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Autore: Blacky98    21/12/2016    2 recensioni
"Incuneata tra le rientranze, era sospesa una casa bianchissima che mal si armonizzava con l’ambiente circostante. Il livello inferiore era lambito dai cavalloni più alti; ma, immobile ed eterea, la costruzione non mostrava segni del selvaggio tocco."
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Genere: Introspettivo, Mistero, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo:I due fratelli

Nickname:Blacky98

Genere:Introspettivo, Mistero, Triste

Rating:Verde

Abitazione scelta:immagine 5

Partecipa al concorso “Scegli un’ abitazione e crea la storia” indetto sul forum di EFP da M.Namie

 

I due fratelli

 

La brughiera scozzese si estendeva a perdita d’occhio andando a cingere in un abbraccio senza tempo il mare scuro e tempestoso del Nord. Il cielo variava in continuazione e le alte scogliere erano incessantemente battute dai violenti venti che alzavano gigantesche onde. Lì, incuneata tra le rientranze, era sospesa una casa bianchissima che mal si armonizzava con l’ambiente circostante. Il livello inferiore era lambito dai cavalloni più alti; ma, immobile ed eterea, la costruzione non mostrava segni del selvaggio tocco.

 

In quell’abitazione vivevano due fratelli, che apparentemente non mostravano di aver più di dodici anni, eppure i loro comportamenti denotavano una sicurezza caratteristica delle persone adulte. I due erano soli, senza genitori e nessun segno indicava la loro eventuale presenza. Infatti, le foto appese alle pareti ritraevano solamente i due bambini. In una di esse, esposta nell’ampio soggiorno, illuminato a tratti dai fulmini della tempesta che stava infuriando fuori, si poteva osservare una bambina di circa sette anni dai lunghi capelli castano-rossi, in mano una medaglia; su di essa, incisa una data: 19 aprile 1998. Il significato era oscuro a tutte le persone che transitavano per l’edificio, in verità non molte e non si fermavano neppure; alcuni di loro erano semplici conoscenti, altri invece, familiari o insegnanti. Anche in questo momento a far visita ai due ragazzini c’era uno zio. L’uomo in questione era alto, con i capelli castani simili in tutto e per tutto a quelli del nipote. Lo sguardo invece, cambiava; se quello del nipote era vacuo, come se non avesse consistenza, quello dell’adulto era pieno d’affetto.

I due stavano camminando a fianco a fianco senza sfiorarsi, come se fossero stati due estranei, quando le pareti, bianchissime, a dispetto dell’apparente normalità sembrarono restringersi man mano che essi avanzavano verso il cuore della casa. La luce delle fibre ottiche incastonate nel soffitto non illuminava molto, anzi si accendevano e spegnavano a intermittenza, facendo precipitare il corridoio nell’oscurità, dove solo il ticchettio delle scarpe denotava una qualche presenza.

Da un’altra parte della casa, la stessa bambina ritratta nelle foto stava giocando con dei Lego; infatti, era impegnata a ricostruire su scala ridotta l’edificio stesso; ma ogni volta che provava, veniva a mancare inspiegabilmente un pezzo: la prima volta toccò alla finestra, la seconda a un camino mentre al terzo turno crollò persino tutto quello che aveva creato fino allora.

Allora prese i vari mattoncini colorati e si lasciò ispirare dalla sua fantasia. Quello che ne uscì stupì persino lo zio e il fratello, che nel frattempo erano giunti in quell’ala. La costruzione era pericolante, ma allo stesso tempo affascinante, aveva una sensazione vagamente familiare. All’improvviso la bambina sollevò la testa e i suoi grandi occhi azzurri si misero a fissare prima i due, che erano ancora in piedi sulla porta, e poi il tempo fuori. Le gocce di pioggia scivolavano freneticamente sul vetro della grande finestra che dava direttamente sull’oceano, non mostrando chiaramente il paesaggio in tempesta.

L’urlo raggelò tutti i presenti, le fondamenta tremarono, crepe apparvero sui muri. Lo stesso volto del bambino ne era cosparso, come cicatrici di colpe inconfessabili, di paure nascoste nei meandri della mente, di esperienze traumatiche. Il rullio che saliva dalle cantine, si aggiunse all’ululare del vento all’esterno spaventando la più piccola che nascose la testa tra le mani. Il ragazzino spalancò la bocca, in una muta richiesta d’aiuto, mentre dal soffitto iniziarono a cadere calcinacci e la bufera, tutto di un tratto non era solo più all’esterno, ma anche all’interno.

 

E si fece notte.

 

Il suono di una sveglia, di quelle antiche con meccanismi arrugginiti risuonò nelle stanze vuote. I mobili bianchi e neri, lisci, con qualche tocco di verde qua e là: su una maniglia, un’anta o una manopola iniziarono a illuminarsi man mano che la luce entrava dalle ampie vetrate. Il pallido sole penetrò anche nella grande stanza matrimoniale, dove, nel letto stavano dormendo tranquillamente i due bambini, stretti l’uno all’altro. I raggi irradiavano i loro volti donandogli un aspetto angelico; ma sapevano, in cuor loro, che la tempesta non sarebbe tardata a piombare di nuovo nelle loro vite. A guardarli sembravano semplicemente due fratelli, abbandonati a se stessi da un destino crudele, eppure quello che stupiva di più era che entrambi erano felici.

La chiamavano “Casa sull’Oceano”, con grandi vetrate e ampi spazi per giocare. Era pure adatta a due bambini, infatti, aveva pochi sopramobili e poteva vantare un giardino pensile, situato sulla terrazza all’ultimo piano. Lì, varie piante fungevano da nascondigli perfetti.

In realtà, la più piccola, si fermava a osservare l’orizzonte davanti a lei e tutti gli oggetti che prendeva in mano o costruiva, le ricordavano qualcosa, neanche lei sapeva bene cosa, però aveva la sensazione di non appartenere a quel posto.

Il trillo di un campanello destò i due ragazzini che veloci corsero attraverso il salone per giungere infine alla porta. Quando la aprirono, si trovarono davanti ad un biglietto, poggiato per terra, con scritto sopra due nomi “ John & Mary”. Il foglio cadde e i loro occhi si aprirono di meraviglia.

Fu così che iniziarono a ricordare.

 

Rammentarono di chiamarsi Charlotte e James, di avere dei genitori: anzi capirono il significato della parola osservando le foto appese alle pareti riempirsi di volti fino allora sconosciuti. Andando in giro per la casa, notarono che il mobilio stava acquistando i colori dell’arcobaleno, le piante rinverdivano e le luci, poco funzionanti, smisero di avere problemi. La gioia di poter nominare ogni singolo oggetto o qualità secondo la loro fantasia era indescrivibile. Ogni gioco assumeva una nuova sfumatura e loro stessi cambiarono: i capelli più lucenti e gli occhi più luminosi. Persino le pareti che prima opprimevano le persone, sembravano ora tendere all’infinito, allargare gli spazi.

 

E venne il giorno.

 

Charlotte e James erano comodamente seduti sul grande divano poiché stavano compilando un libretto per annotarsi tutte le nuove parole, quando la tempesta ritornò, più violenta di prima. I vetri furono scossi dalla furia del vento, gli alberi piantati nelle aiuole piegate in due e la luce saltò. L’oscurità calò di nuovo, fuori e dentro della casa. I due si presero per mano e iniziarono a correre. Le vetrate si ruppero e l’intero edificio tremò facendo cadere a terra tutte le fotografie. Una in particolare attirò l’attenzione del bambino: in essa erano ripresi tutti e quattro mentre sorridevano, sullo sfondo una casa colorata dalle forme bizzarre. Si fermò per raccoglierla e per poco non finì schiacciato da un pezzo di soffitto che stava cadendo.

Dai sotterranei, intanto, proruppe un grido che fece oscillare il pavimento rendendo difficoltoso anche semplicemente camminare. La bambina, che era più avanti, strattonò il fratello per condurlo verso la porta, ormai scardinata dall’impeto della bufera.

Appena furono usciti, un boato risuonò fragoroso alle loro spalle. La casa si stava accartocciando su stessa. Videro i mobili precipitare in mare aperto, i muri spaccarsi e sbriciolarsi con estrema facilità. Il vento entrava nella struttura e flagellava senza pietà le poche pareti rimaste intere. Le onde, si alzarono sempre di più, arrivando a toccare quello che era stato il salone principale e inesorabile aiutava l’altro elemento a completare la distruzione.

I due bambini, con le lacrime agli occhi stettero a guardare l’edificio crollare e lasciare nessuna traccia di sé. Davanti a loro solo l’immensità del mare e dall’altra parte quella della brughiera scozzese. La pioggia lavò via tutte le polveri che si erano alzate e anche le loro emozioni che fluivano selvagge, non controllate; solo un grande vuoto nel loro cuore.

Si accucciarono e rimasero abbracciati fino a che non li colse il sonno, tra i loro corpi, la foto che James aveva salvato dalla devastazione.

 

 

Un ticchettio risuonava per la stanza, molto probabilmente provocato da una macchina da scrivere in uso. A battere i vecchi e consunti tasti era un giovane con i capelli castani e l’aria assorta. All’improvviso entrò un non-specificato uragano che si rivelò presto essere Olivia, un’allegra bambina di sei anni.

≤ Zio, su dai vieni a giocare con me, ti prego…≥ chiese con tono supplicante la piccola.

≤ Va bene, adesso arrivo, intanto vai a preparare tutto ≥ rispose dolcemente l’uomo.

Non appena uscì la nipote, il giovane si stiracchiò, si stropicciò gli occhi e tolse i fogli dalla macchina da scrivere per riporli nella cartellina all’interno del cassetto della scrivania. Sorrise, rileggendo il titolo “La Casa sull’Oceano”, la tempesta poteva dirsi definitivamente conclusa.

Appeso ad una parte un disegno decisamente infantile di una casa sospesa nel tempo e nello spazio, sotto di lei una massa scura e pericolosa. La data riportata era il 19 aprile 1998.

 

 


NdA:Ciao a tutti. Premetto che questa storia è un esperimento e ammetto non di facile comprensione. La casa in cui è ambientata, non è un luogo fisico, ma rappresenta il chiudersi in se stessi dopo un evento traumatico: in questo caso la morte dei genitori, per questo non figurano nella storia. La tempesta che infuria rappresenta il susseguirsi di emozioni violente come la rabbia, la delusione, ma anche la paura e la tristezza. Il ricordarsi i propri nomi segna il passaggio di svolta verso una nuova vita. Il crollo della casa invece simboleggia il tentativo dell’oscurità di riaffermare il proprio dominio e la conseguente sconfitta a favore di una pioggia che lava via gli ultimi dolori per far posto a nuove emozioni. Alla fine tutto il racconto non è che un pezzo di un libro scritto dal protagonista, James, che sotto forma di metafore vuole condividere la sua storia.

 

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