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Autore: Gwenhwyvar    25/12/2016    0 recensioni
Questa raccolta è tratta dalla mia altra storia e approfondisce aspetti del vissuto di alcuni semidei che ho creato. Non è necessario leggere la storia principale, possono essere lette come storie di vita vissuta di semidei a caso.
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I) Michael
Il tragitto fu silenzioso per poco tempo quando la voce di Ester lo distolse dal guardare l’orizzonte. >.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuova generazione di Semidei, Nuovo personaggio, Reyna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Innanzitutto:
 
Auguri a tutti di Buon Natale! Spero che passiate piacevolmente questo periodo tanto atteso da tutti gli studenti ( non so voi ma io non ne potevo più … tanto so che c’è qualcuno che concorda lì fuori, I know it u.u).
Nello scorso capitolo della mia altra storia avevo annunciato che ci sarebbe stato questo “speciale” natalizio perché volevo trattare delle festività dei semidei che avevo creato allo scopo di approfondirne il passato, il carattere e situazioni familiari.
Ritengo che possano essere lette senza aver prima letto la storia principale (quindi da leggere come storie di semidei romani random) ma in caso decideste di leggerla, vi assicuro che troverete degli spoiler.
I capitoli saranno intitolati con il nome del protagonista sia perché non trovavo titoli decentti sia perché mi ricorda la serie televisiva Skins e mi piaceva un sacco come idea. Il titolo generale è ispirato alla canzone "War Is Over" di John Lennon.
Passiamo al capitolo.
In questo capitolo parlerà di patologie mentali che non sono sicura di aver reso bene, del resto è la prima volta che ci provo e vorrei sapere il parere di qualche persona a caso che possa essere così gentile e annoiata da concedermi un po’ del suo tempo.
Il racconto è ambientato in un luogo sperduto, ovvero dove Gesù Cristo ha perso le scarpe ( in effetti dopo 2016 anni gliele potrebbero regalare invece dei soliti oro, incenso e mirra ), però vi assicurò che l’Orcas Island e le cittadine di Eastsound e Rosario esistono veramente. Certo, è un ‘isola talmete piccola che in poco tempo la si può percorrere tutta per questo magari i viaggi vi sembreranno un po’ corti.
Vi lascio al racconto e al suo protagonista, Michael.
Ancora auguri,
 
Gwenhwyvar.




 

I.              MICHAEL

 
 Michael era appena sceso dall’autobus che lo aveva portato a Eastsound il più grande agglomerato di case dell’Orcas Island che a sua volta era l’isola più grande dell’arcipelago di San Juan, nello stato di Washington. Disgraziatamente per lui, durante l’inverno non era accessibile il traghetto che lo portasse fino a Eastsound ed era rimasto quasi due ore ad aspettare l’autobus che lo portasse fin lì. E per circa venti minuti ebbe il serio dubbio di non aver preso un autobus ma uno di quei camion frigoriferi per il trasporto di merce deperibile.
L’autobus lo aveva lasciato neanche troppo vicino a casa ma decise di scendere lo stesso per riscaldarsi un po’ e anche perché l’autobus avrebbe fatto un percorso che lo avrebbe portato ancora più lontano.
Abituato com’era al clima più gentile di Nuova Roma, il clima di quella parte di Washington, così freddo e pungente sembrava penetrargli fin dentro le ossa per insidiarsi in lui e fallo diventare una parte di sé.
La cittadina ci era riuscita. Michael poteva continuare a camminare ad occhi chiusi e i suoi piedi lo avrebbero portato dove desiderava, avrebbe saputo come camminare per non scivolare sul ghiaccio che ricopriva le strade.
Quando giunse a casa sua sentì l’esitazione che lo reclamava come il freddo. Bussò ugualmente poiché il sole era già tramontato e si era alzato un vento che portava la scia salmastra dell’oceano.
Ad aprirgli fu una donna dai capelli color platino e  che lo guardava con il solito, freddo astio color azzurro ghiaccio. << Ah, eccoti! >> mormorò aspramente socchiudendogli la porta come se non volesse farlo entrare. Di sicuro ne era capace così Michael frappose il piede tra la porta e lo stipite per poi infilarsi dentro con una mossa agile. La donna non aveva scelta che aprire così che Michael potesse far entrare il suo bagaglio. Aveva portato poche cose, sapeva che sarebbe rimasto per non più di tre giorni. Forse sarebbe partito prima.
<< Ciao Ester, >> la salutò con il tono freddo come il clima di quel giorno. << Come sta papà? >>.
Il padre di Michael soffriva dal ritorno dalla guerra di disturbo post-traumatico da stress che gli portava ad avere allucinazione, forte irritabilità e molta ansia che gli impedivano di vivere appieno la vita familiare o di intraprendere relazioni sociali con altre persone, o almeno a detta di suo padre che si era fatto persuadere da queste convinzioni.
<< A quindi te lo ricordi che hai un padre? Ti serve il tetto sotto cui stare, non è così? >> le rispose malevola l’altra e Michael decise di ignorarla e di andare a vedere lui stesso il padre.
Si trovava in cucina, alzato a guardare fuori dalla finestra. I nonni di Michael non potevano immaginare che il fagottino che era stato suo padre avrebbe avuto una tale somiglianza con il David di Michelangelo, di cui portava il nome. Il fatto di somigliare a famose opere d’arte doveva essere un tratto di famiglia perché Lucas gli diceva sempre che somigliava all’Apollo del Belvedere. Lui gli chiedeva sempre se non trovasse inquietante il fatto che somigliasse al padre divino di lui. C’era rimasto molto male perché se ti dicono che somigli al proprio padre non hai molte chance di conquista. O forse gli stava insultando l’arnese tra le gambe, dato che è tremendamente piccolo quello scolpito dagli artisti greci, ma non era nello stile di Lucas. E poi Lucas non lo aveva mai visto come mamma l’aveva fatto.
David Knight  sembrò girarsi appena e con la coda dell’occhio lo riconobbe. Michael si congelò all’istante. Era sempre meglio annunciarsi invece di apparire nel suo campo visivo come se fossi un Lario perché poteva avere reazioni aggressive.
<< Figlio mio, Michael >> attraversò la stanza e lo abbracciò a lungo. Michael gli portò le mani alle spalle e lo strinse seppur non troppo forte.
<< Mi somigli così tanto! Anche se hai un che di particolare che mi ricorda tua madre >> gli disse guardandolo, dopo che sciolse il loro abbraccio.
In effetti, si somigliavano talmente tanto che il test del DNA sarebbe stato solo superfluo. Gli stessi capelli color cioccolato e ricci, gli occhi erano un misto di celeste e verde, i lineamenti del viso squadrati ma non troppo spigolosi, il labbro inferiore più pieno rispetto a quello superiore. Il fisico muscoloso ma asciutto, con le spalle leggermente più larghe per le lunghe nuotate. Il colore della pelle del padre poteva essere anche più scura e abbronzata come lo era al ritorno dalla guerra ed ora era chiarissima in quanto il sole non si vedeva tanto frequentemente quanto gli imperatori che venivano uccisi dai pretoriani nell’Antica Roma.
<< Si, è bello vederti papà >> azzardò a dire il semidio e il padre gli scompigliò i capelli.
<< Anche per me è bello rivederti. Ora voglio andare a riposare. >> fece suo padre e Michael gli disse che non c’era alcun problema. Inoltre anche lui era stanco e doveva ancora posare le sue cose.
 
La sua camera da letto, così come il resto della casa, ricordavano a Michael quei cottage montanari e gli ci voleva sempre un po’ per ricordarsi le travi di legno erano un’illusione della carta da parati. Tutti i mobili erano fatti di legno e decorati nella maniera più economica possibile, alternando un verde spento e il bianco. A Michael non era mai dispiaciuto anche perché in passato cerva di evitare sempre di stare in casa.
Si sdraiò sul letto e ripensò a quegli affettuosi momenti con il padre, cercando di rivivere quei momenti che non sapeva quando gli sarebbero ricapitati.
Chiuse gli occhi. Sicuramente avrebbe sentito Ester urlare quando la “riunione familiare natalizia” sarebbe iniziata.
 
<< MICHAEL! >> strillò la sua matrigna che si era precipitata nella sua stanza. Gli strappò le coperte di dosso e il freddo gli fece passare la sensazione di intontimento che il brusco risveglio gli aveva causato.
<< Cosa è successo? >> domandò lui con la voce ancora impastata di sonno.
<< Non trovo tuo padre! Alzati, disgraziato! >> sbraitò lei e Michael si alzò subito.
In tutta la proprietà dei Knight non c’era traccia dell’uomo perciò Michael decise di uscire. Conosceva quella città e i boschi intorno ad essa abbastanza bene in più aveva nevicato mentre dormiva. Ora avevano delle impronte.
<< Michael! Non te ne andare senza di me! >> gridò Ester e il semidio roteò gli occhi. Quella lì l’avrebbe solo rallentato tuttavia avrebbe comportato una maggiore perdita di tempo se avesse provato a convincerla a stare in casa.
Eastsound era molto piccola perciò dopo mezz’ora arrivarono dove finiva la scia d’impronte. Ed era dove si trovava una fermata dell’autobus. “Grazie papà per la fantastica gita che mi stai regalando con la pazza che hai sposato e che mi odia,” pensò il figlio di Venere, sarcastico.
<< Quindi pensi a questo? >> lo attaccò la suddetta pazza e Michael pensò che effettivamente era normale che una strega del genere potesse leggere nella mente. Poi pensò che era una mortale e che era lui ad aver pensato ad alta voce.
<< Ti stupisci? >> gli rispose freddo lui per poi entrare in un locale vicino. Ester lo seguì.
Il locale era fatto di legno e c’era già odore di alcolici, cosa che non lo rincuorava troppo mentre si avvicinava verso degli uomini che erano seduti vicino alla vetrina.
<< Avete visto un uomo alto più o meno come me e che mi somiglia prendere un autobus di recente? >> domandò e quelli non lo ascoltavano nemmeno. Tutti ubriachi.
<< Meglio lasciarli perdere. Non credo che ti potranno aiutare. Come non aiuteranno il mio portafoglio tra l’altro perché dovrò riaccompagnarli a casa. >> fece un uomo calvo e dalla barba rossa, indossava jeans, scarponi e una camicia a quadri verde. << E’ una tristezza ubriacarsi la Vigilia di Natale. Posso aiutarvi? >>.
Ester prese la parola e chiese se avesse visto un uomo che somigliasse a Michael descrivendo pure i vestiti che potrebbe indossare.
L’uomo lo guardò. << Il caro David Knight, eh? In effetti siete identici. Si, mi pare di averlo visto prendere il bus. Aveva un borsone e una tenda alle spalle. Quello lì dovrebbe portare a Rosario, se non sbaglio, confermi amico >> chiese rivolgendosi al barista
<< Dici giusto, amico >> s’introdusse il barista.
<< Grazie mille. >> rispose Ester ed era talmente grata da sembrare umana. << Se sapeste sue notizie potreste chiamarmi >> e il barista prese il foglio che la donna gli porse.
Entrambi corsero verso casa, Michael andò a prendere alcune foto mentre la matrigna azionava la macchina.
Il tragitto fu silenzioso per poco tempo quando la voce di Ester lo distolse dal guardare l’orizzonte. << Sai perché non ti posso vedere? Perché ti odio? >>
Il figlio di Venere la guardò, in silenzio.
<< Anche quando tutti ti dicono che sei identico a tuo padre, hai qualcosa in più tu che non appartiene a David, sicuramente appartiene a tua madre … >> iniziò lei per poi essere interrotta dal ragazzo.
<< Mi stai dicendo che hai complessi di inferiorità e gelosia verso una donna che non hai mai conosciuto? >> fece Michael con un tono di scherno.
<< All’inizio. Tu hai qualcosa in più di un normale ragazzo come lo aveva lei. Avrei tanto voluto avere un figlio così.>> completò lei e si ammutolì di colpo.
Michael non aveva mai avuto il bisogno di rassicurare quella donna. Lo aveva sempre trattato malissimo, tanto che era scappato di casa in pieno inverno e ritrovato nei boschi quasi congelato. << Ho incontrato mia madre una volta sola. E non per essere cattivo, ci credo che mio padre non si mai riuscito veramente a dimenticarla. Ma se ci pensi bene, tuttavia mio padre ti ha voluta al suo fianco, nonostante il ricordo doloroso di una donna indimenticabile. Inoltre sei forte, tu. Guardi ogni giorno mio padre in quello stato mentre io non riesco a sopportarlo >>.
Ci fu un silenzio abbastanza lungo da far pensare a Michael che la questione fosse chiusa.
<< Ho sempre voluto un figlio. Ti guardavo e pensavo a come poteva essere questo ragazzo o questa ragazza. Ero fermamente convinta che non volevo fosse come te. Non sono mai stata tanto cieca >>, ed Ester prese una pausa.
<< Quando ti dicono che somigli tanto a tuo padre, tu hai paura Michael. Paura che un giorno tu possa spezzarti in quella maniera. Ma David … io credo che stia lottando, non è ancora un uomo spezzato. E’ sicuramente difficile vivere con certi ricordi … tuo padre ci prova. Il suo medico dice ha fatto un passo avanti >>.
Michael poté solo guardarla.  Aveva una lucidità che al Campo Giove poteva essere solo ammirata nonostante la paura che l’attanagliava e che attanagliava anche lui. Come il freddo quando era arrivato lì, poche ore fa.
<< Ho idea di dove può essere andato. Ci stavo pensando prima di questa discussione. Oggi è stato un filino troppo paterno per uno che è convinto di non poter mai più comportarsi da padre. Ti ricordi quando quattro anni fa sono scappato a Rosario e lui era venuto a riprendermi? >> chiese Michael.
<< Ti avevo fatto arrabbiare tanto quella volta >>borbottò lei con un sorriso amaro. << Questo cosa può voler dire? >>
<< Tu oggi avrai sbraitato acidamente sul mio arrivo, no? E se fosse un tentativo di riunirci? >> ipotizzò il figlio di Venere.
<< E’ la prima volta che ci diciamo qualcosa di carino. Non rovinare tutto. C’è anche la possibilità che abbia preso un mezzo a caso, sai? >> .
<< Preferisco pensare di no. Anche solo perché mi dà la sicurezza che possiamo ritrovarlo in fretta e tornarcene a casa in tranquillità. E poi si è portato la tenda, sapeva cosa stava facendo. >> proferì Michael mentre oltrepassavano un cartello con scritto “Rosario”. Il figlio di Venere diede le indicazioni alla matrigna per raggiungere la spiaggia. Dopo un po’ dovettero scendere dall’auto per proseguire a piedi attraverso gli alberi di conifere. Si trattava di un piccolo tratto che lasciava subito spazio a rocce ricoperte di erba secca e ingiallita. C’era anche del terreno adatto per piantare i pali di una tenda da campeggio. E infatti spiccava tra il grigio dell’acqua e delle rocce e il giallo dell’erba secca, una chiazza blu elettrico. Era una cosa carina che almeno a Rosario non ci fosse tutta quella neve, almeno suo padre aveva meno chance di morire assiderato.
Un uomo uscì dalla tenda e si avvicinò all’acqua.
Michael si sentì improvvisamente trascinato dai ricordi di quando suo padre lo aspettava in riva al mare mentre lui si spogliava. Poi cominciavano a nuotare. Grazie a lui era diventato uno dei più bravi nuotatori del Campo Giove e forse anche del Campo Mezzosangue ( escludendo il figlio di Poseidone per ovvi motivi. Però quel Percy una volta gli aveva fatto i complimenti!).
<< Papà! >> disse e l’uomo si voltò. Era lui e il sollievo fu talmente tanto che Michael capì solo ora quanto lo ghermiva la preoccupazione.
David Knight sorrise e iniziò ad avvicinarsi a loro. Anche Ester si avvicinò a lui e quando furono abbastanza vicini, lei lo abbracciò fortissimo senza preoccuparsi delle conseguenze che un gesto del genere avrebbe potuto comportare.
Michael provò felicità nel vederli invece del solito fastidio.
Dopo un po’ fu proprio Ester a invitare il figlio di Venere a raggiungerli.
Michael aveva sempre adorato l’isola di Orcas perché dopotutto è un bel luogo dove vivere, silenzioso e pacifico. Vi aveva sempre trovato freddo però.
<< Io ci sto provando, sapete? Voglio solo che voi due ci siate sempre l’uno per l’altra perché se no non posso avere  abbastanza forza, ci siamo? >> sussurrò suo padre.
Ester sussurrava cose che il ragazzo non riusciva comprendere. Michael, invece, piangeva.


 

   
 
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