fondo non era colpa sua ed era certa che lui non l’avrebbe biasimata, eppure il suo ego in qualche modo era ferito…

“Mi dispiace tanto” ripeté di nuovo, come aveva fatto prima nell’atrio. E solo allora alzò gli occhi per guardarlo.

“Per cosa ti dispiace?” chiese lui perplesso. Con passo lento le si avvicinò e le sollevò piano il viso per guardarla negli occhi. “Non capisco perché continui a scusarti, niente di tutto questo è colpa tua.”

“Tu credi? Avrei dovuto capire che non era un uomo ma un vampiro, avrei dovuto capire che sarebbe successo qualcosa di spiacevole. Succede sempre.”

“Allison” le sussurrò lui con un sorriso per poi guardarle le braccia che prima erano strette dalle mani di quei vampiri/guardie. La pelle era arrossata, guardando bene si potevano notare i segni delle dita. “Le tue braccia” le disse abbassando una mano per accarezzare il rossore.

“Non è niente” lei scosse poco il capo divincolandosi piano dalla presa. “Il rossore passerà fra qualche minuto” aggiunse schiarendosi poi la voce. “Sei riuscito a parlare con Klaus?”

“Sì, Lucien rimarrà vivo fin quando non avremo trovato un modo per sistemare questo…” replicò l’Originale dando un rapido sguardo tutto intorno. “Anzi perché non la facciamo finita subito e ce ne andiamo? Ucciderò tutta la Strige se necessario, se si metterà sul nostro cammino.”

Lei ridacchiò. “Credi che non ci abbia già provato? A scappare intendo… ci ho provato tre volte e non sono mai riuscita ad arrivare più in là del cancello. Sono tanti e sono forti… ma a parte questo, dopo il terzo tentativo Tristan si è assicurato che non ce ne fosse un quarto.”

“Che vuoi dire?”

Allison aprì la finestra della stanza e mise fuori un braccio per dargli una dimostrazione pratica. Lui si avvicinò e si accorse che la pelle si era fatta rossa, il naso aveva preso a sanguinarle e il cuore a batterle all’impazzata. Con un gesto deciso la tirò via da lì e richiuse le tende. “Cos’era quello?” le domandò prendendo il suo fazzoletto dal taschino della giacca e pulendole con dolcezza il viso dal sangue.

“Quello” la donna alzò la maglia e gli mostrò uno strano simbolo che sembrava marchiato a fuoco sul suo fianco. “Era il risultato di questo. È una specie di serratura. Non posso uscire da questo posto fin quando non sarà Tristan a deciderlo e quindi a far annullare questa… cosa” spiegò farfugliando.

Elijah allungò la mano e accarezzò quella specie di simbolo, sembrava una croce allungata, con la punta di due dita. “Ti fa male?”

“No. Questa è la cosa più assurda di tutta questa storia; niente mi fa del male. Vengo trattata come una specie di ospite, eccetto per il fatto che non posso andarmene quando voglio come un normale ospite farebbe” raccontò. “È come nel cartone animato La Bella e la Bestia. Io sono Bell e la bestia mi chiude in questa comoda stanza, dove ho tutto ciò che mi serve” allargò le braccia per un istante, poi continuò. “Ho migliaia di libri a disposizione, c’è uno chef che prepara per me tutto quello che voglio, ho un’intera stanza piena di film e riviste e un televisore che farebbe invidia all’inventore dello schermo piatto. Un vampiro stringe troppo e mi fa male? Dopo qualche ora sarà sicuramente morto… Ah sì, e ci sarà un party domani sera e Tristan mi ha fatto avere dieci diversi vestiti tra cui scegliere, con tanto di scarpe abbinate e accessori.”

La donna iniziò ad andare avanti e indietro per la stanza, respirando affannosamente. Di rabbia, forse di esasperazione. Elijah la osservò per un istante poi si mise a sedere con calma sul letto.

“Da quanto sei chiusa qui dentro?” le chiese.

“Una settimana, almeno penso. Non lo so perché non riesco a pensare in questo dannato posto, chiusa dentro come Rapunzel nella torre!” urlò sicura che Tristan l’avrebbe sentita, stringendo i pugni perché sapeva che avrebbe sorriso sentendola.

“Odio questo posto” aggiunse qualche secondo dopo. “Lo odio. Impazzirò, ne sono certa.”

L’Originale si mise in piedi e le si piazzò davanti. Le prese le mani tra le sue e cercò di sorriderle tranquillo. Infine la tirò piano verso di sé e la strinse in un abbraccio. Lei in quelle braccia calde lasciò andare tutte le paure e le ansie.

 

 

††††

 

 

Passarono un paio di ore e finalmente Allison sembrò riprendere il controllo delle sue emozioni. Si fece una doccia e indossò vestiti puliti, poi raggiunse Elijah che nel frattempo aveva spiegato a Klaus ogni cosa e aveva preso una decisione. A suo fratello non era piaciuto sapere cosa aveva deciso, anzi non gli era piaciuto che lo avesse semplicemente deciso, senza consultarlo. Gli era piaciuto ancora meno che fosse Tristan, in qualche modo, a dettare le regole.

Lo ucciderò aveva sibilato al telefono. Li ucciderò tutti quanti.

Elijah aveva sospirato cercando di ignorare la melodrammaticità ma aveva sperato, mentre riattaccava, che lo facesse davvero.

Fece un grosso respiro e poggiò lo sguardo su Allison, si stava pettinando i capelli acconciandoli in una disordinata coda di cavallo che le lasciava il viso completamente scoperto. Quel viso bello e pulito che nessuno si sarebbe mai stancato di guardare. Ripensò a quello che gli aveva detto, al comportamento di Tristan, a quanto tutta quella situazione fosse incredibilmente strana. Voleva saperne di più, capirci di più… e solo facendo quello che aveva deciso di fare avrebbe potuto farlo.

Oltretutto, a dire la verità, era l’unica possibilità che gli era venuta in mente quando Allison gli aveva detto di non poter uscire di casa. Lei non poteva lasciare quel posto e di certo lui non poteva lasciare lei. Per niente al mondo lo avrebbe fatto.

“Come sei entrata in contatto con Tristan?” le chiese mettendosi a sedere sulla poltrona nera nell’angolo di fronte al letto.

“Ah” gemette quasi lei. “Questa è la storia più imbarazzante che mi capiterà mai di raccontare.”

“Raccontamela lo stesso, per favore.”

Allison si schiarì la voce, incrociò le gambe sul letto e iniziò a raccontare. Aveva incontrato Tristan una settimana prima, il giorno del suo compleanno quando aveva avuto la magnifica idea di uscire per un drink, da sola. Era andata nel bar in cui andava spesso e aveva ordinato una Piña Colada, ne aveva bevuto metà quando questo tizio le si era avvicinato.

“Mi ha chiesto se poteva offrirmi un altro drink e ho detto di sì.” Spiegò. “Credevo che fosse semplicemente un uomo carino che voleva… essere gentile. O che voleva abbordarmi. Ad essere onesta non mi importava quale delle due perché avevo avuto una pessima giornata.”

“Quindi” provò a riassumere Elijah. “Lo hai incontrato in un bar?”

“Sì, ad ogni modo mi ha offerto questo drink ed è l’ultima cosa che ricordo. Dopo di quello so solo che mi sono svegliata ed ero in questa stanza, ho provato a scappare e sono stata beccata. Mi ha raccontato di questa folle… profezia, mi ha detto di fare come fossi a casa mia e l’ho preso troppo alla lettera. Ho provato ad uscire due volte e il resto… beh il resto è storia. Una triste, imbarazzante, deprimente storia.”

Si perse nei suoi pensieri, in silenzio ed Elijah la osservò: gli occhi bassi, le mani intrecciate strette, le spalle curve ed insicure. Non era certo che si fosse davvero convinta che non aveva alcuna colpa in tutto quello che era successo.

“Hey” le disse attirando la sua attenzione. “Sistemeremo tutto.”

Lei alzò gli occhi per guardarlo e si sforzò di sorridere. “Vai Elijah. Al contrario di me puoi lasciare questo posto e a quanto pare la tua famiglia dovrà affrontare un periodo abbastanza difficile. Vai da loro, non preoccuparti di me, io starò bene. Poi quando tutta questa follia della profezia sarà finita torna a prendermi con una strega che possa annullare questo dannato segno sulla mia pelle.”

L’Originale scosse poco il capo, la raggiunse sul letto e le baciò il dorso di una mano. “Non vado da nessuna parte senza di te. Hai un nuovo coinquilino” le fece sapere.

Lei, per tutta risposta, lo abbracciò.

   
 
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