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Autore: sei_dea_o_mortale    24/12/2016    4 recensioni
Dal testo...
Corro verso il bagnasciuga. Ignoro gli schizzi che mi bagnano i vestiti. Inizio subito a tremare. È quasi inverno, me lo dovevo aspettare. Eppure continuo, passo dopo passo, a inoltrarmi nell’acqua scura. Ora mi bagna la vita. Sento i pantaloni della tuta sfiorarmi la pelle con la delicatezza delle nuvole. So che si ghiacceranno, quando uscirò.
Basta non uscire.
Da qualche parte, sotto la superficie, ci deve essere un posticino anche per me. Da qualche parte. Da qualche parte non basta, oceano. Fammi stare vicino a lui. Lo sai anche tu, che non possiamo smettere di guardarci.
Fammi stare vicino a Victor.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Partiamo insieme, ora sono pronto

 

 

 “Yuuri, andiamo a fare un bagno?”

“Vorrei  allenarmi ancora un po’ sul quadruplo flip …”

“Dai, stai migliorando a vista d’occhio! E poi inizia a fare freddo, tra un po’ non potremo più andare al mare. Sai che mi piace quasi quanto il pattinaggio … E te …”

“Riesci sempre a convincermi con poche parole … Ti raggiungo tra un poco, va bene?”

“Mh …”

Un ultimo bacio. Lo guardo uscire col sorriso sulle labbra.

 

 

Ho aspettato questo momento per tutto il giorno. Il cielo si sta piano piano tingendo di rosso, passando per infinite tinte di rosa pallido e arancione. Addio azzurro. Non mi costringerai più a guardarti, confrontando inevitabilmente la tua fredda sfumatura col suo sguardo. Socchiudo gli occhi, quando la brezza della sera inizia ad accarezzarmi il viso, come un’eterea amante. Le onde si stanno facendo più aggressive.

Come quella sera.

Porto la mano davanti ai raggi del Sole morente. La fede luccica. È un faro: salva il naufrago che sono diventato.

Rimango a fissarla, mentre la mia mente si svuota, come solo alla sua vista sa fare. Accolgo grato il silenzio interiore.

In questi ultimi mesi, i pensieri pungono più di aghi conficcati sotto le unghie. I ricordi bruciano ciò che resta del mio Io, peggio del fuoco.

No Yuri, non lasciare che tornino. Te lo sei promesso, no? Per oggi niente lacrime. Meglio il nulla, piuttosto che la sofferenza eterna, no? Ora ti alzi e riprendi a camminare. Ecco, vedi? È facile. Un passo dopo l’altro. Senti i ciottoli pizzicare i piedi? Concentrati su quello. Concentrati su qualsiasi altra cosa. Concentrati sul suono delle onde. 

Le onde. A lui piaceva il mare in burrasca.

No.

Gli piaceva il mare e basta. Adorava immergersi, fingere di sconfiggere la gravità, sotto la superficie dell’acqua. 

Ti stai facendo male, Yuri.

Un malore improvviso, hanno ipotizzato i media. 

A Victor piaceva nuotare al largo.

Corro verso il bagnasciuga. Ignoro gli schizzi che mi bagnano i vestiti. Inizio subito a tremare. È quasi inverno, me lo dovevo aspettare. Eppure continuo, passo dopo passo, a inoltrarmi nell’acqua scura. Ora mi bagna la vita. Sento i pantaloni della tuta sfiorarmi la pelle con la delicatezza delle nuvole. So che si ghiacceranno, quando uscirò.

Basta non uscire.

Da qualche parte, sotto la superficie, ci deve essere un posticino anche per me. Da qualche parte. Da qualche parte non basta, oceano. Fammi stare vicino a lui. Lo sai anche tu, che non possiamo smettere di guardarci.

Fammi stare vicino a Victor.

Stringo i pugni, ignorando la voce che ormai sta diventando sempre più chiara e tentatrice nella mia testa. Lascio gli schizzi arrivarmi al viso, così posso fingere che sia bagnato da loro, e non dalle lacrime. Eppure, non posso fare a meno di notare il triste calore di queste ultime. 

Se mi guardassi allo specchio, noterei la stessa espressione di ogni sera: gli occhi arrossati e gonfi, cerchiati da ore di sonno mancato, la pelle non più nivea, ma quasi tendente all’azzurro, le labbra livide tese in una smorfia, terribilmente simile a un sorriso. Se solo gli angoli puntassero un po’ più in alto. Ormai i solchi lasciati dai denti sono diventati una caratteristica permanente del mio viso.

Il seme della tristezza era seppellito nel mio petto. Le lacrime lo hanno innaffiato. Sta crescendo. Lo stelo dell’angoscia risale lungo la mia gola. Sento le foglie di disperazione pizzicarla. Mi costringono a socchiudere le labbra.

Fatico a respirare, sento un peso sullo sterno e, allo stesso tempo, qualcosa che spinge e scalpita per uscire. Devo lasciarlo andare, o troverà da solo il modo per scappare.

Così semplicemente apro la bocca. L’acqua salata la riempie, mentre io le urlo contro tutto il mio dolore. Mi accartoccio, mi piego su me stesso. Le mie stesse mani mi artigliano le spalle, mentre mi abbraccio, perché non lascerò mai più nessuno farlo al posto suo. Quasi mi soffoco con la mia stessa saliva, che ha preso il sapore del sangue.

Disperazione. La sento graffiare le mie interiora per uscire. Ma più di così è impossibile.

Maledetta, perché non mi lasci in pace, per un singolo giorno? Non ho pagato abbastanza?

Ed ecco arrivare la rabbia, sua fedele compagna. Ho conosciuto il suo significato solo negli ultimi tempi. 

Sono ormai loro a muovere il mio corpo. Hanno preso il posto della ragione e mi fanno compiere le peggiori sciocchezze.

Uno stiletto conficcato nel petto, più a fondo degli altri. Sto per toccare il fondo, anche stavolta.

“So che mi senti!” la bocca impastata d’acqua salata rende le parole incomprensibili anche alle mie orecchie.

L’oceano non mi risponde. Forse non ha capito. Grido più forte.

“Hai preso lui, perché non vuoi me?” Victor è più affascinante, ma sul fondale fa buio, non lo puoi vedere.

Il mare però non risponde. È difficile prendersela con le cose inanimate. Forse è per questo che un po’ della mia rabbia è rivolta anche a te, Victor. A te, a me, al nostro giuramento.

Per questo faccio l’unica cosa che la mia mente, ormai malata, giudica sensata.

Sfilo l’anello, in un impeto di dolore e frustrazione, e lo getto più lontano che posso. Lo vedo luccicare al Sole, come una stella cadente, prima di colpire la superficie scura e sparire per sempre.

Così cade anche la nostra promessa, schiantata contro la certezza che Victor si trova da qualche parte, là sotto, e non lo potrò più raggiungere.

 

Era da settimane che non mettevo piede in pista. Yuuko mi aveva regalato una copia delle chiavi dell’Ice Castle, in caso volessi tornare a pattinare. Dal canto mio, sapevo che sarebbero rimaste a prendere la polvere su uno scaffale. Eppure, non smetto mai di stupirmi: eccomi qui, in mezzo alla pista, in piena notte, con i pantaloni ancora gocciolanti. 

Non capisco perché mi trovi qui. Non so cosa ci facciano i pattini ai miei piedi. Ricordo appena di essermeli allacciati.

Non mi ero mai accorto di quanto il suono delle lame contro il ghiaccio fosse dolce. E i raggi di luna che entrano dalle finestre, e si riflettono sulla superficie semi-trasparente che ho sotto i piedi? Mi sembra di trovarmi in un luogo sconosciuto, lontano da tutti e tutto. E forse, in un certo senso, è proprio così.

Con la mente, torno a un anno fa. Ricordo Barcellona, con i suoi gabbiani, gli edifici colorati, le chiese in stile gotico. Barcellona coi suoi anelli scambiati, lacrime versate, mani che si cercano e abbracci rubati. Ricordo la pista brillante sotto le luci che puntavano verso di me; la gente, proveniente da ogni angolo del mondo, che mi applaudiva. E Victor, in lacrime, dopo il quadruplo flip riuscito alla fine del mio programma. Un tributo al sentimento di indissolubile amore che provavo nei suoi confronti.

I passi mi vengono spontanei. Mi muovo con naturalezza e grazia sulla pista, come se non avessi mai veramente smesso di pattinare. 

“Yuri on ice”.

Mi sembra di sentire le note della canzone rimbombare in testa. Possibile che sia entrata così in profondità nel mio essere?

Un quadruplo toe loop, seguito da un doppio. 

Riesco ad atterrare senza problemi, mentre un’insensata pace mi avvolge. Il peso sul petto si è fatto, se non leggero, almeno sopportabile. Le voci nella testa si acquietano. I denti lasciano la presa sul labbro martoriato. Sento l’aria entrare e uscire con regolarità dai polmoni, senza a trovare un ostacolo di spine inesistenti.

Forse sorrido.

Ho dovuto rinunciare al primo dei miei amori, ma non per questo devo abbandonare il secondo.

Sento però una mancanza. 

Non avevo mai ballato lontano dal suo sguardo.

Tento un quadruplo flip finale.

“Tendi sempre a sbagliare, quando qualcosa ti gira per la testa”.

Sento la gamba cedere sotto il peso del corpo. La lama scivola in orizzontale sul ghiaccio, non riuscendo a reggere tale sbilanciamento.

Cado. La testa sbatte contro la superficie gelata. Un’esplosione di puntini bianchi mi copre la visuale. 

Le labbra si piegano in una smorfia di dolore. Le tempie pulsano. Sto sanguinando?

Porto una mano fra i capelli, ma non sento nulla di umido e viscoso. Menomale.

Rimango sdraiato a fissare il soffitto. Sento i vestiti, ancora umidi, aderire al ghiaccio, causandomi una serie incessante di brividi. Mi ammalerò di sicuro.

Ma ho paura di alzarmi. Se torno in piedi, anche gli ultimi strascichi della pace appena provata se ne andranno.

Il suono di lame veloci mi costringe a sedermi: non sia mai che Yuuko mi veda in questo stato!

Alzo lo sguardo sulla figura che ho di fronte.

Lo riabbasso, sbattendo più volte le palpebre. Il mal di testa mi sta causando più problemi del previsto.

Una mano pallida si tende verso di me, invitandomi ad afferrarla. 

La fede luccica appena sotto la fioca luce della Luna, ma ai miei occhi sembra più luminosa del Sole.

“Victor?”

Le sue dita si intrecciano dolcemente alle mie, mentre mi fa alzare.

Non risponde, si limita a sorridermi. Un brivido di nostalgia mi passa lungo la schiena. Solo lui socchiude gli occhi in quel modo, quando sorride. Il suo sguardo si incatena al mio, e mi sento scaldare. Un’onda che parte dal cuore e raggiunge in un attimo la punta delle dita. Il ghiaccio sotto i miei piedi non si è ancora sciolto?

Sento le braccia di Victor avvolgermi i fianchi e tirarmi verso di sé. Non posso fare altro che tuffare il viso nella sua solita sciarpa, fino a sfiorare col naso gelido la soffice pelle del collo. Profuma, ed è calda.

Le sue mani scorrono delicatamente sulla mia schiena, scossa dai sussulti. Non me ne capacito.

Mi scosto leggermente, fino a poterlo guardare bene in viso. Alzo una mano e traccio il profilo della mandibola, fino al mento. Risalgo, tastando le soffici labbra socchiuse. Ne disegno il contorno. Sfioro la curva del naso, fino agli occhi. Chiude le palpebre, quando le mie dita ci passano sopra. E i capelli, paiono così soffici al mio tocco gentile. 

Sento il suo respiro sul viso.

“Victor, tu sei morto.” vorrei piangere, ma non sono più in grado di fare neanche questo. Cerco un spiegazione logica. Forse è la botta in testa che mi causa allucinazioni. Forse ho preso troppo freddo. O forse …

Il cadavere non è stato mai trovato.

Se Victor semplicemente non fosse mai morto? Se fosse stato trovato chissà dove, in balia della corrente? Se avesse passato gli ultimi mesi, che so … In ospedale?

Lui rimane in silenzio. Mi sembra strano: è sempre stato un chiacchierone!

Fa un passo indietro, scivolando lentamente e portandomi con sé. Una mano mi stringe ancora la vita, mentre le dita dell’altra sono intrecciate con le mie.

Continuiamo per qualche minuto, volteggiando tranquillamente sulle invisibili note di un valzer sconosciuto. Non mi rendo neppure conto dei miei piedi che si muovono, animati di vita loro. 

I miei occhi ormai non si staccheranno più dai suoi. 

Nocciola nell’azzurro. Siamo così diversi, Victor. Eppure, sono sicuro che in questo momento i nostri cuori battono all’unisono, le nostre mani si stringono con la stessa forza, le gambe si copiano alla perfezione nei movimenti …

Vedo stupore nel tuo sguardo, quando lascio la presa e mi allontano.

“Sento una voce che piange lontano. Anche tu sei stato forse abbandonato?”

Sussurro queste poche parole, girando su me stesso, mantenendo il contatto visivo. 

Tu capisci. Lo sguardo ti si illumina, mentre mi raggiungi e mi carezzi il viso. Io faccio altrettanto, lasciandomi poi sollevare dalle tue braccia. La tua stretta sui miei fianchi mi trasmette la sicurezza che tanto avevo cercato negli ultimi mesi. Ma cercarla era inutile, visto che viveva in qualcuno che ai miei occhi aveva smesso di esistere. 

Questa storia che senso non ha

Svanirà questa notte assieme alle stelle.

Forse davvero la nostra storia non ha senso. Forse davvero è solo frutto della mia mente malata. Forse tu non sei qui, a stringermi fra le tue braccia, a guardarmi con infinita dolcezza, come se fossi qualcosa di prezioso da proteggere. Forse io sono ancora a letto, avvolto dalle coperte, unico scudo che mi è rimasto. Forse tu sei ancora sul fondale del mare di Hasetsu.

Ma non mi importa. Voglio rimanere a danzare con te, fino a quando sorgerà il Sole. Forse anche dopo, se vuoi.

I nostri corpi si uniscono, si cercano, si stringono, si amano, per poi separarsi il tempo di una giravolta. Ti sento tutto attorno a me. 

Mi sorreggi, sento la tua presa sulla vita. 

Ora mi accarezzi piano la schiena. 

Le tue mani stringono le mie. 

Ti abbraccio da dietro, mentre tu chiudi gli occhi e ti lasci guidare con cieca fiducia.

Stammi vicino.

Non te ne andare.

Ho paura di perderti.

Torno a stringerti fra le mie braccia; la fronte posata sulla tua. Se ti lascio andare, scomparirai di nuovo? Posso abbandonare le tue mani senza che tu te ne vada? Se smetto di guidarti, l’oceano tornerà a volerti con sé?

Anche tu sembri avere gli stessi timori. Mi abbracci sempre più forte. Ora non balliamo più. Ci limitiamo a volteggiare, stretti l’uno all’altro, in mezzo alla pista. La tua presa è quasi disperata. Inizio a notare della tristezza nel tuo sguardo. Hai paura che le nostre strade si dividano ancora?

Adesso sono io a sorriderti, a sorreggerti. Porto le mani sulle tue guance, apprezzandone la morbidezza. Poso piano le labbra sulle tue. Sembra una carezza, piuttosto che un bacio. Non chiudo gli occhi. Li tengo spalancati, per potermi perdere nell’azzurro dei tuoi. Il viso mi scotta, e noto con piacere che anche il tuo è tinto di rosso. Ti sento spingerti verso di me, chiedendo di più. I nostri respiri si fondono. Il tuo profumo mi manda in estasi. Sento il bacio farsi più passionale e esigente. Tieni il mio labbro inferiore fra i denti, succhiandolo piano, prima di consentire alle nostre lingue di unirsi in un abbraccio. Il tuo sapore è dolce e piccante allo stesso tempo. 

Ti percepisco con tutti i sensi. Sei diventato il mio mondo.

Anzi.

Lo sei sempre stato.

Sospiro sulle tue labbra, tremando. Tu ti allontani, facendomi posare la fronte sul tuo petto. 

“Ti amo, Victor”.

Siamo stati assieme quasi due anni, e non ce lo siamo mai detti.

Mi circondi di nuovo in un abbraccio che sa di pace.

Chiudo gli occhi, perdendomi del mio mondo.

“Anche io ti amo, Yuri. Non smetterò mai di guardarti”.

Questo suona come un addio. Ma ora che sono tra le tue braccia, ora che ti ho detto ciò a cui ho pensato per tutto questo tempo, ora che ti posso guardare andare via … Lo posso accettare.

 

 

“Dottore, quando si sveglierà?”

“Credo che, più che domandarci il quando, sia meglio chiedersi “se”. Ha battuto la testa molto forte, l’emorragia era parecchio estesa. Abbiamo fatto il possibile. Ora non dipende più da noi”.

“Ha passato diverse ore steso sul ghiaccio. Aveva anche i vestiti bagnati. È incredibile che sia ancora vivo. Ci avrebbe creduto se glielo avessero raccontato, dottore?”

“No”.

“Sua moglie sarà così in pensiero…”

“Moglie?”

“Non vede? Ha una fede al dito”.

“Yuri Katsuki non è sposato. Aveva un compagno”.

“Oh …”

Partiamo insieme.

Ora sono pronto.

“Dottore..”

“Cosa c’è ancora?”

“Il ragazzo”.

“Uh?”

“Sta sorridendo …”

 

 

Angolino oscuro

Questo testo è nato da una settimana di sonno mancato e depressione da post-ultimo episodio.

Perdonatemi.

 

   
 
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