Quinto capitolo: Svegliarsi
Si
svegliò con un terribile mal di testa. Si voltò nel letto notando che il
giaciglio che James si era fatto per terra era vuoto, il ragazzo doveva essersi
svegliato prima di lei. Vedendo la bottiglia fece una smorfia, se c’era
qualcuno che non reggeva l’alcool quella era lei. Ricordava di aver parlato con
James, ricordava che lui era stato comprensivo e ricordava che aveva proposto
un brindisi, poi il resto si faceva confuso. L’unica cosa di cui era sicura è
che si era svegliata in piena notte e aveva visto James dormire sul pavimento
tra coperte e cuscini, sorridendo del suo essere gentleman lo aveva nascosto
con un’ulteriore coperta e poi era tornata a dormire.
Kara guardò l’ora e si tirò a sedere
di scatto, erano le due di pomeriggio, Lena doveva essere… un ondata di mal di
testa la fece ricadere tra i cuscini. Alla fine raccolse il coraggio e si alzò,
si infilò sotto la doccia e iniziò a sentirsi meglio, il mal di testa stava
migliorando. Si rivestì e scese in cucina sperando di poter mangiare qualcosa
che la svegliasse del tutto.
“Buon
pomeriggio, Miss.” La salutò la cameriera mentre le porgeva un bicchiere con
un’aspirina e dei toast.
“Oh…”
Disse, sorpresa. Non era sfuggito a nessuno la sua notte brava?
“Mister
Olsen mi ha chiesto di prepararvela per quando vi
svegliavate, Miss, e mi ha chiesto di dirvi che andava a sciare.” Spiegò la
ragazza lasciandosi sfuggire un sorriso divertito.
“Molto
gentile, grazie.” Prese l’aspirina e mangiò i toast, quando finì si sentiva
decisamente meglio. “Dov’è Lena?” Chiese poi, impaziente di vederla.
“Ha
chiesto di non essere disturbarla.” Kara sollevò un
sopracciglio stupita, poi decise che sicuramente quello che aveva da dirle era
più importante di un meeting di lavoro o di chissà cos’altro stesse facendo la
ragazza nella torre. Arrivata alle scale, però, incontrò Wallace.
“Kara, piccola, ti dispiacerebbe aiutarmi? Non trovo la mia
pipa.”
“Non
dovrebbe fumare, Wallace.” Lo sgridò lei, ma lui scosse la testa.
“Non
la fumo, no, no, la tengo solo in bocca.” A quel punto Kara
non poté esimersi, così lanciò uno sguardo dispiaciuto verso le strette scale
che portavano alla torre e si strinse nelle spalle mettendosi alla ricerca
della pipa.
Quando
la trovò ci fu un’altra richiesta e poi una terza, sembrava che Wallace avesse
deciso di tenerla occupata per tutto il pomeriggio. Quando ormai il sole era
basso tra le montagne James tornò. Kara lo osservò e
lui le fece un piccolo sorriso tirato, era chiaro che stesse ancora soffrendo,
ma faceva del suo meglio.
“Oh
James, sono contento che sei arrivato, Kara si
sentiva sola così le ho fatto compagnia, non è stato gentile da parte tua
lasciarla qui e andartene.” Affermò il vecchio Luthor
sedendosi sulla sua poltrona.
“Lena
non…” Incominciò lui guardando perplesso verso Kara,
ma Wallace lo interruppe.
“Lena
è dovuta partire, ha detto che doveva fare una cosa urgente e che le
dispiaceva. Ero sicuro che ve lo avesse detto.”
“Lena
è partita?” Chiese con un tono troppo alto Kara.
“Non
mi ha detto niente, eppure questa mattina è venuta a svegliarmi e…” Nel vedere
lo sguardo di Kara, James si fermò, corrucciando le
sopracciglia perplesso.
“Lei
è venuta a svegliarci? Quando, come… ha visto…?” James sbatté le palpebre
confuso poi sul suo sguardo apparve la comprensione.
“Avrei
dovuto capirlo… ieri non la smettevi di dirmi quanto fosse bella e intelligente
e di parlarmi del modo in cui i suoi occhi cambiano colore a seconda della sua
emozione…” Kara arrossì confermando le parole di
James. “Ti sei innamorata di lei?” Chiese allora il ragazzo, il tono duro.
“Non
è successo niente tra di noi, nulla, lei non ha voluto…” Arrossì di nuovo e
James si passò la mano sugli occhi, forse quello era troppo da sopportare anche
per lui.
“Non
ci vorrà molto prima che arrivi all’aeroporto.” Entrambi guardarono Wallace, si
erano dimenticati dell’anziano signore, ma lui non sembrava mai essere stato
più lucido. “Se devi andare a riprendertela, è meglio che ti muovi mia piccola Kara, posso fare qualche chiamata e tenere il jet dei Luthor a terra per qualche ora più del necessario, ho un
amico nella torre di controllo, ma non posso farti volare.”
Kara sbatté le palpebre e poi guardò
James. L’uomo rimase un lungo momento in silenzio, inespressivo poi scosse la
testa e sospirò.
“Va
bene, ma ti accompagno, volare di notte tra queste montagne non è il massimo e
ti servirà un copilota con un minimo di esperienza del luogo.” Kara sentì le sue labbra incresparsi in un sorriso che non
riusciva a trattenere, James scosse si nuovo la testa poi sorrise, un sorriso
un poco amareggiata, ma pur sempre un sorriso. “Siamo amici dopo tutto, no?”
Kara lo abbracciò con forza poi si
separò da lui e iniziò a correre.
“Kara! Aspetta!” Il giovane afferrò la giacca che uno dei
domestici gli porse e corse fuori raggiungendo la ragazza.
Lena
sentì la macchina fermarsi e riaprì gli occhi, quando l’autista le aprì la
portiera scese e si ritrovò all’ombra dell’aereo privato della sua compagnia.
Non era nel suo stile fuggire, ma anche lei aveva dei limiti, non avrebbe
sopportato di stare ancora accanto a Kara dopo che
lei aveva deciso di rimanere con James. Quello che era successo o non successo
tra lei e la ragazza non poteva essere ignorato, non da lei almeno, l’unico
modo che aveva per distrarsi era gettarsi sul lavoro e non le importava che
fosse la vigilia di Natale.
Infilò
le mani nel suo cappotto rosso e aspettò che la scaletta fosse fissata all’aereo
chiedendosi perché non fosse già stato fatto e perché solo in quel momento
stavano facendo il rifornimento.
Kara spense il motore del piccolo Piper
e aprì lo sportello per poi gettarsi a terra senza attendere un momento di più,
aveva il terrore di essere arrivata in ritardo, l’orologio scorreva e lei aveva
perso tempo per fare rifornimento all’aereo e per effettuare tutti i controlli
prevolo oltre che nel dover esibire l’abilitazione di pilota notturno. Aveva
chiamato sua sorella perché le mandasse la documentazione e Alex era rimasta
alquanto stupita di sentirla così agitata, presto avrebbe dovuto chiamarla e
spiegarle tutto, ma ora, prima di ogni altra cosa doveva parlare con Lena.
“Signorina…
Signorina!” La chiamò l’addetto di terra che si era avvicinato e che lei aveva
ignorato correndo verso l’hangar che sapeva contenere il piccolo jet privato
della L-Corp. Vedere il profilo del jet le fece tirare un sospiro di sollievo.
Si voltò e vide che James si stava occupando delle formalità allora radunò
tutto il suo coraggio e raggiunse l’aereo.
Lena
era lì, bellissima con i cappelli raccolti e il cappotto rosso, le mani nelle
tasche e il volto pensieroso.
“Lena!”
La chiamò e lei si voltò, sorpresa.
“Cosa
ci fai qui?” Chiese, mentre lei si avvicinava notando subito i cristallini
occhi azzurri.
“Non
partire.”
“Perché?
Per fingere? No, sono una Luthor dopo tutto.”
“Lena…”
La richiamò lei, ma la donna aveva voltato la testa cercando di nascondere le
lacrime che riempivano i suoi occhi.
“Hai
scelto James, posso capirlo, non mi devi nessuna spiegazione.”
“Ho
scelto te, anzi non è stata neppure una scelta: tu, tu e solo tu esisti ormai
nel mio cuore.” La donna voltò la testa, negli occhi un’espressione stupita.
“Ma…”
“Ieri
abbiamo parlato e… bevuto, ma lui ha dormito per terra e abbiamo deciso che
possiamo essere amici.”
“Amici?”
“Sì.”
Confermò. Ora che erano vicine e Kara poteva
specchiarsi in quei bellissimi occhi chiari, il suo cuore incominciò ad
accelerare: e se avesse commesso un errore? E se Lena fosse partita solo per
lavoro e trovasse ridicola la sua improvvisata? Se avesse frainteso le parole
che si erano scambiate? Dopo tutto non era successo niente tra di loro…
I
suoi pensieri si spensero quando Lena sorrise. Fu come se il sole fosse apparso
nella notte, il viso della donna si illuminò, le sue labbra si incresparono
mostrando i denti bianchi e regolari e i suoi occhi cambiarono diventando verde
acqua, limpidi e felici.
Lontano,
da qualche parte, una campana batté i dodici rintocchi: era il giorno di
Natale.
Lena
sfilò le mani dalle tasche del cappotto e le avvolse dietro alla testa di Kara, poi lentamente i loro visi si avvicinarono fino a
quando le loro bocche non si trovarono. Fredde, ma dolci e morbide le loro
labbra si accarezzarono, lentamente, dolcemente. Un bacio, il primo, che tolse
ad entrambe ogni pensiero.
Poco
lontano James fece una smorfia, incrociando le braccia. L’addetto di terra che
aveva seguito, come lui, ogni gesto, sorrise.
“Se
quello non è amore, bello mio, non so cosa lo sia!” James sbuffò, ma non poté
contraddirlo, dopo tutto era un giornalista che amava la verità e sapeva avere
uno sguardo obbiettivo sulle cose e, sì, quello era indubbiamente amore.
Note: Il capitolo è un po’ più corto del solito, ma spero che vi piacerà.
Buon Santo Stefano!