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Autore: S h a d o w h u n t e r _    23/12/2016    5 recensioni
One-Shot // Malec //
Quando gli aveva sussurrato addio in un freddo letto di ospedale, mentre le loro labbra si erano sfiorate per l'ultima volta, il cuore di Magnus si era frantumato in mille pezzi.
E nonostante fossero ormai passati diversi anni da quella notte, non aveva mai smesso di amarlo, nemmeno per un singolo istante.
[…]
« Sono Magnus Bane. » dice, con l'aria più serena che abbia mai avuto negli ultimi cento anni.
Il suo cuore continua a martellargli rumorosamente nel petto, mentre l'altro, scettico e curioso al tempo stesso, decide di stringergli la mano.
« Alexander Lightwood. »
[…]
Perché quando l’amore è così forte, così potente, così intenso, due cuori destinati ad appartenersi non possono non battere ancora insieme.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hello! Chi non muore si rivede :'D
Prima di lasciarvi alla storia, vi preghiamo di leggerla fino alla fine xD e vi regaliamo un fazzolettino nel caso vi servisse! xD
Speriamo che questa one-shot sia di vostro gradimento, noi vi mandiamo un bacione e ne approfittiamo per augurarvi un buon Natale e un buon anno nuovo! <3
A presto! <3 <3

P.s il testo in corsivo è tratto dalla canzone "Hurts like hell" di Fleurie :D



I Love You For A Thousand Year..



How can I say this without breaking
How can I say this without taking over”

Sono passati dieci anni.
Con mani tremanti, sfiora la superficie liscia del vetro con i polpastrelli ruvidi, avvertendo la necessità incontrollabile di guardare nuovamente quel viso che ha paura di dimenticare.
E passando un dito su quella chioma corvina, chiude gli occhi, pensando a quante volte aveva fatto scorrere le sue mani tra quei soffici capelli color pece, inebriandosi di quel profumo che tanto amava.
Scende verso il viso e immagina di poter tracciare il contorno del suo volto, della linea dritta del naso, del taglio amato di quegli occhi blu come gli zaffiri più puri, dello zigomo leggermente accennato e delle labbra piene e sottili.
Poi ripensa al sapore dolciastro di lui sulla sua bocca, sulla sua pelle, e delle mani che gli percorrono il corpo lasciandogli una scia di brividi al loro passaggio; ripensa a quella sensazione magnifica di un amore vero.
L'immagine di Alec è ancora stampata a fuoco nei suoi occhi, che adesso si riempiono di lacrime.
Sente il trucco sciogliersi sulle guance, ma percepisce un dolore troppo forte al cuore per badarci o contenersi.
In quei momenti, non esiste niente se non lui ed i suoi amari ricordi.
Nessuno.
Vaga con lo sguardo per la stanza con un nodo d'angoscia che gli attanaglia la gola.
Tutto in quella casa sa di lui.
Si alza dal letto asciugandosi con una mano le lacrime, poi apre l’armadio dove vi sono ancora tutti i suoi vestiti, piegati ordinatamente.
Non potrebbe mai buttarli via, perché sono l’unica cosa che gli resta di lui.
Tira fuori un maglione sbiadito e con dei buchi, uno dei suoi preferiti, poi se lo porta al naso ed ispira il suo profumo, ormai quasi del tutto sparito.
Lancia un grido che viene soffocato dalla spessa stoffa tra le mani, ma che gli rimbomba nelle orecchie come un eco disperato.
Si lascia cadere sulle ginocchia, stringendo al petto l’indumento, poi poche parole intrise di dolore aleggiano nella stanza: Aku cinta kamu.

How can I put it down into words
When it's almost too much for my soul alone”

Sono passati ventiquattro anni.
Magnus sorride freddo ad un uomo sulla trentina che gli ha proposto di bere un caffè con lui.
Ha la carnagione piuttosto scura, una zazzera di capelli color miele e due occhi verdi. È alto, forse anche più di Magnus ed ha un sorriso che affascina.
Lui accetta per assecondarlo, ma sa che non ci andrà perché ha ancora vivido il ricordo di quel timido ragazzo dagli occhi blu e dall’arrossire facile.
Sa che sarebbe un'errore buttarsi su un qualcuno che non gli interessa veramente, pur consapevole di non conoscerlo abbastanza per poter giudicare.
Forse dovrebbe davvero prendere in considerazione quell'idea, ma nonostante il tempo passato, il dolore è ancora troppo vivido.
Prende il bigliettino con su scritto il numero dell’altro, promettendogli di chiamarlo in serata.
Il biondo lo saluta con un leggero bacio sulla guancia, poi se ne va, lasciandolo lì da solo, su quella panchina che aveva condiviso tante volte con Alec.
Che li aveva visti baciarsi, ridere, litigare, amarsi.
Il vento gli sferza il viso, facendogli socchiudere gli occhi verdi di riflesso.
A quel punto, Alexander solitamente gli metteva la sua giacca sulle spalle, rimproverandolo per essersi vestito nuovamente troppo leggero per essere nel bel mezzo di novembre.
E allora lui avrebbe ribattuto che lo faceva solo perché poi sapeva che l’avrebbe abbracciato per riscaldarlo. Poi ridevano insieme, in quel piccolo momento di complicità.
Magnus sorride triste, poi apre gli occhi, tornando a quella crudele realtà in cui Alexander non esiste, non più.
Perché non riesce ad andare avanti?
Perché non riesce a voltare semplicemente pagina?
Eppure era una cosa che aveva sempre fatto: si innamorava, viveva al meglio ogni istante che gli veniva offerto e poi se ne andava per la sua strada.
Magnus non si era mai negato la possibilità di amare ancora e ancora, come se fosse la prima volta; quando si è immortali, la concezione del tempo ti appare diversa, ti sembra che tutto duri troppo a lungo nella sua monotonia.
Ma allora perché il tempo passato con Alec sembrava essere stato troppo breve?

I loved and I loved and I lost you
And it hurts like hell”

Sono passati cinquantasette anni.
Con il volto coperto da una maschera che gli permette di nascondere la propria sofferenza, poggia un fiore sulla sua tomba, soffermandosi qualche minuto ad osservare quella lapide che li separa.
Un inutile ostacolo di marmo e terra che non fa altro che frapporsi tra i loro corpi, le loro anime, i loro cuori.
Alexander Gideon Lightwood, Settembre 1989 - Maggio 2075.” legge come un automa, come se non l’avesse già fatto in precedenza, come se non si rendesse ancora conto della realtà dei fatti.
Ormai dovrebbe aver superato la cosa, cerca di convincersene ogni giorno, ma sa che è impossibile fingere quando si è straziati ancora dal dolore.
Ed è impossibile credere di potercela fare quando non se ne è per nulla convinti.
Traccia con i polpastrelli ogni singola lettera incisa sulla lapide sentendo, tocco dopo tocco, delle scosse all'altezza del cuore che gli ricordano di dover andare avanti.
Va bene lasciarsi andare al dolore, crogiolarsi in esso finché se ne sente la necessità, ma arriva un momento in cui bisogna trovare la forza per risalire dal baratro in cui si è precipitati.
Per quanto la mancanza di una persona possa lacerare dentro, è giusto accantonare il suo ricordo in un angolo del proprio cuore, dandosi la possibilità di vivere la propria vita pur continuando a tener vivo il suo ricordo.
Con mani tremanti prende il ciondolo della collana che ha intorno al collo, aprendolo con un leggero click metallico.
Lì, in quel piccolo medaglione, c'è la foto del loro matrimonio.
Ricorda ancora la felicità che entrambi avevano provato nel dichiarare al mondo intero che da quel momento in poi si sarebbero appartenuti per il resto della vita.
Finché morte non vi separi.
Ed era successo davvero. L'unica imperfezione in una vita perfetta, era viverla con un mortale.
Ma l'amore per lui era stato così intenso e devastante che non aveva avuto importanza.
Avevano deciso di vivere ogni giorno come se fosse l'ultimo.
E quando infine era giunto il momento, quando gli aveva sussurrato addio in un freddo letto di ospedale, mentre le loro labbra si erano sfiorate per l'ultima volta, il cuore di Magnus si era frantumato in mille pezzi.
Pezzi che non sarebbero mai più tornati insieme.
E nonostante fossero ormai passati diversi anni da quella notte, nonostante avesse provato ad accantonare quel sentimento, non aveva mai smesso di amarlo, nemmeno per un singolo istante.
Con un dolore sordo che gli avvolge le membra, si sfila la collanina dal collo, poggiandola là, dove giacciono i resti del loro amore.
Poi, stringendosi nel cappotto e affondando il naso nella sciarpa che aveva regalato ad occhi blu, rivolge un ultimo sguardo alla sua tomba.
« Addio amore mio. » riesce a dire in una nuvola di fumo, mentre una lacrima gli riga una guancia.
L'ultima, promette a sé stesso.
Perché Alec non lo vorrebbe vedere così, ed è giusto onorare il suo ultimo desiderio, quello che aveva finto di non udire.
Vivi Magnus, vivi come hai sempre fatto e innamorati. Innamorati di nuovo. Perché voglio vederti felice. Noi ci rincontreremo ancora, lo so.”
Fino a quel momento aveva pensato che non avrebbe mai accolto la sua richiesta, ma adesso non poteva non ammettere che aveva ragione: la vita non aveva mai smesso di scorrere, e Magnus non intendeva più permettere che continuasse a farlo senza di lui.
Lasciandosi alle spalle il suo cuore infranto, si incammina verso l'uscita del cimitero, pronto a ricominciare.
Noi ci rincontreremo ancora, lo so.”
E lui lo spera ancora, nonostante tutto.

I don't want them to know the secrets
I don't want them to know the way I loved you”

Sono passati ottantotto anni.
Magnus stringe dolcemente la mano ad un ragazzo dall'aspetto trasandato, ma dal sorriso così luminoso da sciogliere il sottile strato di ghiaccio avvolto intorno al suo cuore.
È la loro nona uscita, e sente che le cose potrebbero funzionare questa volta; è davvero interessato a conoscerlo, anche se non si sarebbe mai aspettato di poter decidere di uscire con un ragazzo del genere.
Forse, Alexander l'ha cambiato davvero.
Arriccia il naso quando non riesce a comprendere una sua battuta, mettendo in risalto quella spruzzata di lentiggini appoggiate sulle sue guance come un velo.
Poi, comprendendo infine ciò che gli era stato detto, scoppia a ridere, battendogli una mano sulla spalla.
Magnus ride a sua volta, davvero divertito da quel ragazzo così alla mano da spiazzarlo, in una generazione del genere.
Poi quella domanda che tanto sperava di rimandare arriva veloce come una saetta, a scombussolargli nuovamente quell'organo che ancora batteva nel suo petto.
« Sei mai stato innamorato? » gli domanda, in una maniera così innocente che non gli permette di mentire, nemmeno volendo.
Sente i ricordi piombargli nuovamente addosso, come se non lo tormentassero già nei suoi sogni, come se non fosse ancora abbastanza. Eppure non gli dispiace più di tanto, perché lui vuole ricordarlo ancora e ancora.
« Sì. » ammette, viaggiando con la mente al loro primo incontro « L'ho amato con ogni singola cellula del mio corpo, dalla prima volta che i nostri sguardi si sono incontrati. »
E sorride, donando calore a quel volto divenuto troppo freddo in quegli anni.
« Com'è finita? » chiede l'altro, più per capire che per semplice curiosità.
Comprendeva. Capiva quanto fosse ancora perdutamente innamorato di quel ragazzo, ma di certo, non era il tipo a cui andava bene fungere da rimpiazzo.
Gli occhi di Magnus si scuriscono di nuovo a quel quesito. È una domanda a cui preferirebbe non rispondere, ma ha bisogno di dirlo ad alta voce, ha bisogno di dirlo a qualcuno.
« È morto. Da tanti anni ormai. »
E il silenzio cade nella stanza, un silenzio che non pesa a nessuno dei due, perché entrambi hanno bisogno di pensare.
« Mi dispiace. » dice il ragazzo dopo interminabili minuti di pace assoluta, prendendogli il volto fra le mani.
Anche a me, vorrebbe dire Magnus ma non lo fa, perché rovinerebbe di nuovo tutto.
Lo bacia a fior di labbra, sorridendo in quella maniera così provocante a cui il ragazzo non sa resistere.
« Ti farò felice. »
Magnus non può far a meno che annuire.
Lo spero tanto.

I don't think they'd understand it, no
I don't think they would accept me, no.”

Sono passati centodue anni.
Magnus è a Parigi, ad arredare il suo nuovo appartamento dalla splendida vista, con il più vario mobilio a sua disposizione.
Schiocca le dita e il suo armadio si riempie di nuovi capi di alta sartoria del periodo, facendogli accendere gli occhi di una nuova luce.
Ama il cambiamento, l'ha sempre amato, perché profuma di nuova vita.
Passa una mano su ogni capo, sentendo la consistenza della seta sotto i suoi polpastrelli e sorride.
La cosa più bella del cambiare casa, città o Stato che fosse, era quella di poter prendere nuovi abiti: la cosa gli metteva allegria.
Lo sguardo gli cade poi su un bauletto posto all'angolo e sente già le mani prudere dal desiderio di aprirlo.
Non che ci sia niente di male, lo fa sempre, e sembra sempre più facile richiuderlo con il passare degli anni; ci sta facendo l'abitudine.
Lo tira fuori con forza, infilando poi le mani sotto il coperchio per tirarlo su.
Lì dentro ci sono tutti i suoi ricordi, ricordi dei suoi amici, dei suoi viaggi, dei suoi amori. C'è quella parte di vita che non vuole dimenticare, perché non sarebbe giusto farlo.
Ricorda ancora quella frase di Alec, quella che l'aveva colpito in quel momento di intimità dopo la guerra oscura: “Continui a dire che il passato è passato, ma è proprio il passato che ti ha reso ciò che sei adesso.”
Ed era assolutamente vero.
Il passato l'aveva reso ciò che era, un uomo sempre più saggio, che a volte trovava divertente comportarsi come un bambino per il timore di diventare monotono come tutti gli immortali.
Non si sarebbe mai negato di vivere ogni giorno al meglio.
Infondo, aveva fatto una promessa.
Sorride nostalgico e ripone il baule al suo posto con molta delicatezza, stando attento a non graffiarlo con le sue unghie laccate di nero, poi si alza, deciso a farsi un bagno che spera anneghi un po' della sua malinconia.

I turn it over, I turn it over
But I can't escape.”

Sono passati centotrentadue anni.
Avvolto nella sua pelliccia leopardata, percorre le strade innevate di New York, girando per i negozi addobbati già con decorazioni natalizie.
Un fiocco di neve gli cade sulla punta del naso.
Alza lo sguardo verso il cielo, aprendo una mano come per afferrarne altri.
Ruota su se stesso incurante della gente che lo guarda, perché ha imparato a fregarsene del giudizio altrui tanto tempo prima.
Si diverte a scalciare la neve fin quando una zazzera corvina non attira la sua attenzione, facendogli battere il cuore a mille.
Si ferma all'improvviso, gli occhi sgranati e la bocca socchiusa.
Sbatte piano le ciglia incrostate di mascara, avvicinandosi lentamente al portico dove si trova un ragazzo.
Ha i capelli scuri scomposti, la pelle candida - se non per il tenue rossore che gli ricopre le guance per via del freddo - e il viso scolpito come una delle meravigliose opere di Michelangelo. Poi, gli occhi si posano su di lui, curiosi e azzurri.
Occhi che non sarebbe mai in grado di dimenticare.
Alec.
Veloce lo raggiunge in poche falcate, - mentre l'altro continua a guardarlo quasi sospettoso -, assalito da una strana sensazione di nostalgia.
« Alexander..? » gli chiede in un soffio, come se la sua voce fosse improvvisamente scomparsa.
Non riesce a crederci, o forse non vuole crederci per non illudersi. Forse la sua mente gli sta facendo un pessimo scherzo.
Eppure lui è lì in carne ed ossa, ed è reale.
« Ci conosciamo? » domanda l'altro a sua volta, arrossendo dolcemente.
E in un attimo Magnus non ha più dubbi, sa che è davvero lui.
Noi ci rincontreremo ancora, lo so.”
Scuote la testa, sfoggiando uno dei suoi sorrisi più belli, allungando una mano per presentarsi.
« Sono Magnus Bane. » dice, con l'aria più serena che abbia mai avuto negli ultimi cento anni.
Il cuore continua a martellargli rumorosamente nel petto, mentre l'altro, scettico e curioso al tempo stesso, decide di stringergli la mano.
« Alexander Lightwood. »
Una scossa trafigge i corpi di entrambi e nello stesso istante capiscono di appartenersi, di appartenersi da sempre.
Alec sbatte gli occhi, colto alla sprovvista. Ma poi, gli angoli della sua bocca si piegano in un timido sorriso.
Non sa per quale motivo, ma improvvisamente sente come se la sua vita ora avesse un senso, come se avesse vissuto sino a quel giorno solo per incontrarlo.
« È un piacere, Alexander. » afferma Magnus dolcemente, mentre lo osserva rabbrividire leggermente.
Inaspettatamente, il suono del suo nome completo proferito dalle labbra di quello sconosciuto, arriva alle orecchie del ragazzo come una dolce melodia.
E si sorprende di star facendo pensieri del genere, lui che non era mai stato in grado di guardare una persona negli occhi per più di dieci secondi.
Per Magnus invece niente aveva più importanza.
Aveva passato anni a cercare di dimenticarlo, di scacciare via la sua immagine, di seppellire quell'amore che tanto lo aveva distrutto ma reso vivo al tempo stesso.
Ma a nulla erano serviti tutti i suoi sforzi; non appena aveva posato lo sguardo sulla figura di Alec, quel sentimento così puro lo aveva travolto un'altra volta.
Perché quando l’amore è così forte, così potente, così intenso, due cuori destinati ad appartenersi non possono non battere ancora insieme.
Magnus alza lentamente il viso e lo sguardo gli cade su una decorazione appesa sotto a quel portico che gli aveva restituito l'amore della sua vita.
Vischio.
Il destino probabilmente ci aveva messo il proprio zampino, e non avrebbe mai vissuto abbastanza per poterlo ringraziare.
« Siamo sotto al vischio. » constata allora, facendo alzare il viso anche all'altro.
Alec arrossisce immediatamente, mentre sente il suo cuore aumentare i battiti ad ogni secondo.
Scalcia un mucchietto di neve in un gesto nervoso, torturandosi le mani sia per il freddo che gli penetra fin dentro le ossa, sia per quella piacevole ansia che gli avvolge lo stomaco.
« Quindi uhm.. dovremmo baciarci? » gli chiede in un sussurro, arrossendo ancora di più per le sue stesse parole.
Magnus sorride, scostandogli un ricciolo corvino dalla fronte pallida, guardandolo con così tanto amore da far quasi sciogliere la neve sotto i loro piedi.
« Oppure potresti concedermi un appuntamento. » gli dice allora, mentre spera con tutto il cuore di non svegliarsi da un momento all'altro.
Alec ricambia il sorriso, visibilmente più rilassato rispetto a prima e annuisce.
« Ne sarei davvero felice. »


“… erano soltanto loro.
Tra loro non esisteva più alcun ostacolo
né quel tempo che scorreva oltre il mondo.
In quello sguardo dolcissimo che univa le loro labbra al cuore,
in loro ogni mondo finiva… tranne il cielo.”
(Francesco Saverio Sammarelli)




   
 
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