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Autore: gufostorm    25/12/2016    1 recensioni
Da qualche anno, il Natale aveva perso ogni suo significato; ogni gioia, ogni risata, tutto se ne era andato, come mia mamma...
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Da qualche anno, il Natale aveva perso ogni suo significato; ogni gioia, ogni risata, tutto se ne era andato, come mia mamma. Esattamente un anno fa, la mattina di Natale, mio papà mi svegliò in lacrime, farfugliando parole senza senso. Allora cercai la mamma, chiedendomi perché papà piangesse così, perché a Natale non si deve piangere, non si deve essere tristi. Entrai in camera, la mamma dormiva ancora. Allora cercai di svegliarla, di chiamarla, ma la mamma non si voleva svegliare. Salii sul letto, poi la accarezzai e la abbracciai, magar così si sarebbe svegliata, ma nulla. Poi il mio papà mi trascinò via, dicendomi di non toccarla, di non entrare più in camera. Mi portò in bagno e mi fece spogliare, per poi dirmi di lavarmi bene, di far sparire tutto quel colore rosso che non sapevo dove aver preso. Feci come mi aveva detto, continuando a chiedermi il perché di quelle lacrime, di quella voce strozzata. Lo sentii parlare velocemente al telefono, poi lo sentii dirmi di andare in salotto e di non muovermi più. Ancora una volta gli obbedii.
Passò molto tempo, durante il quale tanta gente che non avevo mai visto entrava ed usciva di casa, poi una donna bionda con un’espressione triste mi venne a parlare.
Perché era triste anche lei, come il papà?
Poi capii.
La donna mi disse che la mia mamma non si sarebbe più svegliata. Mi disse che la dovevano portare via, e che non l’avrei mai più rivista.
Anche io allora diventai triste.
Come era possibile che la mia mamma non si sarebbe mai più svegliata? Voleva dire che non mi avrebbe mai più abbracciato, cullato, preparato la pappa, giocato con me…eppure ieri sera, prima di andare a dormire, era così vivace, così allegra. Avevamo giocato insieme fino a tardi, aveva urlato e gridato fino ad addormentarsi, perché ora non voleva più svegliarsi?
 
Esano passati ormai anni da quel Natale, ed io avevo finalmente capito perché la mia mamma non si era più svegliata quella mattina.
Ormai ero grande, ed ero riuscita a buttarmi tutto alle spalle, ma non era così per il mio papà. Ancora era triste, non riusciva ad accettare che la mamma se ne era andata per sempre, e non riusciva a sopportare la gioia del Natale. Ecco perché quest’anno gli avevo fatto un regalo speciale.
Lo trascinai a forza in cantina, dove segretamente avevo addobbato un piccolo abete. Lo feci sedere lì affianco, e poi lentamente e titubante gli porsi il primo pacchetto.
Lo guardai aprire lentamente il pacchetto, poi la sua espressione cambio; da curiosa divenne inorridita, poi lanciò via la scatolina, facendo cadere a terra il suo contenuto. Due piccoli e lucidi occhi rotolarono lentamente sul pavimento della cantina. Mi fiondai immediatamente a raccoglierli, chiedendomi perché il mio papà li avesse buttati; dopo tutta la fatica che avevo fatto per trovarli dello stesso colore della mamma, perché li aveva gettati via così?
Tenendo quei dolci occhi freddi fra le mani, mi volsi a guardare il mio papà, in cerca di una risposta.
Lo trovai rannicchiato vicino al muro, gli occhi sgranati.
Mi avvicinai lentamente, per poi porgergli di nuovo il mio regalo.
"Guarda papà, sono come quelli della mamma. Sai, è stato difficile trovarli, ma alla fine ce l’ho fatta. Ho trovato tutto, è tutto come la mamma, basta solo attaccare i pezzi fra loro, poi la mamma tornerà con noi e tu non sarai più triste."
Gli sorrisi, convinta che finalmente avrebbe capito la bellezza del mio regalo, ma il suo sguardo ora era ancora più inorridito e spaventato.
Poi una strana luce balenò sul suo viso, una luce che avevo già visto fin troppe volte sul volto di quelle donne a cui avevo chiesto di aiutarmi con il regalo.
Non gli avrei mai permesso di farlo, di rovinare finalmente un Natale così perfetto.
Lo vidi scattare in avanti, verso le scale, verso l’unica via d’uscita, che trovò chiusa.
Mi alzai lentamente, allungando una mano dietro il piccolo abete.
"Salutami la mamma, papà."
Mi gettai su di lui, l’ascia che tagliava dolcemente la carne del suo collo. 
   
 
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