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Autore: RainbowChia    24/12/2016    2 recensioni
" -Lo sai che ti amo, vero?- Mark si era lasciato sfuggire una lacrima che prontamente Robbie gli asciugò con un polpastrello. -e che amarti è la cosa più estenuante del mondo?- "
Vigilia di Natale. Robbie decide di tornare da Mark dopo sette anni dall'ultima reunion dei Take That.
Genere: Angst, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Mark Owen, Robbie Williams
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Don't you dare singing “All I Want for Christmas”, Rob

 

 

Era passato tanto tempo.

Troppo tempo.

L'ultima volta che aveva varcato quella soglia, anni prima, era stato proprio dopo il concerto di chiusura del loro tour. Erano così euforici ed eccitati per il successo riscontrato; se lo erano aspettato, certo, ma non che sarebbe stato così travolgente.

Come quello che era di nuovo scattato tra di loro, dopo anni di silenzi e rimpianti.

Robbie ricordava tutto chiaramente. Il sorriso di Mark dopo il live, la sua mano che lo guidava all'interno del suo appartamento, i baci che tanto avevano bramato, i loro corpi di nuovo uniti. E poi la chiamata di Ayda, che aveva appena scoperto di aspettare un bambino da lui. Gli occhi di Mark gonfi di lacrime, Robbie che si rivestiva velocemente, parole disperate dell'altro, sussurrate in una piccola supplica.

Non lasciarmi di nuovo, ti prego.

Non l'aveva ascoltato. Quando mai Robbie Williams ha mai ascoltato qualcuno?

“Torna da Emma, Mark” gli aveva detto, mentre il suo cuore si spezzava un po'. “Non possiamo farlo. Non più.” ed era uscito dalla casa e dalla vita di Mark. Di nuovo. Perché per tutto quel tempo loro due non avevano fatto altro che rincorrersi, ritrovarsi e poi perdersi ancora una volta.

Non sapeva per quanto tempo se ne fosse stato lì, fermo davanti alla porta dell'appartamento di Mark, il cuore che batteva ridicolmente all'impazzata, le mani sudate nonostante il freddo polare di Londra di quella notte.

Dopo aver preso un profondo respiro, suonò finalmente il campanello. Non passò molto prima che la porta davanti a lui si aprisse, rivelando l'esile e piccola figura di Mark.

Un attimo in cui Robbie pensò che il suo cuore avesse smesso di battere.

Un attimo in cui Mark sgranò gli occhi, prima che un'espressione piena di tristezza e rabbia si dipingesse sul suo volto che, nonostante gli anni, sembrava sempre quello di un bambino.

Tutto ciò che Robbie riuscì a dire fu uno stupidissimo e insensato “Buon Natale, Markie.”

L'altro si lasciò sfuggire una risatina e volse lo sguardo altrove perché sapeva che se avesse continuato a guardare il più grande non sarebbe riuscito a mantenersi indifferente.

-Sette anni.- disse poi, la voce particolarmente rauca.

Robbie abbassò lo sguardo, sentendosi una merda, come ogni volta che Mark gli ricordava qualcosa che gli aveva fatto passare. -Lo so.-

-Sette anni e poi tu bussi alla mia porta e mi dici “Buon Natale”.-

Silenzio.

Robbie non poté certo ribattere e vedere Mark così pieno di risentimento nei suoi confronti lo ferì più di quanto si sarebbe aspettato.

-E sono le due di notte.- Mark si massaggia le tempie. -Vattene, lasciami dormire.-

L'altro alzò lo sguardo, sorpreso.

-E' quello che ti riesce meglio. Torna tra altri sette anni, magari mi andrà di parlarti.-

Robbie non fece in tempo a ribattere che il più piccolo gli chiuse la porta in faccia.

Pessima mossa.

Robbie ricominciò a suonare forsennatamente il campanello, aggiungendo qualche pugno contro il legno della porta. -Non fare l'idiota, Mark! Apri la porta. Adesso.-

Un ghigno gli dipinse il viso nel momento in cui sentì che l'altro stava cedendo e gli apriva di nuovo.

Mark sospirò, poi gli fece cenno di entrare e l'altro non se lo fece ripetere due volte.

-Ringrazia il cielo che non è il mio turno con i bambini.- disse, sedendosi sul divano e invitando Robbie a fare altrettanto.

Il maggiore si soffermò a fissare il viso dell'amico. Era stanco, ma non per l'ora, era evidente che qualcosa lo tormentasse da molto più tempo. Se ne sentì immediatamente responsabile, nonostante sapesse di non essere l'unica cosa perfetta nella vita di Mark.

-Come stanno i piccoli?- chiese. Da padre sapeva benissimo che parlare dei propri figli risollevasse sempre il morale. E infatti Mark s'illuminò per un istante, sorridendo appena.

-Bene, sono la mia gioia, ovviamente. Mi mancano molto, ma è giusto che stiano con Emma. Li vedo ogni due settimane. Sono così puri ed innocenti, Rob. Non mi odiano neanche un po'.-

-Nessuno potrebbe mai odiarti.- la risposta venne automatica a Robbie.

Mark sorrise e arrossì appena. Incredibile l'effetto che l'altro gli faceva anche a distanza di anni. Aveva sempre dipeso da lui, sin dai tempi dei Take That; i passi che faceva Robbie, li faceva Mark. Quando Robbie li aveva lasciati, quello era stato il momento peggiore della sua vita. Come veder crollare il proprio mondo in un piccolo istante. Avrebbe fatto di tutto per riaverlo con loro, con sé. Ma erano troppo giovani, Robbie troppo testardo e Mark troppo codardo per insistere e farlo restare. Per dirgli che lo amava più della fama, del successo, della sua stessa vita. Quelle poche parole erano rimaste non dette, ma entrambi le avevano pronunciate un'infinità di volte.

E poi era tornato.

Era bastata una sua mail, e Robbie si era presentato in studio, pronto a scusarsi con Gary e tutti gli altri. Avevano inciso Progress e tutto era tornato come ai vecchi tempi, se non meglio. Durante il tour erano stati l'uno il supporto dell'altro, si erano amati di nuovo, senza parlare troppo, solo, loro due, le camere degli hotel e una felicità che era mancata ad entrambi per troppo tempo. Fuori le loro rispettive compagne e il mondo intero.

-I tuoi invece?- si decise a chiedere Mark, dopo che il silenzio tra loro era diventato troppo pesante.

-Sono perfetti.- rispose Robbie. -Conoscono già tutte le parolacce.-

-Hanno imparato dal migliore- sorrise Mark, facendo ridere l'altro.

-Già.- Robbie guardava Mark, illuminato solamente dalle luci intermittenti dell'albero di Natale accanto al divano. Sorrideva anche lui, ma era un sorriso nostalgico e malinconico.

-Mark...- la sua voce era un sussurro adesso. Aveva paura, aveva fottutamente paura di dire qualcosa che potesse ferirlo ancora di più, perché lui lo sapeva. Sapeva quanto Mark dipendesse da lui, per un certo periodo l'aveva avvertita come una vera e propria responsabilità. Finché non si era accorto di provare la stessa cosa per lui.

Mark alzò lo sguardo su di lui. Dio, quanto gli faceva male solamente vederlo. Era ancora bello da togliere il fiato, con quei maledetti occhi azzurri e quella dolcezza nel viso che aveva solo quando si rivolgeva a lui. -Dimmi perché sei venuto.-

-Mi manchi.-

Per quanto Mark, durante gli ultimi anni, avesse sperato con tutta l'anima di sentir pronunciare quelle due parole, in quel momento gli scatenarono un'inaspettata rabbia. -Mi hai lasciato tu, Rob. Mi hai lasciato nonostante io ti abbia supplicato di non farlo.- gli occhi lucidi, la voce gli tremava. -Hai preferito lei ancora una volta-

-Era incinta.- Robbie chiuse gli occhi, una fitta al petto.

-Era un porto sicuro, lontano dai pettegolezzi e dai rumor sulla tua sessualità.- ribatté l'altro, sempre più acceso. -Era più facile così, piuttosto che fare i conti con quello che provavi per me. Lo è sempre stato, Rob, per questo non facevi altro che scopare a destra e a manca con ogni donna che ti si parava davanti! Ti manco? Non posso farci proprio niente, è stata una tua scelta. Che cosa ti aspetti che ti dica?-

Robbie fu preso completamente alla sprovvista, non aveva mai visto Mark così arrabbiato e fuori controllo. Neanche quando stava lottando la sua battaglia contro l'alcool. Non sapeva cosa fare, cosa dire, lui non era il tipo di persona brava a scusarsi e ad ammettere i propri errori.

-Che mi sei mancato anche tu? Eh, vorresti che te lo dicessi?- Mark continuava, come se si fosse tenuto dentro quelle cose per tutti quegli anni, e adesso era giunto al limite, perché tutta la sua vita era andata a puttane per colpa di quello che provava per Robbie. -Certo che mi sei mancato anche tu, come l'aria, brutto idiota che non sei altro. Contento? Adesso il tuo ego è di nuovo gonfio come un pallonc- non finì la frase perché a quel punto le labbra di Robbie si poggiarono sulle sue con violenza, l'unico modo per farlo smettere di parlare, di ferirlo, di farlo sentire un completo figlio di puttana. La sua mano dietro la nuca di Mark, a tenerlo vicino a lui, dove sarebbe dovuto stare sempre. Quando le loro labbra si allontanarono, Robbie la mantenne lì, mentre con le dita giocava con i capelli lisci dell'altro, e le loro fronti erano ancora unite. Mark aveva gli occhi gonfi di lacrime, ma stava facendo di tutto pur di non cedere; Robbie sorrise. -Adesso stai zitto e mi fai spiegare il motivo per cui sono qui, va bene?- mormorò, senza interrompere neanche per un istante il loro contatto visivo. Mark annuì, prima di sollevare una mano e accarezzare i capelli corti di Robbie, in un gesto che sapeva di familiarità ed intimità.

-Sai, la spiegazione più facile sarebbe la canzone di Mariah Carey...- iniziò Robbie.

-Non ti azzardare a cantare “All I Want for Christmas”, Rob, potrei ucciderti.-

-D'accordo, d'accordo, stavo cercando di sdrammatizzare.- ridacchiò il maggiore. -Il punto è che... ero a letto con lo stomaco pieno per il cenone della Vigilia e non riuscivo a dormire. Ripensavo ai mesi appena trascorsi e... mi sono sentito di nuovo in quel modo, Mark. Inadeguato alla vita che stavo vivendo, fuori posto e incompleto. Non era come quando mi drogavo o bevevo, ovviamente, ma il vuoto che sentivo era ugualmente profondo. Mi è bastata Ayda che mi chiedeva se ti avessi fatto gli auguri per capire. Mi mancavi, eri tu che stavi provocando il mio vuoto. O meglio, ero io che avevo fatto in modo che tu me lo causassi. Quando ti ho lasciato, pensavo che dei figli mi avrebbero dato la tanto agognata felicità che ancora non ero riuscito a trovare.- gli accarezzò le guance, e Mark chiuse gli occhi al contatto. -Ovvio che i miei figli mi rendono felice, ma... sei tu, Markie. Sei sempre stato tu. La mia vera felicità.- non sapeva come aveva fatto a dire quelle cose, lui, che sdolcinato e sentimentale non era mai. Quelle parole gli erano scivolate via così, naturalmente. Si zittì un attimo, in attesa di una risposta.

Risposta che, quando arrivò, gli fece esplodere il cuore.

-Lo sai che ti amo, vero?- Mark si era lasciato sfuggire una lacrima che prontamente Robbie gli asciugò con un polpastrello. -e che amarti è la cosa più estenuante del mondo?-

Robbie sorrise, alzando le spalle. -Non è facile, te lo concedo.-

-Figlio di puttana.- questa volta fu Mark a prendere l'iniziativa e baciare l'altro. Fu un bacio dolce, molto diverso da quelli bramosi e violenti che si erano concessi ai vecchi tempi. Robbie ricambiò, socchiudendo le labbra e lasciando che la lingua di Mark avvolgesse la sua, in un bacio che di casto ormai non aveva già più nulla.

Mani che si intrecciavano e poi vagavano le une sul corpo dell'altro, sopra i vestiti, e poi sotto, e poi tra i capelli, sul viso, sui fianchi.

Presto Robbie sovrastò Mark che si distese sul divano, i loro respiri che si fondevano, si facevano affannosi. -Ti amo- Robbie neanche si accorse di averlo detto, gli era sfuggito mentre ancora si baciavano, tra un sospiro e l'altro, e sperò che Mark non lo avesse sentito. Speranza vana, naturalmente.

-Dillo di nuovo.- la voce rauca di Mark gli provocò un brivido lungo la spina dorsale e non se la sentì proprio di contraddirlo.

-Ti amo- e lo baciò, la bocca spalancata. -ti amo, ti amo, ti amo.- la sua mano sul rigonfiamento dei pantaloni di Mark. -dio, ti amo-

L'altro si lasciò scappare un gemito, il volto totalmente arrossato, e fece ancora più pressione contro il corpo di Robbie. -Ancora.-

-... ti ho sempre amato- Robbie gli baciò il collo, prima di staccarsi un attimo per sfilarsi la maglietta e aiutarlo a togliersi la sua. Si chinò di nuovo su Mark che iniziò a tastare ogni centimetro di pelle e muscoli tatuati. Cristo, quanto gli erano mancati. Era incredibile come Robbie si fosse mantenuto bene. Era quasi meglio dei vecchi tempi. Arrivò al collo e allora lo afferrò da dietro la nuca per baciarlo di nuovo. -...e non smetterò mai di amarti.- ansimò Robbie, il fiato corto, l'eccitazione a livelli indescrivibili.

In un attimo i pantaloni e i boxer erano finiti sotto l'albero di Natale, e Robbie era dentro Mark.

Ed eccola lì.

La sensazione di completezza, di realizzazione, di incontenibile e massima felicità.

Il corpo esile di Mark di nuovo incastrato nel suo, il suo collo esposto, gli occhi chiusi, i capelli sudati attaccati alla fronte. Era perfetto, e Robbie si domandò come avesse fatto a metterci così tanto per rendersene conto. Come avesse potuto essere così stupido e cieco, quando la sua vera gioia era sempre stata lì. Sul palco, nel backstage, in ginocchio accanto a lui nel bagno quando era troppo fatto per riuscire a vomitare o a tenersi in piedi da solo. Mark c'era stato in ogni momento ritenuto importante della sua vita; in ogni momento più disperato e buio, in ogni momento più sereno e spensierato.

Ricominciò a baciarlo, non era mai abbastanza, le braccia di Mark attorno al suo collo, mentre le spinte si erano fatte più forti e veloci, così come i loro gemiti, i loro sospiri, i loro battiti. L'ultimo bacio prima che entrambi venissero fu di nuovo dolce, Mark gli aveva preso il viso tra le mani, lo aveva guardato con gli occhi colmi di lacrime e gli aveva sussurrato “Era così che sarebbe dovuta andare.”

Dopo l'orgasmo, Robbie rimase accasciato su Mark, senza forze, il viso affondato nella sua spalla, mentre l'altro gli accarezzava la schiena e i loro respiri piano piano si regolarizzavano.

-Resta.- disse poi Mark, dopo che l'altro si fu steso accanto a lui.

Robbie cercò il suo sguardo. -Resto.-

Mark sorrise, prima di chiudere gli occhi ed addormentarsi.

 

I don't want a lot for Christmas...

 

Mark si stropicciò gli occhi, sbadigliando. La luce del sole lo investì in pieno, ricordandogli di essere in salotto; le immagini della notte appena passata gli tornarono immediatamente in mente. Era successo davvero?

 

there is just one thing I need...

 

La voce di Robbie che cantava gli arrivò in risposta. Sorrise, mettendosi a sedere sul divano e stiracchiandosi. L'occhio gli cadde sui loro vestiti, caduti precisamente sotto l'albero di Natale.

 

I don't care about the presents
Underneath the Christmas tree...

 

Sbaglio o gli aveva chiesto di non cantare quella canzone? Si avvicinò all'albero e, con un ghigno, s'infilò i boxer di Robbie, prima di avviarsi in cucina, da dove provenivano le sue note soavi e un piacevole odore di bacon.

 

I just want you for my own
More than you could ever know...

 

Mark non poté evitare di scoppiare in una fragorosa risata davanti alla scena che gli si parò davanti. Robbie era ai fornelli, indossando solamente il grembiule da cucina, dandogli le spalle, in modo che il suo meraviglioso culo fosse totalmente esposto alla sua vista, muovendo qualche passo di danza mentre continuava a cantare.

 

Make my wish come true...

 

Robbie s'interruppe, sentendo l'altro sghignazzare. -Markie!- il sorriso a trentadue denti.

-Sei ridicolo.- Mark incrociò le braccia.

Lo sguardo di Robbie si soffermò sui suoi boxer indossati dall'altro. -E tu sei più appetitoso di questo bacon- gli si avvicinò e lo baciò.

Quando si staccarono Mark lo sapeva, sapeva cosa stava per dire quell'idiota. -Non farlo.-

All I...

-Smettila.-

Want...

-Non cantare mentre ci stiamo per baciare, non siamo in un musical-

for Christmas...

-E' imbarazzan-

Is you.

 

 

 

 

 

 

  
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