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Autore: Sharon_SassyVampire    26/12/2016    4 recensioni
Priest!Gerard
UniversityStudent!Frank
«Teneva entrambe le mani del ragazzo nelle sue, accarezzandole delicatamente e con fare premuroso.
Frank guardò il dipinto sopra di loro, e credette di vedere una dolce compassione anche nello sguardo delle Vergine.
Una parte di lui sperava che Lei stesse cercando di dirgli, tramite quei Suoi misericordiosi occhi pennellati, che non c’era nulla di sbagliato nel suo amore.
Gerard, invece, ammirava ancora le sue mani e giocava con le dita intorno ad esse, e tutto quel doloroso peso, che si era trascinato fin lì, sembrava sciogliersi ad ogni carezza.
Frank aveva da sempre notato, talvolta con una certa punta di gelosia, quanto al sacerdote piacesse avere le mani altrui tra le sue, stringerle, punzecchiarle, torturarle.
Mikey non riusciva proprio a sopportarlo e si lamentava di quanto, sin da piccoli, sentisse questa necessità di prendergli le mani ogni volta che doveva dirgli qualcosa.
Quello che invece non sapeva, era quanto il sacerdote amasse custodire le sue, quanto ci indugiasse, quanto avesse il bisogno di insistere su ogni singolo solco e per ogni avvallamento delle dita, e non per semplice abitudine o fissazione.
Guardò ancora la Vergine dipinta.»
Genere: Fluff, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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  1. Someone holy insisted

 
 
Le risate dei bambini occupavano ogni angolo della sua attenzione, distraendolo dai suoi pensieri. Correvano instancabilmente da una parte all'altra del piccolo campetto dell'oratorio, lanciando puntualmente la palla contro la rete che li divideva dalla strada e facendo echeggiare le sue molle arrugginite.
 
-"Lo sapevo che non avresti fatto gol nemmeno stavolta! Così impari a scegliermi per la tua squadra la prossima volta."
 
Rise Frank, fingendo di non riuscire a prendere il controllo del pallone.
 
-"Perché mai dovrei volere una schiappa come te!"
 
Lo canzonò divertito il bambino.
Con l'arrivo dell'estate, l'oratorio aveva iniziato a brulicare di ragazzini di tutte le età durante il pomeriggio, occupando gran parte del tempo libero di Frank e facendolo crollare a letto ogni sera.
Non che la cosa gli pesasse, trovava il tempo di studiare al mattino, per poi correre in chiesa per dare una mano in qualsiasi cosa potesse essere utile.
Si divertiva a giocare con i bambini e con i ragazzi, era genuino e puro, che ci fosse un sole cocente o una leggera pioggerellina, lui non si sarebbe mai tirato indietro.
 
-"Goooooooool!!!"
 
Frank si finse abbattuto e incredulo, pensando a quanto fosse semplice rendere qualcuno felice a quell'età.
 
-"Domani vogliamo la rivincita."
 
-"No dai Frank, facciamo un'altra partita! Adessooo!"
 
-"Ma non vi stancate mai?” stirò il colletto della t-shirt portandoselo al viso, asciugandosi grossolanamente alcune gocce di sudore. “e va bene, e va bene. Datemi solo cinque minuti!"
 
Non fece nemmeno in tempo a concludere la frase che tutti erano già pronti a ricominciare.
Sorrise tra sé, cercando di riprendere fiato.
Una bambina gli si avvicinò, lo tirò per la maglietta e gli mostrò un mazzolino di fiorellini, di quelli piccoli e giallognoli, che crescono spontaneamente come erbacce un po’ ovunque, insignificanti ai più, fastidiosi per i giardinieri, abituati ad essere calpestati o ignorati, ma in quel momento il più bel bouquet agli occhi di quella bimba.
Aveva raccolto anche alcune margherite, con i loro petali bianchi ma sfumati sul fucsia verso le punte, che ravvivavano come fiammelle rosate quel prezioso fascio.
 
-"Piaceranno alla mia mamma?"
 
-"Oh ma che belli! Certo che le piaceranno, ne daresti uno anche a me?"
 
Si abbassò, cercando di essere alla stessa altezza della bambina, mentre questa gli porgeva una delle margheritine, e notò che lei scelse proprio la più bella da donargli.
Frank la prese e se la sistemò dietro l'orecchio.
 
-"Come sto?"
 
Chiese con fare vanitoso, guardandosi distrattamente le unghie.
Scoppiarono entrambi a ridere, insieme ad uno dei ragazzini più grandi che nel frattempo si era avvicinato con la palla in mano.
 
-"Dai principessina, la vuoi questa rivincita o no?"
 
-"Ehiehi come mi hai chiamato? Te la faccio vedere io la principessa!"
 
Diede un buffetto sulla guancia della  bambina, pronto a lanciarsi nuovamente nel gioco.
Pochi minuti dopo aver ripreso a correre per il campetto, passò per la strada davanti a loro una macchina che Frank conosceva fin troppo bene, stracolma di scatoloni ammassati gli uni sugli altri, e il già affannato cuore del ragazzo cominciò a volare verso un ritmo quasi impossibile da seguire, fino a precipitargli direttamente alla bocca dello stomaco.
Sembrava fosse lui a tener dietro ai battiti, rincorrendoli per non farseli sfuggire.
Non tardò infatti a fare il suo ingresso una slanciata figura vestita di nero con i capelli leggermente arruffati, come al solito, per noncuranza o pigrizia, ma Frank aveva saputo intravedere un’indole naturalmente ribelle in quel disastro d’inchiostro, ed era piuttosto sicuro che egli li lasciasse così appositamente, se lo immaginava infatti la mattina, davanti allo specchio, scrutarsi con gli occhi ancora socchiusi e, trovandosi i capelli scompigliati dalla notte, metterci una mano in mezzo per disordinarli di più.
Una colonna di scatoloni vivente dotata di due gambe alquanto sottili e di un’acconciatura decisamente meno scarmigliata invece, fece faticosamente capolino non molto più tardi.
Una volta posato disordinatamente a terra tutto ciò che gli ingombrava le braccia, un Mikey accaldato e frettoloso si congedò senza neanche guardare i presenti, raggiungendo già l'uscita a passo svelto.
 
-"Scusate ragazzi, devo correre al lavoro, ci sentiamo più tardi!"
 
Frank e gli altri nel frattempo avevano smesso di giocare a calcio, ed erano già arrivati davanti le quattro scalette che portavano al campetto, sulla ringhiera delle quali si era appena appoggiato Padre Gerard.
 
-"Da quando ha un lavoro?"
 
Chiese sarcasticamente Frank, completamente senza fiato e in leggero imbarazzo per il suo respiro affannato.
 
-"Fare il bibliotecario all'università per ottenere crediti lo chiama lavoro."
 
Gli rispose altrettanto sarcasticamente il sacerdote, allentando con l'indice il collarino e sbuffando per il caldo.
 
-"Padre Gerard! Padre Gerard! Giochi con noi?"
 
-"No ragazzi, ho delle cose da sistemare adesso, e mi dispiace tanto ma dovrò rubarvi anche la mascotte."
 
Gerard lanciò un'occhiata ironica a Frank, alludendo alla sua bassa statura e facendogli l'occhiolino.
Tra i versi di delusione dei più giovani, Frank seguì l'altro all'interno dell'oratorio, fingendosi offeso e tirandogli uno scherzoso pugno sulla spalla.
 
-"Ehi, non si picchiano i preti, ora dovrai confessarti!"
 
Cominciarono a scaricare dall'auto gli scatoloni che vi erano rimasti, posandoli sopra il tavolo da biliardo, mentre le prime mamme erano venute a riprendersi i loro figli.
 
-"Avete finito di prendere tutto quello che ci serve o tu e Mikey vi siete dimenticati di nuovo metà delle cose?"
 
-"Uhm, penso di sì questa volta."
 
Gerard rise leggermente di se stesso e di suo fratello, facendo una di quelle risate ingenue e quasi timide, e si guardò attorno in cerca di un posto adatto per sistemare tutto il materiale.
Si grattò la nuca distrattamente, facendo scorrere lo sguardo per gli armadietti della stanza, e Frank non poté fare a meno di notare come quei capelli si ingarbugliassero sempre di più, contorcendosi in compagnia del suo stomaco.
 
-"Frankie, penso che potremmo sistemarli provvisoriamente là sopra."
 
Indicò nel dirlo un grosso armadio di legno un poco tarlato, contenente vari giochi da tavolo ormai fuori moda e non più nemmeno in commercio probabilmente, e alcune obsolete edizioni di libri per il catechismo.
Tolsero nuovamente gli scatoloni dal tavolo da biliardo e cominciarono a posizionarli, il più ordinatamente possibile, sopra l'ampia superficie dell'armadio.
I ragazzi che frequentavano l'oratorio, nel frattempo, stavano quasi tutti tornando a casa, salutandoli con sincero affetto.
Finirono con il lasciare gli scatoloni sopra ogni ripiano disponibile nella stanza, creando un claustrofobico senso di disordine, evitando comunque di non occupare tavoli e sedie.
 
-"Ma quanta roba avete comprato? Potremmo avere il materiale pronto per i prossimi sei rinnovi!"
 
Frank sbuffò per lo sforzo, girando su se stesso e osservando tutti quei contenitori appena sistemati, fissando infine lo sguardo sul giovane parroco, che aveva già iniziato a riordinare i piccoli disastri creati dai bambini durante la giornata, senza più riuscire distogliere l’attenzione da lui, intento ora a rovistare su un angolo dell’ampia sala.
Probabilmente avevano nuovamente perso la pallina da ping-pong.
 
-"Per quello che ho in mente di fare...ci serviranno parecchi colori."
 
Gli rispose vago, ancora occupato nella ricerca della pallina.
 
-"E cosa ha in mente di fare Padre?"
 
Chiese con finta riverenza Frank, beccandosi la pallina appena ritrovata dritta dritta in mezzo alla fronte.
 
-"Lo vedrai a tempo debito, e visto che sei così umile e rispettoso nei confronti del tuo parroco, ci sono ancora gli scatoloni che Mikey ha lasciato al campetto a cui dare un posto. Sbrigati che dobbiamo chiudere."
 
Frank scagliò a sua volta la pallina, senza la reale intenzione di colpirlo e, difatti, Gerard la evitò ridendo, e tornò indietro insieme a lui, verso la porta che dava sul campetto, a riprendere gli ultimi tre scatoloni rimasti.
Erano ormai rimasti soltanto loro due, e la cosa, per quanto cercasse di negarlo, cominciava quasi ad agitarlo.
Non sapeva esattamente da quando ciò fosse iniziato, qualcosa in lui, quando se lo chiedeva, rispondeva che era stato così da sempre, e col tempo ne era diventato piuttosto consapevole, nonostante continuasse ancora a fingere di respingere quel pensiero.
Aveva un attaccamento morboso e piuttosto inopportuno verso il giovane parroco, ricambiato in parte da un’indissolubile amicizia e da un affetto evidente, che però non era sufficiente a saziare i veri sentimenti che Frank teneva prigionieri, indispettivano giusto il loro appetito, e li nutrivano quel tanto che bastava da non lasciargli nemmeno il sollievo di morire di fame.
Più volte si era ripetuto che la sua non poteva essere altro che una normalissima soggezione derivata dal carisma e dal ruolo ecclesiastico di Gerard, eppure con ciò non era riuscito a giustificare e a reprimere quelle fantasie blasfeme che talvolta sbucavano nella sua mente in presenza dell’altro o che si concedeva quando, arrendendosi alla forza del suo inconscio, si permetteva di pensarlo.
Il ragazzo tentava ardentemente di non pensare all’altro, davvero.
Più passava il tempo e più venivano modellate una serie di immagini peccaminose nella sua mente, ogni giorno spingendolo un po’ di più oltre il debole limite che si era imposto tempo addietro, censurando per pura dittatura della sua coscienza ogni sentimento che andasse oltre la castità, fino a doversi premere dolorosamente i bulbi oculari con le dita, nel tentativo di annerire anche la sua vista interiore, ma lasciando che la sua immaginazione vaneggiasse sempre più spesso in vari scenari improbabili o in profondi dialoghi in cui Gerard era il suo protagonista indiscusso.
 
-“Dai chiudiamo.”
 
Completamente ignaro di ciò a cui stava pensando Frank, il prete lanciò in aria le chiavi dell’oratorio, per poi riprenderle al volo, chiudendole nel pugno della mano destra e facendo un’espressione soddisfatta, come se fosse riuscito in una grande impresa.
Frank si guardò intorno annuendo e si aggiustò la maglia, avviandosi verso l’uscita.
 
-“Io e Mikey andiamo allo Sherlock, vieni vero?”
 
Gerard nel dirlo si era già lasciato il vecchio portone alle spalle, avviandosi verso la sua macchina e continuando a giocherellare con il mazzo di chiavi che aveva ancora in mano, supponendo serenamente che la risposta sarebbe stata affermativa.
Il più piccolo lanciò un breve sguardo su stesso, sentendosi a disagio per il terribile modo in cui era conciato.
 
-“Ehm, no…sono in condizioni pessime e…mh, avrei davvero bisogno di una doccia. Scusatemi.”
 
Si guardò ancora, credendo di poter sentire l’odore acre del suo stesso sudore e maledicendo il misero e scialbo abbigliamento che aveva scelto di indossare prima di partire.
Ebbe persino paura di guardarsi in qualche specchio o nel riflesso di una finestra, di una macchina, di una vetrina, qualsiasi superficie riflettente, temendo cosa avrebbe potuto trovare.
I suoi stessi capelli erano un grumo umidiccio e informe e non riuscì a impedirsi di arrossire.
Avrebbe dovuto smettere di scorrazzare anche lui come un bambino dietro a quel dannato pallone.
Gerard sembrò fare un gesto noncurante e gli fece cenno di seguirlo.
 
-“Ti do uno strappo fino a casa tua, così potrai fare quello che devi fare e andiamo insieme.”
 
-“Non ti preoccupare, andate voi, ho comunque da studiare…”
 
L’altro sospirò roteando gli occhi.
 
-“Non fare l’idiota Frank, almeno il sabato sera svagati un po’, forza, sali.”
 
Il parroco gli aprì lo sportello dal lato del passeggero e lo invitò ad entrare, inchinandosi teatralmente e protendendo un braccio verso il sedile, in un modo che non ammetteva repliche, tralasciando il fatto che, semplicemente, Frank  in realtà non aveva nessuna voglia di replicare.
Salì quindi, sorridendo e accendendo immediatamente lo stereo, aspettando che anche Gerard si sedesse al posto di guida.
Nel breve tragitto verso casa sua Frank perse completamente quella leggera tensione che gli si intrecciava addosso ogni volta che si trovava da solo con il prete, cantando goffamente The Miracle e aiutandosi con la cintura di sicurezza nell’improbabile imitazione di Freddie Mercury e dei suoi baffoni neri. Gerard lo aveva accompagnato cantando leggermente più forte di lui e ridacchiando della pessima riuscita di quei baffi improvvisati.
Ad un certo punto allungò la mano, all’improvviso, per togliere la margheritina che era rimasta dietro l’orecchio di Frank, come se se ne fosse accorto solo in quel momento, e la appoggiò sul cruscotto, gettandovi un’occhiata di tanto in tanto, con uno sguardo che avrebbe confuso chiunque lo avesse potuto vedere, uno sguardo così carico di cose contrastanti tra loro da annullarsi a vicenda, facendolo risultare neutro se non lo si fosse visto attentamente.
O se chi lo avesse guardato non avesse conosciuto Gerard.
Probabilmente non se lo erano mai detti a parole e non avevano mai avuto il bisogno di dirselo, ma erano quelli che chiunque avrebbe definito come “migliori amici.”
Erano abituati a passare la maggior parte del loro tempo libero insieme, anche se raramente da soli, per pura scelta, che nasceva allo stesso modo da entrambi, e l’altro era la prima persona che avrebbero chiamato in un momento di necessità.
Frank era perplesso dalla facilità con cui riusciva ad essere se stesso con Gerard e dalla stessa facilità con cui si rendeva conto di provare un qualcosa di più, molto di più, ma di sbagliato, tragicamente sbagliato.
Non aveva mai avuto il coraggio di chiamare quel sentimento col nome che gli spettava, nemmeno nei suoi pensieri più insani o in quelli più liberi, non ne sarebbe stato capace neanche in sogno, addirittura il suo inconscio se ne sarebbe vergognato.
Era un qualcosa che lo atterriva e che lo faceva sentire sudicio, colpevole, indegno e ingrato, che lo metteva in imbarazzo nei momenti di vuoto, quando si sdraiava al buio nella sua stanza, e che lo lasciava nudo, gettandogli addosso un senso di pudore fuori luogo, allo stesso modo in cui Adamo si rese conto di non avere nulla con cui coprirsi davanti a Dio dopo aver ceduto alla tentazione di mangiare il frutto proibito.
Si limitava a cullarlo nel suo cuore, sognando ad occhi aperti, di prendere un gelato insieme a lui, o di andare al mare in inverno, di parlarci nel cuore della notte in un bosco sperduto attorno ad un fuoco, o di vedere un film horror accoccolati su un divano immaginario, con fuori una terribile tempesta a fare da sottofondo.
Erano tutte cose che avevano fatto o che avrebbero potuto fare in fin dei conti, ma nei suoi pensieri avevano una sfumatura diversa, una sfumatura che rendeva la sua immaginazione più inappropriata di quanto gli era concesso.
Il loro rapporto negli anni era divenuto abbastanza aperto e intimo da permettergli di comportarsi naturalmente quando era con lui, e di dimenticare addirittura ciò che segretamente sentiva.
 
Parcheggiarono sotto al palazzo dove Frank abitava e poco dopo si ritrovarono nel piccolo appartamento del ragazzo.
 
-“I miei ancora non sono tornati, non ti dispiace restare da solo, vero?”
 
-“Non ti preoccupare.”
 
Gerard gli regalò un timido sorriso, o meglio, stava già sorridendo, e non fece altro che allargare la piccola curvatura formatasi sulle sue labbra.
Frank si lanciò nella sua stanza e uscì definitivamente dalla visuale dell’altro, che nel frattempo si era sistemato comodamente sul divano, guardandosi intorno con lo stesso educato imbarazzo che si è soliti provare nelle case altrui.
 
L’acqua era appena passata da tiepida a calda, quasi bollente, e Frank si lasciava picchiare da essa a capo chino, strofinandosi freneticamente per tutto il corpo, cercando di fare il più in fretta possibile.
Mentre il balsamo colava ancora dai capelli fradici e gli gocciolava lungo il collo e le spalle, continuava a passarsi le dita velocemente lungo il petto e l’addome e, scendendo, non riuscì a impedirsi di immaginare che le sue mani fossero quelle di Gerard.
Quelle grandi e calde mani, affusolate ma sicure, pallide, che ricalcavano il tratto dell’ inchiostro del suo ventre tatuato.
Tolse rapidamente le proprie da quel punto come se vi fosse stato lo squarcio di una piaga e la pelle dei suoi polpastrelli fosse stata impregnata d’alcol, per il bruciore, e se le portò tra i capelli, sciacquando via ogni residuo di prodotto e strizzando gli occhi, mentre il getto dell’acqua lo colpiva deciso, pulendosi anche di quei pensieri.
Una volta uscito si asciugò con il primo accappatoio che si era ritrovato davanti, indossò un paio di boxer puliti che sua madre aveva lasciato piegati insieme al resto del bucato sopra la lavatrice, e frizionandosi i capelli con un asciugamano si trascinò in camera.
Aprì la porta distrattamente, richiudendosela alle spalle per evitare di essere visto quasi nudo da Gerard, soltanto per ritrovarselo disteso a pancia in sotto sul suo letto, intento a sfogliare uno dei suoi testi universitari, con la fronte corrugata e lo sguardo fisso, come se stesse davvero cercando di studiare.
Il prete spostò lo sguardo dal libro a Frank, indugiando leggermente per un secondo di troppo.
Nessuno dei due sembrava sentirsi particolarmente a disagio in quel preciso istante, né si poteva dire che  non si fossero mai visti senza nulla addosso a vicenda, ma c’era qualcosa nell’aria che odorava vagamente di malizia, forse nel modo in cui Frank sembrava lusingato dal trovarsi appena coperto della sua intimità davanti all’altro, provocatorio quasi nello sguardo sicuro e indifferente, o forse nel modo in cui Gerard si era soffermato più volte, impunemente, ad ammirare quello che sembrava essergli stato offerto volutamente davanti.
Entrambi difesi dall’innocenza della loro tranquillità.
 
-“Puoi dare l’esame al posto mio quando vuoi.”
 
Frank si abbassò, rovistando tra il disordine del suo armadio, e le parole gli uscirono ovattate e confuse, trattenute dalle ante.
 
-“Ho abbastanza roba da studiare per conto mio.”
 
Sospirò il prete, spostando il libro e seppellendo il viso sul cuscino di Frank, che nel frattempo aveva scovato un paio di jeans e una maglietta quasi nuova, decidendo di indossarli.
Si infilò i pantaloni, completamente esposto alla vista del suo ospite, e una volta allacciati, si sedette accanto a Gerard, ancora a torso nudo, con la maglia tra le mani e l’asciugamano usato che gli circondava le larghe spalle.
 
-“E’ stanco Padre?”
 
Gerard ridacchiò con le labbra premute contro la stoffa, così che il suono gli uscì in modo buffo e goffo, e strofinò la guancia sul cuscino, mugolando e rispondendo alla domanda che gli era stata appena posta annuendo lentamente.
Chiuse gli occhi per qualche secondo, e dagli ampi movimenti del suo busto Frank comprese che stava cercando di rilassarsi.
Gli appoggiò una mano vicino ad una scapola, quasi ad accarezzarlo, per poi scostarla poco dopo e mettersi la maglia.
Il parroco sospirò ancora una volta, sonoramente.
 
-“Hei…”
 
Lo sussurrò, le lettere evaporarono nell’aria, ammirando il ragazzo disteso sotto ai suoi occhi, il nero dei suoi abiti contro l’azzurrino delle sue coperte.
Gerard si voltò improvvisamente, incrociando le braccia dietro la nuca e, se nel sederglisi accanto Frank aveva lasciato un minimo spazio tra di loro, nonostante la ristrettezza del suo letto, nel capovolgersi il prete lasciò che la sua gamba aderisse perfettamente alla parte inferiore della schiena dell’altro.
 
-“Ma che roba è quella che stai studiando?”
 
-“Pedagogia sperimentale…non ne voglio parlare.”
 
-“Sembra interessante.”
 
Gerard riprese il libro che aveva sfogliato poco prima, aprendolo a caso cercando qualcosa di almeno vagamente interessante come a supporto della sua ultima affermazione.
Il più piccolo scosse la testa, arrendevolmente.
 
-“Sembra. Bah, non passerò l’esame, lo so.”
 
-“Sei paranoico.”
 
Lo prese in giro facendo quel suo tipico sorrisino un po’ storto, richiudendo il testo e roteando gli occhi, rivolgendo ora la sua completa attenzione all’amico, con ancora quel sorriso.
Rimasero per un po’ così, l’uno seduto accanto all’altro disteso, Frank rivolto distrattamente verso muro e Gerard che invece era rivolto verso Frank guardandolo, il silenzio non era nemmeno infastidito dal brusio dei pensieri, ed era esattamente di momenti semplici come quelli che avrebbe voluto accontentarsi di vivere.
La silenziosa e sola presenza di Gerard, del tutto dedicata a lui, era abbastanza da trattenere qualsiasi altra tentazione terrena.
Poteva anche essere una bugia, poteva anche mentirsi che ciò bastava, ma lì, nella sua stanza, in quella sera di quasi estate, non avrebbe potuto essere più vero.
 
 
 
Arrivarono al pub con qualche minuto di ritardo e occuparono uno dei tavoli accanto alle finestre perché a Frank era sempre piaciuto mangiare guardando di fuori, aspettando pazientemente Mikey in silenzio, entrambi che fissavano la strada.
 
-“Quindi sei deciso?”
 
Gerard si riscosse dai suoi pensieri e guardò Frank, palesemente confuso, invitandolo con gli occhi a chiarire di cosa stesse parlando.
 
-“Su tutta la questione dell’occultismo e la demonologia e quella roba…”
 
Il prete si sistemò, assumendo una postura rigida ma sicura.
 
-“Sì. Lo voglio davvero.”
 
Aveva negli occhi quel particolare luccichio che divampa ogni qualvolta che si ha l’occasione di parlare di ciò che si ha a cuore, delle passioni e dei sogni.
 
-“Mh…sono…preoccupato.”
 
La risposta quasi timida e titubante di Frank fece sorridere il sacerdote, che si rilassò un poco e si strofinò la fronte e si passò una mano tra i capelli, non sapendo dove iniziare, scompigliandosi come al solito le ciocche scure.
 
-“Lo so. È piuttosto rischioso il lavoro di un esorcista, vi capisco, ma io so che è la mia strada.”
 
D’altro canto, per tutta risposta, l’altro sembrò incupirsi maggiormente, agitandosi leggermente sulla sedia.
 
-“Io avrei paura. Sinceramente…tu non ne hai?”
 
-“«Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?» Romani 8.31. No Frank, non ho paura, perché so a chi appartiene la mia anima.”
 
L’auto di Mikey fece la sua comparsa nel parcheggio davanti al locale, e Frank puntò gli occhi sull’accecante luce dei fari, attento nel seguirne le sfumature luminose attenuarsi fino a spegnersi del tutto.
Non poté negarlo, quelle ultime parole lacerarono i tessuti interni di tutto ciò che pulsando lo teneva in vita.
Tremò la sua gabbia toracica, e si rannicchiò anche il suo stomaco, infondendogli un’opprimente sensazione di nausea.
Avrebbe voluto averla per sé, la sua anima, e non era affatto disposto a poterla condividere, nemmeno con Dio.
Si vergognò di sé stesso e abbassò il capo, sentendosi affogare nell’Acheronte della sua debolezza umana, senza il lusso di essere risollevato dalla compagnia degli altri peccatori.
Nel frattempo Mikey sembrava essere svanito durante il tragitto dal piccolo parcheggio al loro tavolo all’interno.
 
-“Non so, ti vedo sempre così stanco ultimamente e a volte mi sembri…cupo, ma se è questo quello che ti rende felice, insomma, quello che voglio dirti è che mi fido delle tue scelte, quindi…lascia stare, io sono con te.”
 
Gerard gli sorrise, ed era un sorriso bello, trasparente, timido e appagato, e quel sorriso lo trafisse come la spina di Cristo aveva potuto trafiggere la fronte di Santa Rita.
Un dolore sacro, che ardeva in una fiamma d’amore e di fede, un dolore condiviso, inflitto ma innamorato e a lungo cercato.
Gli coprì una mano con la sua, facendola quasi sparire, quel sorriso ancora inciso sulle labbra, e con quel gesto inflisse il primo chiodo sulla personale e assolutamente eretica croce di Frank.
 
-“Lo so.”
 
Mikey sbucò in quel momento, buttandosi a peso morto sulla sedia accanto a quella del fratello, interrompendo ingenuamente il loro discorso.
 
-“Scusatemi per il ritardo! Per favore, vi prego, ordiniamo, perché sto morendo di fame.”
 
 
‡†‡
 
 
-“Grazie mille per la serata ragazzi, ci sentiamo domani.”
 
Mikey si sporse dai sedili posteriori dell’auto per salutarlo, dandogli una goffa pacca sulle spalle ostacolata dal sedile stesso su cui Frank era seduto, mentre Gerard, lottando caparbiamente contro lo stretto spazio dell’abitacolo e contro la poco confortevole posizione, si slanciò per avvolgerlo in un abbraccio.
Un abbraccio breve, scomodo, puro, ma che fu abbastanza per placare e allo stesso tempo risollevare le intemperie dell’animo di Frank.
 
-“Domani mattina a messa ragazzino!”
 
Gerard si staccò lentamente nel dirlo, guadandolo poi con un’aria di sfida che agli occhi di Frank non poté che apparire maledettamente provocante, a dispetto dell’ironia e del contesto in cui che il prete stava parlando.
 
-“Capito Frankie? Fai il bravo chierichetto, okay?”
 
Frank scoppiò a ridere, aprendo nel contempo la portiera della vettura.
 
-“Vaffanculo Mikey!”
 
-“Ehm, ehm. Le parole!”
 
Rise con loro Gerard.
 
-“Buonanotte!”
 
-“Buonanotte!”
 
-“Notte notte!”
 
Il ragazzo cominciò a sentirsi già colmo di vuoto non appena l’auto di Gerard girò l’angolo, svanendo dalla sua vista, e senza un motivo preciso, rallentò il passo nel dirigersi verso il portone del suo palazzo.
I suoi stavano guardando tranquillamente uno dei soliti programmi commerciali che la tv manda sempre in onda il sabato sera.
Li salutò frettolosamente e si rinchiuse nella sua camera.
Quella notte, una di quelle particolari notti di fine maggio, dove le temperature calde sono ancora piuttosto acerbe ma la frescura diventa ormai tiepida, il suo letto odorava di Gerard e dei suoi capelli scompigliati.
 
‡†‡
 
 
-“…ed è così. Ogni giorno giungono alle mie orecchie le più disparate giustificazioni. Giustificazioni su tutto, scuse, discolpe. L’animo dell’uomo impuro sa di essere impuro, e quando non sa pentirsi o finge di non accorgersi di essere nel torto, si giustifica. L’ubriaco giustifica il suo vizio di bere dicendo di avere una brutta vita, il goloso di trovare nel cibo il suo unico conforto, l’assassino di aver dovuto vendicare un’ingiustizia. E potrei continuare all’infinito nell’elencare in quanti casi ci giustifichiamo pur di non ammettere di camminare lungo una via sbagliata. Dio è misericordioso cari parrocchiani, e non c’è brutalità o orrore che ai suoi occhi non possa essere perdonato se ci affidiamo al suo immenso amore. Non ascoltate chi vi dice di restare a testa bassa, di avere timore, chi vi parla di un Dio bisognoso delle nostre preghiere e dei nostri sacrifici perché Lui non ha bisogno di nulla, non si aspetta nulla da noi, come può un Dio Onnipotente e perfetto necessitare di qualcosa? Siamo noi infatti che abbiamo bisogno di lui, del sentirci perdonati e amati e posso assicurarvi che il suo perdono e il suo amore è già qui, anche se nel vostro cuore credete di non poterlo meritare, dovete solo imparare a fidarvi, questo è lo stacco che vi porterà ad un totale abbandono nella sua grazia immensa. Per secoli e ancora oggi, da altri sacerdoti in particolare, sento predicare questa terribile immagine del Signore in cui la limitata conoscenza umana gli ha attribuito tutti i nostri difetti. Hanno attribuito a Dio il nostro desiderio di amore incondizionato, il nostro desiderio di adulazione, potenza, fama!”
 
Il parroco guardò lucidamente verso la sua platea, desideroso di cercare un appoggio o almeno un minimo responso negli occhi dei presenti, prima che si facesse catturare troppo dal suo sermone.
Ciò che trovò fu una massa informe di anziani appisolati, bambini distratti e annoiati, gente al telefono e, ogni tanto, qualcuno che lo stava effettivamente ascoltando che, per la maggior parte, aveva un’espressione tra lo sconvolto e l’interrogativo.
Frank stava a capo chino, con le mani intrecciate sulle ginocchia che sembravano non riuscire a trovar riposo, e molto probabilmente era stato l’unico in tutta la chiesa ad aver compreso ciò che stava dicendo.
Sospirò, passandosi una mano tra i capelli, senza scoraggiarsi comunque in alcun modo e mantenendo ogni più piccola tessera della sua convinzione.
 
-“Concludendo riguardo alle giustificazioni, «Ora se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo devi strappartelo e gettarlo lungi da te; molto meglio per te che perisca un solo tuo membro, piuttosto che l’intero tuo corpo sia gettato nella Geenna. E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tagliala via e gettala lungi da te; meglio per te perdere un solo membro, piuttosto che andare nella Geenna con tutto il corpo.» Qualsiasi cosa sia ciò che vi porta a peccare, gettatela lontano da voi, resistete a Satana, alla tentazione! Fatevi quello che apparentemente sembrerà del male, perché la sofferenza che deriva dal rifiuto dei piaceri del male non è altro che l’anticipazione della gioia che verrà! Allontanatevi dall’errore, non giustificatevi!”
 
E con ciò, Padre Gerard terminò l’omelia.
 
Credo in un solo Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili.
 
Frank aveva chinato la testa da tempo, e si sarebbe volentieri sradicato gli occhi se solo avesse potuto, ma si era limitato a inchiodare lo sguardo sulla punta delle sue scarpe, come ad obbedire all’ordine di non gettarsi nello scandalo proseguendo nell’osare guardare la sorgente del suo peccato.
 
E in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito figlio di Dio.
Nato dal Padre prima di tutti i secoli.
Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero.
 
La purezza, l’esemplare dedizione, la fiamma della verità con cui il prete aveva seminato la Parola piantarono dolorosamente i germogli dell’oblio nella sua coscienza torbida, dettando in maiuscolo la parola “peccatore”.
 
Generato, non creato, della stessa sostanza del Padre: per mezzo di Lui tutte le cose sono state create.
Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo.
 
Dov’era la salvezza per Frank? Non era forse sufficiente la guerra col suo istinto più animalesco e il sopportare la pesantezza di un sentimento non ricambiato e impregnato di impurità? Avrebbe dovuto gettare non una, ma entrambe le sue povere mani, nemmeno un’ora prima, nell’aiutarlo lui stesso a indossare gli abiti sacerdotali, nel posargli le lunghe stoffe da celebrazione, in quei momenti in cui la parte meno addomesticata della sua anima gli urlava di spogliare, invece che coprire.
 
E per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria: e si è fatto uomo.
Fu crocifisso per noi sotto: Ponzio Pilato morì e fu sepolto.
Il terzo giorno è resuscitato secondo le Scritture.
 
Quale anima poteva essere in grado di comandare una tal cosa? Se si fosse lasciato crocifiggere, morendo avrebbe forse potuto espiare le sue colpe, senza la luce di una resurrezione e senza dono di salvezza ad alcuno, se non quella egoistica di sé stesso. Non poteva esistere perdono per i suoi misteri stagnanti, e seppur Dio avrebbe avuto pietà nel perdonarlo, Gerard non sarebbe stato capace di reagire con tale compassione alle sue nefandezze.
 
È salito al cielo: siede alla destra del Padre.
E di nuovo verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine.
 
Era soppresso dal peso di quel giudizio, costretto a terra. Poteva percepire il cigolio delle porte degli inferi nel loro schiudersi al di sotto della pressione del suo corpo, in squilibrio sulla lama tra la vita e la morte spirituale.
 
Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita: e procede dal Padre e dal Figlio.
E con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei Profeti.
 
Quella stessa voce, quegli stessi occhi, la sentenza conclusiva del suo destino da condannato a morte e il suo spirare fatale. E la verità, sentenziata e schiaffeggiata contro la sua vergognosa nudità, lo scuoteva così crudelmente poiché risorgeva dall’ultimo cuore da cui avrebbe voluto accettarla. Lo stava accusando, protetto dall’innocenza della sua non consapevolezza.
 
Credo la Chiesa: una, santa, cattolica e apostolica.
Confesso un solo battesimo per il perdono dei peccati.
 
Nelle sue riflessioni più impenetrabili, l’afflizione era partorita dal rifiuto di accettare che lui non avrebbe mai potuto ricambiarlo, dal provare sulla sua pelle nuda quanto fosse meschino e ipocrita il suo sentimento. Un sentimento di cui riusciva a provare persino gelosia, ossessività, perché era suo, e solo suo, e che nessuno avrebbe mai dovuto toccare o giudicare..
 
Aspetto la resurrezione dei morti.
E la vita del  mondo che verrà.
Amen.
 
Il movimento che lo fece alzare dal suo posto fu quasi innaturale nella sua naturalezza e, preso il cestino delle offerte, si apprestò nel passare per ogni banco e per ogni angolo affollato della Chiesa per l’offertorio.
Nella miscela di vergogna e tormento, gli balenò inaspettatamente in mente il pensiero di Mikey e della sua abitudine di chiamarlo da sempre “chierichetto” e ciò, lo fece quasi sorridere.
 
‡†‡
 
Erano rimasti soltanto i soliti vecchi chiacchieroni e le solite donnine pettegole della domenica mattina e Frank, senza neanche pensare, si nascose nel primo confessionale che si trovò davanti agli occhi nel percorrere la struttura verso la parte opposta all’altare e alla sacrestia, prima che Gerard potesse cercarlo.
Pensò fosse il luogo più sicuro, dove nessuno avrebbe pensato di entrare in quella tarda mattinata domenicale, e nel quale nemmeno il prete stesso, quindi, avrebbe potuto trovarlo.
Non che si stesse effettivamente nascondendo, o che non sarebbero venuto a cercarlo ad un certo punto, ma aveva impulsivamente deciso di rubarsi un momento, uno solo, per calmare i movimenti vorticosi della sua mente che lo stavano lasciando in preda all’angoscia.
Per qualche motivo che non avrebbe saputo spiegare, era affascinato dai confessionali, in special modo da quelli più antichi, quelle grandi casse legnose, così scure, imponenti, strette ma protettive, intagliate e scolpite così finemente da insinuare quei ghirigori nell’anima di chi vi entrasse.
Lo facevano sentire più vicino a Dio nelle sue richieste di perdono, come se avesse raggiunto un luogo che lo conducesse più velocemente a Lui senza la presenza di estranei a processarlo.
Non si inginocchiò propriamente, né si mise a mani giunte, si rannicchiò semplicemente su se stesso come poté, facilitato anche dalla sua piccola statura, e prima di riuscire a formulare una singola parola del suo dialogo interiore con Dio, senza rendersi nemmeno conto del come, si frantumò nelle mille schegge di una rabbia arida.
 
 
 
-“Oh…sei qui!”
 
Frank quasi trasalì nel trovarsi gli occhi di Gerard arrampicati su di sé, due smeraldi incastonati nel ferro della grata, benché avesse già sentito pochi secondi prima sia lo scricchiolio della porta del confessionale nell’aprirsi, sia l’altro entrarvi, gettandosi a sedere sospirando, colpendo il legno con la schiena, l’unico realmente colto di sorpresa.
Non rispose, gli occhi lucidi ma al contempo asciutti, e un espressione imbronciata da bambino.
 
-“Pensavo te ne fossi andato…ti ho chiamato più volte ma non mi hai risposto.”
 
Si ricordò in quel momento di aver lasciato il cellulare impostato sul silenzioso e continuò a non proferire parola, guardandolo come se fosse arrabbiato con lui.
 
-“Frankie…”
 
Gerard tolse con cautela ed estenuante lentezza la grata che impediva ai due di potersi guardare propriamente, in un modo che avrebbe fatto pensare che stesse piuttosto aprendo la gabbia di un leone a digiuno da settimane, e si sporse talmente tanto da dare l’impressione di voler passare per quella minuscola apertura e gettarsi sopra Frank.
 
-“Ehi…che succede? E’ successo qualcosa? Vuoi confessarti?”
 
Frank rispose scuotendo la testa, ma questa volta una lacrima riuscì a solcargli la guancia.
Una lacrimuccia piccola, insignificante, come quelle dei bambini quando vogliono essere colti a piangere per intenerire la mamma e così le forzano ad uscire.
Soltanto che lui aveva tentato davvero di tenerla per sé.
Una di quelle lacrime che volano via tradendoti mentre speri che si asciughi in fretta e svanisca tra le ciglia.
 
“Ho detto qualcosa che ti ha fatto pensare ad una tua qualche azione non bella durante l’omelia?”
 
Senza sapere come rispondere, non reagì semplicemente.
 
-“Sai che puoi parlare apertamente con me, vero?”
 
-“No.”
 
Gerard non si sarebbe mai aspettato una tale risposta, pronunciata con tanta fermezza e serietà dal suo migliore amico.
Era stato un altro atto impulsivo che Frank raramente si concedeva, tuttavia, decise di non volersi mostrare respinto come in realmente si stava sentendo.
 
-“Bhe…capisco che…insomma, magari potresti non sentirti molto a tuo agio nel venire a confessarti da me, davvero. Non mi offenderei se tu andassi da qualcun’altro, lo rispetto e anzi, probabilmente farei lo stesso anche io. Ma se c’è qualcosa, qualche problema o dubbio in cui potrei esserti d’aiuto, sai che sono qui. Non riesco proprio a vederti in questo stato.”
 
Abbassò per un attimo lo sguardo, nascondendolo da qualche parte, per poi rialzarlo ancora su Frank.
 
-“Fai stare male anche me.”
 
La sincerità nel suo tono di voce e il verde vibrante dei suoi occhi afflitti si accanirono sui suoi sensi di colpa e sulla sua vergogna.
 
-“Non è niente di importante.”
 
-“Non mi sembra affatto, Frank, e ad essere sincero è un po’ di tempo che mi sembra di aver notato che c’è qualcosa che non va, non so, non mi sembri tu a volte.”
 
-“Potrei dire lo stesso di te.”
 
Ancora quel tono secco, insofferente, inumidito e zuccherato solo da quell’unica lacrima sfuggita, che non si era curato di asciugare.
 
-“Fino ad ora non mi sono mai nascosto in un confessionale.”
 
-“Cosa ci fai qui allora? Dopo l’ultima messa della domenica mattina con la Chiesa vuota?”
 
Gerard rise, più per se stesso probabilmente o con la prospettiva di addolcire Frank.
 
-“C’è sempre qualche vecchietta che deve confessare di essersi addormentata dicendo il rosario…”
 
Frank sembrò irrigidirsi e infastidirsi maggiormente.
 
“Sto bene. Davvero. Sai, è solo un po’ difficile a volte, quando hai preso certe strade nella vita che inevitabilmente ne escludono altre, soprattutto quando vorresti trovare la forza per scacciare Satana non solo da te stesso, ma anche dagli altri. Comunque non voglio parlare di me, io adesso voglio che tu mi dica cosa sta succedendo a te…”
 
Scivolò un’altra lacrima e Frank si strofinò rudemente il viso, irritato.
 
-“È solo uno di quei momenti un po’ così, tutto qua.”
 
Era ancora arrabbiato e non ne capiva il motivo.
Una rabbia sinuosa e seccante.
 
-“Io ho parlato di giustificazioni. E di seguire una strada giusta.”
 
Gerard fece una pausa prima di seguitare nel suo discorso, osservando anche la più lieve reazione di Frank.
Continuò nel vedere che stava prestando attenzione, seppure si ostinava a non guardarlo negli occhi.
Nonostante non lo stesse guardando direttamente, sapeva che il ragazzo lo avrebbe ascoltato attentamente.
 
-“e ho parlato di perdono, Frank. Dell’immenso amore di Dio. Qualsiasi cosa tu abbia fatto, voglio che tu sappia che sei già stato perdonato e che il Signore non ti abbandonerà mai. So bene quante volte avrai sentito dire queste parole, ma non ce ne sono altre, è così, ed è meraviglioso e impossibile da immaginare per noi. Non pretendo  nulla da te ora, ma devo essere sicuro che tu ti ricordi di questo. Si fa sempre in tempo a lasciarsi indietro le cose sbagliate. Sei una delle persone più belle che io abbai mai conosciuto, e sono davvero sincero nel dirlo. Hai un gran cuore e se fosse necessario ti affiderei la mia stessa anima, perché mi fido ciecamente di te. Sei quasi sempre qui, con me o con i ragazzi, non capisco cosa sia successo e perché ti abbiano sconvolto così tanto le mie parole oggi. Non ho mai sentito una lamentela da te, tanto meno ti ho mai sentito giustificarti, non sto dicendo che tu sia perfetto, ma non vedo davvero dove potresti star sbagliando e in cosa potresti star persistendo nell’errore giustificandoti. Magari…c’è qualcosa che non mi hai detto…potrà sembrarti presuntuoso da parte mia, ma…credo che lo avrei notato se tu stessi facendo qualcosa di male…”
 
L’intensità del suono della sua voce si era man mano attenuato, fino a ridursi a poco più di un sussurro, e c’era un vago accenno di esitazione e di timore.
Frank era ancora rannicchiato dall’altra parte del confessionale, con le ginocchia strette al petto e le braccia a stringerle.
 
-“Chi ti dice che è per qualcosa che hai detto?”
 
Non avrebbe voluto rispondere così rudemente.
No.
Ma talvolta quell’aggressività tagliente era parte essenziale del suo essere, e non avrebbe potuto trattenerla nemmeno volendo.
 
-“Perché ti conosco. E ti ho visto…mentre parlavo.”
 
-“Non è un qualcosa che ho fatto. È un qualcosa che ho dentro e che non riesco a togliere, non riesco a non pensarci. Ma non è che io mi stia giustificando, davvero non lo faccio. Sono serio quando dico che non riesco a togliere questa cosa, anche se è molto sbagliata.”
 
Era in tensione, conteso dal timore di essersi aperto e insieme dal sollievo di averlo fatto.
 
-“Hai dei brutti pensieri? Come delle emozioni non buone che ti spingono a pensare cose che non ti piacciono?”
 
-“Più o meno. Ma non è esattamente così.”
 
-“È come essere arrabbiato e pensare di fare del male alla persona che ha causato la tua rabbia? Questi pensieri funzionano in questo modo?”
 
-“Diciamo di sì. Ma non sono pensieri brutti quel senso, sono…potenzialmente belli. In un altro contesto lo sarebbero, ma nel mio caso sono peggio del pensare di fare del male a qualcuno con cui si è arrabbiati.”
 
Era evidente la confusione nel volto del sacerdote dal punto di congiunzione delle sopracciglia aggrottate allo sguardo attento e concentrato.
 
-“Mhh…quindi sono pensieri e emozioni che non riesci a non pensare e provare anche se sai che sono sbagliati e non li vuoi?”
 
-“Esatto...e mi sento come se mi stessi giustificando col dire che non riesco ad allontanarli da me, ma davvero non ce la faccio, davvero.”
 
Il minore aveva stretto i pugni e si era colpito diverse volte contro le proprie gambe nel dirlo, con esasperazione, come se ciò lo stesse tormentando come mai prima proprio nel momento stesso in cui ne stava parlando, lottandoci contro, corpo a corpo, eppure la voce non era che un tremolio sussurrato e, quasi impercettibilmente, aggiunse.
 
-“Ti prego Gerard, ti prego, non chiedermi cos’è.”
 
Le labbra di Gerard tremarono per qualche istante, quasi a voler dar voce ad ogni possibile conclusione a cui era arrivato ma tacendo all’ultimo momento, finché non si riposarono, preparandosi, prima di schiudersi definitivamente e parlare.
Le sopracciglia ancora annegate l’una sull’altra e lo sguardo ancora più serio.
 
-“È la tua bisessualità Frank?”
 
Non seppe davvero come reagire, colto in piccola parte nella verità, perciò ripose col guardarlo negli occhi finalmente, supplichevole e indifeso, con il labbro inferiore imprigionato tra i denti e un accenno di umidità tra le ciglia.
Si sentì lievemente più leggero, come se qualcun altro si fosse preso una parte delle sue pene, proprio come Cristo, caricandosi la croce in spalla, si era appesantito del peso di tutti i peccati dell’umanità, ed ora era convinto che ciò che era stato tolto a lui era andato a porsi sulle spalle di Gerard.
Il sacerdote fece una strana espressione, che Frank non gli aveva mai visto, e sembrò davvero che il gravare del suo peccato fosse andato a posarsi pesantemente sopra di lui.
Forse sospirò.
Uscì lentamente dal confessionale.
Sentì ogni passo sul pavimento di marmo della Chiesa.
Sentì quasi il suo respiro.
In quei lunghi secondi Frank abbracciò più forte le sue ginocchia e vi si premette contro, e senza alcun motivo preciso, credette di essere stato abbandonato.
Abbandonato da Gerard, da Dio, dalla sua famiglia, dai suoi amici, da se stesso.
Anche la porta della sua postazione venne aperta, con premura, e Gerard gli si manifestò davanti, con un sorriso così buffo e dolce da coprire la fatica del sopportare quel peso di cui poco prima si era caricato.
Poi una delle sue calde mani si chiuse delicatamente su uno dei polsi di Frank, fino a scivolare sulle dita e tirarle un po’, stavolta intrappolandole con decisione, liberandolo dall’abbraccio con le sue gambe e facendolo alzare.
 

E questo è il mio regalo di Natale per la mia Boo v.v
Chiedo venia per il ritardo ma sai anche tu che Venia non viene mai.
Allora, è una lunga storia, questa cosa era iniziata come semplice oneshot circa a fine luglio, quando la iniziai, poi tra una cosa e l’altra e la mia incapacità di tenere a freno la mente e blabla, è diventata il prequel per un’altra Frerard che omg non vedo l’ora di iniziare, ma non spoilerò niente eheheh, anche se Alberta sa già tutto.
Insomma, anche questa sarà una storia vera e propria, non troppo lunga comunque e niente, spero vi piaccia e ditemi cosa ne pensate per quel poco che avete letto.
L’ho iniziata appunto a luglio e l’ho modificata/ampliata non so quante volte, ci tengo particolarmente.
Premetto che sono credente, ma non seguo nessun credo religioso ufficiale, solo il mio personale, e la particolare impostazione cattolica della storia trova il suo perché nel contesto stesso, anche se poi vedrete (e in parte si vede anche qui) che Gerard sarà un prete particolare e piuttosto “anarchico”, tramite il quale darò voce al mio stesso pensiero.
Ho in mente anche il prequel di questa storia, il prequel del prequel sì, e giuro che quello sarà davvero una oneshot, mi piacerebbe soltanto spiegare un po’ meglio il personaggio di Frank e come si sono conosciuti.
Sono logorroica, scusate, ora me ne vado, pleaaaaase, recensite e fatemi sapere.
 
 
   
 
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