Il Passeggero
I am the passenger
And I ride and I ride
I ride through the citys backside
I see the stars come out
of the sky
Yeah, they're bright in a hollow sky
You know it looks so good tonight
Seduto sul
sedile del passeggero di una vecchia Volvo blu, guardavo fuori dal finestrino
la città grigia sfilare sotto i miei occhi.
I muri
anneriti dal tempo sembravano un grande palcoscenico di colori e luci
improbabili.
Quei
murales vivaci stonavano con la tristezza di quella città.
Una
scritta sui mattoni, con milioni di colori, o così mi sembrava, recitava uno
‘Still Alive’ con dietro lo scenario di questa dannata città.
Ancora vivo.
Io lo
sono.
Lo sono
ancora.
Notte dopo
notte, a lottare per la sopravvivenza in questo dannato Inferno di cemento.
Ma se
avevo ancora qualcosa da difendere vuol dire che ero ancora vivo.
Quello che
difendevo era la mia vita.
E la mia
ragione di esistere era proprio quella, provare che esistevo.
Poco
importava dei sacrifici che dovevo compiere per questo.
Ruotai gli
occhi posandoli su mia sorella, stringeva con forza il volante tra le mani.
Tanto forte che le nocche erano diventate bianche.
Lei aveva
paura di me.
Lei era
come tutti gli altri.
Mi lanciò
un fugace sguardo mordendosi a sangue il labbro inferiore.
Codarda.
Sembri
tanto forte ma davanti a me tremi come una bambina impaurita.
“Dobbiamo
passare a prendere Kankuro.”
Disse
velocemente, con la voce che le tremava.
Io non
risposi passandomi il dorso della mano sullo zigomo sanguinante.
Non ero
parte della loro famiglia, non lo ero ormai da tempo.
Non capivo
il loro accanimento a far sembrare tutto questo come una malata normalità.
Mi strinsi
nella mia felpa larga, coprendo i miei capelli rossi con il cappuccio.
Tornai a
guardare fuori, rivolgendo stavolta lo sguardo al cielo.
Quel cielo
vuoto, che ormai lo era da troppo tempo per me.
Un cielo
luminoso, pieno di stelle, che rifletteva la mia angoscia come uno specchio.
Lo
detestavo e lo amavo allo stesso tempo.
Non potevo
guardare altro dalla finestra di camera mia, ogni notte, quando non dormivo.
E quelle
stelle iridescenti mi ricordavano tanto la luce negli occhi di mio padre quando
mi guardava.
Occhi
scintillanti di follia. Per quello non dormivo, appena chiudevo gli occhi li
rivedevo.
Quando io,
Temari e Kankuro andavamo a trovarlo nell’istituto criminale, guardava me e urlava
frasi sconnesse, insultando nostra madre.
Temari
quando ero piccolo mi diceva menzogne, diceva che mamma sarebbe tornata e papà
sarebbe morto perché era cattivo.
Ma lei non
è mai tornata. Lei era morta, e invece quel bastardo era vivo.
Lui, colui
che aveva ucciso nostra madre.
La
giustizia non esisteva. Era solo una mera illusione dei sognatori.
E i sogni
non sono parte di questa realtà.
Sentii i
freni stridenti dell’auto e vidi davanti a noi quell’alcolizzato di Kankuro che
si stringeva nella sua felpa viola, storcendo il volto in preda alla nausea.
Barcollò
fino ai sedili posteriori sedendosi e sbattendo violentemente la portiera
cigolante.
Mi lanciò
uno sguardo spaventato dallo specchietto retrovisore.
“Tem…
Cazzo! Non di nuovo!”
“Sta
zitto.”
Lo freddai
con due parole e lui si rannicchiò sui sedili in posizione fetale borbottando
qualche insulto a mezza bocca.
Temari si
girò preoccupata, raccolse un sacchetto di carta dal portaoggetti e glielo
passò.
Guardai
quella che una volta era mia sorella disgustato.
Minigonna,
stivali a mezza coscia, un top fin troppo corto per il freddo dell’inverno.
Anche lei
si sacrificava. Ma non per sé stessa.
Per noi.
Era
un’illusa. Non avrebbe cambiato niente, anche se avesse sbancato al casinò.
Noi non
saremmo cambiati.
Strinse di
nuovo il volante tra le mani poggiando la testa sul cuoio consunto che la
rivestiva.
“Io non ce
la faccio più… Questo posto non fa per noi…”
“È l’unico
posto che abbiamo. Puoi sgolarti quanto vuoi ma qui non ti sente nessuno.”
Mi
guardarono apprensivi.
Vidi il
volto di Temari cambiare in una smorfia cupa.
Girò con
decisione le chiavi nel quadro e il motore si accese con un colpo di tosse.
“Non è
vero. Noi possiamo cambiarla questa realtà.”
“Tem, qui
siamo nati qui moriremo, tanto non ci manca tanto a giudicare dalla nostra
vita…”
Kankuro
posò una mano sugli occhi tenendo saldamente con l’altra il sacchetto.
Detestavo
ammetterlo ma aveva ragione.
E a me non
importava.
L’unica
cosa che mi dispiaceva è che avrei dovuto subire le loro facce fino alla fine
dei miei giorni.
“Non dire
stronzate! Siamo stati insieme quando è morta la mamma, siamo stati insieme
quando hai cominciato a ubriacarti, siamo stati insieme quando ho cominciato a
fare la puttana e siamo stati insieme quando Gaara ha cominciato a… Fare quello
che fa.”
Al mio
nome si morse un labbro.
Ancora
quella paura pietosa.
Strinsi le
braccia al petto incrociandole e tornando a guardare fuori dal finestrino.
“Gaara
uccide? È questo che intendi? Morirà prima di noi allora! Non puoi cambiare le
cose!”
Lo freddai
con un’occhiata.
Sorrisi
inconsciamente, un mezzo sorriso. Kankuro aveva ragione anche su questo.
Quando si
ubriacava riusciva a dire cose sensate meglio di quando era sobrio.
Vidi il
livido pallore delle guancie di Temari trasformarsi in un rosso scuro.
Rabbioso.
Sentii la
macchina scattare in avanti e riprendere la corsa tranquilla.
“Kankuro,
noi non siamo una famiglia e questo lo sai bene. Non lo siamo mai stati, anche
se fingiamo che sia così.”
“Già. Però
anche se non siamo nulla, a furia di vedervi ogni giorno, mi siete diventati
anche simpatici!”
“Io non
condivido. Voi mi state sulle palle, ammazzerò anche voi prima o poi, è solo
questione di tempo.”
“Ecco,
vedi com’è simpatico nostro fratello?”
“Non
scherzavo.”
Le labbra
di Temari si curvarono in un sorriso timido, coperto dalla sua corazza.
Spinse di
più il piede sull’acceleratore e l’auto con un ronzio estremo si adattò alla
velocità che gli comandava.
Tornai a
guardare fuori dal finestrino.
Sentii
Kankuro rigettare dentro al sacchetto di carta che crocchiò sotto la sua presa.
E sentivo
mia sorella canticchiare il motivetto che passava sulla radio gracchiante: ‘The
Passenger’ di un certo Iggy Pop.
Neanche lo
conoscevo ma mi sentivo quasi sereno a sentire quella canzone mortificata dalla
voce di mia sorella.
Il
passeggero.
Che ruolo
ha il passeggero in un viaggio? Non può decidere la strada, non può dare
opinioni al guidatore.
Io sono il passeggero.
Sono
trasportato in questa vita come in questa macchina, non dal mio volere.
E anche se
decidessi di scendere dalla macchina mi ritroverei in un posto che non mi
appartiene.
Non come
quell’auto. Con dentro quella famiglia, sgangherata, opprimente e odiosa.
Ma che
conoscevo.
Era questo
che mi spaventava di più.
Io non
volevo scendere da quella macchina.
Perché con
loro, nonostante tutto, sapevo cosa mi aspettava.
E sapevo
che Temari non si sarebbe fermata fino a quando non si fosse esaurita la
benzina.
E sapevo
anche che Kankuro avrebbe continuato a dormire fino alla fine del viaggio.
E sapevo
che io non mi sarei mosso da lì, in silenzio, guardando il mondo grigio sfilare
fuori dal finestrino.
Invidioso
perché in quella macchina avevamo tutti i colori che servivano.
Il viola
del cielo di notte che teneva in vita quella città morta.
L’oro del
giorno, quello che cambiava ogni prospettiva di quell’Inferno.
E il rosso
del sangue, il cuore che batte dentro i muri, nel cemento, nell’asfalto, e in
ogni peccatore che ci abita.
Questa storia si è classificata
quinta al “Rock Is My Ispiration Contest” indetto da Happy_Pumpkin.
Ringrazio
la giudice per il giudizio esauriente e per essere stata così veloce nel
pubblicare i risultati.
Faccio i
miei complimenti alle podiste: Anisel, Iaia86 e Hiko_chan.
La strofa
della canzone all’inizio della storia è “The Passenger” di Iggy Pop ed è
appunto da lì che prendo ispirazione per i ragionamenti di Gaara sulla vita.
Il finale
aperto vi lascia immaginare che usciranno dalla spirale distruttiva della città
verso un futuro migliore oppure che finiranno i loro giorni nel loro inferno
personale, come preferisce la vostra immaginazione!
Il Gaara
che io faccio parlare è quello della prima serie, che sinceramente per me è più
interessante dal punto di vista psicologico di quello della seconda serie.
Mi
eclisso, fa troppo caldo e sto sragionando @_@
Chi vuole
lasci pure un commentino, aumenta la mia voglia di scrivere ^^
Bye Bye