Anime & Manga > Vocaloid
Ricorda la storia  |       
Autore: Sacchan_    23/12/2016    1 recensioni
La Crypton High Institute altri non era che una normale scuola ad indirizzo superiore del circondario.
Come tutte offriva ai suoi studenti la possibilità di aderire a un club scolastico; la mia scelta fu chiara e scontata fin dall'inizio: atletica leggera e il perché era presto detto.
Semplicemente, amavo correre. Da quando ero bambina non facevo altro, correvo e basta. Trovavo impagabile la sensazione che mi dava sentire il cuore che accelerava contro la cassa toracica e il fiato diventare sempre più pesante mentre le gambe si muovevano alla massima velocità. Tuttavia, da circa un anno, avevo abbandonato la corsa ed ero tornata a riprenderla in mano soltanto nell'ultimo periodo, quando poi Rin mi aveva convinto ad aderire al club.
Liberamente ispirata alla Akatsuki Arrival del duetto MikuLuka, partecipa al contest "Autunno, stagione di sport e di amori sotto caduche foglie."
Genere: Introspettivo, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Luka Megurine, Miku Hatsune
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La prima volta che ci incontrammo fu uno scontro totale Nickname su EFP:  _Flowermoon_
Nickname sul forum: -Sacchan-
Titolo della storia: Sotto il tramonto, guardando un cielo notturno, aspettando l'alba.
Fandom: Vocaloid
Citazione n° //
Note: Liberamente (molto liberamente) ispirata alla Akatsuki Arrival del duetto MikuLuka (Magnet? Tsé, questa sì che è una canzone piena di ship xD) di cui smaniavo di scriverci qualcosa già da tempo. La fan-fiction è una mini-long composta da quattro capitoli e partecipa al contest "Autunno, stagione di sport e di amori sotto caduche foglie" indetto da MissChiara.
Ci tengo inoltre a ringraziare Elettra.C che si è occupata di farmi da beta-reader, grazie ancora! <3



La prima volta che ci incontrammo...

...fu uno scontro totale.


SOTTO IL TRAMONTO, GUARDANDO UN CIELO NOTTURNO, ASPETTANDO L'ALBA


I nostri occhi si incrociarono in un focoso pomeriggio di sole, dove i membri del club di atletica leggera si erano ritrovati per le ore di allenamento estive.
Per me sarebbe stata la prima volta a farnek parte, avevo aderito al club decisamente più tardi rispetto alla massa, e se l'avevo fatto era stato su richiesta della mia migliore amica, Rin.
C'era una rete a dividerci ed entrambe non riuscivamo a staccare lo sguardo l'una dall'altra consapevoli che, da qualche parte, in qualche momento, ci eravamo già incontrate.
Proprio non ricordavo dove, sebbene una ragazza così particolare non era proprio tipo che passasse inosservata facilmente: lunghi capelli verde acqua erano raccolti in due code laterali, tenute da dei fiocchetti rossi; era strano persino come i suoi occhi fossero dello stesso colore e come sfoggiava una t-shirt completamente bianca, con un porro sorridente stampato sopra.
Non che io, con i miei capelli rosa pallido, fossi da meno; ma, sicuramente, a giudicare dall'incitamento con cui altri ragazzi la chiamarono, era più popolare di me.
Quel contatto che si era creato svanì insieme alla sua schiena e a me non rimaneva che chiedermi dove l'avessi già vista.
"Eeeh, così quella è Miku Hatsune, la Diva della Crypton." mormorò Rin, comparsa improvvisamente affianco a me.
"La conosci?" le domandai abbassando di poco lo sguardo: Rin era così bassa di statura che non sembrava essere cresciuta, o forse ero io quella troppo alta.
"Tutti la conoscono! Miku Hatsune, la numero uno della nostra scuola!" esclamò lei, incredula di quanto io potessi essere disinformata.
"Perché? Da quando ci nominiamo con dei numeri?" le risposi disinteressata, ma continuando ad osservare quella schiena in lontananza, oltre la rete.
Rin se ne accorse e rise divertita.
"Tu potresti essere la numero tre!"
"Cosa? E la numero due?"
"Io, ovvio!" si indicò con il pollice. "Almeno fino a che non spodesterò Miku dal suo podio!"
Ebbi come l'impressione che Rin mi stesse prendendo in giro, ma non riuscii ad approfondire ulteriormente la cosa: l'allenatore stava fischiando, segno che tutti i membri del club erano tenuti a radunarsi attorno a lui.


La Crypton High Institute altri non era che una normale scuola ad indirizzo superiore del circondario.
Come tutte offriva ai suoi studenti la possibilità di aderire a un club scolastico; la mia scelta fu chiara e scontata fin dall'inizio: atletica leggera e il perché era presto detto.
Semplicemente, amavo correre. Da quando ero bambina non facevo altro,  correvo e basta. Trovavo impagabile la sensazione che mi dava sentire il cuore che accelerava contro la cassa toracica e il fiato diventare sempre più pesante mentre le gambe si muovevano alla massima velocità. Tuttavia, da circa un anno, avevo abbandonato la corsa ed ero tornata a riprenderla in mano soltanto nell'ultimo periodo, quando poi Rin mi aveva convinto ad aderire al club.
Quel pomeriggio, in particolare, era il mio primo giorno di allenamento nella squadra di atletica leggera della scuola; ognuno di noi poteva esprimere la propria specialità all'atto dell'iscrizione, ma, alla fine, tutti noi dovevamo prendere parte alle discipline che la componevano: corsa, salti e lanci.
La coordinatrice del club, nonché veterana, era Meiko Sakine del terzo anno. Fu proprio lei a fare il primo appello, chiamando a raccolta le nuove matricole, di cui io facevo parte.
Gli allenamenti della squadra non erano suddivisi per primo, secondo o terzo anno. A rotazione, ognuno di noi avrebbe dovuto esercitarsi e dedicare del tempo a tutte le discipline che caratterizzavano l'atletica leggera.
Fu stabilito che per 'conoscerci meglio' i nuovi membri avrebbero gareggiato in una gara singola nella preferenza scelta. Pertanto, al richiamo del mio nome, mi presentai al blocco di partenza dove alcune ragazze stavano aspettando e chiacchierando fra loro.
Lo starter sarebbe stata Meiko stessa, che teneva anche il cronometro, e avrebbe appuntato in una apposita cartelletta i nostri tempi.
Mi inginocchiai a terra, puntellando le mani davanti a me e facendo pressione solo sulle dita. I piedi poggiavano sull'apposita struttura, divaricati e uno dietro l'altro.
"Pronti." gridò Meiko, lanciando il primo segnale. Sollevai il bacino verso l'alto, mentre spingevo indietro con i piedi. Una corretta partenza era la base della corsa.
Il "Via!" urlato da Meiko rimbombò insieme allo sparo; feci forza sul piede sinistro e flettei il ginocchio destro, con uno slancio mi lanciai in avanti fendendo l'aria con le braccia, come mi avevano insegnato a fare.
(Si dice che, nei cento metri piani, ciò in cui stavo gareggiando ora, un obbiettivo ragionevole per un principiante sia percorrerli con una tempistica che si aggiri attorno ai 15-17 secondi; per me, che non ero esattamente alle prime armi, un buon tempo si aggirava attorno ai 13-14 secondi. Per un atleta esperto il tempo massimo deve aggirarsi sui 10 secondi e le donne sono, in media, più lente di un secondo.
Se poi si riusciva pure a battere il muro dei 10 secondi... beh, quello era tutto un altro paio di maniche.
Per i primi 30 metri il busto si troverà ancora abbassato a causa della forza di accelerazione messa nella partenza, è dai 30 ai 60 metri in poi che inizia la vera sfida: quella dove le spinte a terra si trasformano in veri e propri salti.)
Al superamento della linea dei 30 metri iniziai ad allargare sempre più le gambe, compiendo passi ampi che mi avrebbero fatto arrivare alla mia accelerazione massima; con la coda dell'occhio tenevo sotto controllo le mie avversarie: sì, potevo superarle e ottenere un buon tempo già dalla mia prima esercitazione.
E così accadde.
Ma fu verso la linea del traguardo che notai un'ombra nera sorpassarmi, più veloce di quanto pensassi. Non ebbi il tempo di superarla a mia volta, ormai avevo già iniziato a decelerare e nemmeno portare in avanti il busto mi fu d'aiuto. Chiunque mi avesse superato mi aveva già distanziato di almeno un paio di secondi.
La mia accelerata retrocesse alla linea del traguardo, dove gradualmente allentai la corsa fino ad accasciarmi a terra sulle ginocchia.
Respirai affannosamente, inalando quanto più ossigeno potevo; affianco e dietro di me sentivo i corpi delle mie avversarie accasciarsi a terra per riprendere fiato.
Quando stavo per rimettermi in piedi, improvvisamente, un paio di gambe comparvero davanti ai miei occhi: sollevai il viso verso l'alto incrociando lo sguardo di Miku Hatsune, il suo petto si alzava e si abbassava ritmicamente e il suo respiro era ancora provato, tuttavia, fra tutte noi, sembrava quella più fresca di una rosa.
"La corsa campestre dell'estate scorsa." mormorò fra un respiro e l'altro.
Sgranai appena gli occhi, non capendo quelle parole.
"Ci siamo incontrate l'estate scorsa: abbiamo gareggiato nella corsa campestre organizzata dalle scuole medie."
I ricordi riaffiorarono nella mia mente in un attimo: ricordai il campo erboso e sterrato, i sei giri del campo che erano d'obbligo, la mia fatica nel mantenere la terza posizione e salvaguardare le forze per lo slancio finale, la conquista della prima posizione e poi... qualcuno che mi superò all'ultimo, a pochi metri dalla fine.
Era lei, come avevo fatto a dimenticarla? Mi aveva superato allora, come adesso, riuscendo ad accelerare nell'ultimo tratto di metri come mai avevo visto fare da qualcuno.
Miku si chinò verso di me, tendendomi una mano per rialzarmi.
"Sei ancora veloce come quella volta." mi confidò con un sorriso.
Distolsi lo sguardo da lei e dalla sua mano, trovando la forza per rialzarmi in piedi da sola.
Quella sconfitta era stata molto bruciante per me, soprattutto considerando che, se fossi arrivata prima, mi sarei dichiarata a Kaito, il ragazzo che a quel tempo mi piaceva.
Me ne andai in silenzio, raggiungendo Rin che, intanto, aveva già gareggiato nel suo primo salto con l'asta, la specialità che lei preferiva. Rimasi perfino incurante dello sguardo dispiaciuto di Miku davanti alla mia indifferenza.
Solo successivamente venni a conoscenza dei tempi rilevati durante quella gara di esercitazione. Il tempo vincente, ovviamente, fu di Miku con i suoi 12 secondi quasi esatti.
Dodici secondi, ripetei nella mia mente.
Sarebbe stato un obbiettivo tutt'altro che facile da battere.
Rimuginai su questo e su altro mentre le ore di allenamento passavano, infine dopo aver rimesso a posto tutta l'attrezzatura e una doccia veloce mi incamminai verso casa con Rin.
"Non capisco perché ce l'hai con lei." mormorò lei, ancora intenta a bere il suo energizzante acquistato a una macchinetta self-service trovata per strada.
Finsi di non sapere.
"A cosa ti riferisci?" domandai, per poi ricevere una gomitata al fianco.
"Non fare finta di nulla, mi riferivo a Miku Hatsune. L'hai evitata per tutta la durata dell'allenamento."
"Continuo a non capire: pensavo non piacesse nemmeno a te." mormorai sorpresa.
Rin distolse lo sguardo da me, fissando un punto lontano e distante.
"Questo perché la sua presenza mi preclude di essere la prima ad eccellere nel salto in alto, non che lei mi sia superiore, ma ogni volta sento come se potessi essere spodestata da un momento all'altro." Finì di bere il suo drink per poi schiacciare la lattina e lanciarla in un cestino per i rifiuti di pubblico dominio. "Immagino che sia proprio per la sua bravura in ogni disciplina che l'abbiano soprannominata Diva."
Abbassai lo sguardo pensierosa: per me era, più o meno, lo stesso. Con la differenza che non ero mai stata la prima in qualcosa. E quando potevo esserlo ecco che era comparsa lei a soffiarmi via il primo posto.
La sconfitta era stata così bruciante da farmi desistere dal mio obbiettivo, perché questo ero: una ragazza piena di insicurezze.
Dopo la corsa campestre avevo evitato qualsiasi contatto, andando a piangere, nascosta, lontano da tutto e tutti. Ero tornata indietro solo per ricevere la mia medaglia d'argento, fissando Miku con astio, mentre indossava la sua medaglia d'oro e teneva in braccio un piccolo bouquet di rose e altri fiori colorati. Da allora mi ero perfino allontanata dalla corsa.
A differenza di me, lei brillava sotto i riflettori: eravamo troppo diverse, l'una dall'altra, ed ero convinta che unirci sarebbe stato, per noi due, impossibile.


L'inevitabile arrivò quando l'allenatore, Gakupo-sensei, ci informò che quattro di noi avrebbero gareggiato ad una staffetta 4x100 metri contro una scuola avversaria, la AH School, un istituto di alto prestigio più del nostro.
L'evento era più a scopo benefico, invece che una gara ufficiale e aveva come obbiettivo principale quello di far avvicinare i ragazzi alle discipline sportive.
"Tuttavia..." sentenziò Meiko. "Vorrei che prendeste questa staffetta in modo serio, in vista dei Giochi Autunnali che si terranno fra un paio di mesi. E ora procederemo a leggere chi di voi è stato scelto per gareggiare."
Un groppo in gola si formò nel mio petto: desideravo gareggiare, sebbene non avessi mai preso parte a una staffetta, e al tempo stesso mi chiedevo chi sarebbe stato scelto; Miku? Sicuramente. La guardai con la coda dell'occhio, notando serietà sul suo volto.
Tornai a fissare il nostro allenatore mentre si accingeva a leggere la lista di nomi.
"La prima a correre sarà Gumi, seguita da Rin." Rin ebbe un sussulto: probabilmente non se lo aspettava, lei che non faceva delle gare di corsa, sebbene i suoi scatti fossero eccellenti. "La terza a gareggiare sarà Luka e infine..."
Pregai che non fosse davvero così.
Ti prego, ti prego, non lei.
"Infine Miku, puntiamo tutto su di te per i cento metri finali." la guardò Meiko e Miku si limitò ad annuire con decisione, conscia del ruolo assegnatole.
"Ovviamente voi quattro siete state scelte in base ai vostri tempi personali. Sono abbastanza sicuro che daremo filo da torcere alla AH, tuttavia c'è qualcosa a cui domani dovremmo assolutamente iniziare a lavorare: ossia i tempi di consegna del testimone da un corridore all'altro, cosa fondamentale in una staffetta".
Diedi una veloce occhiata intorno a me: il viso di Rin esprimeva solo disapprovazione mentre Miku era rimasta ferma e immobile, seria come mai l'avevo vista.
Quanto a me, ero totalmente spaesata dalla cosa.
Accettai la cosa nella mia indifferenza totale, persino quando Miku venne a congratularsi con me e a incitarmi che la nostra squadra avrebbe sicuramente vinto. La guardai appena, scrollando le spalle, per poi raggiungere Rin che si stava lamentando con suo fratello  gemello di nome Len.
Non prestai nemmeno caso al viso ferito che Miku mi rivolgeva.
Il giorno seguente io, Rin, Gumi e Miku ci separammo dal resto della squadra per concentrarci ad allenarci sulla staffetta.
Scoprii ben presto perché Gakupo-sensei voleva che lavorassimo sullo scambio del testimone: essi si rivelarono insidiosi fin da subito, costringendo tutte noi a trovare un punto d'interazione con la compagna che ci avrebbe passato la staffetta.
(Per essere più precisi, il passaggio può avvenire solo ed esclusivamente nella zona di cambio che ha una lunghezza massima di 20 metri, se tale regola non viene rispettata la pena è l'eliminazione della squadra dalla gara.
Il corridore ricevente si posiziona dieci metri prima di suddetta zona in una chiamata di precambio e il passaggio del testimone deve avvenire alla stessa velocità; questo fa capire quanto difficile può essere effettuare il cambio.
Bisogna adeguarsi al ritmo dell'altro, in più è necessario avere una totale fiducia verso chi passerà il testimone, in quanto durante il passaggio non è ammesso voltarsi indietro, ma si potrà utilizzare soltanto un comando vocale.)
Gumi e Rin trovarono presto una intesa fra di loro, persino lo scambio fra me e Rin non si rivelò del tutto arduo: dopotutto fra me e lei c'era una buona intesa, dovuta a ben quattro anni di amicizia e gare condivise insieme.
Fu sincronizzarsi con Miku la difficoltà maggiore.
"Così non va!" gridò Gakupo da lontano. "Miku! Perché stai rallentando?"
"Ehm..." la vidi mordersi le labbra mentre mi asciugavo il sudore con un fazzoletto.
"Ho scelto voi due perché siete le velociste migliori del primo anno che ho a disposizione, quindi si può sapere perché ti stai trattenendo dal correre alla tua solita velocità?"
"Se posso permettermi..." iniziò lei. "Nemmeno Luka sta correndo al massimo delle sue capacità." mi accusò, guardandomi dritta negli occhi.
Gettai il fazzoletto a terra, infastidita dalla cosa.
"Stai dicendo che è colpa mia, ora?"
"Puoi aumentare la tua corsa più di così, lo sai anche tu; eppure sembri sottopressione e qualcosa ti fa rallentare non appena inizia la zona di cambio. Ti ho osservata bene: non puoi dire che non sia così."
Mi torturai le dita a disagio, c'era davvero qualcosa che mi frenava? Sinceramente non me ne rendevo conto.
"Di conseguenza io non riesco a raggiungere la mia velocità massima perché lei non fa lo stesso." concluse Miku. "Questo è quanto."
Lei e quella sua superiorità avevano superato il limite!
"Se la cosa non ti aggrada facciamo a cambio!" le urlai. "E ti dimostrerò che posso raggiungere la tua velocità, più di quanto tu faccia con la mia!"
Miku si strinse nelle spalle, come una vittima.
"Questo non posso deciderlo io..."
"Difatti sarò solo io a deciderlo!" asserì Gakupo con voce autoritaria. "E io decido che non ci sarà alcun cambio nella formazione. Miku correrà per ultima, garantendoci la vittoria. E tu, Luka, dovrai promettermi che terrai la massima velocità con cui riesci a correre per tutti  i tuoi 100 metri finché non passerai il testimone, sono stato chiaro?"
Scossi la testa con rabbia. Perché doveva essere così? Perché Miku doveva, sempre, essere al centro dell'attenzione e io no? Le diedi le spalle, infastidita.
"E sia! Ricominciamo!"
Ma il persistere non portò a nessun risultato, sembrava proprio che noi due non riuscivamo a sincronizzarci e quando ci riuscivamo il testimone ci scappava di mano, facendoci perdere secondi preziosi.
A un certo punto Gakupo-sensei ci liquidò entrambe: amara delusione si creò dentro di me, sapevo fare meglio di così.
Tuttavia era il correre e gareggiare con Miku che non mi stava bene.
Mi allontanai da lei, diretta agli spogliatoi e alle docce; o, quantomeno, questo sarebbe stato ciò che avrei voluto fare se Miku non mi avesse afferrato il polso, trattenendomi.
"Aspetta! Non vorrai darti per vinta così?" non l'ascoltai, troppo chiusa nei miei pensieri e questo mi portò a sentire il mio polso strattonato e la schiena cozzare contro qualcosa di duro: un muretto.
Prima di poter realizzare cosa fosse successo le braccia di Miku mi stavano già intrappolando, il suo sguardo furente poteva essere notato dalle sopracciglia tese e le labbra serrate.
La guardai stupita: era piccola, ma forte.
"R-Ragazze?" si allarmò Rin, fortunatamente l'allenatore non se ne era accorto.
"Perché?" sibilò Miku. "Perché continui ad evitarmi come la peste?"
Abbassai gli occhi su di lei, era furiosa di rabbia.
"Non sai rispondere?"
Schiusi appena la bocca, nel momento stesso in cui lei si allontanò un poco da me.
"Non mi vai a genio, tutto qua. A pelle non mi piaci." mormorai sommessamente, con le dita accarezzai il polso che mi era stato tirato.
"Ti voglio qui." mi puntò un dito contro. "Dopo gli allenamenti, quando avremo la pista tutta libera per noi."
"Eh?" sbattei le ciglia incredula: l'allenatore non ci avrebbe mai permesso di trattenerci oltre.
"Parlerò io con Gakupo-sensei." rispose lei, leggendomi nella mente. "Ora vai a farti una doccia o quello che ti pare, voglio solo che ti presenti nella tua forma migliore, dato che adesso non lo sei."
Le sue parole mi irritarono ancora di più: la bloccai.
"Cosa ti fa pensare che io verrò?"
Miku scosse appena la testa, desolata e delusa, sfuggendo alla mia presa.
"Vuoi perdere anche a parole?"
Mi sentii punta nel vivo: di certo sapeva dove andare a parare.


Mi lasciai cullare dal getto d'acqua tiepida della doccia; non c'era nessuno negli spogliatoi, c’ero solo io, con i miei pensieri.
Stavo sbagliando? Stavo reagendo in modo troppo esagerato? Più ci pensavo e più mi saliva un groppo in gola: era la delusione che provavo, mista alla gelosia di aver fallito quando non potevo permettermi di farlo.
Girai la manopola fino a chiuderla, sfregandomi la pelle; nonostante il caldo un brivido si impossessò di me; allungai una mano verso l'asciugamano che mi ero portata dietro e lo usai per avvolgermi il busto. Il vapore annebbiava il bagno dello spogliatoio, impendendomi persino di specchiarmi. Raccattai i miei abiti di riserva per portarli con me in un camerino, i miei lunghi capelli gocciolavano sul pavimento.
Quando uscii  mi ritrovai, meravigliata, Rin davanti a me: era seria e accigliata, con quel suo tipico broncio sul viso infantile, impaziente di dirmi qualcosa.
"Dovresti davvero smetterla." parlò, con voce delusa.
"Ma... Rin!" furono le uniche parole che mi uscirono dalla gola.
Perché? Ero davvero io a sbagliare atteggiamento? Cosa c'era di male nell'esternare che non volevo avere a che fare con una mia coetanea?
"Smettila di comportarti così con Miku. So quanto ci sei rimasta male un anno fa, so anche quanto eri innamorata di Kaito anche se lui non ti guardava. Ma adesso basta, è ora di reagire non pensi?"
Abbassai gli occhi, riflettendo sulle sue parole.
"Per favore, Luka." il suo tono di voce si addolcì. "Rifletti bene su cosa vuoi fare ora, senza lasciarti influenzare dal passato, ok? Io torno fuori. Miku mi ha chiesto di dirti che ti aspetterà."
Mi sedetti su una panchina, passandomi una mano fra i capelli bagnati. Sentivo gli angoli degli occhi pizzicare, ma non avrei pianto. Sapevo anch’io quanto infantile era il mio comportamento, ero a conoscenza che il mio modo di fare non mi avrebbe aiutato e non sarebbe stato d'aiuto. Solo che era troppo difficile superare la delusione.
Rin aveva ragione a dire che me la ero tirata  troppo a lungo e che era ora di metterci una pietra sopra. In cuor mio lo sapevo anche io.
Sospirai, rilassando le spalle.
Miku mi avrebbe aspettato? Chissà cosa la spingeva a voler per forza andare d'accordo con me.


Erano già andati tutti via, ad eccezione di Miku, quando tornai da lei. Il sole era già calato abbastanza, tuttavia faceva ancora caldo. Nonostante la doccia mi sentivo ancora accaldata, Miku stessa grondava di sudore sebbene stesse seduta a terra e si allacciava le scarpe da ginnastica, impolverate e sporche di gesso.
"Sono qui." le dissi avvicinandomi.
"Possiamo usare il campo solo per un'altra ora." mi rispose lei, mentre faceva il doppio nodo alle stringhe delle scarpe. "E ho promesso a Gakupo-sensei che domani saremmo state in grado di effettuare un cambio degno di una gara agonistica."
Annuii in risposta e Miku mi fece segno di sedermi accanto a lei: eseguii l'ordine meccanicamente e con ancora un po' di diffidenza nei suoi confronti. Chissà che motivazioni aveva? E che cosa la spingeva?
"Ahhh... proprio non ti piaccio?" si lamentò lei, sconsolata fissando dritto davanti a sé.
Non le risposi.
"Tu mi piaci molto, invece." sussurrò lei, continuando. "Vorrei che ci conoscessimo meglio, che diventassimo amiche, è davvero impossibile? Cosa ti ho fatto per far sì che adesso tu mi odi così?"
Mi presi del tempo per rispondere: abbassai lo sguardo, mi torturai le dita, qualsiasi cosa.
"Non sei tu il problema." ammisi. "Sono io. Non sono mai riuscita a raggiungere i miei obbiettivi, e anche quando ce la facevo appariva qualcuno migliore di me: in questo caso tu."
Miku si volse dalla mia parte, guardandomi dubbiosa.
"Parli come se... non avessi potuto fare qualcosa o simile..."
Presi un lungo sospiro.
"Un anno fa c'era un ragazzo che mi piaceva tantissimo. Avevo deciso di dichiararmi a lui, a patto di arrivare prima alla corsa campestre." spostai una ciocca ribelle dietro le orecchie. "Era molto popolare, non mi avrebbe mai notata se fossi rimasta sempre nell'ombra. La tua vittoria mi diede lo smacco finale, alla fine non mi dichiarai e lui si fidanzò con un'altra alla fine dell'estate. Fu davvero una delusione."
La vidi corrucciare appena le labbra, pensierosa sul cosa dirsi.
"Mi dispiace, non potevo sapere che quella vittoria fosse così importante per te. Ma, d'altronde, avevo anche io i miei motivi per vincere.”
"Lo so, ripeto, sono io il problema non tu." mi strinsi nelle ginocchia, al contrario di Miku che scattò velocemente in piedi e ruotò su se stessa fino a porgermi la mano. Il sole dietro di lei mi colpiva dritta negli occhi, impedendomi di vederla bene, ma era sorridente mentre si chinava su di me.
"E ora cosa desideri? Ci sarà qualcosa che vuoi, no?"
La guardai titubante, mordendomi un labbro.
"Io... vorrei arrivare prima. Sì, per una volta tanto, vorrei vincere anch’io."
La sua mano afferrò la mia, alzandomi dritta in piedi. Il suo sguardo era ancora sorridente, anzi era molto di più: era felice.
"Te lo prometto, allora. Vinceremo la staffetta." afferrò il mio mignolo, stringendolo con il suo, come a suggellare quel patto.
Iniziammo subito ad allenarci fino allo sfinimento: era incredibile la sensazione di leggerezza che provavo, mentre correvo, solo per essermi confidata. Da quel momento in poi riuscii a vedere le cose sotto un aspetto diverso, persino Miku mi sembrava una persona diversa da come l'avevo sempre idealizzata.
Diamine,  quanto era veloce! Non riuscivo nemmeno ad afferrarle la schiena.
Realizzammo, finalmente, lo scambio del testimone nel minore tempo possibile che eravamo mai riuscite a collezionare; infine lasciammo il campo d'allenamento dietro di noi, con il sole che ormai scompariva sotto la linea dell'orizzonte e il pensiero che, all'indomani, avremmo stupefatto tutti quanti ci fece ridere a crepapelle mentre ritornavamo a casa.


"Stupefacente..." commentò l'allenatore a bocca aperta.
"Avete realizzato uno scambio di testimone degno di una gara olimpionica." commentò Meiko, ancora tenendo in mano il cronometro.
Miku alzò entrambe le braccia per portarle dietro la nuca, raggiante quanto un fascio di luce, io ero ancora piegata sulle ginocchia, in attesa di stabilizzare il fiato. Il sudore mi scivolava dalla fronte fino alle tempie, cadendo poi a terra. Alzai lo sguardo, prestando attenzione allo scambio di battute che stava avvenendo fra Miku, Gakupo e Meiko. Sembravano tutti soddisfatti e piacevolmente sorpresi.
"Glielo avevo detto o no che ci saremmo riuscite, sensei?" saltellò Miku.
"Ho sempre saputo che non mi avreste deluso." asserì Gakupo soddisfatto, incrociando le braccia al petto.
La staffetta era ormai alle porte e io avevo messo da parte i miei rancori per Miku.
In più, stava nascendo un’amicizia tra noi: quella che io le escludevo prima e che lei agognava. Ora eravamo capaci di ridere l'una dell'altra, di farci lo sgambetto a vicenda e persino di prenderci in giro.
Durante gli allenamenti per la staffetta Rin mi passava accanto, dandomi buffetti sulle spalle e alzandomi il pollice, facendomi l'occhiolino, e io correvo da Miku, costringendola a gareggiare contro di me anche solo per gioco, guadagnandomi i suoi sbadigli e le sue lamentele su quanto le sue gambe fossero stanche.
Miku sapeva essere veloce come il vento quando correva e ben presto mi resi conto che, per me, non c'era nulla che mi faceva stare meglio del rincorrerla e afferrarla quelle poche volte che ci riuscivo. Quelli erano i momenti dove mi sembrava di essere un gradino più in alto rispetto agli altri: ero l'unica capace di competere con la Diva, Miku Hatsune.
A pochissimi giorni dalla gara, eravamo, incredibilmente, diventate oneste l'una verso l'altra.


Note d'Autrice:
La Crypton Future Media (qui diventata Crypton High School xD) è il nome della software house dove sono nati i primi sintetizzatori vocali conosciuti come Vocaloid. Sebbene vi ho inserito anche Gumi Megpoid e Gakupo Kamui, questi ultimi due non sono appartenenti alla Crypton ma, bensì, alla Internet&CO.
Diva: fra i Vocaloid, Hatsune Miku è quella che ha riscosso maggior successo e maggior vendite; per questo le è stato attribuito il nome di Diva Star.
AH Software -qui solo AH- è un'altra software house che ha lanciato altri sintetizzatori vocali.
Ovviamente il dialogo sui numeri fra Rin e Luka è un chiaro rimando ai numeri dei Vocaloid. Miku è la numero 01, Rin (e suo fratello Len) sono gli 02, infine Luka è la 03.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Vocaloid / Vai alla pagina dell'autore: Sacchan_